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L'Unione informa |
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8 aprile 2009 - 14 Nisan 5769 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib,
rabbino capo di Milano |
Tra
le varie interpretazioni rabbiniche sul significato della matzà ce n’è
una che collega il modo in cui si preparano le matzòt all’atteggiamento
che si dovrebbe avere nei confronti delle mitzvòt (le parole matzòt e
mitzvòt si scrivono allo stesso modo in ebraico). Per evitare che la
matzà lieviti chi la prepara deve farlo con solerzia, impegno e molta
attenzione. Allo stesso modo dovremmo comportarci nei confronti delle
mitzvòt. C’è un verso dei Proverbi che la tradizione rabbinica porta
come esempio di questo atteggiamento. Il verso invita a prendere
esempio dell’operosità delle formiche che riescono a raccogliere e
immagazzinare una grandissima quantità di cibo. Rav Itzchak Hutner nota
però che l’operosità delle formiche è apparentemente inutile. Infatti
la formica, secondo il Talmud, riesce a consumare durante la sua breve
vita una piccola quantità di cibo ma ne raccoglie molta di più. Stesso
atteggiamento apparentemente irrazionale dovremmo avere nei confronti
della tradizione e della trasmissione dell’identità ebraica. A volte si
sente parlare della quantità di ebraismo che è necessario praticare e
trasmettere per garantire la continuità ebraica sottintendendo che non
si debba esagerare. In realtà nessuno di noi ha la garanzia di poter
tramandare l’identità alle generazioni future. L’unica cosa che
possiamo fare è seguire dei Pirkè Avot: “Studiare e insegnare,
osservare e fare”. |
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Non
sempre alla chiarezza degli obiettivi corrisponde il raggiungimento dei
risultati. Quantomeno per quanto riguarda la sostenibilità. Un
mondo ideale verde, semplicemente, non esiste. Quando ognuno di noi si
confronta con i propri obiettivi sostenibili si troverà a confrontarsi
con possibili fallimenti. Questo perché continuiamo a pensare alla
sostenibilità come a quella cosa che ci piacerebbe fare o essere.
Dovrei andare a lavorare in bici, ad esempio. Sbagliato. Magari uno ci
va una volta, e vede come va. Se è piacevole, divertente e ti fa
scoprire che il traffico, come per magia, scompare, continua.
Altrimenti c' hai provato. In ogni caso avrà scoperto un mondo
sostenibile, fatto di un condizionale in meno e un tentativo in più. I
tentativi, anche quando falliscono, fanno stare molto meglio.
E alla lunga servono. |
Fabrizio Caprara,
amministratore delegato di Saatchi & Saatchi Italia |
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Verso Pesach - La benedizione del sole
Non è bastato il giardino del Tempio maggiore di Roma a ospitare tutte le persone intervenute per recitare la benedizione del sole, il rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, il rav Elio Toaff rabbino capo emerito di Roma, il rav Alberto Funaro, il rav Cesare Moscati, il rav Gianfranco Di Segni e Sandro Di Castro
Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, hanno dovuto
ripiegare sul piazzale davanti al Tempio per consentire a tutte le
persone intervenute di partecipare alla preghiera. La Birkhat haChammàh
è il rito più raro della religione ebraica che si celebra ogni 28 anni. Ogni
28 anni infatti, il sole si trova nella stessa posizione, nella stessa
ora del giorno e nello stesso giorno in cui si trovava quando fu creato
a Gerusalemme esattamente alle 6 del pomeriggio. Un calcolo piuttosto
complicato, quello elaborato dai nostri Maestri, che sottolineano tale
evento con la prescrizione della recita di una benedizione “Benedetto
tu o Signore, Dio nostro Re del mondo, che fa l’opera della creazione”,
seguita da alcuni salmi che allo stesso modo esaltano l’opera della
creazione. “Non mi sarei persa quest’occasione per nessun motivo
al mondo, forse sarà l’ultima volta in cui potrò assistervi” dice una
signora anziana che sgomita fra la folla per arrivare davanti ai
rabbini, l’impresa non è facile, fra il pubblico specialmente maschile
e tanti ragazzi, il presidente della Comunità di Roma Riccardo Pacifici fa un appello per dare ospitalità a una famiglia scampata al terremoto in Abruzzo in questa prima serata di Pesach.
Il rito della Birkhat haChammà è stato celebrato in molte città d’Italia, a Torino (nell'immagine a fianco), la cerimonia è stata accompagnata dalla pubblicazione di un testo di questa preghiera, che il rav Alberto Somekh
ha rintracciato nell’Archivio ebraico Terracini. Un manoscritto
ottocentesco proveniente da quella che una volta era la Comunità
ebraica di Mondovì, di cui il rav Somekh ha curato la pubblicazione con
prefazione, traduzione e note in ebraico e in italiano.
Lucilla Efrati
Verso Pesach - La benedizione della redenzione nella Haggadà di Pesach
Anche
la Haggadà di Pesach, come in genere la letteratura rabbinica, è frutto
di discussioni e di seguenti decisioni: il Seder, dopo aver recitato
due salmi dell'Hallel (113 e 114) termina con la redenzione:"Rabbì
Tarfon dice:«Che ha redento noi e i nostri padri
dall'Egitto» senza terminare (con una benedizione)". (Mishnà
Pesachim, 10,6 trad. Somekh). Vi è un queste parole tutta la
nostra partecipazione all'uscita dall'Egitto; lo scopo del Seder non è
quello di una commemorazione accademica, ma di piena immedesimazione:
avvertiamo di essere usciti ora dall'Egitto, e ricordiamo anche
l'uscita dei nostri padri…ma per Rabbì Akivà ciò non è sufficiente,
egli vuole fare aggiungere anche la redenzione futura; Rabbì Akivà, lo
strenuo difensore di Bar Cochbà e della sua sfortunata rivolta contro
i Romani, sente di dover preparare il popolo alla nuova
situazione, al lungo esilio ma anche alla grande speranza: "Rabbì Akivà
dice: «Così Sign-re D-o nostro facci giungere ad altri mo'adim e feste
che vengano a noi in pace, felici della ricostruzione della Tua città e
lieti del Tuo servizio, e là mangeremo dei sacrifici e dei pesachim
ecc. Allora Ti offriremo in omaggio un canto nuovo per la nostra
redenzione, per il nostro riscatto». "Benedetto Tu, Sign-re, che redimi
Israele" (secondo il testo in uso presso gli Ebrei Yemeniti e un
manoscritto della Ghenizà; vedi la nota di R. Bonfil nella sua Haggadà,
p.93). Rabbì Akivà ci prepara alla grande attesa: Jerushalaim sarà
ricostruita, il Santuario tornerà al servizio divino e il Sign-re è
pronto a redimere il Suo popolo; il ringraziamento futuro comprenderà
la gratitudine per la liberazione fisica e per quella spirituale ed è
questa la Bircat hagheulà (benedizione della redenzione) che è stata
fissata dai Chachamim come halachà; non solo, il Talmud, Berachot 12b
ci insegna che la redenzione dall'Egitto (gheulat mizraim) verrà
considerata inferiore rispetto alla prossima gheulà che, secondo una
tradizione, dovrà avvenire anch'essa il 15 del mese di Nisan (The
Haggadah with commentary by a disciple of R. Jonah Gerondi and the
sages of Catalonia, Jerusalem-Cleveland 5757, p. 137 s.). L'aver
rivissuto l'esperienza egiziana con il processo di liberazione, ci
permette quindi di poter avere una prospettiva escatologica, che ci
rende assai responsabili per poter essere degni della sua realizzazione.
Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme
Speciale Pesach 5769
Guida alle regole: Ricordo del sacrificio pasquale Pesach
nella nostra era è solo un ricordo di come questa festa era celebrata
quando esisteva il Beth haMiqdash. Allora l’intero popolo d’Israele, a
milioni, confluiva in pellegrinaggio a Gerusalemme e tutto ruotava
intorno al Pesach, nel senso letterale del termine, il sacrificio
pasquale che veniva fatto nel pomeriggio del 14 di Nisan. E’ buona
norma nel pomeriggio di oggi ricordare come si svolgeva questa
cerimonia, con la preghiera che questa commemorazione valga come se
anche noi avessimo effettivamente offerto il Pesach. La sintesi che segue in italiano deriva dal testo di rav Yaaqov Emdin:
Il
Pesach veniva offerto dopo il sacrificio quotidiano pomeridiano che nei
giorni feriali e di sabato veniva sacrificato alle ore 7,30 (dividendo
per 12 le ore solari diurne). Ogni ebreo, sia uomo che donna, che
potesse arrivare a Gerusalemme nel momento del sacrificio, era tenuto a
parteciparvi. L’animale era un maschio di un anno, ovino o caprino.
Veniva scannato in un luogo qualsiasi del cortile del Tempio, che per
quella ora doveva essere completamente svuotato dal chametz. Il sangue
della macellazione veniva raccolto in un recipiente da un sacerdote in
cima a una catena umana di sacerdoti e passato di mano in mano fino al
sacerdote più vicino all’altare, che lo riceveva e l’aspergeva sulla
base dell’altare, e il recipiente tornava vuoto passando di mano in
mano. I recipienti, con fondo convesso perché non potessero essere
posati, facendo coagulare il sangue, potevano essere d’oro o d’argento
e le file dei sacerdoti erano di recipienti o tutti d’oro o tutti
d’argento. Dopo
si appendeva l’animale a un uncino, gli si toglieva la pelle, gli si
apriva la pancia per togliere tutte le parti di grasso da presentare
sull’altare, che venivano raccolte in recipienti, salate e portate a
bruciare sulla pira dell’altare. La
cerimonia si svolgeva in tre gruppi, e ogni gruppo non poteva essere
composto da meno di trenta persone (ma erano molti di più; ogni persona
rappresentava tutti gli offerenti che si erano uniti per offrire un
singolo animale). Una volta entrato un gruppo, si chiudevano le porte
del cortile. Durante la cerimonia i Leviti cantavano l’Hallel e i
Sacerdoti suonavano lo shofar, accompagnati dal suono del flauto.
L’Hallel con le suonate veniva ripetuto fino alla fine del servizio.
Finito un gruppo, si aprivano le porte, i primi uscivano e i secondi
entravano, e si ripeteva la cerimonia; ugualmente per la seconda e la
terza volta. Alla fine si
lavava il cortile chiudendo lo sbocco del corso d’acqua che percorreva
il Santuario; il pavimento si allagava d’acqua che lavava tutto, poi si
faceva scorrere tutto via riaprendo lo sbocco. Ognuno
usciva con il suo Pesach e andava ad arrostirlo. Lo si faceva con uno
spiedo di legno di melograno, conficcato dalla bocca all’estremità
opposta, appendendo lo spiedo con il fuoco sotto, con le cosce e le
viscere fuori. Se il 14 cadeva di sabato il pubblico aspettava la sera per uscire e andare a cucinare. (La consumazione del Pesach avveniva alla fine della cena del Seder, oggi sostituita dall’afikomen).“Ricostruisci
la Tua casa con un tempo mettendo nella sua funzione il Miqdash,
mostraci la sua ricostruzione e facci gioire per la sua restaurazione”
Un pensiero rabbinico: L’ ‘omer Dalla seconda sera di Pesach inizierà il conteggio dell’’omer,
che ci accompagnerà per le sette settimane successive, sino alla festa
di Shavu’ot. Durante il periodo dell’’omer ci sono vari usi di lutto,
come l’astensione dal celebrare matrimoni e il divieto di radersi. Il
Talmud giustifica questi usi collegandoli con il ricordo della morte
degli allievi di rav‘Aqivà, che furono decimati nel periodo compreso
fra Pesach e Shavu’ot. In un suo recente volume rav Steinsaltz si
interroga circa il motivo di queste usanze. In fondo, la morte degli
allievi di rav Aqivà è un evento tragico, ma tuttavia nella
storia ebraica vi sono episodi altrettanto se non molto più tristi, che
non vengono ricordati per un periodo di tempo tanto prolungato. Per
risolvere questa difficoltà viene proposta una soluzione di carattere
generale: molto spesso la giustificazione che troviamo nei libri per
motivare una qualche usanza, non è quella reale, o quanto meno non è
l’unica. Questo tipo di giustificazione si adatta bene per le usanze
del periodo dell’’omer, che, oltre a ricordarci il lutto per le
premature morti degli allievi di rav Aqivà, rappresenta la preparazione
spirituale in vista del matan Toràh, e gli usi di questo periodo, molto
simili a quelli dell’intervallo fra il 17 di Tammuz e il 9 di Av, non
sono principalmente manifestazioni di lutto, ma una preparazione per la
festa di Shavu’ot. Durante questo periodo dobbiamo evitare di
distogliere la nostra mente dalla nostra preparazione spirituale. Anche
Tish’à beAv e Kippur sono molto simili nel modo di essere celebrati, ma
mentre in un caso il digiuno rappresenta la disperazione per la
distruzione del Santuario, nell’altro il digiuno è una manifestazione
di santità.
Rav Ariel Di Porto
Nel portale dell'ebraismo italiano moked.it un'area speciale, costantemente aggiornata, dedicata a Pesach, con
istruzioni, pensieri e link.
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Durban II: la marcia indietro degli Usa e una mozione di blanda condanna
Dapprima
l'amministrazione Obama ha prospettato di tornare a Durban II per
influire sul contenuto della risoluzione sul razzismo. Poi, dati i
contenuti inaccettabili della bozza, ha confermato la decisione
di Bush di tenersene fuori. La fermezza, inclusa quella
dell'Italia ha pagato: pare che la bozza sia stata corretta
ampiamente anche se, come ha detto l'ambasciatore Usa all'Onu
Susan Rice, contiene ancora aspetti problematici. Difatti, pare che vi
si ribadisca la mozione di Durban I che qualifica Israele come
Stato razzista. Tanto però è bastato all'amministrazione Obama per
prospettare l'eventualità di un'altra marcia indietro, ovvero di
partecipare alla conferenza. Così si rischia che ne venga fuori
una mozione di "blanda" condanna approvata anche dagli Usa: il
peggio del peggio. Malgrado le apparenze non è la politica del
sor Tentenna, come è dimostrato dall'annuncio che gli Usa vogliono
rientrare nel Consiglio dei diritti umani per "lavorare insieme" a
tutti i paesi senza fare troppe questioni di "bianco e nero"; e
dall'invito a far entrare la Turchia in Europa, proprio dopo che
Erdogan si era opposto alla candidatura dell'ex-premier danese
Rassmussen alla segreteria della NATO perché non aveva censurato
le vignette su Maometto. Non è la politica del sor Tentenna. È la
grande promessa di una politica ispirata a un afflato umanistico e
morale che si affloscia in una modesta realpolitik.
Giorgio Israel, storico della scienza |
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Aiuti, volontari e fondi: tutta la Capitale si mobilita [...]Dalle
istituzioni agli studenti universitari, dalle parrocchie alla Comunità
ebraica, è tutta una corsa per dimostrare il grande cuore di Roma.[...] [...]Ma
anche la Comunità ebraica si è mobilitata: «Sono stati messi in campo
progetti a breve e a medio termine, come l'invio di medicinali, che
verranno consegnati nelle mani della Protezione Civile, vestiario e
generi alimentari», annuncia il presidente Riccardo Pacifici. I segnali
di solidarietà arrivano da tutti i fronti[...] Fabio Rossi, Messaggero, 8 aprile 2009
«Non vi abbandoniamo» In campo il «core» di Roma Ci
avete fatto piangere, non vi abbandoniamo. «Intorno a noi c'è una
grande solidarietà. Stanno arrivando le offerte più disparate. Si va
dai cantanti che si offrono per fare una partita del cuore per
raccogliere risorse, alle multinazionali che offrono tecnologie» ha
detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. E
anche il «core de' Roma» si mobilita. Ecco come la nostra città può
dare una mano in questo momento così drammatico per la vita del
Paese.[...] [...] Comunità Ebraica
Le offerte raccolte nelle Sinagoghe di Roma, saranno devolute ai
terremotati. E questa una delle tante inziative della Comunità Ebraica
di Roma, annnuciata dal presidente Riccardo Pacifici dopo l'incontro
con il presidente Ucei Renzo Gattegna. Attivato l'Ospedale Israelitico,
dove sono operative 24 ore su 24 tutte le sale operatorie e dove c'è la
disponibilità per possibili ricoveri.[...] Grazia Maria Coletti, Il Tempo, 8 aprile 2009
In un archivio di Sydney rispunta l'originale della «lista di Schindier» Un
foglio ingiallito dal tempo con una lista dattiloscritta di 8O1 nomi.
In un primo tempo i ricercatori della State Library, la biblioteca
statale di Sydney, gli hanno gettato un'occhiata distratta. Poi, un po'
alla volta, hanno capito: avevano in mano una delle copie originali
della ormai famosa lista di Oskar Schindler, il documento a cui è
legata la salvezza di oltre un migliaio di ebrei durante la Seconda
Guerra Mondiale reso celebre dal film di Steven Spielberg del 1993.[...] Erica Orsini, Il Giornale, 8 aprile 2009
«Due Stati per la pace in Medio Oriente» «Credo
che la pace in Medio Oriente tra israeliani e palestinesi sia possibile
ma richieda compromessi da entrambe le parti. Penso inoltre che sarà
basata su due Stati confinanti. Ora ciò di cui abbiamo bisogno è la
volontà politica e il coraggio di una leadership». Con queste parole il
presidente Barack Obama si è rivolto a un centinaio di studenti che lo
ascoltavano a Istanbul nell'ultimo giorno della sua storica visita in
Turchia, prima di volare a sorpresa a Baghdad.[...] Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2009
Obama: l'Iraq agli iracheni A
sorpresa, lasciando Istanbul, Barack Obama ha fatto ieri una deviazione
per Baghdad dove è atterrato con l'Air Force One per incontri con i
leader iracheni e con le truppe americane impegnate in una missione che
ha promesso di chiudere entro il 2011. Nella notte il ritorno a casa e
la chiusura di uno straordinario debutto sullo scenario mondiale,
caratterizzato da tre vertici multilaterali e 14 incontri
bilaterali.[...] [...]Obama ha parlato brevemente, appena sei
minuti «per non togliere tempo al mio incontro con voi» ha detto. «Le
truppe stanno mettendo tutta la loro anima in questa missione, abbiamo
ancora molto lavoro da fare, ma con le elezioni nazionali che si
avvicinano si riusciranno a superare molte questioni irrisolte. Il
periodo che è davanti a noi è critico. Gli iracheni debbono prendersi
la responsabilità per il loro Paese e per la loro sovranità. Voi avete
dato l'opportunità agli iracheni di potersi rialzare: un risultato
straordinario per il quale l'America vi ringrazia».[...] Mario Platero, Sole 24 Ore, 8 aprile 2009
Lieberman: «Niente ingerenze» Avigdor
Lieberman, neoministro degli Esteri e leader della destra
ultranazionalista, è tornato a mettere in discussione la prospettiva
dei «due Stati per due popoli». Dopo aver puntualizzato, con un
apparente riferimento polemico ai richiami di Barack Obama rimbalzati
dalla Turchia, che Israele non si è «mai immischiato negli affari
altrui» e quindi si aspetta che «gli altri non interferiscano», ha
chiesto tempo ai Paesi amici per consentire al governo appena formato
da Benyamin Netanyahu di mettere a punto le proprie proposte. Corriere della Sera, 8 aprile 2009
Cinici di guerra Le
accuse mosse due settimane fa all'esercito israeliano di aver
deliberatamente sparato a civili palestinesi durante la controffensiva
nella striscia di Gaza sono risultate totalmente infondate da
un'inchiesta interna condotta dalle forze armate. Gli investigatori
hanno esaminato le testimonianze di alcuni allievi del corso
pre-militare Rabin , emerse durante una sessione di gruppo tenuta a
febbraio e trascritte su un bollettino dell'accademia. Le accuse erano
state poi rilanciate da una parte della stampa israeliana per finire
sulle prime pagine di tutto il mondo. Ai critici d'Israele che hanno
parlato di complotto dell'esercito per insabbiare tutto rispondeva ieri
lo stesso ufficiale israeliano da cui erano partite le denunce. A
scatenare il putiferio era stato un maggiore dell'esercito di nome Dani
Zamir, fondatore del corso Rabin all'Oranim Academic College. Ieri
Zamir ha reso noto il suo memorandum sulla vicenda.[...] Giulio Meotti, Il Foglio, 8 aprile 2009 |
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notizieflash |
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Franco
Frattini e la pace fra Israele e Siria
Damasco, 8 apr - “L'Italia
utilizzerà, da Paese amico, un argomento che è nell'interesse di
Israele stesso: negoziare e risolvere con la Siria il problema
dell'occupazione, il problema territoriale e quindi eliminare uno dei
principali ostacoli alla pace in Medio Oriente" così Franco Frattini,
ministro degli Esteri italiano, si è espresso sulla situzione in Medio
Oriente durante i colloqui odierni tenuti con il presidente siriano
Bashar Al-Assad e con il ministro Moallem. Il capo della Farnesina ha
voluto ricordare viste le recenti dichiarazioni di Lieberman, il quale
aveva negato la possibilità che Israele restituisse il Golan alla
Siria, che l'ex primo ministro israeliano Ehud Olmert "aveva parlato
chiaramente di restituzione" delle alture del Golan ai siriani e
questo, secondo il ministro italiano, "é il cuore del negoziato".
Frattini ha anche voluto invitare la parte siriana ad assumere
comportamenti "rassicuranti" che possano favorire la creazione di un
clima di fiducia regionale e la ripresa del negoziato con Israele
stesso. Negoziato, la cui ripresa l'Italia "auspica fortemente".
Israele,
massima vigilanza sotto le feste
Tel Aviv, 8 apr - Elevato
lo stato di allerta in tutto il territorio nazionale israeliano in
occasione della Pasqua ebraica (che inizierà questa sera e proseguirà
per una settimana). Sono
migliaia gli agenti che sono stati dislocati nei luoghi più affollati e
stasera presiederanno anche le sinagoghe. Da ieri restano chiusi i
valichi di transito con la Cisgiordania, e resteranno tali fino al 19
aprile. La preoccupazione
per nuovi attentati è stata certamente incrementata dal verificarsi di
due incidenti nei giorni scorsi: quando una beduina del Neghev ha
aperto il fuoco contro una caserma della Guardia di frontiera e un
palestinese di Gerusalemme est ha cercato di investire alcuni agenti.
In entrambi i casi gli attentatori sono stati uccisi.
L'Ente per il monitoraggio del terrorismo (Lotar) ha fatto appello agli
israeliani affinché si astengano dall'entrare nel Sinai egiziano perché
informazioni di intelligence aggiornate indicano che in quella zona
sarebbero in fase avanzata di preparazione attentati anti-israeliani.
Malgrado questo appello, secondo la stampa, circa 30 mila israeliani
prevedono di trascorrere nel Sinai le vacanze pasquali.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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