se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai  click qui  
 
  logo  
L'Unione informa
 
    12 aprile 2009 - 18 Nisan 5769  
alef/tav   davar   pilpul   rassegna stampa   notizieflash  
 
Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Benedetto Carucci Viterbi Benedetto Carucci Viterbi, 
rabbino 
Nella Haggadah che abbiamo letto le prime sere di Pesach compaiono quattro tipi di figli: il sapiente, il malvagio, il semplice e colui che non sa fare domande. E' quest'ultimo il personaggio più strano: un ebreo che non sa fare domande? E in particolare durante il Seder, completamente basato su domande e risposte? Se però consideriamo i quattro figli come quattro età, dal più grande al più piccolo, l'ultimo è in realtà la chiave degli altri quattro: è lui, il piccolo, che deve essere "aperto" -come recita il testo- dal padre/madre per poter diventare, domandando, un giovane sapiente. 
“L'occupazione” delle alture del Golan da parte di Israele costituisce uno dei principali ostacoli alla pace in Medio Oriente”. Queste sono le parole che il ministro degli esteri Franco Frattini ha sottolineato in una conferenza stampa a Damasco mercoledì scorso. Nelle ore successive la Farnesina più volte è ritornata su quelle parole, ripetendo come quella dichiarazione sia da leggere all’interno di una considerazione più vasta che tiene contro delle molte questioni presenti nell’area e comunque sulla base dei principi e parametri sostenuti dal Quartetto per giungere a una soluzione "due Popoli due Stati”. E tuttavia Franco Frattini non è tornato sulle sue dichiarazioni. Questo probabilmente aprirà un confronto, anche dentro la maggioranza di governo, sulle linee della politica italiana in Medio Oriente. Un confronto che è auspicabile non si riduca a uno scambio di frasi ma che abbia la sua sede naturale in Parlamento. La questione del Golan, infatti, non significa solo una questione di confini locali. Implica un doppio abbandono da parte della Siria: quello nei confronti di Hamas e quello nei confronti del Libano. Forse è cominciata una stagione di politica per il Medio Oriente e in essa l’Italia si candida a svolgere una sua parte. Per farla deve però dire apertamente a tutte e due le parti con chiarezza a cosa devono rinunciare. Altrimenti l'effetto è la ripetizione della retorica del “capro espiatorio”.
David Bidussa,
storico sociale delle idee
david bidussa  
  torna su
davar    
 
  natan englander La mia vita con il Talmud

La mia vita ormai sta sotto il segno del Talmud. Un amico, conoscendo la mia educazione religiosa, mi ha convinto a intraprendere una nuova traduzione della Haggadah, la storia dell'Esodo raccontata a uso delle famiglie ebraiche, che viene letta ad alta voce in occasione della cena di Pesach.
Non mi sono lasciato convincere facilmente. Da parecchio tempo sono radicalmente e orgogliosamente laico. Ho però una caratteristica in comune coi miei familiari, tutti profondamente osservanti: lo zelo estremo nell'adempimento di qualunque impegno, una volta preso. «Nata per essere ascetica» è il motto che mia madre si sarebbe fatta tatuare sulla schiena, se fosse stata un tipo da tatuaggi.
Lo zelo di mia sorella si esplica in particolare nelle grandi pulizie di Pesach. Durante la settimana santa è obbligatorio rimuovere ogni minima traccia di hametz (termine che sostanzialmente indica tutti i prodotti contenenti lievito). E per lei (con una nidiata di cinque bimbi) questo vuol dire raschiare ogni angolo a oltranza e sterilizzare la cucina a un livello da sala operatoria, pronta per un intervento chirurgico al cervello, o per una matzo-ballsoup (brodo con polpettine caratteristiche della cucina ebraica, ndt) a prova di certificato kosher. Se si volesse pulire di più, il grado successivo potrebbe essere uno solo: dar fuoco alla casa. Nel mio caso, il perfezionismo ossessivo ha trasformato un lavoro che nei miei piani doveva essere breve, veloce e divertente in qualcosa di assai diverso: testi religiosi ammucchiati in tutta la casa, infinite consultazioni con un ricercatore sulla scelta di ogni singola parola e un  numero infinito di ore di lavoro a testa bassa. E intanto un altro anno se n'è andato.
Al di là dei celebri testi medievali - il manoscritto miniato di Sarajevo, la Haggadah degli uccelli tedesca - ne esistono molte altre versioni, adatte a ogni tipo di Seder: femminista, vegetariana, perexalcolisti o per le forze armate Usa, neutra sul piano del genere (come la liturgia di Santa Cruz, ove il nome di Dio non compare mai), e persino una FaceBook Haggadah, che alla fine minaccia una "twitter version" per il prossimo anno (controllate voi stessi su Google).
La Haggadah ci invita a osare e ad apprendere, ma quando si tratta di scegliere una liturgia io non vado molto lontano. Ho finito per scoprire che non c'è tradizionalista più accanito di un ebreo reietto: ho avuto un moto di autentico orrore scoprendo in quello che avevo scelto come testo guida l'assenza di un antico gioco di parole ebraico (tranquilli, ho provveduto a colmare la lacuna).
Mentre ero immerso nelle mie elucubrazioni, intento a ponderare ardue scelte di prosa biblica, ho sperimentato a volte, come dolce effetto secondario, l'inatteso emergere dei ricordi. Ad esempio, alla vigilia della festa, la rituale ricerca del hametz: io bambino accanto a mio padre, nella cantina buia, a raccogliere al lume di candela ogni più piccola briciola lasciata cadere sulla mia strada.
Ricordo anche gli anni in cui Pesach coincideva con la Pasqua, e mi rivedo sulla via della sinagoga con in testa lo yarmoulke e indosso il mio minuscolo completo, mentre salutavo con gesti gioiosi il coniglietto di Pasqua in cima al camion dei vigili del fuoco volontari. Ridevamo tutti, mia sorella, mio padre ed io; e anche il pompiere era scoppiato a ridere.
La dolcezza di quell'incontro non è perduta: la festa di Pesach e il coniglietto pasquale, il vigile del fuoco con la sua uniforme e io con la mia. Una città è fatta anche di queste cose: cerimonie rituali diverse che si riconoscono a vicenda. A casa nostra ne avevamo tanti, di rituali. Ricordo come alle interminabili cene del Seder si rubava e si nascondeva l'Afikoman (la mezza azzima nascosta sotto al tavolo e distribuita ai commensali al termine del pasto ndr) - una tradizione che doveva servire a tenere svegli i più piccini. E tutti i preparativi della cena, il mortaio e il pestello d'ottone, la cucina satura di vapore, e poi i piatti - il servizio di porcellana della trisnonna che si usava solo due volte all'anno da oltre un secolo. il vino messo a decantare nelle caraffe, il sale servito in coppette di filigrana d'argento. Non che fossimo gente sofisticata - normalmente le nostre stoviglie erano semplici CorningWare bianche. Ma quelle due serate di evocazione del tempo della schiavitù si celebravano come fossimo re, coi poveri seduti accanto ai principi pronti a inchinarsi.
Ricordo le erbe amare intinte nella salsa di rafano, e mi sembra ancora di vedere i volti accesi degli adulti. Le uova servite in acqua salata (una tradizione di famiglia). Il vino dolce. E il ragazzino che ero allora finito brillo sotto la tavola - non un ricordo, questo, ma un episodio che riferisco per sentito dire.
Uno strano pensiero mi era venuto in mentel'anno in cui morì mio padre: dei commensali di quelle cene nessuno, tranne mia sorella, mia madre e me, era ancora in vita. Le feste di Pesach si fondono oggi tutte quante nella mia memoria, nel ricordo affettuoso dei parenti scomparsi da tempo.
Ma il più vivido dei miei ricordi è quello della lettura della Haggadah - quelle stesse parole, quei ritmi che mi sono impegnato a rendere nella mia traduzione: «Se i canti ci colmassero la bocca come il mare, scorrendo come innumerevoli onde, se le lodi ci sgorgassero dalle labbra vaste come i cieli, dagli occhi splendenti come lune e soli, dalle mani aperte come aquile del cielo e i nostri piedi corressero agili come cerbiatti poco sarebbe ancoraperringraziarTi, Dio e Signore nostro».
Studiando questo racconto costruito sulla memoria del passato ho scoperto fino a che punto sia al tempo stesso rivolto al futuro. Stiamo vivendo momenti di grande incertezza. Il sogno del ritorno a Sion, quando «le nostre labbra traboccheranno di risa e di canti gioiosi», ci condurrà in un Paese di muri e di guerre.E' bello allora prendere congedo da questa traduzione sentendo che la Hagaddah guarda a una promessa, non meno che alla rievocazione di un salvataggio. Come dicono gli ultimi versi del salmo sopra citato: "Per chi ha seminato tra le lacrime maturerà la gioia. Nel pianto cammina chi porta il sacco delle sementi. Ma ecco arrivare colui che viene nella gioia e porta con sé le messi».

(Nell'immagine in alto Nathan Englander)

Nathan Englander, La Repubblica, 10 aprile 2009
(traduzione di Elisabetta Horvat, New York Times)
 
 
  torna su
pilpul    
 
  anna momiglianoRotschild Boulevard - Da Sderot all'Abruzzo

Prima li hanno mandati a Mumbai, per aiutare i sopravvissuti della strage terrorista a superare per quanto possibile il trauma. Presto arriveranno anche all'Aquila per aiutare le famiglie abruzzesi, le cui vite sono state distrutte dal terremoto, a superare lo choc. Nel limite del possibile, s'intende. Israele possiede infatti tra i migliori esperti al mondo della riabilitazione post-traumatica: una conoscenza che deriva, ovviamente, dall'esperienza di medici e psicologi che si ritrovano quotidianamente alle prese con le vittime di bombardamenti e attacchi terroristici. Per questo, appena saputo del terremoto, il primo ministro Benyamin Netanyahu ha deciso di inviare una squadra di esperti post-traumatici in Italia. E, stando a quanto riportava il sito del quotidiano israeliano Yediot Ahronot, il governo di Roma avrebbe apprezzato. Non si conoscono ancora i dettagli del gruppo che sarà inviato in Abruzzo. Ma la squadra che ha operato in India, sostenuta dall'organizzazione no-profit IsraAID, era capitanata da due medici del “Natal Trauma Center for Victims of Terror and War”: Rony Berger e Marc Gelkopf hanno lavorato a lungo con i residenti di Sderot, sviluppando nuove terapie per curare chi di traumi ne subisce quotidianamente. All'Aquila, riporta Yediot Ahronot, c'erano circa 40 israeliani, in gran parte studenti e quasi tutti già rimpatriati. Uno di loro purtroppo non ce l'ha fatta: Hussein Hamada, 23 anni, nato in un villaggio arabo della Galilea, era arrivato in Italia per studiare medicina. In un primo momento si era dato per disperso anche un secondo ragazzo, ma Yuli Minchin, 24 anni e pure lui iscritto a medicina, è stato ritrovato. Ferito, ma ancora vivo.

Anna Momigliano
 
 
  torna su
rassegna stampa    
 
 
leggi la rassegna
 
 

Israele deluso da Obama cerca nuovi amici
È la nostra prima Pasqua nel mondo post americano, e da Gerusalemme si vede molto bene. Mentre tutti i media si entusiasmano a un punto tale dell'impostazione pacifista di Obama da averlo gratificato di un applauso alla conferenza stampa di Londra, il mondo intero tuttavia cerca di affrontare una realtà percorsa, per motivi ideologici o di interesse, da invincibili correnti di ostilità in cui tuttavia l'America sembra posare lo scettro. E uno strano tempo di brutalità e minuetti, un ponte sospeso e dondolante. Un esempio mediorentale: ieri Hassan Nasrallah, il capo degli hezbollah, dopo che cinquanta uomini ritenuti suoi sono stati accusati dai servizi segreti di Mubarak di preparare attentati sul suolo egiziano e passaggio d'armi iraniane verso Gaza, ha ammesso, persino attaccando Mubarak perchè non aiuta "la resistenza" di Hamas, che uno degli arrestati è un leader hezbollah in azione sul territorio egiziano. Se ne è vantato. E uno scontro di esplicita violenza che mostra senza veli la faglia 
sciita-sunnita. Tutto ciò mentre gli inglesi, certo consigliati dagli Usa, cercano pubblicamente un colloquio con Nasrallah, che pone condizioni.
Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 12 aprile 2009


Tutto esaurito per la Pesah 
[...]Dopo oltre due millenni di un rapporto spesso oscuro, a volte tragico, giudaismo e cristianesimo rimangono vicini-lontani, e la scena è ancora affollata, nervosa e carica d'attesa. Negli ultimi mesi, le incomprensioni si sono accumulate l'una sull'altra. Dalle concessioni pontificie ai lefebvriani alla questione di Pio XII, i fantasmi del passato sembrano allungare le loro ombre sulla contemporaneità. Ma Gerusalemme, con le sue pietre fatte di sofferenza e d'orgoglio, ha forse ancor abbastanza forza metaforica per cambiare il corso degli eventi e il pellegrinaggio di Benedetto XVI nel maggio prossimo potrebbe essere un'occasione per mettere alla prova la vecchia, immutata energia dei gesti simbolici.
Giulio Busi, Il Sole 24 Ore, 12 aprile 2009

Il caso del numero verde che boicotta gli israeliani
0800-505555, un bip: «Servizio clienti Tesco. Se state chiamando per informazioni sui prodotti da Israele, siete pregati di digitare 1». Il pregiudizio non si coglieva e il risponditore automatico aveva il tono antipatico, più che ostile. Però quella frasetta era ronzata subito male, anche perché schiacciando l'1 si capiva subito di che informazioni si trattasse: quelle sulla campagna per il boicottaggio del "made in Israel" che in Gran Bretagna ha trovato sponsor nel governo Brown e, dopo Gaza, è diventata un peso fisso sulla bilancia commerciale. Qualcuno ha segnalato alla Federazione sionista. Una verifica, la protesta: «Il messaggio è chiaro, dice Jonathan Hoffman, il vicepresidente . I signori Tesco ci stanno dicendo che, per le merci da Israele, c'è un canale particolare. E che trattarle è comunque una grana». In Gran Bretagna, lo è da anni. Dall'ortofrutta all'hi-tech, molta roba arriva sui banchi dei supermercati con un'etichetta che somiglia a un avvertimento: «Prodotto nella West Bank», ovvero negli insediamenti che tutta la comunità internazionale considera illegali e che dovrebbero essere smantellati, in base alla Road Map e agli accordi di Annapolis. La Palestine Solidarity Campaign ha raccolto molte adesioni fra gl'inglesi e il boicottaggio è diventato reale. "Non c'è dubbio, hanno acceso un semaforo rosso", riconosce Dan Katrivas, responsabile estero dei manifatturieri israeliani "C'è una campagna capillare, le organizzazioni pro palestinesi bombardano i negozianti con lettere e telefonate, chiedendo di togliere le nostre merci". E' a questo che s'aggrappano i dirigenti Tesco, la più grande catena britannica di distribuzione, che hanno disattivato quel tasto 1 e fatto le scuse "Il problema è che le nostre linee sono rimaste intasate, specie nei giorni della guerra di Gaza. La gente chiamava per sapere come aderire al boicottaggio, ma anche se fosse possibile acquistare lo stesso i prodotti israeliani. Abbiamo pensato d'aprire una linea apposita". [...]
Francesco Battistini, Il Corriere della Sera, 11 aprile 2009


Con rabbia implacabile
 A Tel Aviv e a Gerusalemme si parla di loro come "i Kennedy israeliani". Per capire il nuovo primo ministro Benjamin "Bibi" Netanyahu bisogna guardare al suo vecchissimo e ancora durissimo padre, il celebre medievista Ben Zion, che nella storica casa del quartiere di Katamon, una zona modesta di Gerusalemme dove la famiglia vive da più di mezzo secolo, seguita a scrivere libri di storia sulle infinite persecuzioni degli ebrei. Anche dieci anni fa, quando il figlio fu eletto per la prima volta primo ministro, il professor Netanyahu rilasciò un'intervista ai giornali israeliani. E scoppiò un putiferio. [...]
[...] Padre e figlio vengono da mondi opposti, il primo è nato a Varsavia cento anni fa mentre il secondo è venuto al mondo a Tel Aviv due anni dopo la nascita di Israele, fa parte della generazione della guerra del 1967, moderna, americanizzata, meno legata allo shtetl dell'est Europa e all'Olocausto. Se il padre è un purista ideologico, un ammiratore di Baruch Spinoza e un oppositore nato che vive di risentimenti, Bibi è un falco pragmatico geniale nel marketing politico. Ma non è possibile capire l'uomo e le idee del premier senza l'epopea sconosciuta al pubblico del padre professore, il più grande studioso mondiale d'Inquisizione spagnola. E' da lì che viene la tenacia, la perseveranza e il senso dell'outsider comune ai due, e poi la forza, l'ambizione e l'idealismo. [...]
Giulio Meotti, Il Foglio, 10 aprile 2009 

 
 
  torna su
notizieflash    
 
 
Israele, il ministro Katz: "Israele deve spiegare al mondo
che gli Hezbollah sono un'organizzazione terroristica"
Gerusalemme, 12 apr -
Il ministro dei trasporti israeliano Israel Katz ha dichiarato oggi alla radio delle forze armate che il leader degli Hezbollah libanesi, sceicco Hassan Nasrallah, "si merita la morte e io spero che quelli che sanno cosa fare (in Israele) sappiano agire e riservargli la sorte che gli spetta". Nasrallah, ha continuato Katz, "ha ammesso che membri della sua organizzazione erano implicati nel contrabbando di armi iraniane a Gaza per attaccare Israele. Si tratta di un atto di guerra nel pieno senso della parola e Israele deve agire di conseguenza e anche spiegare al mondo che gli Hezbollah sono un'organizzazione terroristica che deve essere disarmata". Secondo il ministro, inoltre, Israele "deve erigere un muro lungo il confine con Gaza e cessare ogni sua responsabilità civile a Gaza, come l'autorizzazione al passaggio di merci". A suo avviso Israele deve pure porre fine alla distinzione tra leader politici e capi militari di Hamas: tutti devono essere colpiti per i tiri di razzi su Israele, per il contrabbando di armi e perché tengono in prigionia il soldato Ghilad Shalit.

Israele, è morto Shimon Shiran 
ferito nell'attentato a Haifa nel 2002

Gerusalemme, 12 apr -
Shimon Shiran, 57 anni, gravemente ferito al cervello in un attentato suicida palestinese in un ristorante di Haifa nel 2002 in cui perse la vita anche sua figlia Shiran (17 anni), è morto ieri senza aver mai ripreso conoscenza. Sale così a 16 il numero degli uccisi nell' attentato nel ristorante Matza durante la festa di Pesach del 2002.

Parigi, croci uncinate al Memoriale di Drancy
Parigi, 12 apr -
Un portavoce del ministero degli Interni francese ha reso noto che il vagone di treno e la lapide che ricordano i deportati ebrei al Memoriale di Drancy, vicino a Parigi, sono state imbrattate con croci uncinate nere. "Una croce uncinata alta un metro e mezzo è stata dipinta sul vagone - ha detto il portavoce - un'altra alta un metro è stata tracciata sulla lapide, e una terza sul muro di un negozio a 500 metri di distanza". Il Comune di Drancy ha reso noto che le iscrizioni sono state cancellate. In un comunicato, la ministra degli Interni, Michele Alliot-Marie, "condanna con la massima fermezza le iscrizioni antisemite" tracciate "in luoghi emblematici della memoria della deportazione e dello sterminio degli ebrei di Francia, ed assicura che sarà fatto il possibile per identificare i responsabili di questi atti inqualificabili e per assicurarli alla giustizia". Drancy, nella banlieue di Parigi, era il principale punto di raccolta degli ebrei in attesa della deportazione nei campi di sterminio tedeschi.

 
 
    torna su
 
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”.