se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui |
|
|
|
|
L'Unione informa |
|
|
|
6 maggio 2009 - 12 Yiar 5769 |
|
|
|
| |
|
alef/tav |
|
|
|
|
|
Alfonso Arbib, rabbino |
All'inizio del capitolo di Avot Ben Azzai invita a inseguire le mitzvòt leggere. Non si sa che cosa sono queste mitzvòt leggere ma forse sono quelle che il midràsh, commentando il primo verso alla parashà di Ekev, definisce le mitzvòt che le persone sono abituate a calpestare. Sono cioè mitzvòt
considerate poco importanti, poco attuali, poco entusiasmanti. Sono
queste, secondo Ben Azzai, un elemento fondamentale della vita ebraica
sia perché costituiscono i vari tasselli della nostra vita quotidiana e
ci inducono a vivere l'ebraismo minuto per minuto e non attraverso
eventi ma anche perché secondo l'interpretazione di Rav Wolbe non
producono un senso di appagamento. Far qualcosa di importante mi fa
sentire appagato e l'appagamento è estremamente pericoloso perché non
sento la necessità di andare avanti e di fare qualcosa in più.
L'atteggiamento di chi dice "non voglio andare oltre" rischia di essere
paralizzante ma, visto che l'uomo non riesce realmente a fermarsi si
rischia che la paralisi si trasformi in una marcia indietro. |
|
Se si costringesse l'eroe a discutere l'atto che sta per compiere, non ci sarebbe eroismo. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
|
|
|
|
|
|
torna su |
davar |
|
|
|
|
Ecco "pagine ebraiche"
Clicca sull'immagine per accedere alla versione completa, in formato pdf, di pagine ebraiche
Intervista al Rav Giuseppe Laras, Presidente dell'Assemblea dei Rabbini d’ Italia
Il pubblico delle nostre Comunità sembra non sufficientemente informato
di quali siano i compiti dell'ARI. Vuole darne una breve descrizione? L’A.R.I.
è un organo dell’Unione delle Comunità che gode di propria completa
autonomia e che ha il compito di rappresentare il Rabbinato Italiano
sia nei confronti degli enti ebraici in Italia e all’estero, sia nei
confronti di quelli non ebraici. In particolare l’ARI intrattiene
rapporti con le Chiese, e in particolare in Italia con la Chiesa
Cattolica e con la Chiesa Valdese, con alcuni rappresentanti
dell’Islam e di altre religioni. Tra i suoi compiti istituzionali vi è
la nomina dei rabbini delegati al Congresso dell’Unione. È
responsabilità dell’A.R.I. riunire periodicamente i vari rabbini
membri, al fine di determinare collegialmente le linee direttive da
seguire nelle Comunità Ebraiche Italiane e di fornire assistenza, nei
settori di kasherut, educazione e culto, alle Comunità più piccole o
prive di una presenza rabbinica fissa. Qual è la differenza tra Consulta Rabbinica e Assemblea Rabbinica? La
Consulta, interna al Consiglio UCEI, è l’organo preposto a esprimersi
circa questioni halakhiche nei confronti dell’UCEI stessa, nonché delle
singole Comunità. La Consulta Rabbinica esercita inoltre una funzione
di controllo didattico e disciplinare nelle attività del Collegio
Rabbinico Italiano. Quali sono i progetti su cui sta lavorando oggi l'ARI? I progetti dell’ARI riguardano vari settori: 1)
Kasheruth (liste prodotti permessi reperibili sul mercato; prodotti
kasher certificati; shechità nazionale; corsi per la preparazione dei
Mohalim); 2) Educazione e pubblicazioni: sostegno al proseguimento
della pubblicazione della Mishnah in italiano e di altri lavori di
carattere halakhico e rituale in generale; organizzazione di seminari a
tema sia per i Rabbanim sia per le comunità. Come si sta muovendo per affrontare i problemi connessi con la polemica sulla milà? Vorrei
soffermarmi, in via preliminare, sul grave problema di reperimento di
Mohalim idonei e esperti, che purtroppo è comune a tutte le Kehilloth
(si sta infatti pensando di bandire un concorso per formare Mohalim in
Israele). Riguardo alla polemica in questione, ritengo
consigliabile che la nostra posizione, allo stato attuale, attenda gli
sviluppi in corso, dato che, per il momento, non investe direttamente
le nostre Comunità. L’ARI, quando sarà interpellata, fornirà tutte le delucidazioni concernenti questo problema nella sua generalità. ... e sulla shechità? Secondo quanto stabilito dall’Intesa con lo Stato Italiano, la shechità in Italia è legalmente riconosciuta. L’ARI,
tuttavia, segue con attenzione quanto avviene a livello europeo,
cercando di prevenire e contrastare eventuali provvedimenti assunti nel
Parlamento Europeo contro le macellazioni rituali. Come sono i rapporti con le altre istituzioni rabbiniche nel mondo (Israele, Europa, America)? Attraverso
la Presidenza, sono da tempo attivi canali di informazione e
collaborazione con la Rabbanut HaRashit e altre Rabbanuiot d’Israele,
la Conferenza Rabbinica Europea e singoli rabbinati europei e
statunitensi. L'Assemblea dei
Rabbini è composta da rabbini "ortodossi": quali sono i criteri con cui
vengono iscritti all'ARI? Qual è la preparazione culturale
richiesta? Sono
membri dell’Assemblea Rabbinica Italiana coloro che hanno conseguito il
titolo rabbinico superiore presso una scuola rabbinica italiana o
presso altri istituti riconosciuti dall’Assemblea. La
voce dei rabbini italiani sembra un po' troppo flebile rispetto alle
grandi tematiche dell'uomo moderno (testamento biologico, cellule
staminali, inquinamento etc): non pensa che una maggiore presenza nei
media potrebbe giovare a definire in maniera più chiara le differenze
tra l'ebraismo, il cristianesimo e il pensiero laico? Si
tratta di tematiche che, per quanto siano ancora allo stato fluido,
specie in Italia, hanno già trovato in taluni ambienti ebraici, sia
americani che israeliani, un ventaglio di posizioni prospettanti
possibili linee di condotta attuabili, valide esclusivamente per il
mondo ebraico. La ridotta visibilità dei Rabbini Italiani in foro
pubblico circa queste difficili questioni dipende anzitutto dal fatto
che essi sentono il dovere di rivolgersi in prima battuta ai loro
correligionari. Da ultimo, poche sono state le richieste di intervento
pubblico al riguardo. Dopo la
decisione dell'ARI di astenersi dal partecipare alla giornata del 17
gennaio, tradizionalmente destinata dalla Chiesa Cattolica
all'approfondimento dell'ebraismo, quale atteggiamento intende ora
assumere il Rabbinato Italiano? L’A.R.I sin dall’inizio ha
con dignità, responsabilità e tempestività preso ferma posizione nei
confronti di discutibili iniziative della Chiesa Cattolica. Attendiamo
ora ulteriori sviluppi da parte della Chiesa stessa per poter assumere,
da parte nostra, decisioni adeguate, volte a superare l’attuale stato
di stasi. Come valuta la prossima visita di Papa Benedetto XVI in Israele? Valuto
senz’altro la visita del Papa in Israele in senso positivo: sia per
nuovi possibili collaborativi sviluppi che si potranno avviare nei
confronti dello Stato di Israele da parte dello Stato Vaticano, sia nel
senso di una urgente e opportuna pacificazione dei rapporti tra le
diverse confessioni religiose in Medio Oriente (es. Cattolici di rito
orientale in Eretz Israel e ebraismo locale), sia ai fini di un
rinnovato dialogo tra l’Ebraismo diasporico e il Cattolicesimo. Di
fronte alla grande richiesta di cultura ebraica legata alla Torà che si
fa sempre più pressante nelle Comunità italiane, cosa pensa debba fare
l'Assemblea? Alcuni singoli Rabbanim da tempo si adoperano,
nei limiti delle proprie possibilità, specializzazioni e tempo a
disposizione, ai fini di una presenza di cultura ebraica il più
possibile elevata, adatta ai nostri giorni e continuativa. Vi sono
incontri, lezioni (anche on-line) e conferenze. Mi rendo conto che
il lavoro è enorme e che le richieste –il che è un ottimo segno!- sono
moltissime. C’è certamente da migliorare lo stato attuale delle
cose. Ma servono anche nuove forze e nuove risorse, oltre che molta,
molta collaborazione, pazienza e impegno da parte di tutti e a vari
livelli.
(domande formulate dal Rav Shalom Bahbout)
|
|
|
|
|
torna su |
pilpul |
|
|
|
|
JFace2009, un weekend per i giovani
Va in archivio un altro evento targato Lessonparty, il Jface2009.
Finalmente è tornato il week end del 1 maggio con una 3 giorni di
spiaggia, discoteca e un grande Shabbaton targato Rav Levi Hazan,
personaggio carismatico, vicino ai giovani. Tra facce note e meno note,
tra australiani, americani, russi e francesi, molta voglia di
relax e spensierato divertimento. Un week end pensato e
programmato dagli organizzatori in pieno stile Valtur, dal cocktail di
benvenuto al cestino dei panini per il viaggio di ritorno, passando per
i drink in spiaggia con tanto di lettini e il pullman di servizio per
gli ospiti. Emozionante la chiamata al Sefer di un giovane adulto
proveniente dalla Russia, che per la prima volta dopo il brith milà
recitava le formule tradizionali, subito dopo festeggiato da tutti i
ragazzi presenti al Tempio allestito in una sala dell'albergo. Menzione
particolare a Claudia De Benedetti e Daniel Citone, rispettivamente
responsabili delle attività giovanili d'Italia e di Roma per aver
sostenuto gli organizzatori e aver dato loro la fiducia necessaria
senza la quale non si sarebbe potuto realizzare questa magnifica
manifestazione ebraica per i giovani.
Yoram Debash |
|
|
|
|
torna su |
rassegna stampa |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Una
rassegna stampa fitta di notizie dal Medio Oriente, quella di oggi,
come è naturale e quasi quotidiano per un’area del mondo in continua
fibrillazione e per i suoi difficili problemi politici in attesa di
possibili soluzioni. Diamo uno sguardo ai temi principali. Si è
conclusa la visita del Ministro degli Esteri israeliano Avigdor
Lieberman in Italia. Nell’incontro con Berlusconi, Lieberman ha
ribadito la necessità di proseguire gli sforzi verso la pace, ma ha
soprattutto sottolineato l’esigenza di porre limiti di tempo alle
trattative con l’Iran sul nucleare: se entro tre mesi non si ottengono
risultati occorre prendere iniziative concrete (l’auspicio di sanzioni
politico-economiche internazionali nei confronti di Teheran? Il
riferimento a un intervento militare israeliano?). Comunque un monito
(come ci fa notare Umberto de Giovannangeli su L’Unità),
una opposizione chiara rispetto alla linea di trattativa a tutto campo
instaurata da Obama; tanto che il Presidente Peres – in contemporanea
visita negli USA – ha dovuto gettare acqua sul fuoco precisando che
Israele non pone ultimatum all’amministrazione americana. Claudio Rizza
sul Messaggero
insiste sul carattere poco diplomatico ma assai pragmatico del nuovo
governo israeliano, per niente propenso ai rituali delle belle parole,
e pone l’accento sull’invito di Lieberman a Berlusconi perché spinga
Putin a rompere con Hamas e Hezbollah: una possibile via di intesa
indiretta tra russi? La strada della franchezza e il rifiuto dei
cerimoniali possono essere una strategia apprezzabile, ma certo non
favoriranno i rapporti con molti leaders europei: sempre Rizza ci fa
notare come l’accoglienza che Lieberman riceverà in Francia (seconda
tappa del suo tour europeo) sarà molto più “freddina” rispetto a quella
tributatagli dall’Italia. La simultanea missione di Peres a
Washington fa parte certo, al di là dei contrasti a distanza che
possono cogliersi nelle parole dei due personaggi, di una medesima
strategia di intervento a tutto campo messa in opera da Israele, volta
anche a rintuzzare accuse di immobilismo politico e di scarsa volontà
di trattativa particolarmente rivolte al nuovo esecutivo. Nello
specifico, Peres arriva negli Stati Uniti per preparare il terreno
all’incontro che il Primo Ministro Netanyahu avrà con Obama il 18
maggio. Il grande sostenitore della pace, il premio Nobel che fu tra i
padri dell’accordo di Oslo ribadisce la sincera volontà israeliana di
arrivare a una soluzione globale, politica, condivisa della questione
israelo-palestinese (La Stampa, Avvenire, L’Unità).
Certo, l’atteggiamento americano è molto cambiato rispetto
all’amministrazione Bush, quando Israele aveva carta bianca. Ora gli
Stati Uniti ribadiscono con chiarezza quello che chiedono allo Stato
ebraico come contributo alla via verso la pace. L’ha precisato senza
peli sulla lingua il Vicepresidente Biden durante un discorso
all’American Israel Public Affairs Commettee che egli stesso ha
preannunciato come “non piacevole”: smantellamento degli insediamenti
esistenti nei Territori, cessazione dalla fondazione di nuovi
avamposti, maggiore libertà di movimento per i palestinesi. Una linea
che, almeno per ora, sembra improponibile per un governo di destra che
pare fondato sul principio di un Israele forte, saldo nel resistere
agli attacchi politici e mediatici contro la sua stessa esistenza e
altrettanto fermo nel ribadire una linea conservatrice e contraria a
concessioni territoriali. Il contrasto all’orizzonte nei rapporti USA-Israele fa da sfondo alle due interviste che Maurizio Molinari realizza per La Stampa.
David Pipes, mente dei neocons – direttore del Meddle East Forum e del
Foreign Policy Institute, analizza la nuova linea politica di Netanyahu
proiettata verso la trasformazione economica e sociale della realtà
palestinese, uno sviluppo economico che deve a suo giudizio innescarsi
a monte di ogni realizzazione politica e statuale. Constatando questa
prospettiva e insieme il globale fallimento del processo verso lo Stato
palestinese iniziato a Oslo nei primi anni Novanta, il politologo
americano non può che concluderne che si è destinati in qualche modo a
tornare alla situazione precedente il 1993. Moises Naim,
direttore del magazine “Foreign Policy”, coglie i due principali punti
di attrito tra Obama e Netanyahu: laddove il Presidente americano
insiste per un taglio netto sugli insediamenti, il premier israeliano è
schiacciato nel sandwich tra istanze internazionali e pressanti
richieste interne dei partiti oltranzisti che sostengono il suo
governo; laddove il nuovo volto della politica statunitense punta sul
negoziato a tutto campo e sull’impegno diretto nella trattativa con
l’avversario iraniano, l’esecutivo di Gerusalemme tende ad affidarsi
alla forza drastica dell’opzione militare. Non si arriverà certo a una
rottura, poiché il legame tra i due Paesi è di natura strategica, ma
certo sarà difficile fare veri progressi. L’apparenza e una
lineare lettura politica sembrano portare al trionfo dello scetticismo,
ormai consueto sullo scenario mediorientale. E certo spingono in questa
direzione notizie come quella del rapporto Onu sulla guerra di Gaza (La Stampa, Il Sole 24 Ore, Avvenire, Il Corriere della Sera, con toni particolarmente duri Il Manifesto):
condanna netta e unilaterale di Israele, colpevole per sei dei nove
fatti di violenza contro le strutture delle Nazioni Unite nella
Striscia; in particolare, Tzahal avrebbe bersagliato la scuola situata
a nord presso Jabahiliya, dalla quale nessuno sparava, provocando
la morte di 42 civili palestinesi. Niente di nuovo sotto il sole. Ovvia
anche la sacrosanta risposta israeliana, secondo la quale il rapporto
Onu è del tutto squilibrato e non fornisce un’immagine attendibile
della situazione, omettendo ogni riferimento alla violenza di Hamas che
si faceva scudo della popolazione civile. Ma al di là delle
divergenze che si profilano all’orizzonte e al di là del consueto
scoramento politico di fronte ai consueti copioni anti-israeliani
recitati dai soliti attori, due analisi oggi ci inducono a cogliere
nuove possibili prospettive, o almeno spiragli di novità. Franco
Venturini sul Corriere della Sera
non nega l’emergente braccio di ferro tra gli Usa e Israele, ma oltre
le diversità evidenti vede lo sforzo israeliano di darsi da fare per
mantenere contatti a più livelli (Lieberman in Europa, Peres in
America, tra poco Netanyahu in America), vede soprattutto una comune
volontà di cercare strade nuove anche superando le barriere ideologiche
e le rispettive rigide appartenenze, vede insomma un pragmatico comune
bisogno della “novità” come condizione per una trattativa che comunque
deve continuare. Con una visione globale e strategica, proiettandosi oltre l’asfittica e bloccata situazione attuale John R. Bolton
offre due significativi consigli a Israele. L’isolamento presente, oggi
accentuato dalla sempre più palese distanza dell’Europa e dalla svolta
dell’America obamiana, deve portare il Paese a scelte alternative e
radicali. Primo consiglio: allacciare rapporti stretti, soprattutto sul
fronte comune anti-iraniano e sul versante della sicurezza, con gli
Stati arabi moderati del Medio Oriente. Secondo consiglio: stringere
relazioni sempre più forti con i paesi “non allineati”, ormai schierati
su posizioni equilibrate e in cerca di prospettive di crescita e di
alleanza. Insieme, un terzo più ovvio suggerimento: mantenere ben saldo
l’irrinunciabile legame con gli Stati Uniti, come stabile base
d’appoggio. Insomma, cercare vie nuove per il futuro laddove c’è aria
nuova, puntando a costruire prospettive politico-economiche e non
semplicemente a “resistere” sulle vecchie posizioni. Una strada
difficile, per le trasformazioni che comporta. Ma certo una strada
lungimirante. Come dire che occorre saper cambiare con decisione
in un mondo che può cambiare da un momento all’altro. Forse anche
l’Iran può cambiare, almeno in parte. Il Corriere della Sera e La Repubblica
segnalano scricchiolii per il futuro di Ahmadinejad, che oggi non pare
più gradito all’ajatollah Khamenei. Ci sono comunque dubbi sul fatto
che un futuro diverso presidente iraniano muti decisamente posizione
rispetto a Israele e alla realtà mediorientale. Non si evolve, non
si amplia neppure la visione di alcuni storici sul sionismo. La
risposta di Sergio Romano a una garbata e documentata lettera
pro-israeliana di Stanley Feiwell sul Corriere della Sera
è certo altrettanto documentata; non possiamo negare che Romano sia uno
storico preparato. Ma è una risposta a senso unico. Il sionismo vi
appare nell’unica versione di ideologia nazionalista Blut und Boden
portatrice del mito della “terra irredenta”, simile in questo – ahimé –
ai nazionalismi totalitari del Novecento europeo: non una parola sul
sionismo socialista, sul sionismo spirituale, sul movimento politico
pragmatico che pure ebbero parte importante nel creare i presupposti
dell’Yishuv.
David Sorani
|
|
|
|
|
torna su |
notizieflash |
|
|
|
|
Roma, Tribunale civile: Reibman non offese Diliberto Roma, 6 mag - Yasha
Reibman, portavoce degli ebrei milanesi, non ha diffamato Oliviero
Diliberto. Così si è pronunciato il Tribunale civile di Roma, nella
causa per un milione di euro indetta da Oliviero Diliberto contro
Yasha Reibman, che durante un corteo pro Palestina con bandiere
d'Israele bruciate, nel 2006, aveva accostato il leader del Pdci a
quello della Fiamma tricolore parlando di «spacciatori d'antisemitismo»
e di «diffusione, magari inconsapevole, di pregiudizi». Parole che
rientrano nel diritto di critica ha sostenuto il giudice respingendo la
richiesta di danni perché Reibman «non ha offeso la persona ma ne ha
criticato l'operato politico», spiega il suo avvocato, Marco Teardo.
«Per fortuna in Italia si può ancora dissentire, anche da un ex
Guardasigilli», ha commentato Reibman.
|
|
|
|
|
|
torna su |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
|
|