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    14 maggio 2009 - 20 Yiar 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
L’onda emotiva del dibattito sull’immigrazione in Italia ha coinvolto e lacerato l’ebraismo italiano. Si è creato un intreccio di esigenze diverse: il rispetto della memoria e dell’unicità della shoà, che non può essere paragonata con leggerezza a ogni situazione, anche la più drammatica della storia; la complessità della questione immigrazione dove anche le migliori intenzioni di assistenza e integrazione si scontrano con realtà politiche che possono imporre scelte dure e dolorose; la buona regola che impone alle istituzioni ebraiche, attraverso i loro rappresentanti, di non fare scelte di parte politica, tanto più in periodi elettorali. Ma d’altra parte, e soprattutto, pesano la nostra memoria storica, che non può dimenticare la sofferenza dell’esilio, e la nostra tradizione religiosa, che già nella Torà ricorda il nostro essere “stranieri”, gherim, e per cinque volte ricorda che “siete stati stranieri in terra d’Egitto” (Shemot 22:20, 23:9, Waiqra 19:34, Devarim 10.19, 23:8) e proibisce di “restituire il servo al suo padrone” dal quale è fuggito (Devarim 23:16). Per cui niente confusioni con la shoà, niente interventi in politica, nessuna scelta di campo. Ma neppure niente silenzio, per il bene nostro e di questo Paese. I popoli di Amon e Moav si portano un marchio di infamia “perché non vi vennero incontro con il pane e con l’acqua nella strada quando eravate usciti dall’Egitto” (Devarim 23:5). 
Al Centro Moses Mendelssohn di Studi Ebraici Europei a Berlino ci siamo riuniti questa settimana per discutere del futuro. Il quesito centrale era: sarà in grado l'ebraismo europeo, di costituire un terzo polo, accanto o perfino in competizione con i due centri maggiori in Nord America e in Israele? Le Comunità europee hanno attraversato in questi anni profondi cambiamenti, demografici, socioeconomici, culturali. Con la scomparsa dell'Unione Sovietica e l'emigrazione di massa, dagli anni Novanta - per la prima volta dal 1600 - vivono più ebrei in Europa occidentale che in Europa orientale. Nelle comunità ebraiche non mancano le figure di prestigio sul piano generale e su quello ebraico. Incredibilmente, però, agli ebrei è quasi sfuggito un fenomeno politico di grande importanza: la creazione e la crescita dell'Unione Europea. Esistono, sì, organizzazioni ebraiche continentali come il Congresso Ebraico Europeo e il Consiglio Europeo delle Comunità Ebraiche. A parte i dubbi sulle modalità elettive di questi enti, entrambi partono da un'Europa immaginaria che va dall'Atlantico a Vladivostock, passando da Casablanca, Istanbul e Baku, e dunque non è, e in un certo senso sfida l'Europa dei 27. La vera forza organizzativa ebraica opera ancora soprattutto a livello locale con scarso coordinamento continentale. Non esiste invece una reale forza ebraica rappresentativa presso le autorità europee a Bruxelles e ciò danneggia la capacità negoziale e gli interessi di oltre un milione di ebrei dell'UE. È giunto il momento di costituire una vera Unione delle Comunità Ebraiche dell'Unione Europea.
Sergio
Della Pergola,

demografo Università Ebraica di Gerusalemme
sergio della pergola  
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  fini fiera libroTorino e i libri -  Un anno e un giorno

Torino, Fiera del Libro. Un anno fa, per riaffermare il diritto minacciato di Israele a esistere e ad affermare la propria identità e la propria cultura, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane innalzava un proprio stand nella grande esposizione culturale italiana e apriva un dialogo con la società. Un anno dopo qualcosa è cambiato. Oggi c'è un notiziario quotidiano, quello che state leggendo, che allora muoveva solo i primi passi. C'è il Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it.
C'è una redazione. Ci sono decine e decine di collaboratori volontari di valore e prestigio. E c'è una pubblicazione a stampa, a larga tiratura, da distribuire ai visitatori della Fiera del Lingotto, che si prevede accoglierà nei prossimi giorni oltre 300 mila visitatori interessati al libro e alla cultura. La gente si ferma, chiede, vuole sapere, vuole
conoscere, vuole leggere "pagine ebraiche". Così l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è tornata al Salone del Libro. Un anno e un giorno.
Molto lavoro, qualche risultato. Ancora un tratto di strada nella storia della più antica comunità della Diaspora.



fini fiera libroTorino e i libri - Fini taglia il nastro
al Lingotto di Torino

E' stato il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, a inaugurare al Lingotto la ventiduesima edizione della Fiera Internazionale del libro di Torino che vede quest'anno Paese ospite d'onore, l'Egitto , di cui Fini ha posto in rilevo il ruolo chiave "nel favorire la civiltà del dialogo e dell'incontro" definendolo "Un paese strategico per il processo di pace in Medioriente e un paese fortemente impegnato nel garantire il dialogo inter-palestinese".
In una sala gremita dal pubblico giunto per presenziare alla cerimonia di apertura, Fini ha sottolineato come il valore, il prestigio, il numero degli ospiti e il respiro internazionale assunto dalla Fiera, faccia di questo evento uno degli appuntamenti culturali principali in Europa. E ancora come l'alto contributo di eventi di questo genere apporti una crescita complessiva importantissima e vitale per la nostra societa'. Fini ha ricordato che l'eredità culturale dell'Egitto è patrimonio dell'umanità, sia quella storica, sia quella di autori moderni, come il nobel 1988 Naguib Mahfouz, ed ha aggiunto di credere "che sarà particolarmente interessante anche l'incontro con gli autori oggi emergenti nel panorama egiziano, che esprimono le varie tendenze presenti nella cultura araba contemporanea".
Per Fini il messaggio che arriva dalla Fiera conferma che gli scrittori sono messaggeri di pace e solidarietà tra i popoli, "perché la diffusione della cultura è un fortissimo fattore di speranza nella costruzione di un mondo all'insegna del rispetto e della collaborazione tra le culture e le genti". 
Il Presidente della Camera ha voluto poi ricordare che la diffusione della cultura e della conoscenza "e' uno dei principi fondanti della nostra Costituzione".
Durante il suo discorso  Fini ha annunciato la sua intenzione di organizzare in autunno a Montecitorio la Giornata del libro politico. "Saranno invitati gli editori e gli autori che vorranno presentare le loro opere sulla vita politica italiana e internazionale - ha spiegato Fini - ovviamente cercheremo di offrire il più ampio ventaglio possibile di proposte all'insegna del pluralismo e della ricchezza culturale. Con tale iniziativa la Camera si augura di contribuire alla crescita della partecipazione democratica nel nostro paese, fornendo il proprio apporto ad una sempre più diffusa conoscenza da parte dei cittadini del dibattito delle idee"
Fra le altre personalità che hanno preso la parola alla cerimonia il presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura Rolando Picchioni, il presidente della provincia Antonio Saitta, il segretario generale del Consiglio superiore della cultura della Repubblica Araba d'Egitto Asfour Gaber e il direttore editoriale della Fiera, Ernesto Ferrero.
Unanimi gli interventi nell'affermare la crescita inaspettata dei visitori e del numero di editori presenti come ogni anno alla Fiera. La previsione di quest'anno e di circa trecentomila visitatori. Concordi anche nel sottolineare il paradosso del nostro paese: una delle nazioni dove si legge meno in Europa, famosa per la scarsa attenzione alla lettura  che allo stesso tempo riesce ad ospitare eventi culturali come quello di Torino che raccolgono cosi tanto interesse. Fini ritiene molto importante questo aspetto segno a suo parere di una domanda culturale in crescita.

Valerio Mieli

Cdec Il ruolo dell'ebraismo italiano
contro il comune senso del pregiudizio


“Ogni anno in occasione della festività di Pesach celebriamo la liberazione dalla schiavitù e ci proponiamo di ricordarla ogni giorno della nostra vita. Per questo noi ebrei non possiamo prescindere dal rispettare lo straniero, dall’amarlo, per non dimenticare il tempo in cui anche noi lo fummo.” Così Giorgio Sacerdoti, Presidente del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec), apre la Tavola rotonda “Il comune senso del pregiudizio... I pregiudizi di ieri e quelli di oggi, le ricerche in corso, gli atteggiamenti nella società, le buone pratiche...”, organizzata dal Cdec proprio allo scopo di portare il contributo e il supporto dell’esperienza ebraica ad una situazione sempre più esacerbata, l’ostilità di larghi strati della popolazione italiana nei confronti delle minoranze, degli stranieri, degli immigrati.
Quali sono oggi le etnie più discriminate? E quali i gruppi italiani che più mostrano diffidenza? Cosa si può fare per migliorare la situazione, e cosa possono fare in particolare gli ebrei? Queste sono le questioni che vanno a costituire il leit motiv della serata, affollatissima di pubblico e con relatori d’eccezione, Gad Lerner, Renato Mannheimer, Gian Antonio Stella, Tommaso Vitale e Milena Santerini.
Ad aprire la discussione è Tommaso Vitale, sociologo dell’Università di Milano Bicocca, che si concentra sul problema dei gruppi zigani, i più temuti e rigettati dagli italiani d’oggi. “E’ importante riferirsi a gruppi zigani e non considerarli una popolazione monolitica” spiega Vitale “ognuno di questi gruppi tiene moltissimo alle loro specificità, che si concretano non solo in diverse usanze, ma spesso anche in diverse lingue o religioni. Oggi più del 90% degli italiani prova ostilità nei confronti di questa gente, che spesso abita, sia pure ciclicamente, negli stessi luoghi da secoli. In tutta Europa gli zigani sono dodici milioni, ma in nessun altro paese la situazione è drammatica come nel nostro. L’origine di questo vero e proprio razzismo è da ricercarsi nelle politiche locali che, prive di coordinamento nazionale, hanno relegato i rom nei cosidetti “campi nomadi”, perché dove c’è segregazione, c’è degrado sociale, e dove c’è degrado sociale nascono povertà, emarginazione e tutti i problemi che hanno fatto dimenticare alla gente che gli “zingari” sono parte della società italiana da secoli.”
Che il popolo rom sia considerato dagli italiani “il più antipatico”, seguito da albanesi e rumeni, lo spiega anche Renato Mannheimer, sondaggista del Corriere della Sera, che illustra anche qual è l’attitudine degli italiani verso gli ebrei oggi quale emerge dalle statistiche. Se nella classifica dell’antipatia sono a media classifica (curiosità, i più simpatici in assoluto sono i filippini..), il 56% degli italiani dichiara di non avere un’opinione in merito. Nel restante 44% si riscontrano spesso diversi pregiudizi antisemiti, dal tipo definito “classico” (gli ebrei sono deicidi), a quelli più moderni che porta a considerarli come una sorta di casta che si arricchisce e mira a conquistare e mantenere il potere, per arrivare a quelli che ricollegano al popolo ebraico la loro ostilità verso Israele, senza fare alcuna distinzione tra i due.
“Se è controverso il fatto che si possano definire antisemiti coloro che sono propugnatori di una sola categoria di pregiudizio, non vi è dubbio alcuno che antisemiti siano coloro che mostrano pregiudizi di tutte e tre e forme contemporaneamente e sono il 12% degli italiani” conclude Mannheimmer.
Abbandonando i numeri, Gad Lerner, giornalista e conduttore dell’Infedele, rivendica orgogliosamente il ruolo che l’ebraismo italiano può svolgere e, in taluni casi, ha già svolto, per supportare le situazioni di ostilità che si trovano a dover vivere gli stranieri nell’Italia di oggi. Esorta a combattere  “l’ondata di razzismo che avvilisce il paese, anche e soprattutto per colpa di una politica che fa un uso strumentale del problema della convivenza con etnie diversa dalla nostra”, invitando tutti, mentre hanno sotto gli occhi le immagini della Pinar, per giorni sballottata tra Italia e Malta a ripensare alla nave Saint Louis, che nel 1939 fu respinta da Cuba e poi dagli Usa e costretta a tornare in Germania, dove tutti i suoi passeggeri furono deportati, oppure alle vicende dell’Exodus.
“Se poi andiamo a riguardare la terminologia usata per definire e “deumanizzare” gli ebrei nella “Difesa della Razza”, non sono poi tanto diversi da quelli con cui alcuni parlano oggi dei rom, considerando che si è parlato addirittura di “derattizzazione”. Per questo come, oggi più che mai, occorre vigilare sul pericolo dell’antisemitismo, non è dobbiamo fare di tutto perché anche altri non subiscano alcuna forma di intolleranza, di discriminazione e di razzismo.” ammonisce ancora Lerner.
Particolarmente colpito appare lui, così come Gian Antonio Stella, altro giornalista presente, da un altro dato emerso dalla relazione di Tommaso Vitale, e cioè che la sfiducia nella possibilità di convivenza coi rom cresce al crescere di alcuni indicatori culturali, quali la laurea, la partecipazione politica e la lettura di giornali, “perché questo dato del tutto contro intuitivo, deve spingere soprattutto noi giornalisti a ripensare al ruolo del nostro mestiere.”
Stella poi nel suo intervento, attraverso una serie di divertentissime metafore e paradossi, riesce ad esprimere efficacemente la banalità del razzismo. Una su tutte la storia della madre di un suo amico, orgogliosamente veneta, che si chiedeva chi glielo avesse fatto fare di sposare un napoletano, quando si arrabbiava col marito, nato a … Ferrara!
O ancora le polemiche che aveva suscitato qualche mese fa la notizia che il comune di Venezia avrebbe assegnato un alloggio a una famiglia rom (“il Veneto ai veneti!”), quando poi si scoprì che si trattava della famigli Pierobòn di etnia rom residente nella regione da quattro secoli (“e la mia famiglia è in Veneto solo da un secolo!”).
A chiudere la Tavola Rotonda è Milena Santerini, Professore Ordinario di Pedagogia dell’Università Cattolica, che sottolinea come il lavoro da fare, da parte degli educatori, per insegnare a vincere stereotipi e pregiudizi sia enorme. “Non sempre si hanno gli strumenti adeguati” aggiunge “anche perché se dichiararsi razzisti è ancora tabù, il razzismo nei fatti esiste, può essere di diversi generi, e ciascuno va affrontato e sconfitto in modo specifico. Sappiamo bene che la Shoà non è stato qualcosa di improvviso, bensì il frutto di un lento e costante processo di erosione dei diritti che ha indebolito la posizione di taluni gruppi sociali in modo tale per cui alla fine è stato possibile infliggere loro qualunque cosa. E se è necessario considerare la Shoà un unicum, occorre comunque che tutti si impegnino, e gli ebrei in primis grazie alla loro autorevolezza in materia, per evitare che chiunque venga lasciato solo, gli ebrei stessi, i musulmani, gli albanesi o gli zingari.”

Rossella Tercatin

Riportiamo di seguito la relazione di Giorgio Sacerdoti, Presidente del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, alla Tavola rotonda “Il comune senso del pregiudizio... I pregiudizi di ieri e quelli di oggi, le ricerche in corso, gli atteggiamenti nella società, le buone pratiche..."

Barconi o non barconi, che gli immigrati siano legali o clandestini, che essi fuggano da persecuzioni e chiedano asilo, o siano spinti da ragioni economiche e sociali perché cercano e trovano da noi - pur con tutte le difficoltà da superare — migliori prospettive di vita per loro stessi e i propri figli, la presenza stabile nel nostro Paese di persone originarie da altre parti del mondo, di altre etnie e culture, per vari aspetti visibilmente diversi, è senza dubbio destinata a permanere. Da noi come negli altri Paesi dell’Europa.
Secondo il Sole 24 Ore di ieri i lavoratori stranieri in Italia sono oltre tre milioni e mezzo, di più di tutti i dipendenti nella pubblica amministrazione che sono tutti italiani!
Organizzare l’accoglienza, l’integrazione, l’inserimento e prima ancora la lotta al pregiudizio, al razzismo, alla discriminazione sono essenziali per mantenere la convivenza civile in una società che passa per grandi inevitabili trasformazioni. Queste derive non vanno fomentate, al contrario vanno attentamente monitorate e combattute.
Come ebrei poi, da sempre minoranza, che non è mai al sicuro dal risorgere di questi fenomeni, anche se siamo oggi ben meno visibili e quindi esposti. La nostra legge ci ingiunge di ricordare che “stranieri fummo in terra d’Egitto”, giunti ivi come profughi, dapprima ben accolti poi ridotti a schiavi del Faraone, finché il popolo ebraico guidato da Mosè non ritrovò con difficile e lungo cammino la libertà fisica e la dignità morale nella legge universale dei 10 comandamenti. Questo ricordo ci è ordinato per uno scopo: per rispettare ed amare lo straniero che vive tra di noi, memori delle sofferenze dei nostri padri.
Il Cdec ha tra i suoi scopi anche quello di essere attento ai fenomeni di pregiudizio verso i diversi. La nostra Fondazione ne studia le dinamiche, ed è attiva in particolare sul piano dell’educazione segnatamente con interventi nella scuola. Questo ben oltre le preoccupazioni più dirette per l’antisemitismo.
Il nostro Osservatorio sul pregiudizio, che si avvale anche di un apposito portale, sostiene quindi e partecipa da tempo alle ricerche demoscopiche che l’ISPO sotto la guida di Renato Mannheimer conduce; opportunamente pubblicizzati i risultati vogliono rendere l’opinione pubblica attenta agli stereotipi diffusi che veicolano il pregiudizio e che sono all’origine del razzismo e delle discriminazioni che tanto ci preoccupano.
Sono grato quindi ai partecipanti a questa Tavola rotonda per la loro disponibilità a intervenire, Renato Mannheimer e Tommaso Vitale, autore di un’altra ricerca, questa relativa ai pregiudizi nei confronti dei Rom, che ha dato risultati veramente inquietanti, a Milena Canterini e Gad Lemer.
Prima di passare la parola vorrei infine ricordare che abbiamo ricevuto un messaggio di plauso a questa iniziativa da parte del presidente della Camera Gianfranco Fini che ringrazio della sua attenzione per il nostro “impegno nella promozione dei diritti della persona contro ogni forma di razzismo, xenofobia e discriminazione”



 
 
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  tizio della seraGeografia del ricordo

Il Papa e Peres erano seduti accanto, tra i macigni dello Yad Vashem. La vecchiaia gli è precipitata addosso. Gli occhi si sono fatti orbite cave. La loro vicinanza, un abisso.    

Il Tizio della Sera 
 
 
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E’ stata probabilmente la giornata più impegnativa dal punto di vista politico, quella che ha superato ieri Benedetto XVI ormai da giorni in Medio Oriente. Come riportano tutti i quotidiani (Corriere, Repubblica, Sole 24 Ore, Stampa, Giornale, Libero, fino all’Unità, Il Manifesto, Il Messaggero, Il Tempo, Avvenire e naturalmente l’Osservatore Romano) il Papa ha visitato Betlemme lanciando messaggi di vicinanza al popolo palestinese. Ratzinger ha chiaramente richiesto che “i muri” (il muro, quello di sicurezza) siano abbattuti; che ai palestinesi sia concesso il diritto ad avere una patria; che l’embargo a Gaza finisca; ha pregato per i morti dell’operazione Piombo Fuso, per chi è ora senza una casa; ha donato cinquanta mila dollari per la realizzazione di tre classi della scuola dell’Aida Refuge Camp. E ha chiesto allo stesso popolo di resistere alla tentazione del terrorismo. Dunque, Benedetto XVI si è fermato a parlare qualche minuto anche con alcuni abitanti dei villaggi palestinesi, portando durante tutta la giornate un messaggio di pace, con i toni della politica.
Continuando a sfogliare i giornali che dedicano più pagine, anche oggi, alla visita del Pontefice, è interessante leggere le cifre riportate dal Giornale in un articolo a firma di Fausto Biloslavo. Il giornalista spiega, dati alla mano, le parole che Ratzinger ha pronunciato l’altro ieri, quando ha pregato affinché i cristiani non abbandonino la terra che stava calpestando. Infatti, titola il quotidiano, si sta verificando una “fuga di massa dal Medio Oriente: per i cristiani è rischio estinzione”. I fedeli alla Chiesa erano un quinto della popolazione un secolo fa, ora rappresentano un misero 5 per cento. Ma i rapporti sullo stato demografico di Israele fanno altrettanto riflettere. Il Sole 24 Ore ci racconta come il pareggio demografico tra ebrei ed arabi avverrà nel 2016, molto prima di quanto si pensasse.
Sul viaggio del papa, oltre alle decine di commenti che si possono leggere (fra cui il Financial Times), vanno segnalate due interviste. La prima sul Corriere a Shimon Peres, la seconda  ad Abraham Yehoshua su Repubblica. Il Presidente israeliano traccia un bilancio della visita del Pontefice sintetizzando la missione del papa con queste parole: “Benedetto XVI combatte la religione della violenza”. Peres sembra soddisfatto di come il Papa si sia espresso sul tema dell’antisemitismo, ha inoltre riproposto il problema mondiale che rappresenta l’Iran e confidato di aver promesso al Papa che Israele non confischerà le proprietà del Vaticano. Di altro sapore l’intervista a Yehoshua. Lo scrittore ha spiegato che sulla questione “due popoli due Stati” serve subito un’intesa sui confini, ma bisogna aspettare le mosse di Obama. 
Inoltre, parlando dell’impatto emotivo della visita del Pontefice, ha confidato che Giovanni Paolo II suscitò molto più entusiasmo negli israeliani. In ogni caso, se la visita del papa abbia o no regalato un nuovo impulso per la pace, si vedrà a breve. Anche considerando che Bibi Netanyahu atterrerà negli States lunedì prossimo per parlare con il Presidente americano Barack Obama.
L’Europa e l’Italia attendono di capire cosa succederà in Medio Oriente. Intanto in Francia, il discusso comico Dieudonnè ha depositato una lista antisionista per le elezioni europee di giugno. Fatto che ha scatenato non poche polemiche, come scrive La Stampa. Proprio il quotidiano di Torino è alle prese con l’apertura della Fiera del Libro, che lo scorso anno alzò il polverone sulla presenza israeliana. Quest’anno tocca all’Egitto, e in particolare al presidente Mubarak, subire gli attacchi. Del resto, è il Paese ospite d’onore.

Fabio Perugia

 
 
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Netanyahu in Giordania incontra Re Abdallah                                 
Tel Aviv, 14 mag -
Visita lampo in Giordania per il premier  israeliano, Benyamin Netanyahu, che ha incontrato re Abdallah, a riferirlo l'edizione online del giornale Haaretz. La visita era prevista, ma non era stata annunciata per oggi. Nel pomeriggio Netanyahu tornerà in Israele, dove è in programma un colloquio informale faccia a faccia con papa Benedetto XVI a Nazareth (Galilea). Per domenica prossima è atteso ad Amman anche il presidente Shimon Peres, che secondo Haaretz intende rassicurare Abdallah sugli impegni del nuovo governo israeliano a maggioranza di destra per il processo di pace con i palestinesi. E questo malgrado l'esitazione pubblica manifestata finora da Netanyahu a confermare l'adesione alla soluzione dei 'due Stati per due popoli'.


 
 
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