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L'Unione informa |
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26 maggio 2009 - 3 Sivan 5769 |
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alef/tav |
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Roberto Della Rocca, rabbino |
La
Parashà di Bemidbàr, che abbiamo letto shabbat scorso e che precede la
festa di Shavuòt, inizia con il comandamento del censimento. E’ noto
tuttavia che, quando non è D-o a prescrivercelo, a noi è proibito
contarci. Anche laddove abbiamo necessità di sapere se abbiamo
raggiunto il quorum necessario per svolgere una preghiera pubblica
possiamo dedurlo soltanto attraverso alcune formule formate da 10
parole. Contarci potrebbe indurci a comportamenti di sopravvalutazione
delle nostre capacità e farci scivolare in atteggiamenti
trionfalistici. Perfino il re David viene punito quando di sua
iniziativa censisce il popolo. Non a caso l’espressione con la quale
D-o comanda a Moshè il censimento è: “Quando alzerai la testa….”. Il
censimento va fatto alzando la testa. Secondo Ramban questo significa
accordare "onore e grandezza a ogni individuo". Il censimento quindi
non come un atto meramente tecnico e amministrativo ma, piuttosto,
un’occasione di valorizzazione dei rapporti tra i leader e il
popolo. |
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Una caratteristica della società postmoderna è sapere troppo su tutto e troppo poco su se stessi. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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davar |
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Emozioni calcistiche e una speranza
Quanti giocatori di calcio israeliani hanno giocato in Italia? La
risposta è molto semplice: uno solo, Tal Banin (nell'immagine a
fianco). Il Brescia ingaggiò questo energico centrocampista dalla
squadra francese del Cannes nel 1997. Restò in Italia per 3
stagioni, senza incidere più di tanto, anche se segnò un bellissimo
goal contro l’Empoli. Il suo ricordo è però ancora vivo, anche se non
molto positivo. Su alcuni siti web di appassionati calcistici è citato
tra i più grandi “bidoni” (giocatori che non hanno confermato le
aspettative dei tifosi) degli ultimi 20 anni. Un giudizio forse
eccessivo, visto i continui acciacchi fisici subiti dal giocatore, che
non poté dunque esprimersi al meglio. Il suo acquisto non lasciò
comunque indifferenti i tifosi locali (e non solo). Molti criticarono
fortemente i dirigenti della squadra bresciana, che sono ancora
considerati come “quelli che hanno comprato l’israeliano Banin”.
Le loro critiche non furono e non sono di natura squisitamente tecnica. Tal
Banin ebbe un predecessore, Ronny Rosenthal, grande star del calcio
israeliano degli anni 90, che venne acquistato dall’Udinese nel 1989.
Il contratto fu però rescisso dalla società friulana nel giro di pochi
giorni, dopo che sui muri di Udine comparvero numerose scritte
antisemite. La scusa ufficiale del club fu che Ronny non aveva passato
le visite mediche. Una scusa appunto, visto che nel 1995 il pretore del
lavoro di Udine condannò l’Udinese a versare un risarcimento di 61
milioni di lire al giocatore. Strano che ben pochi ad Udine, nel 2006,
abbiano contestato l’acquisto da parte dell’Udinese di Al Saadi
Gheddafi, figlio del Colonnello, leader notoriamente democratico ed
amante del dialogo. Visto il progressivo aumento del tasso tecnico
del football israeliano è accaduto che recentemente squadre israeliane
abbiano affrontato squadre italiane senza sfigurare, ed anzi, uscendo
talvolta vincitrici. Il match più recente è stato quello fra le
compagini Under 21 di Italia ed Israele, spareggio per la
qualificazione agli Europei di categoria. Impresa quasi sfiorata, visto
che la squadra israeliana, dopo un eccellente 0 a 0 ottenuto in Italia,
ha perso 3 a 1 in casa.
Il
Maccabi Haifa (nella foto, squadra che qualche anno fa ha battuto
addirittura il Manchester United) giocò a Livorno nella fase a gironi
della Coppa Uefa 2005/2006. Gli israeliani riuscirono a strappare un
difficile pari, ma la partita fu resa ancora più ardua dall’aperta
ostilità dei tifosi del Livorno, fra i più politicizzati d’Italia. La
tifoseria, di estrema sinistra, il cui giocatore simbolo di allora,
Cristiano Lucarelli, era solito salutare la curva con il pugno
chiuso, intonò ripetutamente slogan anti-israeliani, che talvolta
diventarono palesi manifestazioni di antisemitismo. Incredibile fu
l’impresa dell’Hapoel Tel Aviv che nella Coppa Uefa 2001/2002 affrontò
due “colossi” italiani, il Parma e il Milan, eliminando i primi e
giocandosela fino all’ultimo minuto con i secondi, che l’anno
successivo avrebbero vinto la Coppa Campioni. L’Hapoel giocò in
Italia anche l’anno successivo. Questa volta non contro una squadra
italiana, ma contro gli inglesi del Leeds, che uscirono vincitori (4 a
1). La partita fu disputata a Firenze, campo neutro scelto dalle
squadre, visto che in Israele non fu possibile giocare per motivi di
sicurezza. I viali attorno allo stadio furono riempiti dal primo
pomeriggio da gruppi di tifosi israeliani e ragazzi e ragazze
arrivarono dalle varie comunità ebraiche italiane per sostenere
l’Hapoel. Una cosa mai vista, almeno a Firenze! A parte qualche
gruppetto di attivisti anti-israeliani in cerca di scontri, peraltro in
notevole inferiorità numerica rispetto ai supporters israeliani, e vari
e vani tentativi da parte di noi ebrei italiani di spronare i tifosi
dell’Hapoel a cantare l’Hatikva, fu comunque una grandiosa
giornata di festa. Il livello più “alto” raggiunto dal football
israeliano, almeno dal punto di vista simbolico, fu comunque raggiunto
nel marzo del 2005, in un match valevole per la qualificazione ai
Mondiali di calcio. Suwan Abbas, unico giocatore arabo e musulmano
della nazionale israeliana segnò il goal del pareggio all’ultimo
minuto, facendo impazzire di gioia i tifosi sugli spalti. Un goal
“particolare”, vista la fede religiosa del giocatore. Splendide
le sue parole a fine partita: “Il goal è dedicato a tutti quanti in
Israele: basta parlare di arabi e ebrei, siamo tutti un popolo solo. Mi
sento orgoglioso, mi sento arabo e israeliano.” A chi gli domandò
se, vista la notorietà acquisita, sarebbe mai andato a giocare fuori
dal campionato israeliano, rispose: “Solo in Italia”. La chiamata non é ancora arrivata.
Adam Smulevich
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pilpul |
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Money - Imprenditoria israeliana ad alto rischio
Nonostante alcuni confortanti segnali, il tessuto aziendale israeliano
rimane ancora in uno stato di prognosi gravemente rischiosa. Secondo
l’Istituto statistico Israel Business Data, sono infatti ben
50.000 le aziende la cui attività è a rischio a causa della
recessione mondiale. “Nelle
ultime due settimane abbiamo visto timidi segnali di recupero” afferma
Eyal Yanai, co-Director dell’Istituto, “Ma questo non significa che la
crisi sia finita – prosegue Yanai – I nostri dati più aggiornati ci
mostrano come il livello di rischio sia ancora molto alto, in quanto la
stretta del credito ha reso sempre più difficile la possibilità di
avere finanziamenti bancari per continuare l’attività aziendale”. La
media ponderata del livello di rischio secondo l’indice BDI è salita ad
aprile da 6.25 a 6.38, e da 5.81 nell’aprile 2008: inoltre in valore
assoluto il numero di attività a rischio si è alzato rispetto a marzo:
infatti rispetto al totale delle imprese analizzate, ben il 25% è stato
classificato con il massimo grado di rischio e pericolo con un indice
che oscilla tra 9 e 10 punti. Dall’analisi settoriale, emergono i
comparti più a rischio: in particolare il settore della ristorazione è
stato valutato a 7.30, seguito dal settore trasporti a 7.04 e dal
turismo a 7.03. Per chiudere il prevedibile nonché “roseo” quadro
del momento attuale, gli economisti del BDI prevedono inoltre che le
imprese israeliane continueranno a soffrire di questa situazione fino
alla fine dell’anno e molto probabilmente anche per il prossimo
dovranno affrontare gli stessi problemi. Insomma, se non si
conoscesse quello che ha passato Israele dalla sua nascita e la tempra
delle sue persone, allora sarebbe davvero il caso di preoccuparsi..
Benjamin Oskar
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rassegna stampa |
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Informazioni su
Israele e Medio Oriente: L'Avvenire e Il Giornale in note non firmate
danno notizia piuttosto critica della presentazione effettiva alla
Knesset della legge di Yisrael Beitenu già annunciata in campagna
elettorale, che richiederà un atto di fedeltà al paese da parte di
tutti i cittadini israeliani, arabi o israeliani, laici o haredim. Per
l'Osservatore romano ciò rientrerebbe nel quadro dei "tre no" di
Israele ("Stato Palestinese, frontiere, insediamenti"). Un
articolo di Amir Oren sul Haaretz critica come "solo una scusa" la
parte del progetto Obama sul Medio Oriente in cui si chiede che il
nuovo stato palestinese sia demilitarizzato. Sullo stesso giornale, un
importante articolo di Yair Sheleg chiede "la fine del controllo delle
corti rabbiniche su matrimoni e divorzi". Istruttivo l'articolo di
Antonio Picasso (Liberal) che fa il punto sulla situazione libanese e
racconta i meccanismi attraverso cui Hezbollah può vincere le prossime
elezioni di giugno. Lo stesso Hezbollah, pesantemente coinvolto
nell'inchiesta del tribunale internazionale sull'uccisione del primo
ministro libanese, come ha rivelato la settimana scorsa "Der Spiegel",
cerca di limitare i danni negando ogni rapporto col fatto
(L'Osservatore romano). Sempre in tema di movimenti terroristi, va
registrato come un fatto di dimensione strategica l'incontro a damasco
fra il ministro degli esteri russo e i rappresentanti di Hamas
(L'Osservatore romano). L'Iran ha intanto sospeso ogni contatto col
gruppo che dovrebbe negoziare la questione nucleare, il cosiddetto 5+1,
per affidarsi a futuri negoziati con Obama (Il Sole 24 ore): a Napoli
questo si chiama "fare ammuina". Sempre sul Sole, Vittorio Da Rold
racconta di una "generazione facebook", che starebbe affermandosi in
Iran; peccato che il sito di social networking sia stato sospeso dai
tiranni di Teheran, perché sembrava poter essere uno strumento utile a
un candidato di opposizione. Sergio Nazzaro, invece, ancora sul
Sole, racconta di Dubai, dove, se non si può fare proselitismo, "tutti"
possono professare la lorfo religione. Questi tutti sono "cattolici,
protestanti, induisti, buddisti, sikh". Chi manca in questo elenco?
Già, gli ebrei... che strana omissione. Due articoli del Jerusalem
Post sulla questione femminile nei paesi arabi: uno di David
Kirschennbaum pone il problema della storica ingiustizia subita dalle
suddite di tutto il mondo arabo, l'altro di Itamar Markus e Barbara
Crook chiede agli Stati Uniti di seguitre la loro stessa legge e
sospendere gli aiuti all'Autorità Palestinese per la sua
discriminazione antifemminile. Ancora sul Jerusalem Post
un
editoriale di Daoud Kuttab prevede che il prossimo incontro fra Obama e
Abu Mazen sarà molto più cordiale di quello con Netanyahu: se il
Presidente degli Stati Uniti si sente amico di un terrorista non troppo
ex, autore non pentito di una tesi di laurea negazionista... non
possiamo che prenderne atto.
In Italia: Un gruppo di
studenti romani è andato in Israele in un viaggio organizzato della
regione "sulle tracce dei giusti" (Corriere della Sera, Messaggero,
Cecilia Gentile su Repubblica). E' un caso politico la sospensione
della inaugurazione di "Piazza Gerusalemme" a Roma, ufficialmente per
"problemi di sicurezza" legata alla coppa dei campioni di calcio, ma
probabilmente legata alle recenti affermazioni di Netanyahu
sull'indisponibilità israeliana di una divisione della città e al
timore di reazioni dei paesi islamici (Il Corriere) C'è stato uno
scambio di opinioni polemiche fra il presidente della comunità ebraica
di Milano, Leone Sued (sul Foglio) e il direttore dello stesso Foglio,
(in forma non firmata) a proposito della denuncia di Gad Lerner per
razzismo contro un conduttore della radio della Lega, Siegel, che in
trasmissione ha usato espressioni assai violente contro i Rom: Sued
appoggiando la posizione di Lerner e Ferrara ritenendola eccessiva.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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MO:
Per Abu Ala "i coloni degli insediamenti ebraici
in Cisgiordania, potranno restare nelle loro case" Gerusalemme, 26 mag - Il
capo del gruppo negoziale palestinese Abu Ala (Ahmed Qrea) in
un'intervista al quotidiano Haaretz ha affermato che nel quadro di un
accordo di pace con Israele gli abitanti dei maggiori insediamenti
ebraici in Cisgiordania, come Ariel e Maalé Adumim, potranno continuare
"a stare nelle loro case sotto la sovranità e le leggi palestinesi".
Secondo Abu Ala una chiara intesa sui confini di Israele col
costituendo Stato palestinese "risolverà non meno del 70 per cento
dell'intero conflitto nella regione". "Non ci sarà una ripresa dei
negoziati (con Israele) - ha aggiunto - senza il totale arresto degli
insediamenti (ebraici) inclusa quella che voi chiamate crescita
naturale". Secondo Abu Ala "la costituzione di un governo di unità
nazionale del Fatah e di Hamas è una condizione preliminare per una
pace con Israele. Molti progressi sono stati realizzati nei negoziati
(tra Fatah e Hamas) in Egitto". Tra le due organizzazioni rivali
palestinesi c'é già un'intesa, secondo Abu Ala, sull'Olp come unico
legittimo rappresentante dei palestinesi e su una sua riforma. Si è
anche convenuto che le elezioni presidenziali e legislative palestinesi
si terranno il 25 gennaio 2010, anche se restano dissensi sul sistema
elettorale. C'é anche disaccordo sul rifiuto di Hamas di rispettare gli
accordi in precedenza conclusi con Israele.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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