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L'Unione informa
 
    20 ottobre 2009 - 2 Chishwan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Roberto Della rocca, rabbino Roberto
Della Rocca,

rabbino 
Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Simcha Bunam di Pzysha soleva raccontare la storia di Aizik, figlio di Yekil, di Cracovia. Dopo anni di dura miseria gli era stato ordinato in sogno di cercare un tesoro nella città di Praga presso il ponte che conduce al castello reale. Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Aizik decise di incamminarsi alla volta di Praga. Ma presso il ponte stavano giorno e notte sentinelle che egli non ebbe il coraggio di scavare. Finalmente il capitano delle guardie, che l’aveva osservato, gli chiese amichevolmente se cercasse qualcosa o se aspettasse qualcuno. Aizik gli raccontò il sogno che l’aveva condotto lì da così lontano. Il capitano rise: “E così hai fatto tutta questa strada per uno stupido sogno? Ti sta bene, così impari a credere nei sogni! Se anche io avessi dovuto credere nei sogni, pensa, avrei dovuto fare un bel lungo cammino. Figurati che sogno sempre che mi ordinano di andare a Cracovia a casa di un ebreo, un certo Aizik figlio di Yekil, per trovare dentro la sua casa un favoloso tesoro. Aizik figlio di Yekil! Come posso crederci: in una povera città di ebrei, in mezzo a tanti, come potrei trovare Aizik? E rise di nuovo. Aizik ringraziò la guardia e tornò a casa sua, dove trovò il tesoro. “Fai attenzione a questa storia - concludeva Rabbi Bunam - e afferra bene ciò che significa: vi è qualcosa che non si può trovare in nessun luogo, nemmeno nella casa di un grande giusto, ma nonostante questo si trova in un luogo: a casa vostra, presso di voi…”.
La creatività è la sola cura contro la critica. Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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La sfida del confronto

ConfrontoIl Tevere a gennaio sarà più stretto. E il giorno 17 non è una data scelta a caso. Neanche a farlo apposta, la visita di Benedetto XVI alla sinagoga romana, simbolo della più antica comunità della Diaspora, ha cominciato a suscitare interpretazioni differenti già dal suo primo annuncio. Questo avvenimento eccezionale è presentato al lettore di Pagine Ebraiche (a pag. 23) da uno dei protagonisti: il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian non è solo un giornalista e uno studioso di valore, ma anche una delle voci più ascoltate in Vaticano. Per alcuni la visita cadrà in occasione della controversa Giornata per il dialogo fra cattolici e ebrei. Chi conosce bene il lunario della Comunità ebraica di Roma sa che quest’anno nello stesso giorno gli ebrei della Capitale celebreranno il Moed di piombo. In quest’occasione, attraverso il ricordo gioioso della salvezza dall’assedio antisemita e dalle fiamme appiccate nel 1793, gli ebrei di Roma riaffermano la propria forte determinazione di resistere a difficoltà e persecuzioni, di non cedere alla pressione di chi, più o meno apertamente, chiede loro di rinunciare all’identità. A questa importante visita gli ebrei italiani parteciperanno dunque con forza e attenzione. Il rabbino capo della Capitale Riccardo Di Segni e il Presidente della prima Comunità ebraica italiana Riccardo Pacifici hanno già chiarito al Vaticano che non potrà trattarsi solo della visita a un luogo di culto. Che non potrà mancare una presa d’atto di quanto la Roma ebraica e la minoranza ebraica italiana siano fatte di valori, di persone vive. Vivi come vivi sono rimasti i valori degli ebrei del Sud Italia, mai spenti dopo cinque secoli di silenzio e oggi di nuovo alla luce, attraverso una rinascita straordinaria di cui raccontiamo in molti servizi di Pagine Ebraiche.

Questo è l'articolo di apertura di Pagine Ebraiche, il giornale degli ebrei italiani (Novembre 2009 - Cheswan 5770).  Informazioni sul nuovo giornale e modalità di abbonamento su www.paginebraiche.it





Osservatorio - Turchia e Israele, la frattura 

Turchia-IsraeleLa recente decisione della Turchia di escludere Israele da un’esercitazione militare congiunta è frutto della nuova politica contraria a Israele del governo turco. La Turchia, il primo paese musulmano ad aver riconosciuto lo Stato d’Israele, è stata per molti anni uno dei suoi alleati più fedeli. I due Stati hanno uno scambio commerciale di più tre milioni di dollari, progetti di cooperazione nella Difesa e la Turchia è, di fatto, una delle mete turistiche preferite dagli israeliani.
Nonostante questo, il governo ha lanciato una virulenta campagna anti israeliana in seguito all’Operazione di Gaza dell’anno scorso.
Durante il World Economic Forum a Davos nel febbraio scorso, partecipando a un dibattito con il presidente israeliano Shimon Peres, il primo ministro Recep Tayyip Erdogan espresse commenti rabbiosi su Gaza, lasciando la sala subito dopo. E' stato questo il momento della svolta nelle relazioni turco-israeliane.
Il presidente Adbullah Gul, atteso in Israele l’estate scorsa, non si è presentato.
Il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, invitato in Israele il mese scorso, aveva insistito nel voler visitare anche Gaza, idea fortemente opposta dagli israeliani. Così la visita è stata cancellata.
Erdogan ha continuato ad attaccare Israele sulla scena internazionale, recentemente all’assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ha accusato lo Stato israeliano del dramma umanitario a Gaza e la comunità internazionale di passività. Nello stesso periodo, Erdogan ha incontrato un gruppo di 50 leader ebrei statunitensi per cercare di riparare le relazioni con gli Stati Uniti e Israele. Ma l’incontro non ha avuto un esito positivo a causa dei duri commenti anti israeliani del Primo ministro su Gaza.
In una recente dichiarazione, il ministro degli Esteri Davutoglu ha messo in chiaro che le relazioni con Israele potranno tornare alla normalità quando cambierà la politica israeliana su Gaza.
La decisione del governo di cancellare l’esercitazione militare è frutto della volontà di mantenere lo Stato israeliano sotto pressione. Quello che ha sorpreso molti, è stato che l’esercito, da sempre bendisposto verso Israele, si sia piegato alla volontà del governo, mentre in passato aveva continuato i suoi rapporti con la controparte israeliana nonostante l’atteggiamento ostile del potere civile. In questo caso, il governo sapeva di avere l’appoggio dell’opinione pubblica, con i media e i circoli politici opposti “all’apertura dello spazio aereo turco ai jet militari israeliani che hanno bombardato gli innocenti palestinesi di Gaza”.
Un ufficiale turco ha spiegato, sotto anonimato, che “la nostra previsione è che le azioni della Turchia spingeranno Israele a cambiare la sua politica e gli altri Paesi, specialmente quelli dell’Occidente, a mostrare maggiore interesse per la sofferenza dei palestinesi e a reagire al comportamento d’Israele con fatti invece che parole”.
Diverse ragioni spiegano il cambiamento dell’atteggiamento turco.
Primo, il partito al potere, l’APK ha tendenze pro islamiche.
Pur essendo un pragmatico, Erdogan fa di tutto per mostrare le sue affinità con il mondo arabo e islamico. Ha preso gli eventi di Gaza molto seriamente, appagando così quella consistente fetta della popolazione turca solidale con i palestinesi e arrabbiata con gli israeliani. Questa comprende anche i partiti all’opposizione e i loro sostenitori. Non sorprende che Erdogan, ritornando a casa da Davos, sia stato accolto come un eroe.
Secondo, l’orientamento internazionale del governo si è spostato da un allineamento con l’Occidente ad “una politica estera multi dimensionale”. Anche se la Turchia è membro attivo della Nato e aspira a far parte dell’Unione Europea, si è recentemente impegnata a sviluppare le relazioni con le potenze regionali e in particolare con i Paesi arabi e musulmani.
In questo caso, Ankara non voleva irritare la Siria e l’Iran partecipando a un’esercitazione militare Nato che includeva Israele. Il ministro degli Esteri Davutoglu ha visitato la Siria questa settimana mentre il premier Erdogan è atteso in Iran la settimana prossima, così questo periodo è particolarmente delicato.
Inoltre, il ministro degli Esteri siriano ha annunciato che la Siria e la Turchia hanno condotto un’esercitazione militare congiunta la settimana scorsa.
In generale, il governo di Erdogan ha cercato di assumere un ruolo di maggior rilievo nella regione. Incoraggiato dal suo nuovo status di attivo protagonista regionale, Erdogan guarda alla relazione con Israele da una posizione di forza e sente che può permettersi di avere un atteggiamento di sfida verso lo Stato israeliano. Sempre secondo lo stesso ufficiale, “il sentimento è che Israele ha più bisogno della Turchia di quanto la Turchia d’Israele”.

Sami Kohen (The Jewish Chronicle) 

(versione italiana a cura di Rocco Giansante)



Adei Wizo - La cerimonia di premiazione

Doron e Zeidman raccontano la genesi dei loro scritti


premio Adei“Questo libro è stato un incidente. Volevo fare la professoressa, non la scrittrice. Ma il successo di Perché non sei venuta prima della guerra? mi ha cambiato la vita. Ho interrotto il mio lavoro di ricerca e ora sono alle prese con il sesto romanzo”. Così Lizzie Doron, prima classificata al premio letterario Adei Wizo Adelina Della Pergola, ha ripercorso la genesi del volume che le ha conquistato un ampio pubblico sia in Israele sia nel nostro Paese nel corso dell’affollatissima cerimonia di premiazione a Trieste che ha visto la partecipazione di Roberta Nahum, presidente nazionale dell’Associazione donne ebree italiane, Marina Sagues e Liora Misan Zeira che presiedono la sezione triestina, Cristina Benussi, Giorgia Greco, Daniela Misan, e Francesca Vigori. Al tavolo dei relatori, insieme a Lizzie Doron, Boris Zaidman che con il suo Hemingway e la pioggia di uccelli morti si è piazzato al terzo posto mentre il secondo è stato assegnato a David Grossman per il suo A un cerbiatto somiglia il mio amore.

premio AdeiAlla base del successo del volume di Lizzie Doron, la sua capacità di ricostruire con delicatezza i silenzi enigmatici della madre, sopravvissuta ai campi di sterminio. Ma, spiega l’autrice, “mi è difficile parlare di questo testo in qualità di scrittrice”. “Il libro – racconta – è nato perché mia figlia stava preparando a scuola una ricerca sulle sue radici famigliari. Ho pensato che uno scritto sulla mia infanzia poteva esserle utile, così ho preso tre mesi di ferie dall’università e mi sono messa al lavoro”. Il risultato supera però rapidamente l’ambito scolastico. “Dopo aver concluso il testo – continua Lizzie Doron – ho ricevuto molte proposte di pubblicazione che per un anno e mezzo ho rifiutato. Poi, dopo l’uscita del libro, per lungo tempo non ce l’ho fatta a entrare in libreria per l’imbarazzo: questo è un libro intimo, ingenuo”.
Assai diverso il mondo di Boris Zaidman che nel suo romanzo ripercorre i luoghi e le atmosfere della sua infanzia sovietica. Nel suo caso l’antisemitismo, che nell’opera della Doron vive di rimandi costanti, è un’esperienza diretta che però a lungo non trova la sua portata storica. “Prima di arrivare in Israele – ricorda – non avevo mai sentito parlare della Shoah. Sapevo che i tedeschi non amavano in modo particolare gli ebrei. Ma era un concetto per me oscuro e misterioso”. L’arrivo in Israele, a 13 anni, muta di colpo il suo senso delle cose e gli schiude un’identità nuova. “Gli anni in Unione sovietica – conclude – non sono comunque stati i peggiori della mia vita: sono stati invece i più felici, forse perché erano quelli dell’infanzia”.
E ancora il ricordo ha segnato la conclusione di questo pomeriggio letterario del premio Adei Wizo Adelina Della Pergola (“un riconoscimento che vede la cultura come momento di crescita e ponte tra i popoli”, ha sottolineato la presidente Roberta Nahum). Lizzie Doron ha rievocato infatti la sua giovinezza all’Università Bar Ilan. “Era il 1975 e dovevo preparare una serie di esami. Sul tabellone trovai le lezioni di demografia. Docente, Sergio Della Pergola. Il suo nome mi sembrò una musica, così mi iscrissi. Il giorno della lezione vidi entrare in classe un uomo distinto ed elegante. Rimasi affascinata e seguii il corso tutto l’anno, mangiandomi il professore con gli occhi senza però imparare nulla di demografia”. “Al momento dell’esame ricevetti il voto più basso della classe. Lui mi convocò e cercò di capire cos’era successo, come mai quel voto dopo una frequenza tanto attenta e assidua. Con puro orgoglio polacco gli spiegai che la demografia non mi piaceva per nulla. E per non abbassarmi la media cancellai il corso dal piano di studi. Con questo premio letterario intitolato ad Adelina Della Pergola nella mia vita in qualche modo si chiude un cerchio”.

Daniela Gross
 
 
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  MomiglianoRotschild Boulevard - I rabbini del Minnesota

Preparatevi: arrivano i rabbini del Minnesota. Finalmente i fratelli Coen, i due brillanti registi che da Fargo in poi incarnano la comicità d'autore a Hollywood, stanno per uscire con un film molto Jewish. “A Serious Man”, uscito nei cinema americani il 2 ottobre e che dovrebbe arrivare in Italia il prossimo 6 novembre, racconta la storia tragicomica (tragica per lui, comica per gli altri) di Larry Gopnik, uno spiantato professore di fisica nel Minnesota degli anni Sessanta. Tipo poco spigliato e affascinante, Gopnik sta attraversando un momento davvero difficile: ha un problema di gioco d'azzardo, la moglie è innamorata di un altro, la sua università lo vuole licenziare, i suoi figli lo odiano e fumano un sacco di marijuana. Davanti a tutte queste tragedie, il povero professore non può che cercare conforto nei consigli di un rabbino. Anzi, giusto per andare sul sicuro, a tre. Pessima idea: i tre rabbini cui il malcapitato Gopnik si rivolge non sono propriamente dei tipi affidabili. L'idea di ambientare il loro ultimo film in una comunità ebraica del Minnesota non è stata certo casuale, spiegano i fratelli Coen: “E' un film semi-autobiografico, nel senso che il contesto della storia si svolge in una comunità molto simile a quella in cui siamo cresciuti”. Del resto, con il loro humour dissacrante, Ethan e Joel Cohen avevano già preso in giro praticamente tutti: la polizia (Fargo), gli hippy (il Grande Lebowsky), il profondo Sud (Fratello, dove sei?), e persino la Cia (Burn after Reading). Mancavano proprio solo i rabbini del Minnesota.

Anna Momigliano  
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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La rassegna è ancora dominata da due temi presenti negli scorsi giorni: la proposta Urso sull'introduzione di un'ora di religione islamica nelle scuole e la questione iraniana, cioè le trattative sull'arricchimento dell'uranio e le conseguenze dell'attentato in cui sono morti due generali e numerosi altri ufficiali della milizia del regime, i pasdaran.
Cominciamo dall'ora di religione. Uscita almeno in parte dal dibattito partitico, la proposta Urso (ma in realtà Fini-D'alema) si mostra sempre più come impraticabile: rischia di creare una serie di ghetti confessionali (Amos Luzzatto intervistato su Repubblica, Marco Aime su Gli altri), finirebbe nella situazione attuale col diventare un'ora di militanza islamista antisemita (Giannoni sul Giornale), contrasta con la nostra organizzazione giuridica (Dalla Torre su Avvenire), non serve all'integrazione (Giordano Bruno Guerri su Il Giornale). L'analisi più lucida è quella di Massimo Introvigne su Libero: in realtà la frammentazione islamica che impedisce di avere un interlocutore non è un fatto casuale, ma diffuso in tutt'Europa; in Italia se si imponesse una rappresentanza proporzionale prevarrebbero i fondamentalisti dell'Ucoii, ma nel numero del milione che di solito si attribuisce ai musulmani in Italia sono contati insieme tutti gli immigrati, anche quelli indifferenti alla religione; probabilmente sono di più e certamente più compatti i fedeli dei "Testimoni di Geova", gli avventisti, gli ortodossi; e non conviene a nessuno produrre un supermercato delle religioni. Di fronte a questi argomenti appaiono deboli e ideologici gli argomenti dei buonisti alla Melloni (Il Corriere) o Accattoli (Liberal). Il punto fondamentale che piano piano emerge è che la proposta Fini-D'Alema non è affatto una proposta religiosa, ma ha un contenuto politico, cerca cioè di saldare un asse diverso dall'attuale maggioranza, usando un certo filoislamismo "progressista" come collante.
 
Per quanto riguarda l'Iran, esso nella trattativa di Vienna "alza la voce" (Roberto Fabbri sul Giornale) rifiutando il patto proposto (arricchimento dell'uranio all'estero e trasformazione nel formato necessario per le centrali nucleari e gli usi medici, con esclusione del trattamento in Iran). Nonostante l'ottimismo di maniera di El Baradei, direttore dell'Agenzia atomica dell'Onu, per fortuna in uscita, che ha molta responsabilità per come si sono evolute le cose, è chiaro perfino all'Unità (Roberto Monteforte) che l'Iran "gela il negoziato" , con l'appoggio della Russia (Glauco Maggi su Libero) che non ha assolutamente cambiato atteggiamento sul tema in cambio delle concessioni americane sugli antimissili in Europa, come Obama si illudeva. E in più l'Iran ha reagito all'attentato organizzato da nazionalisti beluci accusando e minacciando gli Usa, la Gran Bretagna e Israele (Da Rold sul Sole 24 ore). E' dunque probabile che le trattative finiscano ancora nel nulla e che l'amministrazione Obama se la cavi con le solite buone parole e nulla di fatto che costituiscono la sua sola politica, come ormai è chiaro (checché ne dicano gli illusi o semplicemente gli antisraeliani alla Jean Daniel su Repubblica). Da leggere con molta attenzione dunque la dettagliata analisi strategica di  Samy Cohen su Le Monde, che esamina le opzioni disponibili allo Stato di Israele, una volta che grazie alla sostanziale inerzia americana ed europea l'Iran sarà diventato una potenza nucleare. In relazione alla politica internazionale, da leggere l'analisi della relazione Goldstone di Franco Marta sull'Avanti.
 
Fra le varie, bisogna menzionare un brutto episodio di antisemitismo accaduto a Ostia, con una passeggera ebrea dileggiata e maltrattata da un bigliettaio delle ferrovie (Corriere e Messaggero nelle pagine romane). Ma l'antisemitismo non coinvolge solo gli ignoranti; Libero racconta di "Cain", l'ultimo libro dello scrittore portoghese Saramago, premio Nobel anche lui, anche se par la letteratura e non per la pace: «La Bibbia», dice, «è solo un manuale di cattivi costumi» che ha Influenzato «grandemente la nostra cultura e continua tuttora a influire sul nostro modo di essere». «Senza la Bibbia noi saremmo altri, probabilmente migliori», aggiunge lo scrittore, che definisce il Dio dei cristiani e degli ebrei «crudele, invidioso e insopportabile». Il romanziere portoghese, spesso accusato di antisemitismo, si è anche detto sicuro che Cain non turberà i cattolici perché di solito non leggono li Vecchio Testamento, mentre «potrebbe scuotere gli ebrei»." Francamente, ne non mi sembra probabile che qualcuno di noi sia scosso da un vecchio arnese comunista come Saramago.
 
Ugo Volli

 
 
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notizieflash    
 
 
Conflitto mediorientale: il miele scioglie le ostilità                          
da Israele tre milioni di api per salvare le industrie della Striscia
Tel Aviv, 19 ott -
Dalla Striscia di Gaza giungono “dolci” notizie. Tre milioni di api e trecento api regine hanno attraversato il blocco israeliano della Striscia nel valico di Kerem Shalom. E' il contributo del ministero dell'agricoltura israeliano alle industrie di miele della zona. Lo sviluppo delle imprese di miele di Gaza, che fino ad un passato recente era richiestissimo anche in Paesi lontani come Arabia Saudita, Kuwait e Yemen, ha infatti subito un forte arresto da quando Hamas si è instaurato al potere nel giugno 2007 e a causa della successiva operazione israeliana Piombo fuso. Numerosi alveari sono stati distrutti nei combattimenti, le api erano diventate furiose e inoltre era andata perduta la possibilità di sistemarle nelle vicinanze del confine con Israele (dove in precedenza facevano rifornimento di polline). Il prodotto locale è calato a picco, i prezzi sono schizzati alle stelle e gli addetti al settore non hanno avuto altra scelta che introdurre di contrabbando dall'Egitto le api del Nilo, relativamente economiche. "Scelta sbagliata", scrive Yedioth Aharonot, le api egiziane si sono rivelate "pungenti, nervose, pigre e poco produttive". Molto deludenti rispetto alle api che si trovavano in origine nella Striscia, e in Israele, note come 'italiane'. Le api immigrate dal Paese vicino erano inoltre portatrici di un virus che rappresenta adesso una minaccia diretta per quelle di Yad Mordechai: un noto kibbutz israeliano, a ridosso di Gaza, uno dei principali produttori locali di miele. Al ministero israeliano dell'agricoltura è scattato allora l'allarme rosso. Il ministro ha contattato i vertici militari, ottenendo l'assenso a un rifornimento urgente per Gaza di api 'buone'. Anche Hamas, per una volta, ha abbassato i suoi tradizionali pregiudizi di fronte a tutto quanto proviene dai 'sionisti'.

Rassegna stampa, il commento e le opinioni
Leggo su "L'Unione Informa" di lunedi 19 una incredibile "analisi", a firma di Ugo Volli, di un'intervista alla professoressa Foa: voglio prescindere dalle opinioni, assai discutibili (per definizione) e dalle forzature del pensiero altrui, mediante fantasiose e improprie estrapolazioni del testo, condite anche con sarcasmo di bassa lega. Resto invece allibito di fronte ad un uso assolutamente personale e polemico, da parte del professor Volli, di quello che pensavo essere un bollettino, una voce ufficiale dell'UCEI. Non e' giusto, non è sensato, non è opportuno che la newsletter quotidiana diventi un trampolino per attacchi polemici per chi vi scrive.  E' un uso improprio e scorretto di una posizione di privilegio: devo pensare che chi non la pensa come Volli non è rappresentato dall'UCEI? Con l'occasione ripeto i miei complimenti alla redazione per l'ottimo lavoro quotidiano.
Cordialmente
Massimo Bassan

Caro lettore,
grazie per la sua lettera e per l'attenzione con cui segue le pubblicazioni. Il commento quotidiano alla rassegna stampa ospitato da questo notiziario quotidiano è realizzato a rotazione da commentatori ospiti che godono della massima libertà di espressione possibile (quella di manifestare in tutta indipendenza le proprie opinioni senza commettere illeciti e senza offendere altri). La redazione del Portale dell'ebraismo italiano si avvale della collaborazione volontaria di una sessantina di persone che nella loro diversità rappresentano bene la grande diversità e la grande libertà di idee da sempre caratterizza la realtà ebraica italiana. Sia la professoressa Foa che il professor Volli fanno parte di questo gruppo di collaboratori, esprimono di conseguenza in tutta libertà le proprie opinioni nel contesto in cui hanno deciso di intervenire e sono consapevoli dei principi che ispirano questa esperienza. Ogni opinione è ovviamente espressa a titolo puramente personale e non rappresenta né impegna in alcun modo la redazione o l'ente editore. Il fatto che i lettori non possano automaticamente identificarsi con la totalità delle opinioni espresse è del tutto naturale. Tutti i lettori, in ogni caso, sono invitati a offrire il proprio contributo entrando a far parte del gruppo di collaboratori, accettandone le regole ed esprimendo a loro volta in tutta libertà le proprie opinioni.
gv
 
 
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