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L'Unione informa |
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10 gennaio 2010 - 24 Tevet 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Mosè,
come è noto, viene tratto dalle acque dalla figlia del Faraone. La
familiarità che abbiamo con le narrazioni bibliche ci fa spesso perdere
di vista la loro forza: la figlia dello sterminatore di bambini ebrei
ne salva uno e lo adotta, raccogliendolo da quel fiume in cui il
faraone suo padre voleva fossero fatti morire tutti i neonati. Vero
eroismo, questo, che dimostra come - volendo - si interviene per
salvare chi sta per essere ucciso. |
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La nota del Ministro dell’Istruzione sul tetto del 30% di stranieri nelle classi scolastiche ha attratto l’attenzione di molti sul numero.Sarebbe veramente
fuorviante che tutta la discussione si concentrasse sulla quota. Perché
il problema vero -politico, sociale, ma soprattutto culturale- non è
sul numero, ma sul “chi”. E il “chi” -preliminarmente- si
distingue tra “chi” sa l’italiano e “chi” non lo sa. Altrimenti il fine
non è la maggiore integrazione ma la classificazione per quote della
popolazione. Un problema che riguarda la cittadinanza, non solo di chi
arriva qui, ma anche di chi, da figlio di immigrati, nasce qui. Un tema
su cui si fa molta demagogia. Per contribuire a diradarla, anziché
aumentarla, sarebbe opportuno che si facesse chiarezza, e per
primo la facesse il Ministro, su “chi” a suo avviso deve essere incluso
in quel 30%, ovvero quali caratteristiche deve avere. Non solo perché
le parole hanno un significato, ma perché tutto non si risolva nella
solita bravata italiana, per cui l’apertura si scontra poi con la
pratica del braccio corto. E infatti la attuazione di quella nota avrà
un costo: sociale perché significherà spalmare su tutte le scuole
quella disposizione (e dunque significherà trasporti, mense, tanto per
andare sul concreto) e culturale perché contemporaneamente dovrà agire
sul profilo culturale del Paese. L’integrazione non è un percorso di
buone intenzioni lastricato di spirito caritatevole, praticabile a
giorni alterni o a seconda dello stato d’animo.. E’ un processo
complesso e in sede formativa pone problemi delicati di didattica e di
qualità dell'istruzione: conta il numero dei bambini con competenze
linguistiche ridotte, stranieri e italiani; contano le altre abilità
oltre a quelle linguistiche (in particolare quelle logico matematiche
che, a volte, sono superiori in alunni che provengono da scuole
straniere): contano, soprattutto, la numerosità degli alunni per classe
(da questa dipende la possibilità di una didattica personalizzata) e
l'esistenza o meno di insegnanti di sostegno, che consentano
un'attenzione specifica bambini o giovani in difficoltà.
L'indicazione esclusiva di un numero percentuale di presenze non offre
nessuna garanzia di inserimento scolastico degli altri di altra
madrelingua. |
David Bidussa,
storico sociale delle idee |
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Molti cieli, una sola terra: religioni e ambiente a confronto
Il vertice di Copenhagen si è da poco concluso, e l’eco delle polemiche
suscitate in quella sede non si è ancora spenta. Pochi sono tuttavia al
corrente del fatto che la conferenza internazionale sul global warming
era stata preceduta, ai primi di novembre, da un incontro, meno
clamoroso ma altrettanto significativo, su analoghe tematiche, tra i
rappresentanti delle principali religioni. L’incontro si era svolto
sotto gli auspici e su invito del Principe Filippo d’Inghilterra, nel
castello di Windsor. Il Principe consorte, certamente più noto per le
battute di caccia che per le sue iniziative ecologiche, fondò nel 1995
l’Alliance of Religions and Conservation (ARC) per sostenere iniziative
ambientaliste fondate sui princìpi fondamentali delle diverse religioni
ed è attraverso questa organizzazione, in concomitanza con la UNDP,
ovvero il programma di sviluppo delle Nazioni Unite, che sponsorizzò ai
primi di novembre un incontro fra duecento rappresentanti di diverse
religioni. Furono tuttavia i rappresentanti delle 9 religioni più
importanti ad impegnarsi in quell’occasione in misure concrete, volte a
frenare gli esiti catastrofici del cambiamento climatico. Le
discussioni sul riscaldamento globale sono in genere confinate entro
l’ambito di competenza di politici e scienziati. Eppure il potenziale
impatto dei leader religiosi sulla sensibilizzazione della popolazione
mondiale è straordinario. Basti pensare che circa l’85% della
popolazione mondiale è affiliata a qualche forma di fede o di
organizzazione religiosa; che le stesse organizzazioni religiose sono
proprietarie di circa l’8% del territorio mondiale, controllano il 7%
degli investimenti finanziari e sovrintendono a un’alta percentuale dei
sistemi sanitari e dei programmi educativi del pianeta. Si calcola ad
esempio che circa il 50% dei sistemi scolastici mondiali sia posto
sotto l’egida di un qualche istituto religioso. Ma c’è di più: i
sistemi religiosi godono solitamente di maggiore fiducia ed
apprezzamento che non i governi; controllano reti informative e
mediatiche di enorme estensione e, soprattutto, sono sempre stati e
possono continuare ad essere fonti inestimabili di ispirazione e di
speranza in tempi in cui le condizioni climatiche del nostro pianeta
possono facilmente indurre alla disperazione. Come affermava a Windsor
il rabbino Sinclair, le religioni possiedono la proprietà singolare di
saper pensare oltre l’immediato ciclo economico-finanziario nei termini
di un rinnovamento generazionale di lungo periodo. Un’ennesima
iniziativa intrisa di retorica e discussioni inconcludenti, dunque?
Niente affatto. Per partecipare alla conferenza i rappresentanti delle
religioni in questione dovevano presentare in anticipo concreti
programmi di azione a lungo termine da realizzare nei prossimi anni.
Fra le iniziative annunciate si annoverano gli 8 milioni e mezzo di
alberi che verranno piantati in Tanzania, l’uso di energia solare per
alimentare i templi taoisti, la stampa di 15 milioni di Corani e 75
milioni di Bibbie su carta ecologicamente riciclata, l’utilizzo di
fonti di energia alternativa per sostenere i gurdwara Sikh, ovvero le
mense che nutrono quotidianamente circa 30 milioni di persone sotto la
soglia di povertà, in India ma anche all’estero; la protezione dei
boschi sacri che costituiscono oggi il 5% del territorio forestale
mondiale. Tra i progetti a lungo termine, ad esempio, lo sceicco
Ali Gomaa, Gran muftì d’Egitto e portavoce dell’organizzazione in fieri
MACCA (Muslim Associations for Climate Change Action), ha annunciato il
piano settennale che intende promuovere un sistema di etichettatura di
prodotti commerciali contenente informazioni a sfondo ecologico, ed
organizzare un “Hajj Verde” ovvero rendere ecologico, nel giro dei
prossimi 10 anni, il pellegrinaggio alla Mecca, che notoriamente
costituisce uno degli obblighi religiosi fondamentali per i mussulmani.
La Macca propone anche l’adozione di energie alternative per
l’alimentazione delle moschee ed infine la trasformazione di Medina -
la seconda città più importante nel mondo islamico - in una città
verde, fondata sull’uso di energia riciclabile. Improvvisando
parte del suo discorso, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon,
ha invitato i leader religiosi intervenuti alla conferenza di Windsor a
colmare con la loro saggezza e il sostegno dei fedeli quel vuoto di
volontà politica che mina invece le proposte dei governi. E’ soltanto
attraverso un’azione combinata dei governi e della società civile, le
cui comunità religiose costituiscono un nucleo tanto vitale quanto
essenziale, che potrà verificarsi la necessaria trasformazione, secondo
Ban Ki Moon. Su tali premesse, il Segretario dell’Onu ha incoraggiato i
leader religiosi, in grado di raggiungere con più agilità e maggiore
risonanza di chiunque altro anche le comunità abitanti nelle zone più
remote del globo, a far sentire alta e chiara la propria voce. La
delegazione ebraica (composta di otto membri e compredente fra l’altro
il Presidente della società energetica Arava, Yosef Israel Abramowitz,
il rabbino Yedidya Sinclair, studioso di misticismo ed ecologista, il
rabbino Zalman Schachter-Shalomi, fondatore del Jewish Renewal movement
e creatore del talled variopinto con i colori dell’arcobaleno che egli
stesso indossa e l’attivista Naomi Tsur, vicesindaco di Gerusalemme) ha
lasciato la parola a Nigel Savage, 'an Englishman in New York', come
egli stesso si è scherzosamente definito, richiamando le parole della
nota canzone di Sting. Savage dirige Hazon, la principale
organizzazione ambientalista della comunità ebraica americana ed è
fondatore, assieme a Sinclair, della Campagna ebraica sul clima.
Rievocando il ruolo di Mosè, quale ambientalista ante-litteram (non si
era forse posto il problema di fonti di energia sostenibile quando si
era trovato improvvisamente di fronte al roveto ardente che non si
consumava mai, quando riciclò il suo bastone in un serpente o quando
convinse gli ebrei ad intraprendere una gita nella natura incontaminata
durata 40 anni?), Savage ha condito con classico humour inglese il
proprio discorso. Egli non ha mancato di suggerire il ruolo
fondamentale che l’osservanza universale dello shabbat arrecherebbe al
decremento dell’inquinamento ambientale e al decongestionamento del
traffico. Ma se l’applicazione diffusa dello shabbat o della shemitah
(anno sabbatico con evidenti benefici immediati sulla rigenerazione del
suolo) appaiono progetti poco realistici, altre proposte più concrete
sono state presentate nella sede di Windsor per responsabilizzare la
comunità ebraica: il consumo da parte degli ebrei osservanti di
prodotti casher locali, piuttosto che di prodotti di remota
provenienza; la riduzione del 50% nel consumo ebraico di carne e la
trasformazione di Israele entro il 2015 in uno dei primi Paesi ad
essere alimentato quasi esclusivamente da fonti di energia alternativa.
Un’Israele potenziata dall’energia solare, una Gerusalemme verde sono
le proposte ebraiche. Israele utilizza attualmente il carbone per il
70% delle proprie necessità. L’obiettivo consiste nell’incrementare dal
10 al 30% l’utilizzazione di energia solare in Israele nei prossimi 7
anni, diminuendo pertanto considerevolmente le emissioni di anidride
carbonica. Quanto al consumo di prodotti locali, Savage ha
ricordato come già dal 2004 Hazon avesse lanciato il programma CSA
(Community supported agriculture) che prevede il gemellaggio fra
un’azienda agricola biologica ed una sinagoga affiliata. Il progetto
consente di sostenere forme di produzione agricola rispettose
dell’ambiente, grazie al corrispettivo potere d’acquisto di un’intera
comunità ebraica. Nel giro di 4 anni le iniziali cinque CSA sono salite
al numero di quaranta, gli ebrei coinvolti sono diventati ottomila, e
hanno assicurato l’acquisto di circa 200 tonnellate di prodotti, 15
delle quali sono servite ad alimentare le persone più bisognose. E’
attraverso piccoli passi – ha sostenuto Savage – che si può giungere ad
una grande visione, secondo i principi più caratteristici della
tradizione ebraica. E richiamando le parole di Moshe Haiim Luzzatto,
che affermava di scrivere non per far conoscere ciò che non si sa, ma
per ricordare ciò che si sa, Savage ha dichiarato che la sfida
ambientale non riguarda l’apprendimento di quanto occorra fare in tali
circostanze, bensì la necessità di mettere in pratica ciò di cui siamo
già a conoscenza. Sappiamo bene – in sostanza - quali siano le
conseguenze del nostro comportamento. Ora si tratta di agire per
cambiare. Ed è per questo che occorre una visione di ampio respiro, da
realizzare un passo alla volta. L’odierna situazione di degrado
ambientale e le prospettive catastrofiche che si profilano
all’orizzonte inducono facilmente alla disperazione. Ma gli ebrei, che
storicamente hanno affrontato ogni sorta di tragedie, hanno cercato in
ogni circostanza di migliorare le condizioni di esistenza, evitando di
soccombere al disfattismo o di accettare comode giustificazioni per
l’inattività. Si dice che il messia arriverà di Tisha be’Av, il giorno
che commemora la distruzione del Tempio di Gerusalemme - ha ricordato
Savage. E nel racconto hassidico sull’uomo smarrito in un tunnel, un
compagno lo soccorre offrendogli una torcia capace di illuminare il
cammino, pochi metri alla volta. Solo così egli potrà uscire dal
tunnel, sebbene la torcia non consenta inizialmente di scorgerne la
fine. Se dunque i rappresentanti delle maggiori religioni si sono
adoperati per trovare risposte concrete alle sfide ambientali, il
servizio adibito al catering del castello di Windsor ha dovuto
affrontare una sfida forse altrettanto seria. Come accontentare nel
corso dei medesimi pasti le restrizioni alimentari di commensali così
diversamente esigenti? Si sa che gli ebrei mangiano casher, che i
musulmani non consumano alcol o carne che non sia halal, che i taoisti
evitano le melanzane, l’aglio, le cipolle o i cereali, che gli indù
sono vegetariani, e via dicendo. La capo chef, Sophie Douglas Bates, ha
accettato comunque con entusiasmo la sfida, pur stentando a capacitarsi
dell’impossibilità di usare burro o panna nel suo menù per il primo
banchetto reale vegano nella storia di Windsor. Ciononostante, il
rabbino Sinclair a Windsor dovette accontentarsi di mangiare frutta e
qualche merendina portata da casa, in assenza di un mashgiach e non
volendo peraltro utilizzare stoviglie di plastica avvolte in altri
materiali sintetici, proprio ad un convegno contro l’inquinamento. Non
era certo questo un problema per un convinto militante dei movimenti
ambientalisti del calibro di Sinclair.
Annalisa Di Nola
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pilpul |
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Rotschild Boulevard - Guerra senza quartiere (ai chili di troppo)
Due
popoli e una missione: guerra senza quartiere ai chili di troppo.
Questo è il destino che Israele (che, ironia della sorte, è reduce dal
successo internazionale di A Matter of Size, commedia sulla riscossa
dei ciccioni ) e Samoa, arcipelago del pacifico che oltre a paesaggi
meravigliosi vanta anche il record mondiale di obesità. Infatti
un'infelice combinazione di fattori genetica, stile di vita e
alimentazione sbagliata (la dieta originaria locale sarebbe a base di
frutta e pesce, ma purtroppo il junk food americano va per la
maggiore), quasi il 60 per cento dei nativi di queste isole sopra l'età
di 25 anni è dichiarato "gravemente obeso": qui si parla di un rischio
serio per la salute, oltre che per l'estetica. Da tempo il
governo locale sta tentando di combattere questa piaga, finora ahimé
con scarsi risultati.
Ebbene,
l'ambasciatore israeliano Michael Ronen ha preso la questione molto a
cuore e ha offerto al governo di Samoa di dare una mano.
Risultato? Il ministero degli Esteri di Gerusalemme ha creato un
mini-programma ad hoc per aiutare gli abitanti di questo arcipelago a
perdere peso, studiando una dieta adatta con l'aiuto della scienza
moderna. Sono già stati inviati sul posto due esperti: Orly Tamir
(nell'immagine la prima a destra insieme ad alcuni abitanti
dell'arcipelago di Samoa), rappresentante del Centro governativo
israeliano per l'utilizzo della tecnologia nella sanità pubblica, e Roy
Eldor, nutrizionista dell'ospedale Hadassa di Gerusalemme. Riusciranno
i due ad aiutare gli abitanti di Samoa nella loro lotta contro
l'obesità? Staremo a vedere. Spero solo che Eldor e Tamir non si siano
portati da casa una buona scorta di spuntini israeliani: quanto a cibi
ipercalorici, neanche Israele è messa male!
Anna Momigliano
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rassegna stampa |
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Tra ebrei e cristiani dialogo sul «sabato» Il
sabato da santificare e custodire, ma anche e soprattutto il sabato che
«custodisce e santifica». Si parlerà di questo giovedì alle 18 alla
Pontificia Università Lateranense, in occasione della ventesima
edizione della Giornata di riflessione ebraico- cristiana, con il
rabbino capo Riccardo Di Segni e il vescovo Vincenzo Paglia. Un cammino
che dal 2005 ripercorre punto per punto i comandamenti del decalogo, e
che quest'anno è giunto alla quarta «parola»: «Ricordati del giorno del
sabato per santificarlo».[...]
Federica Cifelli, l'Avvenire, 10 gennaio 2010
Lapide suIl'ex hotel delle torture naziste Il Comune tace, la mettono i partigiani "Qui
dove era l'Albergo Regina, si insediò il 13 settembre 1943 il quartier
generale nazista delle SS a Milano. Qui furono reclusi, torturati,
assassinati, avviati ai campi di concentramento e di sterminio
antifascisti, resistenti ed esseri umani di cui il fascismo e il
nazismo avevano deciso l'annientamento". Questa epigrafe verrà affissa
tra dodici giorni sul palazzo di via Santa Margherita 16, per ricordare
uno di quei luoghi dell'orrore nazifascista che furono teatro della
repressione seguita all'armistizio dell'8 settembre. Un edificio la cui
storicità era finita nel dimenticatoio. A promuovere l'iniziativa sono
state le associazioni partigiane (Anpi, Aned, Fondazione Memoriale
della Shoah) e i 1.821 firmatari di una petizione che era stata
consegnata alla presidenza del Consiglio del Comune poco più di un anno
fa. Ma se fosse stato per il Comune, la lapide forse non sarebbe mai
stata scolpita. «Sembrava che ci fosse un accordo spiega Marco
Cavallarin, professore, storico, membro dell'Anpi nonché ideatore
dell'iniziativa ma da mesi non ho avuto pi alcuna risposta». Così i
firmatari hanno provveduto da sé: rintracciato il proprietario
dell'edificio, la Generali Properties, hanno ottenuto non solo il
benestare, ma anche il finanziamento necessario. Il gruppo assicurativo
ha pagato di tasca sua (circa duemila euro) l'epigrafe
commemorativa.[...]
Luca Salvi, Il Giorno - Milano metropoli, 10 gennaio 2010
Con la musica di Mozart i bimbi crescono meglio A
suon di musica verso le braccia della mamma, a patto che la musica di
accompagnamento sia quella di Mozart. Una ricerca della Scuola di
medicina dell'Università di Tel Aviv ha accertato che i neonati
prematuri acquistano peso più velocemente se cullati dalle note del
compositore austriaco. Non succede la stessa cosa con Bach o con
Beethoven. Per accelerare il processo fondamentale per il recupero dei
neonati prematuri ci vuole proprio Mozart. Sulla rivista specializzata
Pediatrics, i ricercatori spiegano come l'aumento di peso sia
conseguenza dell'azione rilassante della musica e come quella di
Mozart, in particolare, sia capace di far agitare meno i neonati, con
consenuente rallentamento del metabolismo e riduzione del dispendio di
energie. Durante la ricerca, i medici hanno fatto ascoltare Mozart ai
neonati per trenta minuti, mentre ne misuravano il dispendio di
calorie. Hanno poi messo a confronto i dati ottenuti con la quantità di
energie spese dai prematuri in condizioni standard, cioè senza musica,
oppure durante l'ascolto di altri compositori. L' effetto Mozart è
stato lampante, con una riduzione notevole delle calorie bruciate.[...]
Cristina Nadotti, La Repubblica 10 gennaio 2010 |
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notizieflash |
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Usa:
elimina il marito neonazista a sangue freddo,
assolta con una controversa sentenza New York, 9 gen - La
notizia è destinata a far discutere a lungo. Una donna di trentadue
anni del Maine, Amber Cummings, è stata prosciolta da ogni accusa per
aver ucciso il marito James a sangue freddo. Motivo dell’assoluzione:
il coniuge era un invasato neonazista che aveva reso la sua vita e
quella della loro figlioletta Clara un vero inferno, attraverso ogni
tipo di sevizia fisica e psicologica, tanto da portare più volte la
moglie ad un passo dal suicidio. Anche la mattina stessa dell’omicidio
era andata vicinissima a farla finita: aveva preso la pistola che
teneva nascosta in camera con l’intenzione di spararsi, ma all’ultimo
momento l’aveva rivolta contro il marito, che dormiva. “L’ho fatto per
proteggere Clara” - ha spiegato al processo – perché è una bambina e
deve vivere un’infanzia serena”. Il giudice Jeffrey Hjelm ha deciso che
non fosse il caso di mandarla carcere, nonostante il pubblico ministero
avesse chiesto una pena detentiva di otto anni. Ma Hjelm, basandosi
soprattutto sulle perizie di tre psichiatri che hanno riscontrato i
gravi danni subiti dalla Cummings a causa delle violenze perpetrate del
marito, ha preferito una sentenza in parte sorprendente, accolta con
sollievo da una cinquantina di amici e sostenitori della donna in
attesa del verdetto all’esterno del tribunale. James Cummings, infatti,
era considerato un uomo estremamente pericoloso. Come gli agenti
dell’FBI, che hanno setacciato a fondo la villetta di Belfast dove la
famiglia abitava, hanno avuto modo di constatare. È stato rinvenuto un
vero e proprio arsenale di armi da fuoco e il materiale necessario,
incluso dell’uranio impoverito, per costruire un ordigno esplosivo in
grado di compiere una strage. Non è escluso che avesse intenzione di
colpire addirittura il presidente Barack Obama, la cui elezione lo
aveva molto agitato, come hanno rivelato alcuni testimoni. L’uomo,
inoltre, teneva nascosto in garage un numero considerevole di cimeli
nazisti, tra cui alcune bandiere con la croce uncinata e numerosi
poster hitleriani. Gli inquirenti hanno poi scoperto che trascorreva
intere giornate a guardare video pedopornografici e obbligava la moglie
ad assistervi, tanto che quest’ultima temeva che prima o poi avrebbe
cercato di violentare la figlia. Nella sentenza del giudice Hjelm si
legge che “Amber Cunnings ha agito per legittima difesa”.
Adam Smulevich |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
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