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L'Unione informa |
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4 febbraio 2010 - 20 Shevat 5770 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
Il
Pirkè Avòt deduce da una frase detta da Moshè a Yehoshua in occasione
dell'attacco di Amalek il dovere dei Maestri di rispettare i propri
allievi (Moshè dice a Yehoshua: "Scegli per noi degli uomini"
mettendosi sullo stesso piano del suo allievo). Amalek tenta di
distruggere il popolo ebraico e il modo migliore per farlo è quello di
distruggere il rapporto maestro-allievo che è alla base di tutta la
tradizione ebraica. Perché questo rapporto esista dobbiamo sentire la
necessità di avere dei Maestri ma allo stesso tempo i Maestri devono
scendere dal proprio piedistallo e capire che è vitale non spezzare lacatena della tradizione. |
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Il
2009 è stato dichiarato l'anno con la più alta incidenza di episodi
antisemitici, e le periodiche esternazioni di certi opinionisti di alto
profilo fanno salire la pressione a molte buone persone. E nei giorni
scorsi si è parlato nuovamente con una certa apprensione dell'incidenza
dell'antisemitismo fra gli Italiani. Ma se esaminiamo i dati sulla
frequenza delle opinioni antisemite fra la popolazione nel corso del
tempo, l'impressione è che non vi sia una reale tendenza alla crescita
e si rilevi semmai una certa stabilità. Negli anni '80 Enzo Campelli e
Roberta Cipollini avevano trovato che un quarto degli Italiani
consideravano gli ebrei una razza, e che la metà pensavano cha la causa
vera dell'antisemitismo fossero le caratteristiche degli ebrei. Negli
anni '90, Renato Mannheimer e Adriana Goldstaub avevano trovato che
l'11 per cento non voleva ebrei in Italia, circa un quinto
riteneva gli ebrei un elemento disgregatore della società, oltre il 40
per cento li riteneva avari e eccessivamente occupati a parlare della
Shoah, il 57 per cento molto intelligenti e bravi negli affari, e il 60
per cento più leali a Israele che all'Italia. I dati del 2009 che sono
stati ripresi in questo giorni non sono poi molto diversi, e questo
indica un fatto interessante, e cioè che l'antisemitismo non sembra
realmente legato alle cangianti vicende della società contemporanea.
Esiste uno zoccolo duro di antisemiti inveterati, poi una grossa
frangia di pregiudizio, e infine una discreta massa di indifferenti. Ma
si tratta di una condizione fisiologica e non – come sarebbe anche
plausibile pensare – legata alle vicende nel Medio Oriente, o
all'economia, o alla politica, o alla rete delle telecomunicazioni. E
quindi anche le soluzioni al problema vanno pensate in quest'ottica che
non è drammatica anche se è certo inquietante. Se condensiamo in una
sola frase una celebre metafora e un noto fatto sociale, il ventre che
partorisce gli imbecilli è sempre gravido, ma la natalità è bassa. |
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme |
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Israele - Accordi e progetti dalla visita di Berlusconi
Il
forte coinvolgimento dell'intero esecutivo e in particolare di otto
ministri ha contrassegnato la missione del premier Silvio Berlusconi in
Israele. Al di là del lavoro diplomatico e degli interventi ufficiali,
la missione italiana ha portato alla firma di nove accordi bilaterali
di cooperazione nel campo dell'economia, dell'ambiente e della cultura.
Mentre alla Knesset l'accoglienza per il discorso di Berlusconi è stata
calda da parte di tutti gli schieramenti politici, come si è potuto
constatare dalle parole del primo ministro Benyamin Netanyahu e dal
leader dell'opposizione Tzipi Livni, la firma dei numerosi protocolli
di intesa potrebbe imprimere un ulteriore sviluppo alla relazione fra
ai due paesi. Fra i primi elementi che è possibile raccogliere, da
citare la possibilità di attuare il cumulo dei contributi previdenziali
fra Italia e Israele per tutti coloro che nella loro vita abbia
affrontato l'emigrazione verso lo Stato ebraico, la partecipazione
italiana alla realizzazione di importanti infrastrutture e in
particolare alla nuova linea ferroviaria dal Mar Rosso al Mediterraneo
per scavalcare la strettoia del Canale di Suez, la realizzazione di un
collegamento veloce per le merci dal porto di Haifa alla Giordania,
l'impegno per rafforzare la presenza della cultura e dell'informazione
italiana in Israele e di rafforzare il giornale degli italiani in
Israele “Kol HaItalkim”. Da molti accordi è emerso chiaramente
l'orientamento di tentare di muovere il processo di pace nella regione
anche sulla base di incentivi e nuove iniziative economiche. “In
questi giorni – ha commentato la parlamentare Pdl Fiamma Nirenstein che
è anche vicepresidente della Commissione Esteri della Camera - ho la
bella sensazione che il lavoro di accumulare un chicco di sabbia sopra
l’altro, un cucchiaino d’acqua del mare insieme all’altro, alla fine
sia un lavoro con un significato. In questi giorni, quali che siano le
opinioni politiche sul freezing o quelle sul Golan, la mia sensazione è
che esista un mondo che ha di Israele una visione realistica, non vista
attraverso la lente deformante dell’odio arabo e palestinese che ne fa
una grottesca caricatura di uno stato razzista, indegno di vivere, ma
un meraviglioso simbolo dell’irrinunciabile amore della cultura ebraica
per la democrazia e di resistenza di fronte al costante pericolo di
vita. Berlusconi lunedì ha visitato Yad Vashem con concentrazione e
passione intense, incitando la guida (molto brava) a continuare con le
sue spiegazioni, fermandosi davanti a ogni fotografia. La cena con Bibi
Netanyahu – ha aggiunto la Nirenstein - non ha trattato di banalità
diplomatiche, ma sempre e soprattutto di Iran, di terrorismo, di
collaborazione economica, di cose vere. Così è stato nel suo discorso
alla Knesset”. Clima di cordialità e collaborazione anche in un
fuori programma svoltosi in serata nelle sale dell'hotel King David di
Gerusalemme. Dopo un intervento di saluto del Presidente dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, Berlusconi e il suo
staff hanno avuto modo di confrontarsi con le organizzazioni degli
italiani in Israele. Erano presenti, fra gli altri, il presidente
del Comites avvocato Beniamino Lazar , il presidente della Comunità
italiana Vito Anav, il giudice Ben Zimra presidente all`Associazione
degli ebrei italiani a Gerusalemme, Miriam Toaff Della Pergola
direttrice di "Kol HaItalikim”. Momenti di cordialità al margine
di una pressante agenda ufficiale che ha aperto molte prospettive,
suscitato diverse attese e la conseguente necessità di verificare nei
fatti quanta concretezza il governo italiano sarà capace di imprimere
nei prossimi mesi alle dichiarazioni di principio.
La Polonia guarda in faccia il suo passato
I pregiudizi si stanno pian piano sgretolando, il rapporto tra ebrei e
polacchi inaugura un novo corso. È l'ottimistica tesi che
Jaques-Yves Potel, docente universitario esperto di storia della
Mitteleuropa, consigliere culturale presso l'Ambasciata di Francia a
Varsavia, sostiene nella sua ultima fatica letteraria, La fine dell'innocenza: la Polonia faccia a faccia col suo passato ebraico. Si
tratta del risultato di una ricerca che lo studioso ha condotto sul
lavoro che la società polacca compie nei confronti della memoria della
Shoah, e sull'influenza che questo ha sul rapporto con gli ebrei di
oggi. I polacchi hanno cominciato seriamente a riflettere sul fatto che
il loro popolo, prima della guerra, contava 3 milioni e 300mila ebrei. Ritiene
Potel che si stia pian piano diffondendo la consapevolezza delle
responsabilità del popolo nello sterminio degli ebrei, dell'oscuro
passato antisemita della Polonia. Lo spartiacque è stato un discorso
storico fortemente autocritico pronunciato dal Presidente della
Repubblica polacca nel 2001: dal momento in cui è stato divulgato
radiotelefonicamente qualcosa è cambiato. Sono fiorite iniziative volte
alla promozione della conoscenza della cultura ebraica, si è diffuso un
vivo interesse, anche fra i giovani, per il passato ebraico della
Polonia. Artisti, giornalisti e intellettuali si sono interessati al
tema della memoria. C'è stato un vero e proprio salto di qualità nel
dibattito pubblico dei polacchi sulla loro storia recente. Solo da
quel momento la società ha superato il clichè, derivato da Singer e
Chagall, dell'ebreo con peot e caffettano nero. Attraverso
l'elaborazione delle proprie responsabilità il popolo polacco sta
imparando a riconoscere i suoi concittadini ebrei per quello che sono:
una minoranza, ormai esigua, assai variegata, con le sue tradizioni
alle spalle e una progettualità in continuo divenire invece che
un'identità fossilizzata. Questo aiuta, se ancora ce ne fosse bisogno,
a insegnare che gli ebrei sono cittadini dell'aperta e pluralista
società polacca a tutti gli effetti. E ad abbandonare definitivamente
il preconcetto che fa dell'ebreo uno straniero di cui diffidare. Il
dibattito, è convinto Potel, favorisce la piena legittimazione delle
minoranze. “La lotta contro i pregiudizi, per riportare alla luce il
passato riconoscendo i propri errori apre la via ad una riconciliazione
tra ebrei e polacchi”, scrive. “Il sangue ebraico imbeve la terra
polacca, resta sui suoi muri”: lo storico si rende conto che è un
processo doloroso quello che mette in questione l'innocenza di un
popolo, per lunghi decenni sbandierata. Tuttavia è necessario guardare
onestamente in faccia il proprio passato, e i polacchi se ne stanno
accorgendo. Anche a costo di lanciare accuse alle istituzione
politiche, alla Chiesa cattolica, a totto il popolo testimone. È una
questione che riguarda la definizione dell'identità polacca stessa. Questo
mutamento culturale della società chiama in causa direttamente anche
gli ebrei. Per molti di loro infatti la via dell'integrazione nella
società postbellica della Polonia è passata per l'assimilazione. Larga
parte, dei pochi sopravvissuti, ha abbandonato le proprie tradizioni.
Ora, la riscoperta dell'antico e vitale ebraismo polacco, più che
decimato dalla barbarie nazista, può segnare un cambio di rotta anche
in questo senso: molti ebrei avranno l'occasione di recuperare le loro
radici senza più temere l'emarginazione sociale. È la prima volta, dopo
molto tempo, che è realistico prefigurarsi un avvenire per l'ebraismo
polacco.
Jean-Yves Potel, La fin de l'innocence: la Pologne face à son passé juif, Éditions Autrement, 290 pagine, 22 euro.
Manuel Disegni
Qui Firenze - Rafat: “L’Onda Verde vincerà grazie a internet”
Mentre
i media nazionali sono tornati a parlare di Iran e più in generale di
Medio Oriente, a Firenze, città con l’occhio sempre vigile sulle
vicende che riguardano quell’area tanto martoriata, ha preso il via la
rassegna cinematografica Middle East Now, nel capoluogo toscano fino a
domenica prossima (il programma completo su www.middleastnow.it). È
la prima volta in assoluto che un festival interamente dedicato al
cinema mediorientale si svolge in Italia. L’iniziativa, supportata e
patrocinata dai principali enti pubblici locali, è stata organizzata
dall’associazione culturale Map of Creation e dalla Fondazione Stensen.
Coinvolti nel progetto anche gli studenti iraniani residenti all’ombra
del cupolone (quello del Brunelleschi). Israele, Palestina,
Libano, Afghanistan, Dubai e, soprattutto, Iran. Alcuni giovani registi
indipendenti ci raccontano un Medio Oriente lontano dagli stereotipi
occidentali, un mondo spesso sconosciuto che regala inaspettate
sorprese e spazza via parte dei pregiudizi radicati ad ovest del
Bosforo. Perché desiderio di libertà e speranza per una vita migliore
sono desideri comuni sia all’Occidente che al vicino Oriente. Stazioni
di partenza di questo viaggio che con ci porta da Beirut a Teheran,
passando per splendide vallate di cedri, deserti rocciosi e carceri
disumane, sono l’elegante sala dell’Odeon Cinehall e quella più sobria
dell’Auditorium Stensen, storici luoghi di aggregazione fiorentini e
più volte teatro di manifestazioni culturali di livello internazionale. Il
piatto forte di Middle East Now è ovviamente un vasto pacchetto di film
e documentari, ma in programma ci sono anche una mostra fotografica,
curata dal reporter olandese Paolo Woods, e workshop di vario tipo.
Prevista inoltre la presenza di intellettuali schierati in prima linea
contro il regime teocratico di Ahmadinejad, come Roxanna Saberi e Ahmad
Rafat. Ed è stato proprio il giornalista italo – iraniano (nato a
Teheran ma nel nostro paese dai tempi dell’Università), ieri
pomeriggio, a inaugurare questa cinque giorni di cinema in riva
all’Arno. Davanti ad un pubblico composto in larga parte da ragazzi,
Rafat ha presentato il suo ultimo libro, Iran - la rivoluzione online,
volume in cui cerca di ricostruire tutte le tappe che hanno portato
alla nascita dell’Onda Verde, il movimento che dalle ultime farsesche
elezioni presidenziali in poi cerca di opporsi in qualsiasi modo (non
violento) ad Ahmadinejad e ai suoi barbuti scagnozzi. Come il titolo
lascia intuire, tema centrale del volume è la grande familiarità che
questi coraggiosi giovani hanno con la rete, che rappresenta non solo
un mezzo attraverso il quale organizzare la propria attività ma anche
l’unica possibilità per diffondere fuori dai confini nazionali immagini
e filmati dei crimini compiuti dai basiji e da chi li manovra. “Le
parole possono essere smentite e qualcuno potrebbe credere a quelle
smentite - spiega Rafat - ma un video o una foto non corrono questo
rischio”. Straordinarie, dunque, le potenzialità di internet e, in
particolare, dei social network: Facebook in testa. Lo stesso Facebook
che da trappola per adolescenti videodipendenti, si trasforma nel solo
modo possibile in cui raccontare il dramma di un popolo in costante
lotta per la libertà. “Credo di essere stato tra i primissimi della mia
generazione – Rafat ha quasi 60 anni – a coglierne le potenzialità”. La
sua pagina personale, aperta ancor prima delle elezioni, è una delle
più lette e commentate dai dissidenti. “L’ottantadue per cento dei miei
amici virtuali - spiega – viene dall’Iran”. Un fenomeno, quello del
social network inventato da Mark Zuckerberg, che a Teheran e dintorni
ha conosciuto un vero e proprio boom. In pochi mesi, infatti, gli
utenti che scrivono e pubblicano foto dall’Iran sono passati da
venticinquemila a un milione. E lo fanno con grande partecipazione e
impegno: “Sulla mia pagina, ogni 60 commenti postati, solamente uno o
due li scrivo io”. Una pagina tra l’altro aperta a tutti, in cui vige
una unica e sacrosanta regola: è possibile esprimere opinioni di ogni
genere, basta non offendere gli altri utenti. Paladino della
libertà d’espressione, “mohareb” (nemico di Dio) secondo gli ayatollah,
Rafat ha dedicato il libro a tutti coloro che combattono per la
libertà, ed in particolare a Neda, la ragazza diventata uno dei simboli
di questa lotta. Il corrispondente di Voice of America è fiducioso:
“Prima o poi l’Onda Verde raggiungerà la vittoria. C’è una generazione
intera che non vuole più vivere rispettando regole stabilite 14 secoli
fa”. E aggiunge: “Non sono necessarie ideologie per vincere”. È
sufficiente il fatto di non avere alternative.
Adam Smulevich
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Il misterioso messaggio della Meghillà di Ester
A meno di un mese da Purim dovremmo cominciare a entrare nell'atmosfera
di questa festa, in particolare con lo studio. La Meghillà di Ester è
il documento fondante di questa festa, ed è, tra i libri della Bibbia,
uno dei più intriganti, allusivi e misteriosi, se la si riesce a
leggere bene. Ovviamente non manca chi dice che sia tutta
un'invenzione, la storia, le descrizioni di ambiente e tutto il resto.
Ma basta un istante di attenzione per capire che non è proprio così. Si
pensi al motivo ripetuto delle impiccagioni. Haman chiede per Mordekhai
una forca alta 50 braccia. Su quella forca, poi, ci finirà lui e dopo i
suoi figli. Se qualcuno dubita del gusto malefico del potere persiano
antico per le impiccaggioni ostentate, si legga le cronache quotidiane
dall'Iran e mediti sulle lugubri immagini di pali meccanici altissimi
usati per impiccarci dissidenti e "criminali". Stessi luoghi, stesso
rito macabro, speriamo anche stesso esito di Purim, magari un po' meno
truculento, ma comunque risolutorio.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Inflessibilità
Dopo
la perfetta riuscita della multa di dodicimilacinquecento euro che il
Vaticano ha comminato al vescovo Williamson perché non negasse più la
Shoah, la comunità internazionale attende una pesante contravvenzione
anche per Ahmadinejad. Oggi è così che la Storia scioglie i suoi nodi.
Con un pugno di vigili urbani.
Il Tizio della Sera |
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Il
Silvio Berlusconi che alle dieci di sera torna nella sua residenza
romana a Palazzo Grazioli, è un primo ministro italiano più vicino a
Israele. L’eco delle sue parole pronunciate al Parlamento di
Gerusalemme non commuovono solo Tzipi Livni, non riempiono d’onore solo
Bibi Netanyahu, ma soddisfano un’esigenza interiore a ogni italiano che
crede nella forza, nel significato e nella fede dell’esistenza dello
Stato di Israele. I sentimenti di rispetto nei confronti dell’unica
democrazia in Medio Oriente, la condanna all’Iran, l’invito a iniziare
un percorso comune che porti a lavorare assieme nell’Unione Europea, la
capacità di comprendere il concetto di “difesa” e di ammettere
l’esigenza di protezione dalle insidie di Gaza, cuciono un messaggio
giudicato “sincero” da Shimon Peres. Così, leggere la cronaca
dell’ultima giornata di Silvio Berlusconi in Israele è un po’ come una
pausa-relax in un mondo in cui gli attacchi (mediatici e militari) sono
all’ordine del giorno. Per chi non lo avesse notato, la coerenza
del Premier, spesso danzante sul filo della diplomazia, è dimostrata
nell’incontro con Abu Mazen. Quando il leader dell’Anp, racconta Repubblica,
chiede una ferma condanna contro il muro di Betlemme, il Cavaliere
risponde: io quel muro non l’ho visto. L’atteggiamento di Berlusconi è
interpretato, a mio avviso con lucidità, da Antonio Ferrari sul Corriere.
Il Premier, è la tesi, parla chiaro perché vuole ritagliarsi un ruolo
da protagonista nell’Unione europea. Interessante anche l’analisi di
Livio Caputo sul Giornale, che ripercorre la storia tra il Cavaliere e Israele dal 1994 a oggi. Mentre sulla Nazione Abraham Yehoshua racconta le sue impressioni e plaude al discorso fatto al Parlamento. Nel giorno della “serenata” italiana arrivano forti anche le reazioni dell’Iran. La Stampa
racconta del lancio di un razzo spaziale, più o meno legato al
programma nucleare, delle minacce all’Occidente e dell’indignazione
degli Stati Uniti. Insomma, nonostante tutto Teheran tira dritto e
attacca l’Italia (uno dei maggior partner commerciali): Roma complica
le cose. A proposito della Capitale. Nel giorno in cui iMussolini, l’applicazione iPhone sul dittatore fascista criticata dal mondo, viene cancellata dalla Apple (Repubblica),
la Digos fa irruzione nel covo di Militia, quelli delle scritte
antisemite, delle offese a Riccardo Pacifici o che distruggono le
targhe alla Resistenza. Il Messaggero
racconta che all’interno del locale sono stati trovati un albun
nazista, foto di Hitler, frasi contro Auschwitz e inneggianti al Ku
Klux Klan e al White Power, più qualche altro souvenir da destra
estrema. Speriamo si riesca a fare un po’ di pulizia.
Fabio Perugia
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notizieflash |
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Netanyahu,
fondata speranza di costruire la pace
Tel Aviv, 3 feb - Per
il premier israeliano Benyamin Netanyahu c'è una fondata speranza nella
ripresa dei negoziati per la pace con l'Anp. "Già da diverso tempo vado
dicendo che nella comunità internazionale si è consolidata la
convinzione che Israele vuole ed è pronto a riprendere i negoziati" ha
detto Netanyahu. "Dal momento che questa convivinzione è maturata, é di
pari passo maturata anche la probabilità di concretizzare questo
passo". "Si usa dire che per ballare il tango bisogna essere in due.
Nel Medio Oriente - ha affermato il premier - a volte bisogna essere in
tre per ballare il tango, o per lo meno per iniziare a ballare. Poi, di
norma, si prosegue in coppia. Io spero che se esiste la volontà da
parte palestinese, non solo di costruire la economia e le istituzioni
palestinesi, ma anche di edificare la pace - vedremo la ripresa del
processo di pace nelle prossime settimane". Un riferimento, quello del
premier israeliano al tango da ballare in tre, che, secondo la Tv
israeliana era diretto agli Usa come terzi protagonisti.
Coppa Carnevale – Il Maccabi Haifa torna in corsa Lido di Camaiore, 4 feb - Stavolta
l’arbitro non ci si è messo di mezzo come nell’incontro precedente e
così il Maccabi Haifa è riuscito a centrare la prima vittoria nel
girone 3 della Coppa Carnevale. La partita vinta contro il Liac di New
York (3-2) si è però rivelata più difficile del previsto ed è rimasta
in bilico sino all’ultimo istante di gioco, anche se la superiorità
tecnica degli israeliani è parsa piuttosto evidente. I ragazzi di Haifa
hanno giocato un calcio champagne, fatto di grande corsa e tecnica
egregia, ma hanno rischiato che i ripetuti errori fatti sotto porta
costassero loro molto caro. Quattro o cinque almeno le nitidissime
occasioni da goal non concretizzate. E come spesso succede in queste
circostanze, a passare in vantaggio erano gli avversari. Al termine di
un’azione fortunosa, infatti, Sorbara gonfiava la rete quando mancavano
ormai pochissimi secondi all’intervallo. Al ritorno in campo dopo
il break arrivava l’immediato (e meritato) pareggio grazie ad un rigore
sacrosanto trasformato da Israel. L’undici allenato da Itty si buttava
in avanti e tutti i palloni diventavano potenziali missili in grado di
insaccarsi nella porta difesa dal povero Debenedetto. Il goal del
raddoppio era nell’aria ed arrivava al ventesimo minuto, con una
spettacolare staffilata di Hasib. Sorpasso avvenuto e, dopo cinque
minuti, una brutta autorete dello stesso Debenedetto faceva prendere il
largo al Maccabi. Sembrava finita ma dopo pochi istanti Desantis
accorciava le distanze. Ultimi dieci minuti da brivido, con l’arbitro
Berti di Prato che assegnava un penalty molto dubbio al Liac.
Fortunatamente la palla finiva sopra la traversa e i ragazzi in
biancoverde potevano tirare un sospiro di sollievo. Domani sarà scontro
diretto con il Bologna per la seconda piazza nel raggruppamento. Una
vittoria potrebbe proiettare la squadra agli ottavi, ma bisognerà
aspettare i risultati degli altri gironi per sapere se gli israeliani
saranno ripescati tra le migliori seconde.
a.s. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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