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L'Unione informa
 
    21 maggio 2010 - 8 Sivan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  roberto colombo Roberto Colombo,
rabbino 
R' Zelig Reuvèn Bengis (1864-1953), capo del tribunale rabbinico di  Gerusalemme dal 1937, già molto anziano si ruppe il femore. Portato all’ ospedale Hadassa chiese agli alunni di recitare un capitolo del libro  dei Re a caso, poi egli stesso ripetè a memoria il passo ma a ritroso,  dall’ultima alla prima parola. Poi disse: “Grazie a D-o, la gamba è rotta ma la testa funziona”. Una testa che funziona sa leggere a ritroso, dalla fine al principio. Saggio è soprattutto colui che si  guarda indietro e ripensa a quanto fatto in passato. Il passato è  certo, il futuro potrebbe non esistere. 
Abbiamo delle resistenze a cogliere la specularità dell'antirazzismo rispetto al razzismo, una specularità ben espressa nel dramma di Narciso nella versione riveduta da Oscar Wilde. Egli narra infatti come dopo la morte del giovane le acque del lago fossero tristi e sconsolate non tanto per la morte del bellissimo Narciso, quanto per il fatto che esse non potevano più ammirare la loro propria bellezza riflessa negli occhi del giovane. La metafora letteraria ci offre tuttavia un pretesto per chiederci se il fenomeno dell’antirazzismo militante non sia stato superato dalle problematiche più attuali dell’immigrazione che hanno posto l’accento su altri aspetti relegando la ragione antirazzista allo spazio dell’appello morale. Sembra quasi che  si siano scoperti dei nuovi contenuti e che tale concretizzazione, almeno per quello che riguarda la nostra società, abbia ribaltato priorità e obiettivi. Ciò non significa che il razzismo sia superato da problemi contingenti, ci sembra però di cogliere una rilevanza differente  e una delimitazione del suo campo d’azione.   Sonia
Brunetti Luzzati,

pedagogista
sonia brunetti  
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Carta e penna per combattere 


documenti foaQuando uscirono le lettere dal carcere di Vittorio Foa (Lettere della giovinezza, a c. di Federica Montevecchi, 1998), nessuno si accorse della centralità che l’ebraismo ha in quella corrispondenza famigliare. E dire che sarebbe bastato fare attenzione alla prima lettera, datata 17 maggio 1935, vigilia di un sabato: “Stasera è venerdì e voi vi riunirete a pregare intorno alla lampada – ed io, per quanto lontano, riceverò come se fossi presente l’ambita benedizione di papà”. Nel definire la qualità di una causa, il grado di consapevolezza di coloro che s’accingono a compiere determinate azioni è fondamentale. Ogni scelta politica possiede un grado di consapevolezza. Ebraismo e antifascismo non si sottraggono al dilemma. Il combinarsi di due (o più) variabili è un calcolo non semplice da fare. Nel nostro caso, la militanza politica, relativamente semplice da enucleare, andava ad associarsi a una componente, quella ebraica, che per definizione è un poliedro, il cui lato politico ha un suo indubbio rilievo, ma non è preponderante (l’ebraismo non ha – non dovrebbe avere – tessere, regolamenti, articoli statutari o decreti governativi cui attenersi, per definire chi è ebreo e chi non lo è). Per misurare questo grado di consapevolezza in Vittorio Foa, e uscire dalle astrazioni che di solito accompagnano i tentativi che in passato si sono fatti per spiegare il binomio ebraismo-antifascismo, la corrispondenza famigliare è indispensabile. Esiste un denominatore comune fra gli eventi che portarono al processo, al confino e in carcere Vittorio Foa oppure Umberto Terracini e Emilio Sereni, Sion Segre e Leone Ginzburg, Eugenio Colorni, Max Ascoli, Gino Luzzatto, Fabio Luzzatto, Carlo e Nello Rosselli, Raffaele Cantoni e Dino Gentili, ma si tratta di un denominatore sfuggente. Di solito sono circolate spiegazioni rassicuranti che hanno fatto riferimento a categorie storiografiche piuttosto labili (il rigorismo etico) o del tutto ovvie (per esempio, i network famigliari). Mentre a livello di organismi istituzionali, comunitari è lecito parlare di “fascismo ebraico”, essendo agevole trovare riscontri che comprovano l’esistenza di una teoria ebraica dello Stato etico, la scelta antifascista non è mai diventata una elaborazione autonoma, piuttosto rimase confinata a livello delle singole individualità, ciascuna con un suo percorso non assimilabile ad altri. Non è possibile ricostruire una trama comune perché la religione della libertà, alla quale i protagonisti dell’antifascismo ebraico si convertiranno, incluso Foa, sarà sempre quella di Croce, non la narrazione di Esodo.

vittorio foaLa fonte biblica del viaggio verso la terra promessa, interpretata per secoli come metafora di ogni processo di liberazione, alla base di tantissime forme di radicalismo politico, come ha dimostrato Michael Walzer, non incise per nulla sul binomio ebraismo- antifascismo. Si può dunque parlare di una eclisse di Esodo. Nella scelta antifascista l’ebraismo subentra in un secondo momento. Come per tutti gli altri antifascisti ebrei, anche per Vittorio Foa vale il diagramma del prius e del posterius, a suo tempo tracciato da Piero Treves, uno storico dell’età classica, che aveva iniziato a districare il nostro groviglio già quando, esule, fuggiva dall’Italia. In un saggio non privo di tonalità autobiografiche, composto al termine della sua vita, pur ammettendo che il numero degli ebrei antifascisti sia stato, in proporzione, di molto superiore alla media nazionale, non poteva evitare di domandarsi: “Gli ebrei che rischiavano la libertà erano o in quale misura erano ebrei? Ed erano venuti all’antifascismo dall’ebraismo o non piuttosto, a prescindere dal mero fatto anagrafico, all’ebraismo dall’antifascismo?”. La seconda alternativa gli sembra la più valida: l’ebraismo rappresenta “la conseguenza e non la matrice della loro condotta”. Le lettere dal carcere di Vittorio Foa documentano, giorno dopo giorno, questo itinerario a ritroso, compiuto nelle stesse settimane in cui l’Italia stava precipitando verso l’antisemitismo di Stato. Israel è, ad esempio, uno dei primi giornali che Vittorio Foa chiede (invano) di poter leggere in cella. Andrebbe fatta una lettura intertestuale di questo epistolario e quello di Ernesto Rossi: della campagna razziale del 1938 i due compagni di prigionia riferiscono all’unisono, ma è sicuro che entrambi considerino gli eventi dell’autunno 1938 una radicale discontinuità rispetto alla precedente storia d’Italia. Ciò dovrebbe far riflettere gli studiosi dell’antisemitismo mussoliniano. Né Rossi, né Foa pensavano che il regime fascista fosse in origine antisemita. Valga per tutti la testimonianza contenuta nella lettera di Foa del 29 luglio 1938: “all’interno non è mai esistito e non esiste sentimento antisemita altro che in pochi gruppi di intellettuali invidiosi e consapevoli della loro mediocrità”. Notevole è la curiosità – del politico e dell’economista attento ai nuovi fenomeni sociali - per il sionismo, documentato dalla richiesta di libri, ma è soprattutto impressionante la galleria dei libri letti, di cui il recluso Foa dà notizia, in forma di recensionesaggio, ai famigliari: Mann e il ciclo biblico, Kafka, Zweig, I Moncalvo di Enrico Castelnuovo, la filosofia del riso di Formiggini declinata in modo tradizionale, per esempio quando alla sorella Anna nasce una bambina, dopo tanti maschietti presenti in famiglia, Foa compone queste parole in libertà: “Non ci sarebbe da stupire che Adonai si sia messo in testa di ristabilire l’equilibrio turbato dalle eccedenze virili di 4:1 e 2:1 nelle vostre rispettive famiglie”. E’ soprattutto Senilità e La coscienza di Zeno, i due romanzi di Svevo riletti in una sorprendente chiave ebraica, in contrasto con Giacomo Debenedetti e alla vigilia della campagna razziale, in due lettere del 28 settembre e 1° ottobre 1937 (nella seconda di queste lettere si trova un notevole ricordo d’infanzia, che denota una perspicacia freudiana sorprendente). L’idea sveviana che la vita ebraica sia calda e confortevole come la vita in una serra rientra in quei parametri metaforici ebraico-joyciano-triestini, che Foa sente profondamente e assimila con straordinaria lucidità. Senza dimenticare che la malattia che affliggeva Foa durante la detenzione a Regina Coeli, il morbo di Basedow è la “facies basedowiana” di Ada nel capolavoro di Svevo: gli occhi in fuori, ciò che farà dire alla mamma di Vittorio, come è ricordato, auto-ironicamente, nell’autobiografia: “Hai perso l’unica cosa bella che avevi”. Basedow è simbolo della introspezione, ma anche della diversità, della capacità di osservare la realtà con lo sguardo asimmetrico del cavallo o della tartaruga contro la logica dogmatica della torre o di Achille nel paradosso aleatico ripreso in apertura di Questo Novecento. La tartaruga, il cavallo, la facies basedowiana sono sempre lì a indicarci il cammino. Il percorso a ritroso nella serra ebraica famigliare avviene con la memoria, che vola verso i luoghi classici della villeggiatura, Cogne e Diano Marina, ma ancora più indietro nel tempo, a Moncalvo, dove era nato il nonno Rabbino Giuseppe Levi e dove dal carcere Vittorio consiglierà i famigliari di rifugiarsi quando sta per scoppiare la seconda guerra mondiale: “Sono stato a Moncalvo pochissime volte per pochissime ore; ma mi piace moltissimo: non è solo il fascino di vecchia cittadina in progressiva decadenza, c’è forse qualche richiamo e rispondenza atavica” (lettera del 2 aprile 1939). Nella categoria della “rispondenza atavica” c’era un segno vistoso del persistente lombrosismo torinese, che contagiò lo stesso Primo Levi, ma nella calda e accogliente serra delle riscoperte ebraiche di Vittorio Foa c’è posto anche per un ospite inatteso e imprevisto: Martin Buber, il filosofo del dialogo Io-Tu, dei sentieri in utopia, tradotto in italiano subito dopo la prima guerra mondiale, in carcere affannosamente richiesto dal prigioniero con gli occhi in fuori che cercava sempre “il versante buono del mondo "

Alberto Cavaglion, Pagine Ebraiche - maggio 2010
 
 
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  Un privilegio inutile

anna segreAnche per quest’anno i ragazzi che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica correranno il rischio di ritrovarsi a fine anno scolastico con un punto in meno di credito rispetto ai loro compagni. Non ho le competenze giuridiche per commentare la decisione del Consiglio di Stato, comunque immagino che la storia non finirà qui. Intanto nelle scuole pubbliche si parla di religione cattolica molto meno di quanto ci si potrebbe aspettare in un paese in cui una maggioranza schiacciante dei cittadini è cattolica e la Chiesa fa sentire così forte la propria voce nel dibattito pubblico. Un esempio per tutti: nella mia scuola gli insegnanti di latino raramente arrivano a trattare gli autori cristiani (con l’eccezione della sottoscritta, ebrea). Nelle stesse ore di religione i ragazzi sembrano occuparsi di ogni argomento possibile e immaginabile (dalla bioetica alla Shoah), e in mezzo a questi la religione cattolica vera e propria (Bibbia, teologia, feste, ecc.) sembra diluirsi e perdere le proprie specificità. Insomma, non si percepisce una grande necessità, né da parte degli allievi né da parte degli insegnanti, di approfondire davvero le “radici cristiane”. E allora perché tutto questo chiasso per difendere un privilegio che agli stessi privilegiati non sembra interessare più di tanto?

Anna Segre


Comix - Klezmer di Joann Sfar

klezmerFinalmente in Italia il primo volume della serie “Klezmer” scritta e disegnata dal fumettista francese Joann Sfar. Abbiamo visto scrivendo degli episodi “Il gatto del Rabbino” che queste storie sono ambientate nella cultura sefardita del padre. Ma Sfar ha avuto una duplice educazione, che richiama anche la tradizione ashkenazista della madre.
La storia è semplice, musicale. Ebrei che suonano o che vorrebbero suonare attraversano la Russia viaggiando verso Odessa, la città dove la metà della popolazione era ebraica. Sfar non può farlo altro che citare Babel per descrivere quella città. I personaggi non sono certamente buon ebrei, non rispettano le Leggi e cercano in tutti i modi di allontanare la loro appartenenza. Dietro di loro si nasconde uno Sfar ironico che ride, o meglio sorride, della propria appartenenza. Le pagine in cui due personaggi spiegano a un gitano come trasformare le sue storie in storielle yiddish è una parodia esilarante sugli archetipi narrativi della cultura ebraica.
Il disegno di Sfar è ormai una deriva pittorica dove spesso a una linea che cerca di trattenere la forma, si oppone una pennellata anarchica, libera che mostra l’anima dei personaggi. Ma anche quella linea è un inganno, una allucinazione. Tutto è una melodia klezmer, “voi non sapete mai che nota suonerete tra un attimo. Se anche fate mille volte lo stesso ritornello, sarà mille volte unico”, così un Rabbino commenta la musica di Noè Davidovic.
klezmerForse Klezmer non è neanche un fumetto, ma uno spartito musicale, dove invece delle note dobbiamo leggere le storie disegnate. E’ comunque un inno alla musica klezmer.
D’altra parte Klezmer è l’omaggio di Sfar a una cultura ebraica che prima della Shoà riguardava milioni di uomini che coltivavano tristezza e dolori, allegria e preghiere, canti e speranze. Ma è anche un popolo, secondo Sfar, che non esiste più. In modo provocatorio afferma nelle note a fine libro: “Quello che so è che quelli di Poylin, quelli della terra di ashkenatz, non esistono proprio più. (...) Lo Zar ha vinto. E i cosacchi, e Hitler e Stalin”. Saranno affermazioni forti, ma dove sono gli uomini che hanno ispirato Isaak Babel? o i quadri di Chagall?
Si parlava delle note a fine libro. Si tratta di quindici pagine dove l’autore francese presenta con ricche argomentazioni la sua idea sull’ebraismo condite da un’atmosfera retrò e malinconica sui tempi che furono.
“In quell’effimero involucro che chiamiamo uomo, il canto scorre come le acque dell’eternità, e lava e genera ogni cosa” Isaac Babel.

Andrea Grilli


 
 
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Israele è diventata la nuova tigre
Un'econonìia in continua crescita, una forte presenza di fondi di venture capitale una smisurata fiducia nella libertà imprenditoriale. Si può riassumere così il miracolo economico che ha interessato Israele negli ultimi 15 anni. Al punto che, la scorsa settimana lo Stato medio orientale è diventato il 32esimo Paese membro dell'Ocse, l'organizzazione che comprende le economie più sviluppate del globo. Neppure ]ambita dalla crisi, Israele nel 2009 non ha subito alcun contraccolpo al prodotto interno lordo e per il 2010 le prospettive di crescita economica sono nell'ordine del 4%. «E' una questione culturale che ha permesso negli anni di sviluppare sempre di più il concetto dell'iniziativa imprenditoriale», ha spiegato Jon Medved, ceo di Vringo, nel corso del seminario «L'economia in Israele e nei territori dell'Autorità Nazionale Palestinese» organizzato dall'istituto Bruno Leoni e patrocinato da Cnel e Fondazione Euromid. Come ha ricordato proprio il presidente del Cnel, Antonio Marzano, un Paese ha due modi di procurarsi i beni di cui ha bisogno: la guerra o lo scambio commerciale. E proprio questo è un altro punto di forza di Israele.«In questo Stato le barriere tariffarie all'ingresso sono estremamente basse. nell'ordine dell' 1%», ha sottolineato Marzano, «senza coniare la facilità di far nascere un impresa, che colloca il Paese ai primi posti delle classifiche mondiali per rapidità e semplicità». Un altro fattore di sviluppo è legato al continuo incremento delle start up commerciali ed industriali, che hanno ormai raggiunto i livelli degli Stati Uniti. «Ma si tratta di uno Stato con soli 7 milioni di abitanti», ha evidenziato il presidente del Cnel. La carta vincente, in questo caso, è l'ottimo legame esistente tra mondo dell'università e le imprese «Mi viene da sorridere quando sento parlare di rischio imprenditoriale», ha affermato Medved, «per noi israeliani il vero pericolo non è avviare un'impresa, ma salire su un autobus che può saltare in aria da un momento all'altro». Solo nel 2008 è stato registrato lo start up di ben 480 società, con un investimento di 2 miliardi di dollari mentre nel 2009 i nuovi deal sono stati 447. Per rendersi conto della situazione, basti pensare che nel 2009 l'Italia si è fermata a quota 79. Un ruolo importante, in questo scenario, è sicuramente svolto dai fondi di venture capitalism presenti in lsraele, che ad oggi capitalizzano circa 14 miliardi di dollari. Un altro dato che è emerso nel corso del convegno riguarda la classifica dei Paesi per società quotate sull'indice Nasdaq. Ebbene dopo Usa e Cina il terzo posto è occupato proprio da Israele Insomma si tratta di una vera e propria locomotiva che negli anni ha fatto leva sullo sviluppo tecnologico, al punto da permettere allo Stato israeliano di diventare una delle economie più dinamiche e forti. «La vera sfida sarà quella di guidare la crescita di tutta la regione mediorientale» ha spiegato Bruna Ingrao. docente dell'Università La Sapienza di Roma.

Carmine Sarno, MF, 21 maggio 2010

 
 
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notizieflash    
 
 
Blitz dei Ros nella sede di Militia, quattro indagati                          
Roma, 21 mag -
Blitz all'alba dei carabinieri del Ros nei locali dell'organizzazione di estrema destra 'Militia' e perquisizioni personali di alcuni suoi esponenti, quattro le persone indagate. Secondo quanto è stato possibile apprendere uno di questi è un ex appartenente all'organizzazione eversiva Ordine nuovo. I quattro, sono accusati,di apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico e violazione della Legge Mancino, con azioni contro la Comunità Ebraicadi Roma e contro la figura del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Agli esponenti di Militia viene imputato anche di aver "prospettato azioni violente contro Riccardo Pacifici", presidente della Comunità ebraica romana, e l'aver annerito le 'pietre di inciampo', poste in Piazza Rosolino Pilo n. 17, in memoria delle vittime della persecuzione nazista a Roma. I decreti di perquisizione e i contestuali avvisi di garanzia sono stati emessi dalla Procura della Repubblica di Roma nei confronti di quelli che gli investigatori definiscono "soggetti con un radicato inserimento negli ambienti dell'estremismo politico di destra". Durante le perquisizioni è stata rinvenuta amche una divisa dell'Esercito israeliano e vari strumenti atti ad offendere (machete, mazze da baseball e bastoni); documentazione ideologica di estrema destra; manifesti e strumenti per scritte murarie e striscioni a firma 'Militia' e materiale informatico che sarà oggetto di apposite indagini. Le operazioni di perquisizione, disposte dalla procura di Roma, hanno riguardato anche la 'Palestra Popolare Primo Carnera', sede di 'Militia', e alla Discoteca 'Kinky Club'. Il  Presidente della Comunità Ebraica della Capitale ha commentato: "Nulla mi sorprende. A nome della Comunità ebraica e a nome mio personale voglio fare un plauso ai Ros per il coraggioso e determinato blitz che è stato effettuato. E' evidente che a questo punto la palla passa alla magistratura. Attendiamo fiduciosi che i capi di accusa mossi e le prove presentate si trasformino in condanne certe e senza alcuna attenuante -  ha aggiunto - E' un servizio questo che più che alla Comunità ebraica viene fatto al Paese verso organizzazioni e singoli, in alcuni casi già noti alle cronache, che con le loro gesta e azioni sono una minaccia concreta per la democrazia nel nostro paese". Anche il sindaco Alemanno intervenendo a margine della presentazione del Network italiano delle città per la famiglia che si svolge a Parma ha dichiarato: "Credo sia assolutamente giusto questo intervento di polizia e carabinieri perché queste minacce, questa specie di ombra scura che c'era sulla città, era veramente molto fastidiosa, molto negativa. Spero si faccia chiarezza e si attribuiscano tutte le responsabilità". "Soprattutto, ha concluso Alemanno -  la mia solidarietà va alla Comunità ebraica e a Pacifici perché a quanto si legge dai primi lanci di agenzia c'era un progetto di aggressione fisica anche nei suoi confronti".

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