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28 dicembre 2010 - 21 Tevet 5771
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Adolfo Locci
Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova


Quando si inizia a non riconoscere la bontà dell’uomo si finisce col non riconoscere quella del Signore, per questo la Torah dice del faraone (Shemot 1:8): “Sorse un nuovo faraone in Egitto che non (ri)conosceva Yosef” (Mishnat Eli‘ezer)

Vittorio Dan
Segre,
pensionato



Vittorio Dan Segre


La conversione di solito non arriva non con un drammatico rivolgimento, ma attraverso una serie di piccoli cambiamenti. (rav Adin Steinsaltz)

davar
“Sono vivo perché Bartali ci nascose in cantina”
PagineEbraiche



PagineEbraiche“Può confermare quanto mi ha appena detto con una testimonianza scritta?”. “Certo, è davvero il minimo che possa fare per una persona che mi ha salvato la vita”. Si conclude così una lunga telefonata tra Firenze e Kfar Saba, Israele. All’altro capo della cornetta c’è Giorgio Goldenberg, 78enne ebreo di origine fiumana. Giorgio si è appena confidato andando a ripescare nomi e luoghi della sua infanzia in fuga dal nazifascismo. Tra le varie reminiscenze che tornano insistenti alla mente c’è una cantina fiorentina con affaccio su un piccolo cortile interno. In quella cantina Giorgio ebbe modo di nascondersi insieme ai genitori negli ultimi mesi di occupazione tedesca grazie a uno dei suoi proprietari, un agile trentenne di Ponte a Ema, campione sui pedali e nella vita.
Gazzetta Dello SportLa voce di Giorgio trema per un attimo e poi scandisce dolcemente: “Quel signore si chiamava Gino Bartali”. Si apre con questa rivelazione un nuovo e avvincente capitolo nella saga extrasportiva di Bartali. Finora infatti era nota la sua azione di corriere clandestino che portava documenti falsi e da falsificare per gli ebrei nascosti nel Centro Italia ma nulla si sapeva di un suo coinvolgimento ancora più diretto nell’opera di nascondimento dei perseguitati. Man mano che Giorgio si immerge nei ricordi emergono dettagli inediti che dimostrano ancora una volta di quale pasta fosse fatto questo grande protagonista del Novecento italiano.
Osservatore RomanoLa famiglia Goldenberg si trasferisce a Firenze dopo essere miracolosamente scampata alle retate dei fascisti a Fiume e prende dimora a Fiesole, comune collinare che sovrasta magnificamente la piana fiorentina. Nonostante il regime di leggi razziali a cui sono sottoposti gli ebrei, fino all’occupazione tedesca riesce a vivere una vita relativamente “normale” barcamenandosi tra mille insidie e restrizioni. Giorgio fa la spola tutti i giorni da Fiesole a Firenze dove è iscritto alla scuola elementare ebraica, i suoi genitori diventano amici di Bartali e di suo cugino Armandino Sizzi. Giorgio ignora la genesi di questa amicizia ma ricorda chiaramente il giorno in cui Gino fece capolino nel salotto di casa sua. “Me lo rammento benissimo”, conferma. Con l’arrivo dei nazisti in città la situazione per gli ebrei diventa sempre più drammatica. Ma Gino e Armandino si attivano immediatamente per i loro amici fiumani che vengono messi in salvo nello scantinato di uno stabile di via del Bandino in zona Gavinana.
RepubblicaInizialmente Giorgio è ospitato nel convento delle suore di Santa Marta, poi un giorno sua madre bussa al portone dell’istituto e lo porta con sé nella cantina di Bartali. “La cantina - spiega Giorgio - era molto piccola. Una porta dava su un cortile ma non potevo uscire perché avrei corso il rischio di farmi vedere dagli inquilini dei palazzi adiacenti. Dormivano in quattro in un letto matrimoniale: io, il babbo, la mamma e mia sorella Tea. Non so dove i miei genitori trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai da quella cantina mentre mia madre usciva con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo”.
La prima visione di libertà sarebbe arrivata circa tre mesi dopo nelle sembianze di un soldato inglese della Brigata Ebraica: “Mi ricordo - dice Giorgio - che tutti gridavano che erano arrivati gli inglesi e io uscii per vedere. Così vidi un soldato inglese con la scritta Palestina e con la Stella di Davide cuciti sulle spalle, mi avvicinai e mi misi a canticchiare la Hatikwa (l’inno del futuro Stato di Israele, ndr).
Corriere FIRENZELui mi sentì e si rivolse a me in inglese. Tornai di corsa in cantina, chiamai il babbo che uscì e cominciò a parlargli in yiddish. In quel momento capii che eravamo liberi”. Commosso da queste rivelazioni Andrea Bartali, presidente e anima della Fondazione Gino Bartali onlus che negli anni mantiene vivo il ricordo dell’eroismo di Ginettaccio. “È una notizia bellissima che dimostra ancora una volta il grande cuore di mio padre e che spero ci aiuti a piantare presto questo benedetto albero in Israele”. Andrea si riferisce alla battaglia di memoria e giustizia lanciata su Pagine Ebraiche in primavera. Sulla nostra testata sollecitavamo la raccolta di testimonianze utili per piantare un albero in onore di Gino Bartali allo Yad Vashem, uno dei luoghi della Memoria più sacri per il popolo ebraico.
Corriere dello SportBartali fingeva di allenarsi per le grandi corse a tappe che sarebbero riprese dopo il conflitto ma in realtà pedalava per la libertà, celando nel sellino della bicicletta nuovi e salvifici documenti di identità che fece recapitare a circa 800 ebrei nascosti in case e conventi tra Toscana e Umbria. La sfida di trovare testimoni a distanza di oltre 65 anni dai fatti si è rivelata molto ardua. L’appello di Pagine Ebraiche ha portato finora a due preziosissime testimonianze cartacee a cui si affiancano adesso le parole di Giorgio Goldenberg, raggiunto grazie alla fondamentale intermediazione dello storico Nardo Bonomi. Le sue parole di gratitudine (“Gino e Armandino sono due eroi della Resistenza a cui devo la vita”) aprono inediti fronti della Memoria e lasciano pensare che “questo benedetto albero” possa finalmente iniziare a veder crescere le proprie radici tra le colline di Gerusalemme.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche, gennaio 2011


Insulti dell'ex Nar - Pacifici: "Punire gli autori delle offese"
Inchiesta sugli insulti dell'ex Nar. Alemanno condanna: atto odioso

Dalle loro stanze si scambiavano consigli su Facebook, su cosa lanciare sul corteo degli studenti che passava sotto i loro uffici e sotto la rimessa dell'Atac. E ora l'azienda romana, già nella bufera per la Parentopoli venuta a galla negli ultimi mesi, ha avviato un'indagine interna. L'ennesima.
Sotto accusa sono finiti alcuni dipendenti e in particolare l'ex Nar Francesco Bianco, assunto come impiegato nonostante abbia sulle spalle precedenti di vario genere. Se dal suo computer risulterà che effettivamente mercoledì scorso lui era li che chattava insultando e schernendo i manifestanti «verranno presi gli opportuni provvedimenti disciplinari», fa sapere con un comunicato l'azienda, esprimendo «solidarietà al presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici per le parole violente e antisemite di cui è stato fatto oggetto». Il caso "Facebook" è l'ultimo di una lunga serie. Mostra in modo impietoso uno spaccato interno. Colpisce per i toni, per la dimensione delle parole. Non a caso a voler chiarire la vicenda è innanzitutto il nuovo a.d. Maurizio Basile, chiamato dal sindaco Alemanno a risanare l'Atac e a darle un'immagine diversa.
Basile avrebbe lasciato intendere ai suoi collaboratori che non verrà fatto alcuno sconto. Tradotto in atti ufficiali vorrebbe dire licenziamento. I contenuti riportati sul social network e pubblicati da "Il Messaggero" erano visibili a tutti. Il presidente della Regione Lazio Renata Polverini e quello della provincia Nicola Zingaretti esprimono solidarietà alla Comunità ebraica romana e al suo presidente Pacifici. E così anche il sindaco Alemanno che ieri mattina ha parlato con i vertici di Atac. «L'azienda - dichiara il sindaco - mi ha garantito una rapida indagine e l'assunzione di adeguati provvedimenti, qualora si accertasse l'utilizzo di un social network su un'utenza aziendale per fini privati e per i contenuti gravemente offensivi e antisemiti come quelli apparsi sulla stampa. Voglio esprimere la mia solidarietà al presidente Pacifici e a tutta la Comunità ebraica di Roma: comportamenti di questo tipo sono inaccettabili da parte di chiunque e diventano ancora più odiosi se provenienti da un dipendente di un'azienda comunale». E l'opposizione torna a criticare duramente il Campidoglio. Il vice presidente, del Senato Vannino Chiti, Pd, parla di «sentimenti di violenza inaccettabili» e di «parole incompatibili con la nostra democrazia. Evidentemente l'ex esponente dei Nar non si è ravveduto e non ha ripudiato il suo passato, come invece ha garantito il sindaco Alemanno a proposito di tutti gli ex terroristi che hanno preso parte alla grande infornata di assunzioni realizzata dalla destra».
Nell'Atac è già in corso un'inchiesta - parallela a quelle della magistratura e della Corte dei conti - per verificare i criteri - di selezione del personale. La Comunità ebraica non arriva a prendersela col Campidoglio ma - in una nota del portavoce Ester Mieli - si dice «stupita» nell'apprendere che «personaggi di aziende pubbliche hanno rivolto espressioni antisemite nei riguardi del presidente Pacifici». L'elenco dei neoassunti nelle municipalizzate comprende altri ex estremisti di destra. Alcuni, come Giancarlo Ponzio, hanno dimostrato di avere i titoli per meritarsi la scrivania. Altri sono finiti invece nel mirino, sia per il loro passato turbolento che per il presente. E' il caso di Stefano Andrini, chiamato dall'a.d. Panzironi all'Ama, a svolgere una funzione manageriale. Attirandosi altre critiche. «Il sindaco dovrà spiegare alla città come si è arrivati a questo uso privatistico delle aziende comunali», incalza Massimiliano Valeriani, il consigliere comunale che il Pd ha schierato per marcare stretto il settore trasporti. Altri esponenti del Pd (Foschi e Masini) vedono spuntare «una fascistopoli». Mentre Alessandro Onorato, capogruppo Udc, rileva che «le battute antisemite, l'istigazione alla violenza, gli attacchi di Francesco Bianco alle manifestazioni degli studenti apparsi su Facebook, insieme all'incoraggiamento e all'elogio delle raccomandazioni, sono solo l'ultima terribile pagina che coinvolge l'Atac, ancora più preoccupante se si considera lo spaventoso deficit con cui l'azienda chiuderà l'anno». Maruccio (Idv) si spinge oltre e arriva a chiedere «le dimissioni di Alemanno».

Claudio Marincola, Il Messaggero, 28 dicembre 2010


Pacifici: "Ora servono fatti concreti
basta neofascisti negli enti pubblici"


Pacifici, che cosa ha provato leggendo quelle frasi sugli studenti "pacifici, praticamente giudei"?
«Sono battute apparentemente scherzose» risponde il presidente della Comunità ebraica romana «che in realtà celano un profondo sentimento di insofferenza nei confronti degli ebrei, ma per fortuna ora ci sono reazioni forti».
La città si è sollevata.
«Ringrazio i consiglieri comunali dell'apposizione che hanno stigmatizzato il comportamento di Bianco e di quanti chattavano con lui. E anche il sindaco, che ha annunciato di voler avviare un'indagine in termini disciplinari. Spero che si passi ad azioni concrete».
Fu lo stesso Alemanno però a difendere le assunzioni per chiamata diretta degli ex dei Nare di Terza Posizione, Bianco e Andrini.
«Da presidente della Comunità quando si venne a sapere la vicenda di Bianco e Andrini ho espresso tutta la mia preoccupazione. Il cittadino Pacifici guarda con interesse la decisione di fare concorsi dal prossimo anno. Ma il problema è anche un altro».
Quale?
«Come possono reagire i figli e le vedove delle vittime degli attentati terroristici di destra e di sinistra vedendo ex terroristi impiegati nella pubblica amministrazione o, è già successo, eletti in parlamento?».
Come si risponde?
«È evidente che dal punto di vista ebraico ciò che riguarda neofascisti e neonazisti ci colpisce di più. Sarebbe utile una legge che chiarisca questo aspetto».
Che cosa dovrebbe dire questa legge?
«Secondo la tradizione ebraica ad ogni uomo è permesso tornare sui propri passi, una volta scontata la pena. Ma la Teshuvà, il pentimento, è un percorso che deve dimostrare il cambiamento, dopo aver pubblicamente chiesto scusa. Sarebbe interessante capire se questi signori abbiano cambiato registro».

p.b., La Repubblica, 28 dicembre 2010


pilpul
I Cristiani e lo scontro di civiltà
Tobia ZeviDovremmo prestare grande attenzione alle recenti parole di papa Benedetto XVI. Quando il pontefice denuncia le persecuzioni dei cristiani nel mondo, mette in luce una verità lampante e terribile. E ci induce a inquadrare queste violenze in un orizzonte che è quello della globalizzazione. Su questo ha scritto, riferendosi al Sudan, lo storico israeliano Benny Morris sul Corriere di ieri, segnalando un nuovo centro nevralgico nei rapporti di tensione tra Oriente e Occidente - categorie che personalmente non amo - e nelle dinamiche a dir poco complesse tra le varie confessioni religiose.
Spogliamoci, per cortesia, dell’armamentario rassicurante di una certa pubblicistica nostrana, quello caro ad alcuni intellettuali, sedicenti militanti, ebrei, cristiani, laici-devoti o laici tout court che siano: lo scontro tra civiltà, l’invasione dell’Europa, l’islamizzazione dell’Occidente, il relativismo etico de noantri che soccombe sotto i colpi della scimitarra, l’apologia della guerra preventiva e tutta l’allegra compagnia cantante.
Per comprendere questo fenomeno gravissimo disponiamoci alla comprensione meticolosa dei fatti, delle specificità delle varie aree e paesi, rinunciamo alle scorciatoie ideologiche. Il fatto che ci siano molti cristiani perseguitati non può essere sottaciuto o minimizzato. Ma è evidente che le soluzioni non sono a portata di mano: la democrazia, esportata o indigena, ha spesso mostrato di peggiorare le cose, almeno in una prima fase. Basti pensare, a titolo di esempio, a Iraq, Gaza, Libano. Al tempo stesso le dittature laiche del Medioriente, e non solo, imbarazzano il mondo con le violazione costante dei più basilari diritti umani, ma si rivelano l’unico freno al dilagare del fondamentalismo.
Che direzione imboccare? Senza mai smettere l’indignazione e la condanna per ogni singolo delitto perpetrato, ritengo che non ci sia un sentiero dritto, ma che, umilmente, politici e intellettuali dovranno indicare la via migliore - migliore, non perfetta - volta per volta.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas


notizieflash   rassegna stampa
Tel Aviv - Incendio su treno
passeggeri feriti e intossicati

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Un incendio è divampato oggi in Israele a bordo di un treno, che percorreva un linea locale a una ventina di chilometri a nord di Tel Aviv. Sono una quarantina i passeggeri rimasti feriti o intossicati. Le cause dell'incidente sono di natura accidentale. Lo hanno riferito i servizi di emergenza, precisando che non si registrano fortunatamente morti e che la gran parte delle persone è riuscita ad abbandonare il convoglio incolume.  


 

Fanno scandalo su tutti i giornali le frasi antisemite pubblicate su Facebook da un ex terrorista del Nar assunto in un'impresa municipalizzata di Roma, a quanto pare per raccomandazione del sindaco Alemanno (Boccacci e Merlo su Repubblica, Capponi e Menicucci sul Corriere Kalun su Libero) il quale ha condannato e promesso di intervenire per farlo punire (Merincola sul Messaggero). »

Ugo Volli

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