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23 settembre
2011 - 24 Elul
5771
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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All'inizio
della parashà di Nitzavim, Dio stabilisce un patto con chi è presente e
con chi non lo è. È ovviamente paradossale stabilire un patto con chi
non c'è. I Chakhamìm dicono che la Torà si riferisce alle anime del
popolo ebraico che sono tutte presenti nel momento del patto. Rabbi
Itzchak Hutner chiama questo patto Mattàn Torà delle anime. Egli dice
che c'è uno schema classico di trasmissione della tradizione ebraica,
si trasmette cioè di padre in figlio, è la cosiddetta catena della
tradizione. A questo tipo di trasmissione ha un difetto, se si salta un
anello della natura della catena, la catena non esiste più. In vari
momenti della storia ebraica, e in particolare nella nostra epoca, gli
anelli della catena sono saltati. Proprio per questo è fondamentale il
Mattàn Torà delle anime, ognuno di noi può recuperare ciò che si è
perso ricercandolo in se stesso, nella propria anima. Secondo Hutner
aiutare gli ebrei in quest'opera è il compito fondamentale dei Maestri
d'israele.
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Laura
Quercioli Mincer, slavista
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Il rabbino Shemuel Arìé, possa
riposare in pace, mi disse una volta: «Durante la mia infanzia abitavo
nel villaggio di Kishliwitz, che divenne famoso perché Israel Baal Shem
Tov, prima che si rivelasse, vi faceva lo shochet. C’era uno shochet
che aveva più di ottant’anni. Gli chiesi: “Hai forse incontrato
qualcuno che ha conosciuto il Baal Shem Tov?» Mi rispose: «Non ho
incontrato mai un ebreo che avesse visto il Baal Shem Tov, ma ho
conosciuto un gentile. Quando ero giovane abitavo presso di lui ed ogni
volta che versavo l’acqua sulla mola per affilare il coltello, quel
vecchio, che avrà avuto novanta o cento anni, scuoteva il capo. Credevo
che lo facesse a causa della vecchiaia, ma una volta mi accorsi che lo
faceva in segno di disapprovazione. Gli chiesi allora: “Perché scuoti
il capo mentre lavoro?”. Mi rispose: “Tu non fai bene il tuo lavoro.
Quando Israelki affilava il suo coltello inumidiva la pietra con le
lacrime”». Shemuel Y. Agnon, Le storie del Baal Shem Tov
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Qui Milano - Un anno
per lo studio |
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Nel formulare i migliori
auguri a tutti per il 5772 che sta per cominciare, vorrei soffermarmi
sul fatto che l'acronimo indicativo dell'anno incipiente (taw, shin,
'àyin, beth) ha lo stesso valore numerico di tre interessanti
espressioni in ebraico: "avrete lunghezza di giorni", "halakhà e
tradizione" e "aumenterete in sapienza e conoscenza". Sembra quasi che
quest'anno ci dica come fare ad "avere lunghezza di giorni", ossia
continuare ad esistere a lungo: tramite lo studio della halakhà e della
tradizione, che ci può dare sapienza e conoscenza. Auguro quindi a
tutti un anno di avvicinamento allo studio della tradizione, un anno di
lunghezza di giorni.
Elia
Richetti, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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Qui Roma - Un anno
contro la crisi
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La straordinaria crisi
economica che il mondo sta vivendo in questi mesi deve farci
interrogare sul modello di sviluppo mondiale e sulle sue effettive
capacità di soddisfare i bisogni della popolazione del
pianeta.
La storia purtroppo ci insegna che le crisi economiche come questa di
cui siamo al tempo stesso testimoni, protagonisti e vittime possono
sfociare in catastrofi sociali e politiche. Vorrei augurare a
tutti noi un 5772 che veda i potenti della Terra impegnati ad
individuare percorsi adeguati per farci uscire dalla crisi
dando cosi al mondo una speranza di Pace e prosperità.
Anselmo Calò,
vicepresidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Qui Genova - Un anno
per le sorprese
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Un altro anno è volato così
in fretta. Lo so,
si dicono sempre le solite frasi banali su Capodanno. Tuttavia, spero
veramente che questo nuovo anno ebraico 5772, con i suoi tre volte
sette possa portare a tutti noi ciò di cui abbiamo più bisogno. Il
numero sette ha un significato importante nell’ebraismo. Basti pensare
che Dio creò l’umanità in sette giorni, sette sono i giorni della
settimana, il settimo giorno (Shabbat) è dedicato al riposo e tanti
altri esempi. Quello che colpisce di più è che la Torah inizia con una
frase di 7 parole formate da 28 caratteri (multiplo di sette): Bereshìt
barà Elohìm et hashamaim veet haaretz. Con questa dovizia del numero sette abbiamo le migliori premesse per un
anno fortunato e pieno di piacevoli sorprese! Shanà Tovà umetukà!
Amnon Cohen, presidente della Comunità ebraica di Genova
Qui
Roma - Un anno per i
giovani
La parola shanà (anno) ha la
stessa radice della parola shinui (cambiamento). Nella tradizione
ebraica l'inizio di un nuovo anno segna anche l'inizio di un
cambiamento in crescita. Proprio per questo auguro a tutti un anno
ricco di cambiamenti positivi nella certezza di veder anche quest'anno
crescere l'UGEI ricordando che il futuro dell'ebraismo italiano sono i
giovani che hanno bisogno di essere sostenuti e aiutati, oggi e
sempre!
Daniele Massimo Regard, presidente Unione giovani ebrei d'Italia
Qui
Verona - Un anno per spegnere i fuochi
Il suono dello shofar
rappresenta una
preghiera senza parole, che permette anche a chi non sa pregare di
esprimere i suoi sentimenti. Ma è anche l’avviso di un allarme che ti
dice: “spegni il fuoco che sta distruggendo il tuo ebraismo”. Spero che
per il prossimo anno ebraico 5772, nel nostro microcosmo, si spengano
dei “fuochi” che vanificano gli sforzi per rendere migliore il nostro
ambiente ebraico. Non c’è limite alla teshuvà. Shanà tovà umvorechet.
Un anno di bene e di benedizioni.
Crescenzo Piattelli, rabbino capo di Verona
Qui
Casale - Un anno per il futuro
Auguri dolci e sinceri di
Shanà Tovà da parte
di un presidente di lunga data e da una piccola Comunità, con un cuore
grande, proiettata verso il futuro grazie ai tanti amici che la
sostengono e al nuovo sito web.
Salvatore
Giorgio Ottolenghi, presidente della Comunità ebraica di Casale
Monferrato
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Qui Roma - Le parole per raccontare Israele |
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Come diventare leader nel
mondo ebraico? La parola a Ye'ud, progetto di formazione con
l'obiettivo, come si legge sulla sua pagina web, “di formare la futura
leadership comunitaria italiana e superare la dicotomia tra la solidità
di una identità ebraica e i moderni strumenti di comunicazione”. In
collaborazione con Bené Berith Giovani e Ambasciata di Israele in
Italia, Ye'ud ha organizzato per le giornate di domenica 25 e lunedì 26
settembre una occasione di confronto e crescita al Centro Bibliografico
UCEI a Roma. L'incontro verterà sul fare corretta informazione su
Israele e vedrà la partecipazione di Neil Lazarus, Livia Link ed altri
esperti del settore. L'iniziativa, pensata con particolari agevolazioni
economico-logistiche per chi viene da fuori Roma, servirà inoltre a
lanciare la terza edizione di Ye'ud che partirà a fine ottobre e al
quale è già possibile iscriversi inviando il proprio curriculum a
info@yeud.it
Le due edizioni passate di Ye'ud si sono rivelate un successo. A
dimostrazione di ciò, spiega il coordinatore Alan Naccache, il fatto
che i giovani che hanno partecipato agli eventi si siano poi
impegnati attivamente nelle proprie Comunità; inoltre il progetto,
inizialmente rivolto solo a ragazzi tra i 18 e i 35 anni, ha ampliato
la sfera d'azione proponendosi di formare secondo le proprie linee
guida ed entro le proprie competenze anche rabbanim, professori e gli
attuali leader comunitari. Il tipo di formazione che si propone di dare
Ye'ud, in un ciclo di cinque incontri annuali della durata di due o tre
giorni ciascuno, spazia dall'Hasbaràh al Public Speaking al Media
Training. Hasbaràh, termine ebraico che significa letteralmente
"spiegazione", viene di solito tradotto col significato di
controinformazione o di propaganda filosionista. "Concetto del tutto
fuorviante – ammonisce Alan Naccache – giacché non si vuole andare
contro qualcuno, ma semplicemente fornire gli strumenti per una
corretta informazione su Israele". Il Public Speaking è invece volto ad
insegnare ai partecipanti a parlare in pubblico, e non solo di
questioni che riguardino Israele, ma anche di altri temi rilevanti per
le singole comunità. Il Media Training è infine l'insieme di quelle
tecniche che consentono a chi ne sia padrone di essere in grado di non
subire le informazioni dei media fornendo gli strumenti necessari per
avere un atteggiamento critico nei loro confronti, e non di pura
passività.
Una delle ragioni di questo progetto, promosso dall'assessorato ai
giovani UCEI e dall'Ufficio Giovani Nazionale, è appunto il fatto che,
per quanto tutte o quasi le comunità italiane stiano subendo un forte
calo demografico, l'attenzione dei media nazionali ed internazionali è
sempre più rivolta verso il mondo ebraico.Ye'ud si propone quindi di
formare leadership in grado poter fronteggiare questo problema
fornendole gli strumenti che ritiene essere più consoni. Un
investimento sul futuro dell'ebraismo italiano che dimostra come il
mondo comunitario sia disposto a porre le nuove generazioni al centro
di un'azione di rinnovamento.
Tommaso De Pas
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"Ritroviamo il confronto con rispetto e spirito critico"
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Da diversi mesi ha luogo una
interminabile querelle fra noti esponenti della cosiddetta “Piazza” del
Portico d’Ottavia e Giorgio Gomel, noto esponente del gruppo Martin
Buber di Roma. Casus belli della vicenda è una poco fortunata lettera
di Gomel pubblicata sul mensile Shalom, che contestava un “barbecue ad
Itamar” organizzato dalla Comunità di Roma. Gomel è stato oggetto di
una forte contestazione, a volte espressa civilmente e a volte (fin
troppo spesso) con messaggi, lettere, articoli, scritte murarie e
striscioni ingiuriosi. Fino a che le scritte ingiuriose, ipocritamente
anonime, rimangono opera di “note teste calde” possiamo limitarci ad
esprimere il nostro disappunto ma, quando rappresentanti delle
istituzioni ebraiche si aggregano a tale campagna, arrivando ad
imputare al “colpevole di turno” di dire bugie (Gomel è invece persona
super informata) o arrivando addirittura ad invocare provvedimenti
illiberali, il disappunto non basta più. Per quanto io non condivida
gli argomenti e i toni di Gomel, trovo assai più insopportabili,
intrinsecamente fascisti, gli argomenti e i toni usati da altri.
Noi siamo una comunità e non un clan. L’incapacità a discutere fra noi
con rispetto, l’incapacità ad avere spirito critico, il voler
etichettare ed emarginare persone, sono obiettivamente la premessa
della nostra autodistruzione. Quest’anno Kippur dovrebbe durare un’ora
di più.
Victor
Magiar
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Bravi studenti senza
religione
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Gli allievi delle scuole
pubbliche italiane che non si avvalgono dell’Insegnamento della Religione cattolica sono liberi cittadini che esercitano un loro
diritto o sono dei fannulloni che invece di studiare se ne vanno al
bar? Alcuni interventi che ho ascoltato nel Collegio docenti della mia
scuola sembravano, più o meno consciamente, dare per scontata la
seconda opzione. La discussione verteva sulla proposta di attivare un
insegnamento alternativo, che è poi stata approvata a larga
maggioranza, ma con un numero di contrari e astenuti non irrilevante; è
vero che alcune perplessità riguardavano il contenuto stesso
dell’insegnamento proposto (storia delle religioni), tuttavia era
evidente da parte di qualcuno l’incapacità di capire le motivazioni e
le esigenze di chi non frequenta l’IRC.
Forse non tutti sanno che quest’anno per la prima volta si diplomeranno
allievi che, per avere il massimo del credito scolastico
(indispensabile per il 100 e lode), dovranno aver avuto per tutto
l’ultimo triennio di scuola superiore almeno 9,1 di media (fino
all’anno scorso bastava 8,1). Poiché si tratta di un traguardo
difficilissimo, e ogni decimo di punto in più nella media diventa
prezioso, aumenta sensibilmente il rischio che chi non si avvale
dell’IRC possa risultare svantaggiato: pensiamo per esempio che
l’insegnante di religione può essere determinante per alzare il voto in
condotta di chi si avvale, oppure che la frequenza dell’ora di
religione può essere uno dei criteri con cui si definisce l’impegno
(che può determinare, a parità di voti, un punto in più o in meno).
Queste piccole ingiustizie - pericolose perché passano inosservate -
esistono da anni, ma finché 8,1 di media bastava per avere il punteggio
massimo i ragazzi in gamba potevano arrivarci facilmente anche senza
aiuti; invece 9,1 è un’impresa ardua per tutti, e rischia di diventarlo
ancora di più per chi è considerato pregiudizialmente un po’
fannullone. Probabilmente la maggior parte degli insegnanti di fronte
ai ragazzi in carne ed ossa è poi capace di superare i propri
pregiudizi, comunque credo che per le singole famiglie e per l’UCEI
valga la pena di fare un po’ di attenzione. Senza allarmismi, ma con la
consapevolezza che la scuola deve essere uguale per tutti. Colgo
l’occasione per augurare un felice 5772 a tutti i lettori di
questa newsletter.
Anna Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Shelly dopo Golda, nuova
leader dei laburisti di Israele
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Leggi la rassegna |
Con il 54% dei voti nel
ballottaggio i membri del Partito laburista israeliano hanno scelto
l'ex giornalista Shelly Yacimovich per guidarli verso le prossime
elezioni.La Yacimovich è stata preferita ad Amir Peretz ed è la seconda
donna alla testa della formazione, dopo Golda Meir a cavallo fra gli
anni '60 e '70. Fattasi conoscere come paladina della lotta contro le
ingiustizie sociali, ha ricevuto l'appoggio sindacale e dei ceti
urbani, soprattutto del nord del paese, mentre il suo rivale poteva
contare sul sostegno del sud, più povero, degli arabi e dei drusi.
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Dunque si è arrivati
ai fatidici giorni, quelli nei quali una battaglia politica e
diplomatica, l’ennesima, si consumerà senza esclusione di colpi. La
richiesta per parte palestinese di vedersi riconosciuto lo status di
Stato membro, ancorché nel ruolo di osservatore, non potendo vantare le
medesime prerogative degli Stati di diritto e di fatto, è al centro
della discussione internazionale.»
Claudio Vercelli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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