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17 gennaio 2012 - 22 Tevet 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Le resistenze poste dai profeti di Israele alla chiamata divina non sono infrequenti nella Bibbia: Moshè, Geremia, Elia, Giona. Da questa loro ritrosia come dai loro impedimenti, possiamo rilevare il carattere "antieroico" dei personaggi biblici che ci vengono presentati, piuttosto, con tutti i loro conflitti e le loro debolezze. Moshè cerca di sottrarsi in tutti i modi alla  missione di leader appellandosi alle sue difficoltà comunicative. In verità, questa giustificazione di Moshé, di non essere un “Ish Devarìm,” uomo capace di parlare ( Shemòt; 4, 10), sembra in contraddizione con un altro verso della Torah : “.... e queste sono le parole che Moshè  disse a tutto il popolo” (Devarìm; 1; 1). Moshe, dapprima handiccapato nella parola, avrebbe in seguito pronunciato un intero libro della Torah!  La capacità di comunicare è probabilmente qualcosa che varia a seconda delle situazioni e degli interlocutori. Non possiamo e non dobbiamo essere dei grilli parlanti. Vi sono situazioni in cui ci scopriamo grandi comunicatori e altre situazioni in cui, viceversa, ci è difficile profferire parola. Moshè non si sente un adeguato oratore quando si tratta di parlare a capi politici e nella sua grande umiltà fa presente che sarebbe meglio che, nell’interesse collettivo, fosse un altro a parlare. Si rivela invece un brillante comunicatore quando insegna la Torah al suo popolo.

Dario
 Calimani,
 anglista


Dario Calimani
Continuiamo pure a parlarne. Ti sforzi di essere onesto quanto la tua coscienza - e non altri - ti detta, e scrivi di Israele, e stigmatizzi i coloni, e gli integralisti ortodossi che discriminano le donne sugli autobus. E subito c’è, da un lato, chi dice che sei nemico di Israele e che offri armi ai suoi nemici e, dall’altro, qualcuno che subito ti si aggancia e strumentalizza le tue parole e dice che hai ragione, e che Israele è un covo di vipere, un paese antidemocratico e la solita tiritera antisionista, più o meno consciamente antisemita. Sei così tentato di dar ragione al primo, e ti dici che, alla fine, rischia di essere dannoso parlare onestamente in un contesto di disonesti, refrattari a vedere anche l’altro lato della medaglia: il terrorismo, i razzi da Gaza, i sistemi politici antidemocratici che circondano Israele, la poca volontà di pace che ha sempre caratterizzato Al Fatah, Hamas, Hetzbollah e fazioni varie, per non parlare delle politiche dei vari regimi arabi. E osservi così che l’autocritica degli ebrei nei riguardi di Israele piace assai, ma non c’è nessuno che faccia mai un po’ di sana autocritica dall’altra parte, che non è certo un idillio di perfezione e di santità paradisiaca. Così, di fronte alle ‘autocritiche’ ’dell’ebreo saggio ma masochista, l’altro trova compiaciuto la conferma della cattiveria dell’ebreo e della giustezza delle proprie idee antisioniste - talora antisemite. E non lo coglie neppur lontanamente il sospetto che per essere onesti - e per arrivare alla pace - bisognerebbe essere saggi e masochisti in due. E voglio vedere, questa volta, quali blog e quali siti online riporteranno orgogliosi le mie parole di 'ebreo contro'. Mettiamoli pure alla prova questi partigiani purissimi della democrazia, dell’obiettività e del terzomondismo.

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davar
Qui Torino - Insegnanti a confronto sulla progettualità
Quest’anno sono confluiti nel progetto del Centro studi e formazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, divenendo parte integrante dei moduli del corso proposto dal Dipartimento educazione e cultura per leader, professionisti e giovani. Ma i seminari per insegnanti sono una realtà formativa UCEI da dieci anni e rappresentano ormai un punto di riferimento per i docenti delle realtà scolastiche comunitarie. “Il seminario per insegnanti si rivolge di volta in volta ai docenti dei diversi ordini scolastici, ai coordinatori, ai direttori - spiega Odelia Liberanome, punto di riferimento del Centro pedagogico UCEI - La cosa fondamentale è realizzare dei momenti degli appuntamenti che soddisfino l’esigenza degli insegnanti stessi, tanto dal punto di vista del contenuto, quanto da quello del calendario”. Nella due giorni torinese protagonista è stata l’educazione ebraica prescolare. Così docenti della scuola dell’infanzia provenienti dai quattro istituti comunitari di Milano, Roma, Torino e Trieste, oltre che di  realtà educative come il Talmud Torah di Firenze e il centro Pitigliani e il Gan Chaya di Roma, si sono confrontati su didattica e progetti e hanno partecipato agli incontri formativi con Silvia Guetta, professoressa di Scienze della Formazione all’Università di Firenze e con Gadi Piperno del Collegio rabbinico di Roma e assistito a una lezione di ebraico nella scuola materna torinese. Per poi scambiarsi idee e progetti sull’uso dei colori, della musica, del teatro, sulle attività didattiche dedicate alle feste, sull’insegnamento dell’ebraismo. Per tornare a casa con tanti spunti in più.

Rossella Tercatin

Calcio - Hemed, bomber sconfitto ma felice
Il classico momento da raccontare un giorno ai nipotini. Tomer Hemed, 25 anni a maggio, è un bomber felice. Il suo ultimo goal non è servito granché al Maiorca, squadra che ne ha da poco acquisito le prestazioni agonistiche, ma è già entrato prepotentemente nella storia (ancora modesta, comunque fluida) del calcio israeliano. Perché c’è goal e goal, e un’incornata che si infila nella porta di Casillas, il guardiano di quel Real Madrid formato “invincibile armata” plasmato da Jose Mourinho, è un qualcosa di indimenticabile. Specie se vieni dalla periferia del pallone, dalle colline del nord di Israele, e fino a quel momento, prima dell’esordio in Europa, hai giocato per squadre semisconosciute al grande pubblico come Bnei Yehuda, Maccabi Nazareth e Maccabi Haifa. In campi polverosi, talvolta dissestati, con poche migliaia di supporter al seguito. D’un tratto ti ritrovi là, al cospetto dei maestri del dribbling e del bel gioco, figurine Panini dai contratti multimilionari che si materializzano davanti ai tuoi occhi, undici Merengues che sfrecciano infuocate alla ricerca del titolo d’inverno (titolo che otterranno giustappunto al triplice fischio finale, sopravanzando temporaneamente di otto punti il Barcellona). Ti tremano le ginocchia ma in quella serata vuoi essere protagonista e ci riesci. Porti in vantaggio il Maiorca con un tuffo acrobatico, sei la spina costante nel fianco della difesa madridista, fai coltivare un pazzo sogno ai tuoi fino a quando, negli ultimi venti minuti di gara, un’autorete da harakiri e un beffardo esterno da fuori area di Callejon ti riportano alla dura realtà. Ma hai perso di misura contro i padroni della Liga, hai dato battaglia a testa alta, e così il pubblico maiorchino applaude lo stesso i suoi beniamini e in particolare quello spilungone del nuovo centravanti. Hemed è già entrato nel cuore della torcida maiorchina. È alla prima stagione in Spagna ma, nonostante il rendimento alterno del club (quintultimo in classifica) sembra essersi ambientato benissimo. Quattordici presenze, sei goal all’attivo. Numeri da bomber di razza, pagine importanti di una biografia prestigiosa ancora in gran parte da scrivere.

Adam Smulevich

pilpul
Modestie a parte
Ha ragione Riccardo Di Segni. Perché dovremmo discolparci – lui come rabbino, io in quanto ebreo – per l’intolleranza e l’ottusità di alcuni gruppuscoli ultra-ortodossi in Israele?  Ci sono due livelli di analisi. Il primo riguarda i fatti, e in che modo questi coinvolgono lo stato d’Israele e la società israeliana; la seconda questione attiene alla comunicazione, ovvero come raccontare simili avvenimenti senza aumentare l’antisemitismo. In primo luogo occorre distinguere all’interno dell’articolatissima galassia dell’ebraismo haredi, frammentato in mille rivoli: gli incivili che hanno aggredito una bambina di otto anni sono una minoranza che va tenuta sotto controllo, ma non sono tutti gli ebrei ortodossi né quelli ultra-ortodossi. La società israeliana ha attivato nelle ultime settimane un dibattito molto acceso, e ha mostrato anche in questo caso di possedere gli anticorpi democratici fondamentali: l’aggressione è stata condannata; la libertà di manifestare tutelata; la riflessione sui rapporti tra stato e religione affontata senza reticenze. È un problema non semplice, come sappiamo benissimo anche in Italia.
Ma la seconda questione ci interroga come ebrei della Diaspora. È un male che i mezzi d’informazione svelino le grandi differenze che ci sono tra ebrei ed ebrei, tra israeliani e israeliani? Secondo me no. L’antisemitismo si è sempre basato su un meccanismo semplice: descrivere gli ebrei come un gruppo monolitico descritto da caratteristiche precise. Tutti avidi, tutti stranieri, tutti falsi, tutti complottisti, ma persino tutti ricchi, tutti intelligenti. Ogni contraddizione va oscurata per plasmare un ideale negativo, e il pregiudizio, anche quello positivo, è ancora oggi clamorosamente diffuso.
Uno degli antidoti fondamentali all’antisemitismo è proprio la trasparenza. Noi ebrei siamo un gruppo sociale complesso, sparso per il mondo, socialmente variegato, che condivide una fede religiosa con accenti molto diversi e si batte per alcune cause, in primis la lotta all’intolleranza e la difesa dello stato d’Israele. Perché negare differenze, contraddizioni e zone d’ombra? Non fu David Ben Gurion, il fondatore dello Stato d’Israele, ad augurarsi l’avvento di ladri e prostitute?

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas 


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notizie flash   rassegna stampa
Israele - Generali tratta la vendita
di Migdal Insurance
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Secondo il quotidiano Calcalist, Assicurazioni Generali starebbe trattando la cessione della sua divisione israeliana Migdal Insurance. Calcalist sottolinea che i dirigenti del Leone si sarebbero incontrati con potenziali investitori esteri e israeliani, nella volontà di chiudere la cessione entro la fine dell'anno. La stessa Migdal ha poi comunicato alla borsa di Tel Aviv che Generali ha ricevuto offerte per la propria quota, senza però aver fornito ancora alcuna risposta. 
 

Si celebra oggi la giornata del dialogo fra ebraismo e cristianesimo, incentrata quest'anno sulla sesta “parola” del decalogo, “Non uccidere”. Lo ricorda l'”Avvenire” con quattro articoli, una cronaca di Giacomo Giambassi, un elenco delle iniziative firmate con le iniziali dello stesso giornalista (g. giamb), un commento teologico di Riccardo Maccioni, un pezzo senza firma che ricorda un episodio di benevolenza di Pio XII verso un deportato ebreo fuggitivo. 

Ugo Volli













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