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25 gennaio 2012- 1 Shevat 5772
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l'Unione informa
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moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
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sciunnach
David Sciunnach,
rabbino


 “Affinché racconti alle orecchie di tuo figlio e del figlio di tuo figlio …” (Shemòt 10, 2). Ci insegnano i Maestri che in solo due parti della Torà si trova la parola ulmà’an – “affinché”. La prima volta all’inizio di questa Parashà, e la seconda nella Parashà di Èkev (Devarìm 11, 2) dove è detto: “Affinché prolunghiate i vostri giorni sulla terra…”. Questa coincidenza ci vuole insegnare che chiunque si occupa degnamente dell’educazione dei propri figli e dei propri nipoti, ottiene in ricompensa una lunghezza di giorni sulla terra.

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Il caso che ha visto coinvolta a Milano Andreé Ruth Shammah è assai sintomatico dei possibili intrecci fra i diversi antisemitismi, oltre che delle sfide che l’identità ebraica dovrà affrontare nei prossimi anni. Come noto, la regista è stata messa sotto accusa per la rappresentazione dello spettacolo, che già destò forti polemiche in Francia, “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio”, rea di aver rispettato la sensibilità religiosa italiana. Ora, a parte il fatto che non si capisca che tipo di Italia si abbia in mente, la cosa più disdicevole è che, partendo da qui, le siano state rivolte accuse antisemite da ogni parte. Anzitutto si è fatta sentire la Curia, il cui parere non poteva certo mancare; a seguire, lefebvriani, membri della comunità islamica, gruppi di estrema destra. Risultato: zona blindata per la prima e la stessa Shammah sotto scorta con il regista dello spettacolo Castellucci. E meno male che siamo nei pressi del Giorno della Memoria…  

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Qui Roma - La Shoah e l'identità europea
“La memoria della Shoah è un fatto decisivo dell’Europa unita che proprio sul rifiuto di quell’orrore fonda la sua comune identità”. Lo ha affermato il ministro della cooperazione internazionale e dell'integrazione Andrea Riccardi aprendo ieri pomeriggio la tavola rotonda La Shoah e l’identità europea organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dal Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah nella sala polifunzionale della presidenza del Consiglio dei ministri. Alla presenza tra gli altri del’ex sottosegretario Gianni Letta, del senatore a vita Emilio Colombo e dell’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Mordechay Lewy, il ministro Riccardi ha poi amaramente constatato come in tanti settori dell'opinione pubblica europea vi sia ancora oggi chi non riconosce i crimini della Shoah. “Non si tratta solo di negazionismo – ha spiegato Riccardi – ma di relativismo storico per cui la si affoga tra le grandi tragedie del Novecento. Nessuna tragedia è però uguale all'altra, come la morte di nessun uomo è uguale all'altra. E la Shoah spicca nel suo carattere differente, particolare e profondo”. Fresco di ritorno da un viaggio della memoria in Polonia in compagnia di oltre un centinaio di studenti e del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha insistito sul nesso tra Shoah e identità europea affermando che Auschwitz “si trova nel cuore dell’Europa” e che sempre nel cuore del cuore dell’Europa partorì l’ideologia nazista che ha trascinato l’intero continente “verso un destino di morte e di distruzione”. L’idea della coesistenza pacifica, ha insistito il presidente dell’Unione, è quindi tra i temi che premono nell’agenda europea a fronte di frange e gruppi estremisti che propugnano la loro contrarietà al multiculturalismo spesso basandosi su ideologie di stampo razzista. “Con un freddo terribile che da solo bastava a farci capire quanto potevano aver patito i deportati – ha raccontato riferendosi al viaggio appena svoltosi e guardando allo stesso tempo alla trasmissione di valori positivi alle nuove generazioni dell’Europa unita – i giovani hanno ascoltato le parole di due testimoni che sono tornati da quel campo, Sami Modiano e Tatiana Bucci. Hanno poi visitato il campo, apprendendo cosa vi accadeva. O meglio, hanno ‘toccato con mano’ i concetti e le informazioni che molti di loro avevano già studiato. Ho letto sui volti di quei ragazzi la fatica di un percorso doloroso e di una impresa impegnativa dal punto di vista psicologico, emotivo e anche fisico. Ma ho letto su quei volti anche la curiosità, l’interesse vero e vivace, e ho ascoltato le loro parole e i loro ragionamenti carichi di consapevolezza, oltre che di angoscia e sdegno, per quanto stavano vedendo e apprendendo”. Il percorso educativo che i ragazzi italiani ed europei affrontano e affronteranno, ha concluso Gattegna, sarà perciò tanto più utile se riuscirà a trasmettere non tanto e non solo le indispensabili nozioni storiche, ma anche e soprattutto valori quali l’importanza del rispetto dei diritti umani, il rifiuto di qualsiasi discriminazione, l’appartenenza di tutte le persone all’unica famiglia umana. La discussione che è seguita, moderata dal consigliere UCEI alla Memoria Victor Magiar che ha messo in risalto, sollecitato da una domanda dal pubblico, come il taglio dell’iniziativa fosse non tanto quello di guardare alla perdita intellettuale e morale subita dall’Europa con l’annientamento di milioni di suoi cittadini ebrei quanto alla lezione che la nuova Europa sorta dalle macerie di Auschwitz abbia tratto da quella tragedia, ha visto come protagonisti il professor Johanes Heil dell’Università di Heidelberg, lo storico Valerio Castronovo, il presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick. Appassionante il percorso tracciato dal professor Heil sull’ebraismo tedesco dall'immediato post Shoah fino ai giorni nostri. Un cammino di consapevolezza e identità che si è spesso scontrato con l’angosciosa domanda “È possibile vivere nella terra degli assassini?” e con altri piccoli e grandi interrogativi della quotidianità. Nodi oggi però in gran parte risolti, afferma il professore, tanto che in Germania parlare di nazismo “non è più un tabu” e l’identità ebraica tedesca del Terzo Millennio, "valicando confini e facendosi collante tra le varie anime che la compongono", rappresenta un modello, un paradigma tra i più riusciti dell’identità europea. Il professor Castronovo, ordinario di storia contemporanea all’Università di Torino, affronta invece il tema del pericolo sempre più pressante di rinascita e rafforzamento di gruppi razzisti, antisemiti e xenofobi sulla rete e non solo. Si tratta di un fenomeno, commenta rifacendosi a recenti episodi di cronaca, che trae linfa particolare dall’aggravarsi della crisi economico-finanziaria e dalle conseguenti tensioni sociali che oggi affiorano in Italia, in Europa e nel mondo. “Dobbiamo stare attenti, ammonisce Castronovo, perché chi adombra la tesi del complotto ebraico e dell’intellighenzia sionista diffonde tesi populistiche che possono intaccare più strati delle nostre società”. Prende poi la parola Giovanni Maria Flick, tra le personalità maggiormente coinvolte in questi giorni di iniziative dedicate alla Memoria. Il suo intervento arricchisce la riflessione soprattutto su un piano giuridico-legislativo, analizzando cioè cosa l’Europa, dal dopoguerra in poi, sia stata in grado di costruire, nelle sue carte e nelle sue costituzioni, per difendersi contro le teorie che puntano a minare i diritti fondamentali e la dignità delle persone. Flick cita tra gli altri l’articolo 1 della costituzione tedesca, il terzo di quella italiana e la carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, esempio quest’ultima “che il percorso di un’Europa unita passa non solo dalla costruzione di un mercato comune ma anche dalla comune tutela dei diritti”. Flick evidenzia poi come l’attuale crisi economico-finanziaria, inseritasi in un contesto di migrazioni tra popoli molto intenso, stia portando a un preoccupante risveglio dei nazionalismi e a un rifiuto sempre più frequente del diverso. Per contrastare questo trend, esorta, serve una battaglia culturale condivisa, una battaglia che riconosca il ruolo avuto dal rigetto dell’orrore dei lager come punto d’unione dell’Europa dei popoli, dei diritti e dell’interdipendenza economica. Lui stesso, in occasione del cinquantesimo anniversario della Corte Costituzionale, aveva portato l’intera corte ad Auschwitz motivando che chi si occupa dei diritti “non può ignorare né prescindere da una riflessione su quanto vi accadde”. In conclusione di convegno sale sul palco Alberto Mieli, uno dei pochissimi ebrei romani sopravvissuti ad Auschwitz. Rivolto agli studenti del liceo Virgilio presenti in sala, pronuncia poche ma emblematiche parole: “Cari ragazzi, mi auguro che nei vostri sogni non entri mai quello che ho sognato io”. Il pubblico si alza in piedi, un prolungato e commosso applauso chiude la manifestazione.
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Adam Smulevich

Qui Roma - Riposte chiare contro il negazionismo
Confronto a più voci sul libro “Se Auschwitz è nulla”

Contro il negazionismo servono risposte chiare. Servono atti di coraggio e di cultura. Lo afferma la filosofa Donatella Di Cesare, autrice di un libro (“Se Auschwitz è nulla”, pagine 125, 8 euro, il Melangolo edizioni) appena apparso in libreria e presentato nella sala convegni della Camera da numerosi oratori. Il suo accorato appello a reagire di fronte alle menzogne di chi tenta di negare o di minimizzare la Shoah muove dalla necessità di andare al di là dell'analisi storica, di formulare un'affermazione dal punto di vista filosofico e morale secondo cui chi nega non si limita a lanciare affermazioni false e assurde, ma si pone nella posizione di chi vuole continuare e ripetere la logica dello sterminio. A fianco dell'autrice il presidente della Camera Gianfranco Fini (“La Memoria è un dovere, perché nella Memoria vi è il presidio morale e l'identità di una persona, di un popolo, dell'umanità”) e l'organizzatore, presidente del Benè-Berith di Roma e Consigliere UCEI Sandro Di Castro (che ha fra l'altro ricordato l'enorme attività benefica a presidio della Memoria e della Giustizia svolta dall'organizzazione ebraica internazionale non solo a favore degli ebrei, ma di molti altri cittadini in difficoltà). E sull'appassionato appello a reagire contro il negazionismo, gli interventi del testimone della Shoah Piero Terracina, del presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, del giornalista e storico Paolo Mieli, del giurista Roberto De Vita e del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici che era accompagnato dal rabbino capo della Capitale Riccardo Di Segni. Tutti concordi nel sottolineare la necessità di un'azione energica e nel sottolineare il significato di un lavoro che va al di là dello sdegno, ma punta l'indice sulle gravissime conseguenze che l'azione dei negazionisti possono comportare. Ognuno portato a una risposta diversa rispetto al problema di identificare le misure più idonee per reagire all'ondata di menzogne. “Il ragionamento per scegliere gli strumenti migliori fra la battaglia di cultura e di civiltà e la repressione penale – ha detto Flick – deve avvenire al riparo dalle speculazioni politiche”. “Se qualcuno crede – ha aggiunto Pacifici, che invece ha ribadito la sua posizione a favore di una nuova specifica proposta di legge per punire chi nega – di fare un regalo agli ebrei investendo sulla Memoria e innalzando una difesa contro il negazionismo – ebbene sbaglia. Non è quello delle vittime il ruolo ebraico che ci sta a cuore, ma se l'Europa cerca punti di riferimento chiari per assicurarsi un futuro al riparo dalle tragedie del passato e da quelle che si annunciano, allora credo che gli ebrei possano offrire un contributo determinante”. “Bisogna avere il coraggio – ha commentato Paolo Mieli – di denunciare le origini di questi veleni e la loro provenienza che molto spesso deriva da circoli ideologici della sinistra europea e da connivenze dei vecchi regimi comunisti. Ma attenzione a non lasciare a questi malfattori la patente di vittime della libertà del pensiero”. Il professor De Vita ha elencato i presupposti giuridici e le direttive internazionali (Onu e Unione europea) orientate ad affermare che il negazionismo non può costituire una semplice opinione, ma piuttosto l'apologia dello sterminio e quindi uno specifico, gravissimo reato.
Giustizia, non vendetta è stata invocata da Piero Terracina. “Non chiedo nuove leggi, che potrebbero peraltro rivelarsi controproducenti – ha detto il sopravvissuto di fronte a una platea commossa -chiedo l'applicazione delle norme esistenti”. Di fronte a una sala unanime e in piedi che rendeva omaggio alla sua Testimonianza, è apparso chiaro il fermo impegno della società civile e delle istituzioni, l'omaggio più sincero a coloro che non fecero ritorno, alle sofferenze che appartengono al nostro passato e alle sfide che ci attendono.

gv

Assieme alla presentazione del volume, l'edizione elettronica di Pagine Ebraiche (sfogliabile dalla nuova applicazione Facebook o su tablet e smartphone Apple e Android) offre al lettore la possibilità di leggere il primo capitolo del libro.

Qui Roma - La Rai mette i Testimoni in primo piano
Si intitola Le non persone ed è il primo film documentario in 3D girato ad Auschwitz. La pellicola, prodotta dalla Rai, è firmata dal giornalista del Tg1 Roberto Olla ed è stata presentata questa mattina nella sede di viale Mazzini alla presenza di numerosi giornalisti e leader ebraici tra cui il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna che, nel corso della riflessione seguita alla proiezione, ha ufficialmente annunciato la sottoscrizione con il ministero dell’Istruzione, ieri sera, di un protocollo che prevede l’insegnamento della Shoah in tutte le scuole italiane. Un momento storico per il sistema educativo italiano che si accompagna quindi idealmente al fondamentale lavoro dei testimoni nell’opera di trasmissione del ricordo.
Protagonisti del filmato, che andrà in onda una prima volta su Rai 1 per TV7 alle ore 23.25 di venerdì 27 gennaio, Giorno della Memoria, sono sei sopravvissuti: Shlomo Venezia, le sorelle Andra e Tatiana Bucci, Goti Bauer, Sami Modiano e Piero Terracina. Nelle loro parole, nella viva testimonianza sui luoghi della deportazione, il dolore di un'esperienza che ha segnato la loro esistenza ma anche la necessità ineludibile di raccontare alle nuove generazioni perché ciò non abbia più ad accadere. La proiezione dell’opera è stata preceduta dagli interventi del presidente della Rai Paolo Galimberti e del vicedirettore generale Antonio Marano, che hanno ribadito il grande sforzo compiuto per allestire una programmazione densa di appuntamenti dedicati alla Memoria in molte reti del servizio pubblico nazionale, e di Roberto Olla, che ha ringraziato uno per uno i sopravvissuti, tutti presenti in sala, ricordando come non pochi siano stati i momenti di disagio da loro provati nel corso delle riprese e soffermandosi quindi sulla loro straordinaria forza interiore, su quell’impulso che li fa comunque andare avanti e raccontare. Il film si apre con un omaggio ad Ida Marcheria, la grande testimone di origine corfiota scomparsa durante le fasi di lavorazione. Sullo schermo, grazie agli effetti del tridimensionale, scorrono immagini e pensieri che è quasi possibile toccare con mano. Ricordi di un passato che affiora tra le lacrime: gli occhi del dottor Mengele, l’ultimo saluto dato da Piero Terracina alla madre, la miracolosa salvezza di Sami Modiano nascosto nelle scolo delle latrine di una baracca. Sullo sfondo una Auschwitz immersa in una serenità quasi irreale, ma che i ricordi delle atrocità commesse riportano alla sua vera dimensione. Scorrono i titoli di coda, segue un lungo applauso e un momento di confronto cui prendono parte, oltre al presidente UCEI Renzo Gattegna, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman. Nell’occasione Pacifici ha ricordato i numerosi viaggi effettuati nei campi di sterminio assieme alle scolaresche romane ed ha invitato la stampa ad occuparsi con maggiore frequenza delle storie positive di cui si rendono protagonisti gli studenti una volta entrati in contatto con i deportati e con il loro coraggio. Prima di un veloce saluto degli stessi sopravvissuti, è poi Paserman a ricordare come la tutela della memoria passi inevitabilmente attraverso la ricerca e la formazione. “Un impegno – ha commentato – che il nascituro museo della Shoah di Roma ha da tempo assunto”.

Qui Roma - Profumo: "Una rete per il ricordo"
Una Rete nazionale, per unire, sostenere e incoraggiare tutti quei docenti universitari che puntino ad approfondire lo studio della Shoah e della sua didattica. Il network, ideato dal ricercatore Paolo Coen, è stata presentato ieri pomeriggio a palazzo Montecitorio dal presidente della Camera Gianfranco Fini e dal ministro dell'Istruzione Francesco Profumo. All’incontro, intitolato “Rete per la Memoria della Shoah, contro le discriminazioni, per una cittadinanza condivisa”, partecipavano anche l’onorevole Luciano Violante e il professor David Meghnagi. Presente tra gli altri in sala l'ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir. Rivolgendosi alla platea, il ministro Profumo ha pronunciato le seguenti parole:

Egregio Presidente, gentili relatori, cari studenti, 

ho aderito con vivo piacere all’invito a questo importante incontro per la presentazione  del Progetto che mira alla creazione di una rete di docenti universitari per la memoria, la  memoria della Shoah e la costruzione di una cittadinanza condivisa. Le circostanze hanno voluto che come Ministro compissi il mio primo  viaggio ufficiale all’estero nei luoghi della memoria. È stata però anche una scelta personale  con cui ho voluto dare un messaggio chiaro, contro ogni forma di negazionismo, antisemitismo e razzismo, e per la costruzione di una cittadinanza condivisa fondata sul rispetto e sui diritti delle persone. Mi trovo dunque all’unisono con chi dall’interno del mondo accademico, da cui provengo e a cui sono legato, ha voluto prendere l’importante iniziativa che ci trova oggi insieme a discutere e proporre dei percorsi condivisi che aumentino le sinergie nel mondo universitario e gettino un ponte tra l’università, la società civile e le istituzioni scolastiche.
Ci sentiamo impegnati per sempre alla memoria. Per ciò che è accaduto e per ciò che ha significato e significa oggi. La Shoah è stata uno spartiacque  non solo per il XX secolo, ma nell’intera storia dell’umanità.  Un evento senza precedenti, in cui una società complessa dominata da un’ideologia crudele e senza senso ha utilizzato le sue competenze tecnologiche, e le sue infrastrutture, per un’azione sistematica di distruzione e di annientamento di un’intera civiltà.
Il solenne “che non avvenga mai più” esprime un nobile sentimento che però non deve in alcun modo diventare una mera frase di maniera. Perché non sia tale, deve essere sostenuto dall’impegno costante contro la cultura del’intolleranza, del razzismo e dell’antisemitismo in ogni sua forma, dall’attività di prevenzione nelle scuole e nella società attraverso la formazione e l’educazione alla cittadinanza.
Storia e memoria possono essere l’occasione per un intervento pedagogico che tenendo conto dell’unicità della Shoah, ne facciano un elemento unificante di solidarietà e di promozione della cultura della cittadinanza.
In questa prospettiva il MIUR sin dall’approvazione della Legge del Giorno della memoria, con il sostegno del Quirinale,  si è attivamente prodigato a promuovere la conoscenza della storia del Novecento e coltivare la memoria fra le nuove generazioni.  Tale azione profonda non sarebbe stata possibile senza l’impegno dei docenti che vi hanno aderito, il sostegno delle direzioni scolastiche regionali, il lavoro svolto dalle università e dagli enti locali e regionali, l’intensa e continuativa collaborazione delle comunità ebraiche e delle istituzioni impegnate  per la tutela della memoria della Repubblica.
Posso affermare con orgoglio che l’Italia è tra i paesi più attivamente impegnati sia per la qualità che per la mole del lavoro svolto con i viaggi della memoria, la formazione dei docenti e il coinvolgimento degli studenti in percorsi formativi non limitati esclusivamente alle celebrazioni del giorno della memoria. A livello universitario vorrei ricordare l’opera preziosa che si svolge nelle nostre Università, in particolare il Centro internazionale per la ricerca sulla didattica della Shoah di Roma Tre, coordinato dal prof. David Meghnagi.
Ma dobbiamo fare ancora di più, per questo sono molte le iniziative prese dal Miur che si intendono consolidare.
- Concorso per le scuole. Il concorso per gli studenti delle scuole realizzato con la collaborazione dell’Unione delle comunità ebraiche italiane è arrivato quest’anno alla decima edizione. Si tratta di un’esperienza formativa unica in Europa: la formula sembra aver funzionato considerando i risultati raggiunti e l’evoluzione della didattica sulla Shoah, avvenuta in questi ultimi dieci anni. Ogni anno sono state scelte tematiche diverse, anche molto impegnative: le centinaia di lavori arrivati evidenziano, nella maggior parte dei casi, un grande lavoro di ricerca e l’impegno transdisciplinare di molti docenti e colpiscono spesso per la rielaborazione intellettuale ed emotiva e per la creatività. Partecipano classi intere o gruppi classe, poiché l’intento è quello di incoraggiare ricerche e lavori collettivi, quanto più è possibile.
- Protocollo con Yad Vashem. Grazie al protocollo di intesa col prestigioso centro di Yad Vashem ogni anno  25 docenti da tutta Italia partecipano a un corso di specializzazione. Grazie a un ulteriore accordo stipulato con il Master in didattica della Shoah di Roma Tre, i docenti che hanno partecipato ai Seminari di Yad Vashem, possono completare il loro percorso di formazione a Roma per il conseguimento di un titolo specifico.
- Valorizzazione della ricerca italiana. Quest’anno cade il venticinquesimo anniversario della morte di Primo Levi. Alla memoria di questo grande scrittore il Miur intende dedicare specifiche iniziative che coinvolgeranno le scuole e le università. Tra le prossime iniziative patrocinate dal Miur vi è  il simposio internazionale del 29 e 30 marzo organizzato da Roma Tre. Il simposio sarà preceduto da una giornata aperta alle scuole e che coinvolgerà docenti e studenti.
- Percorsi di formazione per l’aggiornamento dei docenti.  Ogni anno il Ministero promuove percorsi di formazione con la partecipazione di centinaia di docenti. Con la collaborazione della Task Force ministeriale della Task Force for International Cooperation on Holocaust Remembrance (ITFR).
- Viaggi della memoria. Questa attività ormai decennale sarà ulteriormente consolidata coinvolgendo anche le università.
Per far fronte a tutto questo stiamo lavorando ad un Protocollo d’Intesa tra il Ministero e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che sarà presentato il prossimo 27 gennaio al Quirinale.

Il Presidente Napolitano: "Grazie al CDEC e a chi lavora
per preservare i nomi degli ebrei italiani perseguitati"

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha rivolto alla Fondazione CDEC il seguente messaggio in occasione dell'inaugurazione del sito dedicato alle vittime della persecuzione antiebraica in Italia:

Giudico la creazione di un sito web intitolato “I nomi della Shoah italiana. Memoriale delle vittime della persecuzione antiebraica 1943-1945” un’iniziativa di grande importanza per la conservazione e diffusione, con i più moderni mezzi di comunicazione, della memoria di una pagina fra le più fosche della storia d’Italia e d’Europa, che mai potrà essere dimenticata da chi sogna un mondo di pace fra tutte le genti. Vorrei esprimere la mia gratitudine per chi da anni lavora per rintracciare i nomi di tutti gli Ebrei italiani che furono vittime della Shoah, e per chi ha reso oggi possibile la creazione del sito web che permetterà alle famiglie delle vittime, e non a loro soltanto, di rinnovarne il ricordo.

Qui Roma - "Il patrimonio della condivisione"
Tre esponenti della realtà ebraica romana hanno lanciato il seguente appello:

Oggi, tanto l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane quanto la Comunità Ebraica di Roma sono governate da giunte unitarie, fatto questo che lascia sperare in una positiva evoluzione della nostra piccola democrazia comunitaria.
A Roma, grazie all’impegno e alla pazienza di molti consiglieri, le differenze di opinioni e le (legittimamente) accese polemiche delle campagne elettorali stanno progressivamente generando una collaborazione fattiva fra tutte le componenti presenti nel Consiglio.
Questa attitudine unitaria - promossa in primo luogo all’interno del Consiglio dell’Unione nel 2006 per iniziativa, anzi, per “merito” di Renzo Gattegna - è oggi particolarmente opportuna considerata la fase complessa che sta attraversando l’ebraismo italiano e la difficoltà del momento storico che sta vivendo l’Italia: un’attitudine che dovrebbe essere valorizzata in occasione delle prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’UCEI. Tali elezioni si svolgeranno secondo una modalità radicalmente diversa dalle precedenti, dopo una riforma cui si è giunti attraverso un’elaborazione, anch’essa unitaria, che ha coinvolto tutte le componenti dell’ebraismo italiano.
I risultati di questa pratica di cooperazione all’interno del Consiglio dell’UCEI sono sotto gli occhi di tutti: attribuzione delle responsabilità sulla base della competenza e non dell’appartenenza a questa o quella lista; collaborazione fattiva fra tutti i consiglieri nell’elaborazione dei programmi e nella condivisione delle scelte; introduzione di efficaci strumenti di comunicazione che hanno reso possibile la partecipazione attiva di un altissimo numero di ebrei italiani alla vita della loro istituzione nazionale; riorganizzazione di tutta la struttura UCEI; riorganizzazione finanziaria e scrittura di regole attraverso decisioni condivise con le 21 comunità.
Sia chiaro: non è che sia tutto rose e fiori, ma è bene che non si sciupi questa nuova attitudine alla collaborazione, un “patrimonio” questo che dovrebbe trovare una rappresentazione puntuale anche in occasione delle prossime elezioni per il Consiglio dell’UCEI, in particolare all’interno della Comunità Ebraica di Roma, la più numerosa e la più influente in Italia, anch’essa governata unitariamente.
In questa prospettiva proponiamo ai rappresentanti di tutti i raggruppamenti presenti all’interno del Consiglio della Comunità Ebraica di Roma di lavorare assieme alla composizione di una lista unitaria che abbia Renzo Gattegna come suo candidato presidente, non solo perché presidente in carica ma soprattutto perché capace di rappresentare al meglio un metodo di gestione pluralistica e condivisa dell’ebraismo italiano.
Si tratta di una scelta di grande significato, che richiede a tutti un forte senso di responsabilità a tutto vantaggio del prolungamento e dell’approfondimento di una stagione unitaria che ha prodotto molti cambiamenti e risultati rilevanti.

Roberto Coen, Victor Magiar, Livia Ottolengh
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Qui Milano - L’Assemblea chiede maggiore coesione
Un momento di bilancio. Un bilancio non solo di numeri. Gli ebrei di Milano si sono riuniti in assemblea per discutere e approvare il bilancio preventivo dell’anno 2012, ma anche per confrontarsi sui temi che più stanno a cuore alla Comunità a un anno e mezzo dalle elezioni dell’ultimo Consiglio: la scuola, la partecipazione della gente, le iniziative culturali, i servizi agli iscritti. Grande attenzione alle cifre da parte di consiglieri e pubblico, ma anche a quelle che in molti hanno definito con varie sfumature “le storie dietro i numeri”, in un dibattito ricco di spunti di riflessione. Presenti in sala tra gli altri il rabbino capo Alfonso Arbib, il direttore del dipartimento Educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca, che da settembre opera a partire da Milano, il nuovo presidente della Fondazione scuola Marco Grego, Alberto Foà e Walker Meghnagi, che in momenti diversi hanno presentato le dimissioni dall'incarico di Consigliere. “Questi 18 mesi hanno rappresentato un momento di controllo e parziale risoluzione dell’emergenza - ha premesso il presidente della Comunità Roberto Jarach nel presentare il bilancio, incombenza da lui assunta in seguito alle dimissioni nelle scorse settimane dell’assessore alle finanze e vicepresidente Foà - Tutti i dati partono dalla situazione effettiva con cui abbiamo chiuso il 2011. Fino a questo momento ci siamo occupati di consolidare il debito e avviare un monitoraggio dei consumi. Ora è arrivato il momento di concentrarci sul controllo di gestione e sui progetti strategici”. Il problema è pressante considerando che rimane un deficit di gestione ordinaria di quasi un milione e 800 mila euro, parzialmente compensato sì da entrate straordinarie grazie ad alcune dismissioni immobiliari (la differenza tra le entrate e le uscite totali si ferma a 360 mila euro), ma che risulta insostenibile in una prospettiva di lungo termine. Un deficit perfettamente in linea con quello previsto nel bilancio preventivo per il 2011, che però lascia un po’ di delusione, secondo i consiglieri d’opposizione, data la particolare sensibilità che la giunta ha dimostrato ai temi economici, anche a discapito della coesione.
Tanti i punti toccati durante la lunga discussione protrattasi fino a tarda sera e numerosi gli interventi. Oltre alla preoccupazione espressa da alcuni che le cifre preventivate fossero “un po’ troppo ottimistiche”, preoccupazione respinta con forza dal presidente, particolarmente dibattuta è stata la questione dell’abbassamento delle rette scolastiche e di progetti di rilancio per il liceo, per voce tanto dei consiglieri d’opposizione quanto del pubblico. Il problema però, come ha sottolineato Jarach, ribadendo la centralità della scuola per il futuro della Comunità, è quello di reperire le risorse per rendere il progetto sostenibile dal punto di vista finanziario, considerando il bilancio di fronte a cui la Comunità si trova. In questo senso non possono essere sufficienti i 250 mila euro che la Fondazione scuola si è impegnata a versare per sussidi scolastici e programmi di eccellenza didattica.
Tra i progetti strategici contenuti delle note integrative al bilancio, la Giunta ha assunto un impegno su un altro argomento particolarmente controverso: l’istituzione di una Commissione che verifichi i risultati prodotti dall’affidamento della riscossione dei tributi comunitari all’esatri e studi eventuali alternative al regime attuale, cui è attribuita la responsabilità per la cancellazione dalla Comunità di molti iscritti (i numeri esatti sono stati ribaditi durante l’assemblea per sgombrare il campo da ambiguità: dei 450 iscritti in meno, 232 si sono trasferiti, 85 sono irreperibili e 133 sono i dissociati).
Alla fine il bilancio preventivo è stato approvato con i soli voti contrari dei consiglieri di opposizione, che hanno ribadito la scelta fatta in Consiglio.
Su un concetto però esponenti della maggioranza, dell’opposizione e pubblico si sono detti d’accordo: molto di più è necessario fare per rilanciare la coesione e a partecipazione della gente alla vita della Comunità ebraica di Milano.

Rossella Tercatin

pilpul
"Non sono grandi"
Grandi nell’arte e nel pensiero, ma piccoli e meschini nel quotidiano? Si può dire questo di Celine, Eliot e Pound? Francamente non credo. Chi è stato, o è, fascista, nazista o antisemita in modo grave, e non lieve, non è grande nel pensiero. Quanto all’arte, il discorso sarebbe lungo. Grande nel pensiero può essere un uomo umile, eticamente buono, anche se non è necessariamente un artista o famoso. Cosa significa avere arte? Sapere mettere in fila con garbo delle parole? Scrivere una bella poesia? Originale Heidegger? Forse era intelligente, ma ha adoperato le sue facoltà per tradire i suoi vecchi amici ebrei e fare carriera. Come fidarsi di un filosofo così? E pensare che fosse uno dal pensiero originale? Era cieco? Non vedeva quello che accadeva attorno a lui? Il mondo ebraico ha sofferto molto, è stato traumatizzato dalla sofferenza e ha capito poche cose, ma una su tutte l’ha messa molte volte, forse anche troppe, in pratica: distruggere gli idoli, perché gli idoli, tutti gli idoli, non solo quelli di terracotta, ti portano fuori strada.
Un intellettuale che si è lasciato sedurre dalla violenza del fascismo, del nazismo, dalla vigliaccheria dell’antisemitismo, proprio perché aveva mezzi critici che non ha voluto, o saputo, adoperare non può essere considerato grande nel pensiero, perché il suo era un pensare marcio e portatore di dolori all’umanità. Fosse un letterato, un poeta un filosofo o un uomo di scienza, il discorso è lo stesso: un intellettuale ha obblighi maggiori verso di sé e verso il mondo, se capisce in che mondo vive. E, se non lo capisce, in che cosa è grande? Distruggere gli idoli significa, in questo caso, non lasciarsi abbacinare dalle presunte grandezze e considerare l’uomo non come un doppio, ma nella sua unità mettendo in atto sempre una capacità critica che sappia discernere dai falsi miti. Ci sono tanti falsi miti al mondo. Quello degli intellettuali, intelligenti e farabutti, che, perché sanno leggere, o scrivere o pensare, meritano rispetto, se sono famosi, è uno di questi. Attenzione: Questo non è un pregiudizio, è un giudizio. Basato sul fatto che l’uomo è fatto di idee e di azioni e anche le azioni che compie, o non compie, hanno un peso. Non so perché, ma in questa impostazione trovo qualcosa di intimamente ebraico e questo mi conforta.

Riccardo Calimani, scrittore

Se lo fanno tutti, io no
Francesco LucreziGiunto alla dodicesima edizione, il Giorno della Memoria sembra ancora godere di un ampio sostegno e di un crescente apprezzamento, negli ambienti più disparati. Sappiamo bene, però, come da più parti siano stati avanzati giusti spunti di riflessione e di prudenza di fronte ai rischi presentati dalla tralaticia reiterazione dell’iniziativa: rischi che si chiamano assuefazione, retorica, noia, rigetto, ‘monumentalizzazione’. Diventerà, la Giornata della Memoria, qualcosa di simile alle solenni statue di Garibaldi e di Vittorio Emanale II, che adornano le nostre piazze? Grandi, solenni, familiari, ma completamente svuotate del loro significato originario? Una sorta di nota ricorrenza del calendario, come la Befana e Ferragosto?
Nessuno, ovviamente, se lo augura. Ma tutti sanno, d’altronde, che la natura umana respinge una commozione eccessivamente protratta nel tempo. Si può piangere un giorno, due, ma alla fine, come si dice, non c’è lacrima che non si asciughi. Bisognerebbe forse prevenire tale ripiegamento, interrompendo le celebrazioni prima che esse vengano disertate dalla gente o, peggio ancora, suscitino moti di ripulsa e di insofferenza?
A mio avviso, bisogna sempre tenere ben presente che il Giorno della Memoria svolge almeno due funzioni distinte, da non confondere l’una con l’altra. Da una parte, esso rappresenta una forma di partecipazione collettiva a un immenso lutto, un momento di raccoglimento e un tributo di solidarietà verso le vittime della barbarie, il cui sacrificio vuole essere ricordato dalle generazioni successive. Da questo punto di vista, il rischio che esso diventi un gesto stereotipato, privo di effettiva partecipazione emotiva, è senz’altro presente. Ma questo rischio esiste sempre, per qualsiasi iniziativa analoga. Forse che ai funerali tutti piangono veramente? E cosa pensano davvero, nel loro animo, gli atleti, i professori, i membri dei club, delle assemblee, delle palestre, quando vengono invitati a osservare, tutti insieme, “un minuto di silenzio” in memoria di qualche scomparso che si vuole onorare? In genere, naturalmente, la decisione di se e come commemorare qualcuno spetta ai parenti, o agli amici, colleghi e sodali. Chi è titolare, in questo caso, della memoria dei sei milioni? Il popolo ebraico, o l’umanità intera?
D’altra parte, è evidente il 27 gennaio non rappresenta soltanto una sorta di ‘trigesimo’, di commemorazione funebre, ma anche una straordinaria, fondamentale occasione di insegnamento per le nuove generazioni, le quali sono chiamate ad apprendere e a riflettere sull’evento più tragico, più angoscioso, più assurdo della storia dell’umanità. A cosa serve conoscere le guerre puniche, la scoperta dell’America e il Risorgimento, se non si conosce la Shoah? A che serve studiare l’evoluzione della civiltà umana, se non si studia il suo terrificante epilogo, consumatosi nel cuore della nobile, civilissima, cristiana Europa? Il giorno che si smettesse di studiare la Shoah, a mio avviso, converrebbe anche, per coerenza, smettere di studiare la storia “tout court”; anzi, smettere di andare a scuola, di imparare a leggere e scrivere. E si può studiare, la Shoah, solo sui banchi di scuola? Non è forse utile, utilissimo, finché sarà possibile, ascoltare la viva voce dei protagonisti, dei superstiti?
Da questo punto di vista, il Giorno della Memoria non solleva dubbi. È un’occasione unica, fondamentale, assolutamente necessaria per la maturazione dei giovani. Ed è motivo di grande conforto sapere che la domanda di conoscenza, da parte dei ragazzi, non tende affatto a scemare, ma sembra anzi crescere imperiosa, imperativa, di anno in anno. Vogliono sapere, vogliono capire. La questione di come rispondere a tale domanda, ovviamente, non è semplice. Personalmente, ho maturato la solida convinzione che i giovani amano ricevere elementi di conoscenza, ma sono istintivamente diffidenti nei confronti di chi sembri volere loro imporre una morale già confezionata. Non amano, come si dice, “le prediche”. Quando ci si rivolge loro, perciò, non è tanto opportuno dire “non siate razzisti”, ma, piuttosto, “pensate con la vostra testa”, “capite cosa sia il razzismo”. Se, dopo averlo capito, sceglierete di esserlo, sarà una vostra scelta consapevole. Altrimenti, rifuggite dalla “logica del branco”, del “lo fanno tutti”. “Etsi omnes, ego non”: se anche lo fanno tutti, io no.

Francesco Lucrezi, storico

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A Israele il titolo di "re del pane"
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Il "pane migliore" è israeliano. A decretarlo sono stati i giurati della SIGEP Bread Cup, il Campionato Internazionale della panificazione conclusosi a Rimini Fiera dopo giorni di lavoro e di panificazione, nel quale si sono espresse dieci squadre provenienti dai cinque continenti. Israele ha vinto anche due sezioni particolari, quella per il pane salutista, a base di spinaci, e quella per il dolce da forno, con una millefoglie al cioccolato con i mirtilli.

 


Ricordiamoci quanto avvenne il 16 ottobre 1943 nel Ghetto di Roma, scrive puntualmente oggi Pierluigi Battista sul Corriere; non è certamente un caso se oggi, come ieri, questa rassegna si apre proprio con le parole di Battista, che aggiunge: a Roma, per decenni, si è "dimenticato di celebrare l'anniversario del rastrellamento" [...]
 
Emanuel Segre Amar











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