se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

31 gennaio 2012 - 7 Shevat 5772
linea
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
linea
rav laras Giuseppe
Laras,
presidente emerito dell'Assemblea rabbinica italiana

Con il trascorrere del tempo è fatale che il numero dei testimoni, dei protagonisti della Shoah e dei loro discendenti diretti vada sempre più assottigliandosi e che la credibilità di ciò che è accaduto divenga sempre più esposta a dubbi e perplessità, grazie anche ad una scellerata pseudo-storiografia decriminalizzante e negazionista che negli ultimi anni tende a marcare sempre più pesantemente i suoi interventi. Che fare perchè questa memoria non si consumi e possa essere trasmessa alle generazioni future? Sicuramente bisognerà continuare a parlare di quello che è accaduto. L’obiettivo principale però non sarà unicamente quello di consegnare ai posteri questa memoria, bensì quello di trasmettere un atteggiamento di netto rifiuto della violenza e dell’intolleranza, che possa divenire parte integrante del patrimonio etico-culturale delle donne e degli uomini di domani. Credo che questo sia soprattutto il valore della memoria: ricordare per ricostruire.
               
Dario
 Calimani,
 anglista


Dario Calimani
Non so perché e non so come, ma la contestazione da parte di un mio quasi omonimo al mio ultimo Alef/Tav sui grandi della letteratura che sono stati deplorevolmente antisemiti, o razzisti o filonazisti, mi turba un po'. Mi turba non solo perché mette in crisi una certa antica consonanza 'intellettuale' fra le due parti in controversia, ma soprattutto perché mette di fronte a una china che va diritta verso l'intolleranza. Perché se la fruizione di un testo si deve occupare anche di giudicare le qualità umane dell'uomo che l'ha scritto la strada che si intraprende è irta di pericoli. Significa che possiamo/dobbiamo escludere da qualsiasi canone culturale/letterario Céline e Pound, Eliot e Heidegger, dichiarandoli umanamente 'non graditi'; significa, portando il discorso alle sue estreme conseguenze, produrre un indice dei libri proibiti, come in altri tempi, tristissimi e da noi sempre stigmatizzati. Ci creerebbe sicuramente un po' di disagio. E significa anche, facendo un inevitabile passo logico in più, che dovremmo considerare la vita di ogni autore per vedere se nel suo privato egli non si sia macchiato di crimini o di colpe, piccole o grandi; colpe contro la società o contro la famiglia, squallide ipocrisie, malsane ingratitudini, disumane sevizie dell'anima. Significa che dovremmo sospendere il giudizio su più di uno scrittore, grande nell'arte e molto piccolo nella vita. Joyce, per dirne uno, era grande, grandissimo nell'arte, e forse assai piccolo nella vita. Forse anche Svevo lo era. Forse anche Saba lo era. Non erano antisemiti (Saba, forse un po'), ma il problema ideale rimane lo stesso, perché la soglia dell'accettabilità è difficilmente tracciabile; ed è un problema di giudizio, quindi, come sempre in questi casi, un problema che lascia ampio spazio alla soggettività. Un pubblico di lettori, allora, potrebbe non riconoscere, per motivi sempre diversi, l'arte di Wilde o di Pasolini, di Thomas Mann o di Gunter Grass, o, perché no, il Marlowe dell'Ebreo di Malta o lo Shakespeare di Shylock. E non si dovrà più leggere Voltaire. E nessuno dovrà più ascoltare il quinto concerto per pianoforte di Beethoven suonato da un opportunista come Edwin Fischer e da una figura controversa come Wilhelm Furtwängler. E il mio infuriato quasi omonimo non dovrà magari più ascoltare il suo amato ma sospetto Liszt. È terribile doverlo accettare, per chi sta parlando di antisemitismo dopo la shoah, ma è così. Il discorso non accetta limiti. Si può discutere - ma è davvero questione di lana caprina - se sia l'uomo o il contenuto delle sue opere a dover essere messo in discussione, e se sia il contenuto soltanto o anche la possibile genialità della loro forma. Il problema rimane ugualmente inestricabile. Morale ed estetica non sempre si sposano dopo essersi innamorate l'una dell'altra. E a decidere l'inclusione di un testo e di un autore nel canone culturale (e i canoni sono infiniti) non è il singolo individuo, con tutta la furia, anche motivata, della sua ribellione morale ed emotiva, ma la "comunità dei lettori" - come la chiama qualche studioso di estetica della ricezione - che decide di leggere e di apprezzare un testo. Questo può turbarci, ma il nostro turbamento non serve a cambiare il valore del giudizio estetico. Ciò che preme a chi scrive è affermare il principio del divieto di censura, il che non significa disconoscere la meschinità là dove la si trova. Significa solo accettare che essa esiste malgrado il nostro giudizio morale estremamente negativo. Ciò garantisce un dialogo aperto e la possibilità del confronto intellettuale, che affronta il pesante problema e non lo tacita con crociate indignate né lo nasconde, ma in linea con lo spirito ebraico lascia almeno aperto il discorso. E a ciascuno la sua libera opinione.
davar
Giornata europea della Cultura ebraica
Il 2012 sarà l'anno del Witz
L’appuntamento è per domenica 2 settembre 2012. Appena tornati dalle vacanze estive, gli abitanti di 28 paesi (quest’anno la novità è l’adesione della Turchia) avranno come ogni autunno la possibilità di visitare i luoghi ebraici delle proprie città, di assistere a conferenze, concerti, mostre, di esplorare la cultura del Popolo del libro. Quest’anno partendo da uno dei suoi tratti più apprezzati: il witz, la comicità, la capacità di trovare una ragione per sorridere anche in situazioni difficili. In altre parole, lo spirito dell’umorismo ebraico.
“Il mondo sa bene quanto gli ebrei siano bravi a lamentarsi di se stessi quando si trovano a fronteggiare un momento complicato”, spiega il sito dell’Aepj (European Association for the Preservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage), l’organizzazione che si occupa di dare impulso all’iniziativa a livello centralizzato. “Ogni anno chiediamo ai coordinatori di tutti i paesi di inviarci delle proposte - spiega Annie Sacerdoti, membro del Consiglio direttivo dell’Aepj e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con delega alla Giornata -
Quest’anno ne abbiamo ricevute oltre una sessantina, e l’umorismo in tutte le sue forme, ma soprattutto l’autoironia ebraica, è un’idea arrivata da più parti. Penso che questa scelta sarà molto apprezzata”. L’Aepj ha bandito anche un concorso per il logo della manifestazione (scadenza 1 marzo 2012): le proposte saranno valutate da una commissione in cui siederà un rappresentante del Consiglio d’Europa, che sponsorizza l’iniziativa.
Nata nel 2002, ogni anno la Giornata europea della Cultura ebraica coinvolge un numero maggiore di paesi, volontari, visitatori (nel 2011, tema Ebraismo 2.0, dal Talmud a internet, sono stati circa 50 mila in Italia e 180 mila in Europa).
“L’Italia, insieme alla Spagna, è il paese in cui la Giornata riscuote maggiore successo - sottolinea Sacerdoti - L’anno scorso hanno partecipato oltre sessanta località e molte hanno deciso di prolungare gli eventi per diversi giorni. Ora si tratterà di scegliere quale sarà la città capofila per il 2012”.

Rossella Tercatin
  

Qui Mantova - La sfida al razzismo di Articolo 3
Obiettivi da raggiungere, successi ottenuti, preoccupazioni per il futuro. A distanza di quattro anni dalla sua creazione, l'Osservatorio sulle discriminazioni di Mantova Articolo 3 traccia il resoconto del suo complesso quanto delicato operato: monitorare la stampa, sensibilizzare i giornalisti e l'opinione pubblica, combattere attivamente le manifestazioni discriminatorie nei confronti delle minoranze presenti sul territorio. Su questi punti si sono soffermati ieri collaboratori ed esperti dell'Osservatorio assieme alle istituzioni in occasione della presentazione ufficiale, a Palazzo della Ragione, del rapporto per l'anno 2011. Luci ed ombre di un anno in cui, a iniziative politiche, educative e giuridiche di grande valore sul fronte della lotta all'antisemitismo, alla xenofobia e al razzismo hanno fatto da contraltare aggressioni private così come istituzionali dirette a violare il principio sancito dalla costituzione su cui si fonda l'operato dell'Osservatorio. La necessità di allargare questa esperienza e mantenere saldo l'impegno di Articolo 3 è stato uno degli obiettivi ribaditi con forza dalle diverse voci intervenute: dai rappresentanti della città e della Provincia di Mantova, della Regione e del Parlamento, fino a coloro che, attraverso l'Osservatorio, si confrontano quotidianamente con la sfida di rendere l'articolo 3 della Costituzione una realtà. Un impegno di cui è stato un esempio autorevole e coraggioso Fabio Norsa z.l, presidente recentemente scomparso della Comunità ebraica mantovana. A lui, tra i pilastri di Articolo 3, colleghi e amici dell'Osservatorio hanno voluto dedicare la stesura di quest'ultimo e significativo rapporto.


Il pogrom dei rom a Torino, l’uccisione di due senegalesi per mano di un neofascista a Firenze, il professore torinese che minaccia di fare strage di ebrei in sinagoga. Sono tre delle decine, centinaia di manifestazioni razziste e xenofobe che si sono registrate in Italia nel 2011. Un segnale pericoloso di una tensione crescente all’interno della nostra società, che la crisi economica non ha fatto che acuire. E di fronte a questo cupo panorama non può che assumere un valore ancor più significativo il grande lavoro portato avanti da Articolo 3, l’Osservatorio sulle discriminazioni di Mantova. Un progetto nato il 27 gennaio di quattro anni fa attorno alla Rassegna stampa Lombardia del Portale dell’ebraismo italiano www.moked.it con lo scopo di monitorare episodi di discriminazione sui media italiani. Da un’idea è nato un gruppo di lavoro che con il tempo si è consolidato ed è diventato un punto di riferimento per la città lombarda e non solo. L’UCEI, la Comunità ebraica di Mantova, l’associazione Sucar Drom, l’Istituto mantovano di storia contemporanea, l’Istituto di Cultura Sinta e il comitato provinciale ArciGay la Salamandra, affiancati dal Comune e dalla Provincia di Mantova, hanno collaborato insieme per dare vita ad Articolo 3.
Il 27 gennaio è il momento di tirare le fila con la presentazione in pubblico del rapporto annuale, di riguardare al lavoro passato e mettere a punto le iniziative per il futuro. Un futuro a cui purtroppo non può più partecipare Fabio Norsa z.l., presidente della Comunità ebraica di Mantova nonché uno dei pilastri dell’Osservatorio, scomparso il 7 gennaio. Determinato, sicuro, ironico, Norsa è stato un esempio per tutti con la sua caparbietà nel portare avanti la battaglia contro ogni forma di discriminazione. Incarnava alla perfezione lo spirito di Articolo 3, o forse è quest’ultimo che si è plasmato a sua immagine.
Nell’ultimo rapporto annuale compare una breve riflessione sulla situazione italiana e sul valore dell’impegno delle persone che collaborano all’Osservatorio. Un’analisi preoccupata alla luce del crescere di fenomeni discriminatori nel Belpaese, sintomo di una società che continua, nonostante il Giorno della Memoria e iniziative simili, ad individuare nell’altro il responsabile delle proprie difficoltà. “La tutela dei diritti e la diffusione della corretta informazione sembrano sottoposti ad una dura prova – sottolineava Norsa – ma la sensazione che ogni giorno si respira nella sede di Articolo 3, dove vi invito a entrare, è di forza: quella che caratterizza donne e uomini animati da un sincero spirito di servizio, motivati perché colpiti in prima persona o perché spinti dal desiderio di essere vera società che accoglie”.
In questi anni la redazione si è consolidata e nel 2011 sono monitorati migliaia di articoli apparsi nella regione Lombardia grazie alla collaborazione, attraverso l’UCEI, con l’agenzia Data Stampa. Il servizio ha permesso di focalizzarsi sulle notizie legate alla discriminazione delle minoranze religiose e culturali con particolare attenzione alle modalità di costruzione della notizia, al linguaggio utilizzato, alla fedeltà ai fatti realmente accaduti.
Altro elemento chiave, la realizzazione delle newsletter settimanali (43 nell’arco dello scorso anno), strumento che nel tempo si è andato affinando e soprattutto ha visto una forte crescita di utenti. Per rafforzare la presenza sul territorio è stato istituito nel 2009 lo sportello antidiscriminazioni, strumento di ascolto e consulenza legale, a disposizione dei cittadini italiani o immigrati, vittime o testimoni di forme discriminatorie. Nel 2011 lo sportello ha trattato 24 casi, in particolare conseguendo un risultato positivo rispetto ad un esposto all’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Prende quota il progetto europeo In Other Words (Web Observatory and Review for Discrimination alerts and Stereotypes deconstruction), volto a ricreare in Spagna, Portogallo, Francia, Romania ed Estonia l’esperienza di Articolo 3, con la realizzazione di redazioni costituite da persone appartenenti alle minoranze presenti nei vari Paesi. Ennesima dimostrazione nonché riconoscimento del valore dell’iniziativa mantovana.
A livello nazionale, inoltre, l’Osservatorio è diventato nodo territoriale dell’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Dipartimento per le Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). Mentre Articolo 3 amplia i suoi orizzonti facendo ben sperare, la realtà italiana non può dirsi altrettanto positiva. Dal resoconto annuale emerge un preoccupante quadro con la crescita di fenomeni discriminatori (anche a livello istituzionale), violenze, soprusi e maltrattamenti. I casi citati in apertura sono alcuni dei più eclatanti ma ulteriori difficoltà sono emerse ad esempio per le persone disabili, con il taglio delle ore di sostegno per alunni con handicap. Autorità nazionali e locali come altre istituzioni non prestano la necessaria attenzione, e la concreta applicazione dei diritti sanciti in Costituzione, come le pari opportunità, per i disabili sono ancora lontani dal realizzarsi. Altra voce che trova spazio all’interno di Articolo 3, spesso vittima di discriminazioni è la comunità Lgbt (Lesbica, gay, bisex, trans): le violenze per omofobia sono purtroppo ancora frequenti e forte scoramento ha causato la decisione del Parlamento lo scorso luglio di bocciare l’introduzione dell’aggravante di omofobia nei reati penali. Cinque bambini morti a Roma e un ragazzo ucciso a fucilate a Brescia, oltre ai pogrom di Napoli e Torino. Un bilancio che mette in luce quanto sia attualmente alto il pericolo per le comunità sinti e rom in Italia. Liste antisemite e professori negazionisti che incitano all’odio contro gli ebrei hanno fatto capolino nelle cronache dei giornali nazionali del 2011. E ancora l’islamofobia continua a trovare sostenitori. Il monitoraggio e la controinformazione portata avanti da Articolo 3 sono il segnale tangibile della possibilità di oltrepassare le barriere culturali e lavorare coesi per la piena integrazione delle minoranze all’interno della società. Quanto questo sia concretamente realizzabile, almeno parlando dell’immediato futuro, è tutto da dimostrare e lo scetticismo è lecito. D’altra parte se non si prova nemmeno la piena applicazione dell’articolo 3 rimarrà un miraggio.

Daniel Reichel

Kiryat Shmona, il Chievo di Israele che sogna la normalità
Qualche volta le cosiddette 'piccole' ti fregano. Le guardi con infinita tenerezza e simpatia e quelle, troppa grazia ricevuta, stravolgono gli equilibri, ti fanno marameo e si prendono il posto che per palmares e milioni di euro investiti ti spetterebbe nell'Europa dei grandi. Accadde qualche anno fa in Italia col Chievo, da vittima sacrificale a quarta forza del campionato con annessi preliminari di Champions League. Sta per accadere in Israele.
Hapoel Ironi Kiryat Shmona, la squadra dei miracoli: nomi semisconosciuti in campo (tra questi David Solari, fratello del più celebre ex interista Santiago), stadio da neanche 5mila posti, l'instabile confine col Libano a pochi chilometri. Una precarietà esistenziale e tecnico-agonistica che sembra però non influire: è di una settimana fa, infatti, la vittoria ai rigori nella Coppa nazionale ai danni del più quotato Hapoel Tel Aviv. E anche in campionato, entrati nell'ultima parte di gare, sembra non esserci più trippa per gatti visto che l'Hapoel Ironi veleggia tranquillo in prima posizione con 52 punti (frutto di 15 vittorie, 7 pareggi e una sola sconfitta) e alle spalle ha lasciato un vuoto quasi incolmabile: l'Hapoel Tel Aviv segue a dieci misure di distanza, il 'grande' Maccabi Haifa si piazza invece malinconicamente in settima posizione a quota 34.
Radar quindi ormai puntati, in casa Hapoel, sulla volata finale. Volata che potrebbe portare a un inaspettato regalo: il titolo e la prima conseguente partecipazione alla Champions League. “Deve essere un sogno, rido e piango di gioia allo stesso tempo” raccontava un supporter interpellato negli scorsi giorni dal New York Times. L'euforia, proseguiva il tifoso, è duplice: il brivido di sedere almeno una volta nel salotto buono del pallone e quello di portare il nome di Kyriat Shmona sui media per vicende non legate esclusivamente al conflitto mediorientale e ai ripetuti lanci di missili dal vicino Libano che affliggono questa cittadina del nord di Israele da molti anni. Perché il grande sogno di Kiryat Shmona, ancor prima di ospitare il Barcellona o il Manchester United, è proprio la normalità.

Adam Smulevich
  

pilpul
Naufragi, parole
Come commentare la prima pagina de «Il Giornale» di venerdì, col pezzo a firma del direttore «A noi Schettino a voi Auschwitz»? Affermando che si tratta di un titolo scandaloso, tanto più scandaloso nel Giorno della Memoria, aggressivo in modo sconcertante nei confronti dei tedeschi? I quali tedeschi – obietterebbe qualcuno – dovrebbero stigmatizzare una rubrica molto antipatica di di «Der Spiegel», dove gli italiani venivano tutti assimilati al comandante della Concordia. Potrebbe bastare questo.
Oppure possiamo ragionare schiettamente sull’inflazione che il linguaggio della Shoah ha subito negli ultimi anni: i Centri di identificazione ed espulsione (CIE) definiti «lager», la stella gialla sul bavero di Marco Pannella in campagna elettorale, l’attuale presidente dell’europarlamento appellato «kapo» in una sessione divenuta celebre su youtube. La lingua, non solo il lessico della Shoah, è una spia importante della scarsa qualità della nostra democrazia; basti pensare a Silvio Berlusconi, che alcuni mesi fa parlava tranquillamente di «dittatura dei giudici» e di «zingaropoli islamica» (intendendo con ciò la Milano di Pisapia), o la terribile abitudine a trasformare fenomeni ritenuti problematici in masse tumorali: i magistrati o la corruzione «cancri della democrazia», Ilda Boccassini addirittura «metastasi della democrazia».
Ora, questo scadimento è dovuto a vari fattori, fra cui certamente l’uso distorto dei new media. Ma ci illudiamo pensando che la Shoah possa salvarsi da questo gorgo. O saremo capaci di gestirne e dosarne la memoria in modo saggio, evitando la moltiplicazione degli eventi e l’abbassamento della qualità, oppure nessuno potrà impedire che termini come «Shoah» e «Memoria» si trasformino in vocaboli di uso comune, disponibili quando, per vis polemica, serve un’immagine forte. Possiamo ripetere e spiegare all’infinito l’unicità della Shoah: il cervello umano pensa parlando, e quando una parola viene sempre in mente, in tutti i contesti, alla borsa della lingua vale già poco.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

notizie flash   rassegna stampa
"Un albero a ricordo
del Giusto mons. Schivo"

  Leggi la rassegna

"Abbiamo appreso - ha dichiarato il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici - della scomparsa di monsignor Beniamino Schivo, "Giusto tra le Nazioni" la massima onorificenza che conferisce lo Stato d'Israele a coloro che, a rischio della loro vita, salvarono ebrei durante l'ultimo conflitto mondiale dalla furia nazifascista. Monsignor Schivo infatti salvò una famiglia ebraica di origine tedesca, i Korn,  che transitando per l'Italia come tante altre, trovò in lui conforto e speranza.

 

Non vi sono oggi sui giornali notizie significative su Israele e il mondo ebraico nella rassegna stampa dell'Ucei. Si parla molto della Siria, ma più in termini ipotetici che informativi. Su questo punto vale la pena di sottolineare che sta emergendo in diversi giornali un punto di vista scettico sul cambio di regime e comprensivo, se non proprio vicino rispetto alle posizioni russe.

Ugo Volli













L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.