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14 marzo 2012- 20 Adar 5772
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david sciunnach David
Sciunnach,
rabbino 

“…. Cento supporti per cento talenti, un talento per supporto” (Shemòt 38, 27). Ha fatto notare riguardo questo verso l’Admor Rabbì Itzhak Meyir di Gur, conosciuto come Bàal Chidushè Harìm, che 100 supporti  erano nel Mishkàn, e 100 benedizioni ha l’obbligo l’uomo di recitare ogni giorno. Così come i supporti erano le fondamenta del  Tabernacolo, così le benedizioni sono le basi e  il fondamento della santità quotidiana per ogni ebreo.

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
È di questi giorni, forse per rimediare allo scandalo pedofilia che così tanto ha turbato le coscienze dei propri fedeli, l’apertura della Chiesa cattolica alla psicanalisi. Mi domando da dove attinga autorità morale un’Istituzione che ha praticamente sempre smentito se stessa riguardo ad argomenti di importanza centrale, quali la cosmologia, la politica (certo il Sillabo di Pio IX non è un esempio di apertura alla modernità) e ora anche la psicanalisi. Vengono in mente le parole di una canzone di Giorgio Gaber all’apertura del Concilio Vaticano II, gli anni di incubazione di quella rivolta sociale, che avrebbe ulteriormente spostato in avanti i confini dell’etica occidentale: “Bisogna dare atto a questi signori, le cose più urgenti le han rese migliori. E dopo tanti anni che spettavamo in vano, la messa finalmente si dice in italiano […] e si è stabilito dopo mille discussioni che il prete, essendo uomo, può portare i pantaloni.” Spero davvero che il nostro rabbinato non dia all’esterno la stessa impressione, magari ingessando l’identità in abiti neri con cappello.


davar
Qui Roma - Fotografare per raccontare
Un piatto ricolmo al centro, sui lati una coppia di posate pronte per l'uso. Sembra tutto normale ma a sorprenderci è il contenuto: una moltitudine di pillole al posto di spaghetti, riso o qualsivoglia pietanza. È Alberto Caviglia, con la sua opera che ricorda le celebri pillole di Damien Hirst, come sottolinea la critica Giorgia Calò (membro di giuria assieme a Ermanno Tedeschi e Lavinia Di Porto) ad aggiudicarsi il primo premio del concorso fotografico Contrasti. Indetto dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dalla Comunità ebraica di Roma e dal Keren Kayemeth leIsrael, il concorso era rivolto a tutta l'Italia ebraica nella fascia di età 18-35 anni. Quattro i parametri su cui la giuria si è trovata a valutare: lettura intuitiva, analisi materiale, analisi formale e compositiva, analisi del contesto storico-culturale e funzione comunicativa. Ieri sera all'Ermanno Tedeschi Gallery di Roma è andato in scena il momento conclusivo di questa inedita iniziativa con l'inaugurazione della mostra che raccoglie alcune delle opere più significative inviate nelle scorse settimane dai partecipanti. Scene di vita familiare, momenti di identità ebraica, dettagli e spaccati del nostro quotidiano. A colori e in bianco e nero. Attraverso il filtro di professionisti, aspiranti tali e semplici cultori dello scatto. Da Roma a Milano, da Firenze a Genova: i giovani ebrei italiani hanno risposto presente con elaborati di alto valore e interesse. Estro e creatività hanno infatti trovato sfogo dietro all'obbiettivo regalando al folto pubblico presente in galleria, in attesa di conoscere i risultati del concorso per la categoria under 18 sul tema Natura ed ebraismo, una mostra (tra gli sponsor Intesa San Paolo) che sorprende e che merita di essere visitata. 

a.s -
twitter @asmulevichmoked


pilpul
Fare poesia
Francesco LucreziPiù volte, su queste stesse pagine, abbiamo commentato la celebre frase di Theodor Adorno, secondo cui, dopo Auschwitz, non sarebbe mai più stato possibile fare poesia. Abbiamo notato come tale frase, in un certo senso, si autosmentiva, dal momento che essa stessa suonava come poesia. E abbiamo ricordato come, soprattutto negli ultimi anni, emergano, dall’immenso naufragio, frammenti di voci di poeti, scritte nei ghetti di Polonia, Lituania, Ucraina. Frammenti miracolosamente scampati all’inabissamento, scritti da poeti che hanno voluto affidare a quei versi, negli ultimi giorni, una definitiva testimonianza. Nella speranza che fossero un giorno, ascoltati. O, magari, disperando che ciò potesse mai accadere. Versi che, naturalmente, chiedono imperiosamente di essere raccolti, custoditi per sempre. Ma abbiamo anche notato come la frase di Adorno, pur destinata a essere disattesa, conservi intatta una sua terribile forza di verità. La poesia è parola, e la parola stessa, ad Auschwitz, si è rivelata veicolo non solo di senso, di messaggio, ma anche di nulla, di silenzio. Di non senso.
A essere negata, dopo la Shoah è forse solo la poesia indifferente, la poesia del “tutto come prima”? Difficile dire, difficile distinguere. Ed estremamente difficile, comunque, resta anche il compito gravante sulle spalle di una possibile poesia “etica”, che si faccia carico del silenzio di Dio, o della morte della parola. Può esistere una “poesia del silenzio”? E, se esiste, quale il suo compito, il suo orizzonte?
Sono domande a cui cerca di dare risposta una poetessa e filosofa flegrea, Paola Nasti, in una intensa presentazione dell’epistolario tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan (Troviamo le parole. Lettere 1948-1973, Edizioni Nottetempo, Roma, 2011), apparsa sul numero zero di una nuova rivista di poesia, Levania (Città del Sole, Napoli, novembre 2011): una testata che, ci pare, proprio nel difficile, obliquo rapporto tra etica e poesia cerca una delle sue principali fonti d’ispirazione.
“A leggere questo epistolario tra Paul Celan e Ingeborg Bachmann – scrive la Nasti – non può essere l’occhio curioso che si allunghi sulla storia di un amore impossibile. La storia di un amore che scorre sotterraneo lungo gli anni. Le poesie di Celan e Bachmann, come le lettere, parlano tutte da un silenzio soffocante. Un silenzio mai vuoto di parole; un prisma di molte facce che si chiamano: colpa; memoria; tenebra; straniero; canto; e sabbia, il tappeto di sabbia innumerabile degli sterminati. Un silenzio che non è frutto di scelta ma di imposizione. La colpa, sempre incombente, è non saper fecondare questa distesa di sabbia con la parola. La poesia, come le lettere di Bachmann e Celan, è contaminata e minata dalla colpa oscura dell’insufficienza della parola, dell’inadeguatezza di un dire che esce balbettando dal silenzio, con una meccanica di voce irrimediabilmente rotta. È il dire della poesia dopo Auschwitz. È la poesia dei tempi più poveri che l’umanità abbia mai conosciuto. Il tempo dilazionato fa impallidire la fuga degli dèi come un episodio malinconico istoriato su un vaso neoclassico. Il tempo dilazionato è quello del vaso in frantumi, polverizzato dall’orrore e dalla colpa. Allora non la poesia, piuttosto l’amore risulta impossibile…”.
“La speranza, struggentemente reiterata, è in una parola che ‘chiarisca ogni cosa, una volta per sempre’. Continuamente, si scusano l’un l’altro per le lettere mancanti: è un carteggio di epistole ritenute, mai spedite, o spedite dopo, a distanza di anni, fuori tempo massimo.
La poesia – conclude la Nasti - dice perentoriamente; anche quando balbetta, dopo Auschwitz. Ma nelle lettere, e nelle vite incarnate, questa resistenza della parola, a tacere come a parlare, prende corpo e alla fine evapora anch’essa. Con gli anni, le lettere tra Ingeborg e Paul lasciano il posto al fregio di esili dediche sul frontespizio delle opere: è l’utopia della letteratura che sopravanza il silenzio degli uomini”.

Francesco Lucrezi, storico

notizieflash   rassegna stampa
Israele: a febbraio record di turisti
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Boom di turisti in Israele nel mese di febbraio precisamente il 6 per cento in più dello scorso anno e il 4 per cento in più rispetto allo stesso mese del 2010. Particolarmente interessante il dato del turismo "via terra": il 55 per cento in più rispetto a febbraio 2011. Lo scorso anno questo dato aveva subito una sensibile flessione a causa delle agitazioni in Egitto. Il flusso dal confine Egiziano, quest'anno, ha infatti fatto registrare il passaggio di 8.100 visitatori che da Taba sono passati per la frontiera di Eilat, cinque volte in più rispetto a febbraio 2011. Il ministro del Turismo, Stas Misezhnikov, ha dichiarato di voler continuare a promuovere il turismo in Israele, rivolgendosi in particolare a paesi quali Cina, India, Corea del Sud, Russia e Sud America.

 

Anche questa settimana i lettori mi permetteranno di iniziare la mia rassegna con una domanda che è opportuno che ci si ponga tutti quanti: che cosa succede nella nostra Europa? Siamo proprio sicuri che quella storia che credevamo chiusa per sempre e relegata nei manuali scolastici non si ripresenterà in futuro? Giulio Meotti ha pubblicato un articolo in inglese che invito i lettori a leggere, perché attira l'attenzione sul rischio, un po' ovunque, di ritrovarsi con un Quisling del XXI secolo, magari ancora una volta norvegese. I fatti sono, giorno dopo giorno, sempre più evidenti.

Emanuel Segre Amar











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