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25 marzo 2012- 2 Nisan 5772
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Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

Ha detto Resh Laqish a nome di Rabbi Yehudah Nesiah: "Il mondo si mantiene solamente per il fiato delle bocche dei bambini della scuola" (Talmud babilonese, Shabbat 119b)

David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
“Non si dà speranza senza timore e timore senza speranza”. Così Spinoza (“Etica”, p.te III. Prop. 50, scolio). È probabile che nell’ultima settimana la paura abbia avuto il sopravvento e che dunque si sia definita non solo una condizione di incertezza, ma anche di panico. Sarebbe stupido ridicolizzare questo sentimento, quasi fossimo de superuomini capaci di fronteggiare qualsiasi emergenza. Ma sapere di avere paura non è lo stesso che agire in preda alla  paura. Sapere di avere paura significa proporsi di governarla. E proporsi di governarla vuol dire muoversi per isolare coloro che hanno esercitato la violenza o che siano tentati dall’esercitarla. È quello che ha fatto Gilles Berneheim nella settimana appena conclusa. Una grande lezione di politica.

davar
Qui Roma - Comunità e appartenenza
Cosa ne è della "comunità" nell'epoca della globalizzazione? Cosa significa oggi appartenere a una comunità? Cosa è cambiato rispetto a una volta? Si parla molto di pluriappartenenza e dei confini mobili di un'identità liquida. Quali ricadute ha questa nuova configurazione sulle comunità ebraiche, non solo in Italia ma in un'ottica globale? Come si strutturano e quale identità ebraica ne può sorgere?
A queste domande si cercherà di rispondere all'incontro "Dall'Arca di Noè a oggi... Quale comunità? Modelli di aggregazione e organizzazione comunitaria", lunedì 26 marzo alle ore 18 al Centro bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Interverranno l'antropologa Marzia Kichelmacher, il demografo Sergio Della Pergola e Manlio Dell'Ariccia, direttore del Joint (JDC), moderati da Gloria Arbib, segretario UCEI. I relatori illustreranno quali fattori hanno maggiormente influenzato i cambiamenti nelle comunità ebraiche negli ultimi 20/30 anni in diversi territori: Israele, America e America Latina, Europa, Ex Unione Sovietica ed Estremo Oriente. Alla luce di queste evoluzioni, quali possono essere le sfide delle comunità o identità ebraiche odierne? E quale potrebbe essere il loro sviluppo?
Questi i titoli degli interventi: "Dentro e fuori il confine di comunità: identità e pluriappartenenza" (Marzia Kichelmacher), "Demografia e identità ebraica: prospettive israeliane e globali" (Sergio Della Pergola) e "Comunità ebraiche oltreconfine, esperienze identitarie: Africa, Ex Unione Sovietica, Estremo Oriente" (Manlio Dell'Ariccia).

Ilana Bahbout, coordinatrice Dec-UCEI

Qui Roma - Antisemitismo, quei dati che fanno pensare
ll 17 ottobre dello scorso anno venne presentato alla Camera dei Deputati il Documento conclusivo del Comitato di Indagine Conoscitiva sull’Antisemitismo in Italia prodotto dalle Commissioni Affari costituzionali ed Esteri in collaborazione con la Presidenza del Consiglio. Inquietante, come noto, l’esito del lungo lavoro di ricerca e elaborazione dei dati raccolti che aveva portato alla stesura del documento: secondo questo studio, presieduto dalla giornalista e parlamentare Fiamma Nirenstein, il 44 per cento degli italiani manifesta infatti in qualche modo atteggiamenti e opinioni ostili agli ebrei e nel 12 per cento dei casi tale ostilità si configura come antisemitismo vero e proprio. Un odio che si diffonde soprattutto sul web, utilizza i social network e si propaga facilmente coinvolgendo i giovani che ne fanno un uso massiccio.
L'appuntamento per una nuova presentazione dell'Indagine, la prima in una sede pubblica, è prevista per lunedì 26 marzo alle 18 presso l'Aula Magna dell'Istituto Superiore Antincendi (via del Commercio 13). “Come Municipio Roma XI – spiega l'assessore alle Politiche Culturali Carla Di Veroli – abbiamo pensato, insieme a Equality Italia, di coinvolgere la Comunità Ebraica di Roma e insieme organizzare, per la prima volta da ottobre scorso, la presentazione pubblica dell’Indagine perché siamo convinti che sia necessario promuovere presso la cittadinanza romana la conoscenza del fenomeno, delle forme in cui si manifesta, quali strumenti culturali sono necessari per riconoscerlo e soprattutto quali iniziative intraprendere per contrastarlo”.
L'incontro, dedicato alle vittime dell'agguato mortale alla scuola ebraica di Tolosa, sarà coordinato da Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, e vedrà come relatori gli onorevoli Fiamma Nirenstein e Jéan-Léonard Touadì. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, porterà un saluto, mentre è prevista tra gli altri la partecipazione, oltre all'assessore Di Veroli, del presidente del Municipio Roma XI Andrea Catarci e del direttore dell’Istituto Superiore Antincendi Marco Ghimenti.

Tolosa - Lady Ashton, "Apologise or resign"
Scuse o dimissioni. È questa la richiesta congiunta formulata dallo European Jewish Parliament e dalla European Jewish Union a Catherine Ashton, alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione Europea che, all'indomani dei sanguinosi fatti di Tolosa, aveva equiparato le quattro vittime dell'attacco antisemita alla Ozar HaTorah ai bambini palestinesi morti durante le operazioni di risposta al terrorismo operate dall'esercito israeliano a Gaza. Un paragone poi smentito dalla stessa Ashton con giustificazioni molto vaghe che non avevano convinto e che anzi avevano suscitato ulteriore sdegno nell'opinione pubblica internazionale, nel mondo ebraico, in Israele. Si è così arrivati, alle porte dello Shabbat, al lancio della campagna “Scuse o dimissioni”. Un'iniziativa che è rivolta alle Comunità ebraiche e non, ai singoli così come alle associazioni. Tra le sue anime Vittorio Pavoncello, consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e rappresentante italiano al Parlamento ebraico europeo, che parla, riferendosi alle infelici esternazioni pubbliche di Lady Ashton, di affermazioni “vergognose” e “che distorcono la realtà”. Durissimi anche gli interventi di alcuni tra i massimi rappresentanti dell'ebraismo europeo, che stanno in queste ore raccogliendo ulteriori adesioni e idee su come procedere. “Le parole della Ashton – spiega Tomer Orni, direttore generale della European Jewish Union – rappresentano un'offesa gravissima alla memoria delle vittime e potrebbero essere indirettamente interpretate come una giustificazione all'assassinio di ebrei in Europa. Ci aspettiamo al più presto delle scuse o un doveroso passo indietro”. Sulla stessa lunghezza d'onda Joel Rubinfeld, copresidente dello European Jewish Parliament, secondo il quale si è in presenza allo stesso tempo di un “errore politico” e di un “torto morale” di ingiustificabile gravità. Quindi, Miss Ashton, “Apologise or resign”.

pilpul
Davar Acher - L'odio antiebraico e il pretesto del razzismo
Ugo VolliQuando accade un atto di violenza contro gli ebrei, un evento terribile come a Tolosa o solo una minaccia o un'espressione d'odio, la condanna viene di solito espressa in termini di rifiuto del razzismo. Suona meglio dire che un gesto è razzista piuttosto che antisemita, l'infrazione al comune senso dell'umanità appare più vasto e generale, la difesa da esso meno particolaristica. E però bisogna capire che cosa si perde nell'immergere l'odio per gli ebrei nel calderone del razzismo. E' necessario riflettere di più su questo termine e su ciò che il suo uso implica. È importante capire che seppure il razzismo è inevitabilmente antisemita, l'odio per gli ebrei non sia necessariamente razzista. Non solo perché la parola “razza” è relativamente recente, non si diffonde in Europa prima del sedicesimo secolo (mentre “razzismo” è un vocabolo solo ottocentesco). Ma perché il concetto è estremamente limitativo.
Il razzismo è una bizzarra teoria ottocentesca, che pretendeva una inesistente base scientifica, per cui gli esseri umani andrebbero divisi in gruppi chiusi, appunto le “razze” con caratteristiche psicofisiche essenziali ben differenziate, naturalmente alcune superiori e altre inferiori. La scienza ha mostrato da tempo che queste “essenze” non esistono, che tutti i gruppi umani sono non solo ovviamente interfertili (che è il criterio biologico per la differenziazione di specie), ma di fatto sempre largamente mescolati e che la variabilità genetica interna a ciascun gruppo umano è sempre assai più vasta dalla differenza statistica fra gruppi. I tratti più visibili, come il colore della pelle ecc. non sono segni rivelatori di un'essenza razziale ma adattamenti a certe condizioni fisiche dei luoghi come l'illuminazione solare, che emergono rapidamente per adattamento evolutivo in qualunque popolazione sia sottoposta a quelle condizioni. Essere razzisti è oggi come credere che la terra sia piatta: pura ignoranza. C'è bisogno di attribuire questo errore intellettuale all'assassino di Tolosa per capire i suoi atti? Si può affermare che abbia ammazzato dei bambini, consapevolmente e deliberatamente, perché pensava che fossero di razza inferiore? Basterebbe essere consapevoli che siamo tutti esseri umani, contraddire l'aberrazione ideologica nazista, per eliminare questo tipo di crimini orrendi?
Anche se in alcuni casi si sono estesi al “sangue”, cioè alla discendenza ebraica, le persecuzioni cristiane e islamiche contro gli ebrei non erano razziste: chi si convertiva in genere aveva salva la vita. L'obiettivo era la religione, certamente, nel senso che il discrimine per cristiani e islamici era una dichiarazione di fede; ma allo stesso tempo veniva colpita la specificità culturale e nazionale dell'ebraismo: anche se nel corso della storia molti ebrei si sono convertiti per convinzione, per interesse o più spesso per salvarsi la vita, non vi sono ebrei cristiani o ebrei musulmani, come vi sono per esempio Bosniaci cristiani e musulmani. Nell'ebraismo il carattere nazionale e quello religioso coincidono largamente. L'odio per gli ebrei (uso questa locuzione invece dell'antisemitismo che è anch'essa parola ottocentesca) è dunque odio di una religione e di un popolo allo stesso tempo: come si possono odiare induisti e musulmani in Kashmir, e ache come vi è stato odio fra polacchi e russi o fra francesi e tedeschi. L'odio contro gli ebrei è però molto più largamente diffuso, molto più permanente e soprattutto esso è eliminativo. I più nazionalisti dei serbi non potevano pensare di distruggere i musulmani kossovari fino all'ultimo uomo, gli sciiti iracheni non possono voler cancellare dalla faccia della terra i sunniti o viceversa – per il semplice fatto che non è possibile. Sono odi feroci e violenti, ma non eliminativi. Quello per gli ebrei lo è: Hitler parlava di “soluzione finale”, molti autori nella Chiesa credono che ci sia bisogno della conversione di tutti gli ebrei per la parusia, il ritorno finale; nel mondo islamico circolano detti attribuiti al Profeta sull'eliminazione degli ultimi ebrei nascosti dietro sassi e alberi.
La ragione di queste caratteristiche non è facile da comprendere, ma certamente ha a che fare con il fatto che gli ebrei sono stati per millenni dispersi in piccoli gruppi in mezzo a popolazioni differenti: estreme minoranze che hanno rifiutato di assimilarsi. Cristianesimo, Islam, laicismo volterriano, marxismo, nazismo hanno avuto il progetto comune di eliminare questa anomalia, con la distruzione culturale o con quella fisica, a seconda dei luoghi, dei momenti o delle tendenze dei movimenti. I progetti di soluzione finale del problema ebraico attraverso la conversione più o meno forzata (secondo la promessa cristiana o musulmana), o l'assimilazione (come volevano Marx e gli illuministi), l'espulsione (buona parte degli stati europei fra medioevo e prima modernità) o lo sterminio (i nazisti) sono certamente assai diversi sul piano delle conseguenze personali e anche dell'intenzione etica; ma dal punto di vista storico-culturale il risultato non è troppo diverso: tutte queste strade portano a una società senza ebrei. Il razzismo non c'entra, la Chiesa e l'Islam si vogliono universali, ammettono tutti i popoli, purché convertiti. Fanno eccezione solo per Israele.
Il primo sionismo si illuse che la costruzione di uno Stato degli ebrei e quindi la fine dello stato di minoranza dispersa avrebbe annullato l'odio. Di fatto quest'odio è solo cambiato, si è esteso dai singoli individui allo stato. Nel passato l'odio per gli ebrei prendeva ridicoli pretesti religiosi (“il popolo deicida”, o che “aveva rifiutato Maometto”), o assumeva calunnie più gravi e ancor più infondate (gli omicidi rituali, gli avvelenamenti dei pozzi), si basava sul carattere “capitalista” degli ebrei (per secoli in Europa costretti a fare i prestatori di denaro dalla proibizione di altri lavori) o sul loro rapporto col socialismo, o infine sulla menzogna della razza. Oggi sarebbe Israele a “opprimere” i palestinesi, a uccidere bambini, strappare organi ai defunti, a non volere la pace, a “colonizzare” a “giudeizzare Gerusalemme” eccetera.
Sono tutte menzogne, ma la loro falsità non impedisce agli assassini di ucciderci e alle organizzazioni internazionali di discriminare Israele in maniera sistematica. Definendo quest'odio “razzista” gli togliamo la sua terribile specificità storica, lo annacquiamo in un calderone di antipatie e localismi. Coloro che hanno detto che l'assassino di Tolosa non ce l'aveva con gli ebrei ma con la Francia, probabilmente l'hanno fatto a fin di bene, per cercare protezione in una legalità generale. Chi, pur di origine ebraica, ha insinuato che si facesse scandalo per gli ebrei ma non lo si sarebbe fatto per i Rom, invece l'ha fatto con la malvagità di chi si è unito agli odiatori del suo popolo. Resta il fatto che entrambe questa posizioni sono sbagliate. Magari l'assassino di Tolosa odiava anche la Francia di cui era cittadino. Ma il suo odio per gli ebrei non derivava da quello par la Francia, né era spiegabile con le sue condizioni sociali, né era razzista: era l'ultimo anello di una catena millenaria, ed era stato alimentato da specifici e infaticabili maestri d'odio, antisemiti consapevoli, impegnati a distruggerci fino all'ultimo uomo. Questo dobbiamo sapere senza farci illusioni. E senza rifugiarci dietro le consolanti etichette del razzismo e del nazismo, pretesti momentanei e perituri di un odio molto più profondo e antico.

Ugo Volli

notizieflash   rassegna stampa
Sorgente di vita - Speciale Tolosa
  Leggi la rassegna

La strage di Tolosa  apre la puntata di Sorgente di vita di domenica 25 marzo. “Sono  nostri figli, sono bambini della Repubblica francese” , dice Bruno Fiszon,  Gran Rabbino di Metz e della Mosella, testimoniando l’orrore, la tristezza e le preoccupazioni della comunità ebraica  dopo l’attentato.

 

Dopo lo strazio civile e umano, con la conseguente la copertura mediatica, della strage consumatasi nei giorni scorsi a Tolosa, è seguita, inesorabile, la bonaccia. L’andamento delle notizie assume un po’ quello del mare che si rifrange con le onde sulla spiaggia (o forse dovremmo dire, in questo caso, contro gli scogli): al momento di piena segue, in un moto pendolare, il ritrarsi per un certo lasso di tempo dell’attenzione.

Claudio Vercelli


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