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16 maggio
2012 - 24 Iyar 5772 |
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David
Sciunnach,
rabbino
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È
scritto nella Parashà di questa settimana la Parashà di Behàr Sinai:
“Nessuno opprima il suo prossimo, abbi timore del tuo Signore, perché
Io sono l’Eterno, il vostro Signore” (Vaikrà 25, 17). Il grande
commentatore della Torah Rabbì Shlomò Itzchaki, conosciuto con il suo
acronimo come Rashì, commenta questo verso della Torah dicendo:
"Nessuno di voi molesti verbalmente il suo compagno e non gli dia
consigli falsi e interessati". Il grande Rabbì Bunem di Pshisha diceva
a proposito di questo: "La Torah ha posto una particolare attenzione a
non opprimere il nostro prossimo, ma un vero Chasìd – un uomo pio – deve sapere che ci è vietato anche opprimere noi stessi".
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Davide
Assael,
ricercatore
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Sono fra coloro che
sostengono una politica del rigore; non so se sia una tendenza ebraica,
ma è una convinzione che mi ha trasmesso mio nonno, che mai spendeva
più di ciò che guadagnava. È conseguente che io non pensi che il
contribuente tedesco debba pagare le tasse che non paga l’evasore greco
o italiano. Penso, inoltre, che i primi responsabili della condizione
che vivono siano i cittadini dei Paesi che oggi, per usare un
eufemismo, si trovano in difficoltà, rei di aver assecondato i peggiori
vizi della propria nazione attraverso uno scellerato patto con la
classe politica. Certo, non ce la si può prendere con i tedeschi se si
è votato chi, con una sfacciataggine senza limiti, proponeva slogan
come, “meno tasse per tutti”. Ma chi può credere, nel 2000, a simili
cose? Ed infatti nessuno ci ha mai creduto, però conveniva votare di
là. Detto questo, non posso accettare che si parli di bambini
malnutriti e di scarso accesso alle medicine nel cuore dell’Europa.
Posso capire non dare soldi ai governi se non si hanno in cambio
garanzie, ma cosa si aspetta ad inviare camion targati UE con cibo e
medicine in Grecia? È già una vergogna che si soffra la fame nel mondo,
ma che questo avvenga in Europa, con la ricchezza che si è prodotta dal
dopoguerra ad oggi, grida davvero vendetta.
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Contando
l'Omer - Il tutto dentro ogni singolo |
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Mercoledi 16 Maggio, 39° giorno dell’Omer, 5 settimane e quattro giorni
Nel collegamento tra la conta dell’Omer e le sefiròt,
ogni settimana è riferita a una di sette sefiròt, dall’alto verso il
basso, e in aggiunta ogni giorno della settimana è riferito a una
sefirà, nello stesso ordine. Ad esempio, questa settimana, la sesta, è
quella dello Yesod, il Fondamento, e oggi è il giorno del Netzach,
l’Eternità; più precisamente oggi è il Netzach dello Yesod. Tutto
questo appare strano e poco comprensibile, come ogni parte della
dottrina mistica. Ma qui emerge un’idea fondante della kabbalà,
importante e interessante, che così si può semplificare con tutte le
possibili cautele: che ogni distinta sefirà contenga dentro di sé tutte
le altre; o, in altri termini, che ogni aspetto della realtà, che sia
quella superiore o quella della nostra immaginazione o quella del
reale, che noi pensiamo separato e distinto, non lo è veramente; ogni
idea e ogni cosa contengono dentro di sé tutto il resto, e ciò che ci
appare non è mai l’essenza esclusiva ma la prevalenza.
rav
Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma -
twitter @raviologist
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Yom HaTorah - Tutte le edot in campo per lo studio |
La
Comunità di Milano aderisce con entusiasmo all’iniziativa di Yom
HaTorah promossa dall’Unione delle Comunità Ebraiche domenica 20 maggio
e dedicata al grande maestro italiano Elia Samuele Artom (nella foto).
Lo fa con un programma particolarmente ricco, che coinvolge tutte le
sue anime, le varie edot che la compongono e che apporteranno alla
giornata una ricchezza unica. Sono infatti previste tra le 10 e le
12.30 lezioni in moltissime sinagoghe milanesi: tra le altre il Tempio
centrale, il Yoseph Tehillot, punto di riferimento della kehillah
libanese, il Noam, cuore pulsante della vita della comunità persiana,
l’Ohel Yakov, storico tempo askenazita. Nel pomeriggio poi programmi
specificamente per i bambini alla Scuola della Comunità ebraica, con
giochi e quiz, oltre alla lezione Avot uBanin, appuntamento per uno
studio in coppia padri e figli. “Si ammoniscono i fratelli: il
divieto ebraico di farsi gli affari propri. Quale rapporto tra
osservanti e non osservanti nell’ambito della Halakha?” il titolo
dell’incontro che vedrà confrontarsi sul tema di questa prima edizione
della giornata vari rabbanìm milanesi. A coordinare gli interventi
sarà rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e
cultura dell’UCEI. Parteciperanno poi rav Elia Richetti, presidente
dell’Assemblea dei rabbini d’Italia, rav Yaakov Simantov del Noam, il
rabbino Chabad Avraham Hazan, rav Michael Kadosh del Yoseph Tehillot,
rav Daniel Gudis, ospite d’onore da Gerusalemme. A concludere la
giornata saranno le riflessioni di rav Alfonso Arbib, rabbino capo
della Comunità di Milano. In serata poi un appuntamento tutto
speciale targato Unione giovani ebrei d’Italia: Rashisushi, una cena
all’insegna dello studio e della riflessione allietata dalla più amata
prelibatezza giapponese, cui parteciperanno rav Arbib e rav Della Rocca.
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Qui Milano - Primo Levi, echi di una voce del nostro tempo |
Un
personaggio, una voce, una storia dai tanti volti. Questo è il Primo
Levi raccontato in “Echi di una voce del nostro tempo. Primo Levi fra
noi” appuntamento al Teatro Franco Parenti di Milano che lo ha
ricordato a 25 anni dalla scomparsa. Davanti a una sala gremita,
il professor David Meghnagi, direttore del Master di didattica della
Shoah dell’Università Roma Tre, il critico letterario Alberto Cavaglion
e lo storico delle idee David Bidussa hanno condiviso la loro visione
del Primo Levi scrittore, testimone, chimico, ebreo italiano, in un
dialogo a tre voci moderato dal giornalista Stefano Jesurum. Ad
accogliere pubblico e relatori della serata organizzata dalla Comunità
Ebraica di Milano con la collaborazione di Fondazione Centro di
documentazione ebraica contemporanea, Centro Internazionale di Studi
Primo Levi, Nuovo convegno, Master Internazionale di II Livello in
Didattica della Shoah dell’Università di Roma Tre, sono stati la
direttrice del Teatro Parenti Andrée Ruth Shammah e l’assessore alla
cultura della Comunità ebraica di Milano Daniele Cohen. Poi la
discussione si è dipanata tra citazioni degli scritti di Primo Levi,
suggestioni nascoste, scelte di linguaggio e, soprattutto, insegnamenti. Se
Jesurum nella sua introduzione ha posto l’accento sulla dimensione
etica di Primo Levi, un’etica che diventa la cifra comune delle sue
molteplici radici, il professor Meghnagi si è concentrato sul Primo
Levi scrittore, sulla sua grandezza mal sopportata dai circoli
letterari che per questa ragione lo inquadrarono nella categoria di
‘testimone’ sfuggendo così al confronto. “L’amore per la parola è la
grandezza di Primo Levi, nella prosa dal linguaggio marmoreo e
asciutto, come nelle sue poesie, che troppo spesso vengono trascurate,
e che sono invece fondamentali, come Mezuzot poste all’ingresso dei
suoi scritti”. “A tutti noi che oggi ci occupiamo di Primo Levi
rimane il grande rimpianto di non avergli posto tante domande quando
ancora era in vita - ha ammesso Alberto Cavaglion, curatore di una
nuova edizione commentata di Se questo è un uomo pubblicata da Einaudi
proprio in occasione del venticinquesimo anniversario della scomparsa
dell’autore (per leggerne uno stralcio contenuto nell’ultimo numero di
Pagine Ebraiche clicca qui.
Gli scritti di Primo Levi sono pieni di citazioni, di rimandi, di
allusioni. Naturalmente i suoi primi libri sono molto diversi dagli
ultimi. E se quando era ancora in vita, le sue opere venivano
generalmente considerate un inno alla speranza dalle ceneri di
Auschwitz, dopo la sua tragica morte vi è stata la tendenza a una
rilettura retrospettiva, un’operazione sempre pericolosa”. “Se
Italo Calvino nelle sue opere sceglie di far leva sul senso della
vista, Primo Levi lavora invece sul senso del tatto - ha messo in
evidenza Bidussa - Pensiamo a quanto attenzione dedica alla mano, come
elemento negativo che perpetra violenza fisica e morale, ma anche come
elemento positivo, con le pagine dedicate all’etica del lavoro,
all’importanza del sapere manuale, operoso e privo di presunzione”. E
sollecitato a spiegare quali siano dunque gli insegnamenti che Primo
Levi ha lasciato, ha aggiunto “Leggendo Se questo è un uomo, ci
accorgiamo che ogni momento della vita del lager accade una sola volta,
non certo perché questa fosse la realtà, ma per comunicare
efficacemente, per consentire al lettore di capire. Ancora oggi non
siamo capaci di raccontare e di rappresentare gli stermini che
avvengono vicini e lontani da noi. Pensare in modo creativo, comunicare
e, soprattutto, porsi delle domande. Ritengo sia questa la chiave per
garantire che gli echi di Primo Levi continuino a essere ascoltati”.
Rossella Tercatin - twitter @rtercatinmoked
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Qui Roma - Un'identità in bilico |
Prosegue
l'intensa stagione di appuntamenti al Centro Bibliografico Tullia Zevi
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Tema del prossimo
incontro, in programma domani pomeriggio a partire dalle 18, è un
suggestivo viaggio nella storia degli ebrei d'Italia dal titolo
“Un'identità in bilico: l'ebraismo italiano tra liberalismo, fascismo e
democrazia” che verrà proposto in occasione della presentazione del
nuovo volume della Rassegna Mensile di Israel interamente dedicato ai
150 anni del'Unità di Italia e a cura del professor Mario Toscano. Alla
serata interverranno tra gli altri il presidente emerito della Corte
Costituzionale Giovanni Maria Flick, il professore della Facoltà
Valdese di Teologia Daniele Garrone e il docente di storia americana
Massimo Teodori. Moderatore della tavola rotonda il vicepresidente UCEI
Anselmo Calò.
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Qui Verona - Il corpo nell'esperienza spirituale ebraica |
Secondo
incontro sul tema del corpo, la guarigione e l’ebraismo a cura del
dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane. Un argomento sentito e trasversale che sta riscuotendo
notevole interesse in diverse realtà italiane e che è stato affrontato
nei locali della Comunità di Verona con grande partecipazione e
intensità. Due i momenti che hanno scandito la giornata: una conferenza
al mattino e un pranzo nel pomeriggio. Durante la conferenza sono stati
messi a fuoco leggi, riti e interpretazioni riguardanti
l'alimentazione, il sonno, la sessualità e altri momenti essenziali che
accompagnano la nostra vita e quotidianità. Nel corso del seminario
sono state presentate invece delle strategie per migliorare la
consapevolezza di questi atti come mangiare, odorare, toccare e
respirare finalizzati ad un'armonica cooperazione tra anima e corpo,
seguendo le indicazioni della tradizione ebraica.
Ilana Bahbout
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Vittime
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Da
grande ammiratore di Roman Polanski – autore di pellicole
straordinarie, che resteranno per sempre nella storia del cinema: da
Rosemary’s baby a Luna di fiele, da Il pianista al recente Carnage – ho
letto con grande interesse la sua intervista, pubblicata su la
Repubblica della scorsa domenica 13 maggio, nella quale ripercorre le
tappe salienti della sua intensa e controversa vita, costellata di arte
e dolore, scandali e polemiche, successi e cadute: l’infanzia nel
Ghetto di Varsavia, la madre persa ad Auschwitz, il padre a Mauthausen,
la rapida conquista della celebrità, il massacro della giovane moglie
Sharon Tate, incinta di otto mesi, e di quattro amici da parte della
setta satanica di Charles Manson, l'arresto e la prigione con
l'infamante accusa di aver abusato di una tredicenne, la fuga, il nuovo
arresto a Zurigo, la prigione dorata in Svizzera, l’attuale vita di
star in Europa e di ricercato in America, dove non può mettere piede,
in considerazione dei suoi perduranti problemi giudiziari. Una vita che
Polanski ha deciso di sintetizzare in un lungo film documentario, nel
quale intende dare al pubblico la sua versione degli eventi che lo
hanno visto protagonista. Sarà, certamente, un filmato
interessante, anche se, spesso, quando gli artisti parlano della
propria arte, non giovano alla forza di suggestione delle loro opere,
che dovrebbe colpire lo spettatore senza il filtro di spiegazioni o
“interpretazioni autentiche” offerte dal creatore dell’opera.
L’intervistatore, per esempio, chiede al regista quale sia il senso
della scena finale de Il pianista, consistente in un muto sguardo
interrogativo tra il musicista ebreo, ormai libero, e l’ufficiale
nazista - che aveva, inspiegabilmente, deciso di salvargli la vita -,
divenuto prigioniero. Ma non saranno le parole di Polanski a
permetterci di cogliere il senso di tale suggestiva immagine, al cui
eloquente silenzio non è dato aggiungere alcuna didascalia esplicativa. Polanski
merita, come raffinato artista, la nostra ammirazione. Come figlio,
marito e padre di persone colpite da atroci violenze, la nostra più
piena solidarietà. E, come testimone della Shoah, in grado di
descriverne l’orrore in un’opera di rara poesia, merita la nostra
gratitudine. Non merita, però, comprensione per il grave delitto di cui
si è reso responsabile, e, soprattutto, per la sua perdurante scelta di
rifuggire dal suo debito con la giustizia. E la sua autodifesa, nel
contesto di un discorso così sincero, nobile e dolente, in cui si parla
di Shoah, di violenza e di vittime innocenti, appare decisamente
stonata. Un giudice americano, dice il regista, si sarebbe fissato a
volerlo mandare in prigione; “una volta assunte le mie responsabilità,
non ho avuto mai problemi con Samantha Geiger”, aggiunge, a proposito
della vittima della sua violenza, “mentre entrambi ne abbiamo avuti con
la persecuzione dei media”. Frasi, queste, che mostrano una buona dose
di cinismo. Come se la violenza carnale su un’adolescente possa essere
sanata da una successiva ‘riappacificazione’ tra aguzzino e vittima. E
come se l’interesse dei media sia dovuto a una morbosa invadenza dei
giornalisti, e non debba invece essere messo in conto, anch’esso, al
responsabile del delitto, e alla sua scelta di fuggire. Polanski
non sarà certo il primo, né l’ultimo latitante a non voler tornare in
prigione. Né ci sentiremmo di consigliarglielo, ognuno si regola, in
queste cose, secondo la propria coscienza. Se vuole trovare delle scuse
al suo comportamento, faccia pure. L’unica cosa che ci sentiremmo di
chiedergli è di non mischiare – parlandone contestualmente - la
rievocazione del terribile destino subito dai suoi genitori e da sua
moglie con la vicenda di cronaca nera – certamente meno terribile, ma
non per questo insignificante – in cui si è trovato coinvolto. In tutti
e tre i casi, i ruoli delle vittime e dei sopraffattori sono ben
chiari. E giudici e giornalisti, in tutti e tre i casi, non c’entrano
proprio niente.
Francesco
Lucrezi, storico
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notizie
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rassegna
stampa |
Salute - Mamme in sovrappeso rischio per la salute dei figli
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Essere
in sovrappeso prima e durante la gravidanza non mette a rischio solo la
salute della futura mamma, ma anche quella dei futuri figli che, da
adulti, saranno più esposti a ipertensione, iperglicemia e colesterolo
alto. Lo rivela uno studio frutto della collaborazione tra L'Università
Ebraica di Gerusalemme (Israele) e L'Università di Washington (Seattle,
Usa), pubblicato sulla rivista Circulation. Nella ricerca Hagit Hochner
e colleghi hanno valutato lo stato di salute di 1.400 individui nati a
Gerusalemme tra il 1974 e il 1976.
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L'Ambasciatore
di Israele all'ONU Michael Oren scrive oggi un interessante articolo
sul Wall Street Journal nel quale fa un excursus sulla storia di
Israele e sui grandi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, tra un '73
nel quale ben pochi accettavano l'idea della nascita di uno stato di
Palestina, e il governo attuale che ne riconosce apertamente la
legittimità.
Emanuel
Segre Amar
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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