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21 maggio 2012 - 29  Iyar 5772
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l'Unione informa
ucei 
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rav Jonathan saks

Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova



Un evento eccezionale come il forte terremoto di ieri in pianura padana, ha determinato la ricerca dei sismologi per identificare quante altre volte, nel corso della storia, questo evento si sarebbe verificato. Gli studiosi hanno affermato che due volte (1570 c.a - 1639 c.a) si sono verificati terremoti di questa entità in questa area che, per leggenda, era indicata come non in "grave pericolo" per gli effetti anche di un forte evento sismico. 'Azarià de Rossi (1513-1574), in una sua opera chiamata "Meor 'Enaim, documentò "ebraicamente" quel terremoto del 1571 (שנת של"א), riportato oggi alla nostra memoria dai sismologi. Lo storico mantovano, che all'epoca abitava a Ferrara, scampò alla morte nonostante parte della sua casa fu rasa al suolo. Poi, come i circa 5000 sfollati di oggi, lui e la sua famiglia sfollarono in un villaggio vicino. Il capitolo in cui racconta questo evento è intitolato "Kol Elokim - La voce di D-o", e in esso cerca di interpretare il terremoto come una sorta di messaggio divino: "Ecco, è cosa risaputa dalla bocca del nostro D-o nella Sua retta Torah, e dai molti Suoi servitori Profeti, che tra le vie del servizio gradito dinanzi a Lui, benedetto Egli sia, c'è quella che tutti gli uomini che osservano i Suoi segni e le Sue azioni terribili, raccontino e le facciano ascoltare a chiunque arriverà di generazione in generazione, affinché gli esseri umani imparino l'insegnamento e scolpiscano nella radice della loro anima che Egli solo è D-o, Re di tutta la terra, si concentrino sempre, con le loro azioni e il loro pensiero,  sulla Sua grande forza e sulle Sue meravigliose molte benignità e si educhino su tutto ciò che a loro è richiesto...". Grazie a Gadi Luzzatto Voghera per avermi indicato - stamattina - la lettura di questo capitolo. Nelle parole di 'Azarià de Rossi si può trova un bel collegamento con lo scopo che il Yom HaTorah di ieri si proponeva: studiare, indagare, interpretare correttamente, mettere in pratica e tramandare la Torà quale fonte e fine della nostra essenza...

Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Una filastrocca per bambini, opera di Anna Sarfatti e illustrata da Serena Riglietti, l'autrice delle copertine dell'edizione italiana di Harry Potter. Preceduto da una breve introduzione di Maria Falcione, il libro è stato pubblicato da Mondadori e si intitola" I bambini non vogliono il pizzo". È la storia di una bambina la cui famiglia apre una pizzeria in Sicilia. Il rifiuto del pizzo porta alla distruzione del locale, ma la bambina trova la solidarietà dei suoi compagni e della maestra. La sua scuola viene alla fine intitolata a Falcone e Borsellino e la pizzeria ricostruita. Un libretto che trasmette con  delicatezza valori di cui abbiamo disperatamente bisogno: legalità, coraggio, generosità, speranza. L'ho trovato nella posta mentre la bomba di Brindisi faceva strage fra i ragazzi che andavano a scuola e uccideva la piccola Melissa. Qualunque siano le motivazioni di questo atto terroristico,che al momento ancora non si sanno, sono quelli di questo libricino  valori che possono aiutare, se siamo capaci di trasmetterli e farli nostri, a far sì che cose del genere non succedano più. Demolendo il terreno di coltura del terrorismo, della mafia, della criminalità, distruggendone i valori di morte, facendo crescere la solidarietà e il senso dell'appartenza alla società civile. E proprio a cominciare dai bambini.

davar
Contando l'Omer - Il Giubileo
Lunedi 21 Maggio, 44° giorno dell’Omer, 6 settimane e due giorni.

Nella realtà ebraica c’è una tensione costante tra reale e ideale, tra realizzato e irrealizzabile, tra ciò che era e non c’è più e che qualcuno, o molti, sperano che torni. Tensioni e contraddizioni che si accentuano quando si legge, come abbiamo fatto questo Shabat, all’inizio della parashà di Behar, il brano che istituisce il Giubileo. Il Giubileo non c’è più da millenni, secondo i Maestri da quando gli Assiri distrussero il regno d’Israele. Perché si possa applicare presuppone un insediamento completo del popolo ebraico nella terra d’Israele, da dividere equamente tra tribù e famiglie. Eppure ne parliamo ancora come di qualcosa vicinissima. La stranezza si accentua tenendo presente l’evidente accostamento simbolico proposto dalla Torà tra Giubileo e Omer. Sette settimane con Shavuot al cinquantesimo giorno, sette cicli di sette anni e Giubileo al 50°. Coincidono le parole (“conterete”) e i numeri. Con il Giubileo i conti si azzerano, arriva la libertà, ciascuno ridiventa padrone di sè stesso con uguali risorse economiche. Solo che il Giubileo non lo possiamo più fare, mentre l’Omer lo contiamo tutti gli anni. Il nostro tempo viene scandito in attesa di liberazione e nuovo inizio. Chissà se questa ripetizione annuale è un modo per controllare e reprimere le nostre attese o invece per non farci dimenticare la carica rivoluzionaria della nostra storia.

rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Romatwitter @raviologist

La differenza, presidio di civiltà
Con una chiara nota emessa all’indomani dei gravissimi, recenti fatti di Brindisi, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha ricordato quale sia, nei tempi incerti in cui i valori fondamentali delle democrazie e delle società progredite vengono minacciati, il posto degli ebrei italiani. “Gli ebrei italiani fanno pienamente loro il monito per l’impegno e la coesione nazionale affinché chi diffonde odio non abbia partita vinta su chi si impegna ogni giorno per la vita, l’istruzione e la democrazia”. Ma ha anche affermato che “colpire i giovani, gli adulti del domani, significa colpire le speranze di un’intera società”. E’ da pochi gorni in circolazione un libro straordinario e commovente, un antidoto dedicato all’infanzia, ma utile anche a molti adulti, che ben rappresenta i sentimenti degli ebrei italiani (I bambini non vogliono il pizzo. “La scuola Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”, Mondadori). Grazie all’insegnante Anna Sarfatti per aver donato a tutti questo messaggio trasparente e straordinario. La differenza è presidio di civiltà. E i giovanissimi sono il nostro più grande patrimonio di speranza, la maggiore tutela dei valori civili.

Pagine Ebraiche, 6 -  2012

Yom HaTorah - L'Italia unita dallo studio
Confronto, approfondimento, identità. Molti spunti, molte sollecitazioni per la prima edizione nazionale dello Yom HaTorah, la giornata di studio della Torah organizzata in tutto il paese dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Dedicato a rav Elia Samuele Artom e incanalato lungo un percorso di riflessioni con tema prescelto 'l'ammonimento',Yom HaTorah ha accompagnato numerosi iscritti delle realtà ebraiche per una manifestazione che voleva essere un invito all'approfondimento quotidiano e non soltanto saltuario delle proprie radici attraverso l'incontro con i testi fondamentali dell'ebraismo nel segno di quella 'hevrutah', l’usanza di studiare e confrontarsi con uno o più compagni di pari livello e non secondo un rapporto di allievo-maestro, che permette il proficuo fluire di interazioni, idee e nozioni e che è stata fortemente promossa dagli organizzatori tra cui il consigliere UCEI referente del progetto Settimio Pavoncello. Un pensiero commosso e partecipe, in una giornata di straordinario ritmo didattico e divulgativo come quella di ieri, è andato all'orribile attentato che a Brindisi, poche ore prima, aveva portato morte e dolore nel luogo maggiormente consacrato a questa occupazione. Primo ad intervenire in tal senso rav Riccardo Di Segni,rabbino capo di Roma, che al Collegio Rabbinico davanti agli studenti riunitisi già dalle prime ore del mattino ha fatto riferimento al passo di Mishnah in cui è citata la città pugliese un tempo conosciuta con il nome di Brundisinum. Più in generale l'ombra dei tragici accadimenti alla scuola Falcone è stato presente nelle parole di tanti e ha inevitabilmente attenuato, assieme alla consapevolezza per il terremoto che molti lutti ha fatto in Emilia Romagna, il clima di festa immaginato per il lancio di questa iniziativa che già significativi successi ha riscosso oltreconfine.
Per migliaia ebrei italiani, da Roma a Milano, da Genova a Trieste, da Torino a Napoli (dove per l'occasione si è festeggiato conl'ingresso di un nuovo Sefer Torah in sinagoga), la sveglia è suonata prestissimo la mattina di questa domenica diversa da tutte le altre e in più circostanze vissuta con grande trasporto a fianco di amici e parenti complice anche la concomitante ricorrenza di Yom Ha Yerushalaim celebrata, ad esempio a Livorno, con un reading di poesie, discussione di testi e musica. Speciale l'occasione offerta dello Shabbaton vissuto dai giovani assieme alla Comunità di Parma, realtà piccola nei numeri ma allo stesso tempo assai propositiva che ha aperto le proprie porte a ragazzi da tutto il paese e a un gruppo consistente di studenti israeliani residenti in zona. Successo di pubblico, entusiasmo e calore anche a Torino, città natale del rav Artom, dove il programma è stato raccolto all'interno di una mattinata serrata con rabbanim e allievi parimenti protagonisti. “Ho riscontrato notevole interesse e curiosità tra i presenti. L'iniziativa è stata ben recepita tanto che non pochi si chiedevano quale sarebbe stato il tema del prossimo anno” dice l'avvocato Giulio Disegni, intervenuto all'appuntamento torinese in rappresentanza dell'UCEI. A Roma, dove rav Di Segni ha suggerito l'istituzione di uno Yom HaTorah con cadenza mensile, ci si è confrontati 'Avot Uvanim', dal titolo dell'evento che, nei locali della scuola ebraica, ha visto genitori e figli studiare seduti allo stesso banco per uno scambio di impressioni e scintille di sapere che, come ha ricordato un Maestro col sorriso, non si trasmette necessariamente di padre in figlio ma anzi in alcuni casi compie più facilmente il percorso inverso. Intensa l'agenda di incontri, intense le tematiche sollevate grazie anche alla partecipazione di autorevoli ospiti stranieri tra cui, ancora nella Capitale, rav Steinberger della Yeshivat haKotel di Gerusalemme. Al cuore delle riflessioni,come detto, l'enunciato 'Ammonisci il tuo prossimo' che ha visto tra gli interventi più attesi quello del presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana rav Elia Richetti che su questo si è soffermato al Tempio Yoseph VeEliahu di Milano in un incontro che ha coinvolto le varie edot milanesi sotto il coordinamento del rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura UCEI. “Nel momento in cui ci si pone davanti al problema di riprendere il prossimo che sbaglia c’è una questione altrettanto importante di cui bisogna tener conto – ha sottolineato il rav – il divieto di svergognare gli altri, né pubblicamente, né privatamente. Chiediamoci dunque cosa deve fare il rav per bilanciare i due precetti. E soprattutto, se spetta davvero solo al rav seguirli”. Parole di grande profondità sono arrivate anche dal rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano. “Ammonire con amore – ha affermato – significa prima di tutto mettere in discussione se stessi. Sentire le colpe altrui come le proprie. Trovare il modo giusto per farle notare, talvolta con durezza, in altri casi con dolcezza, seguendo l’esempio di Mosè nella Torah. E soprattutto guardare una persona nella sua interezza, nel bene e nel male”. Conclusione di giornata, sia a Roma che Milano, con lo sfizioso evento RashiSushi a cura dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia. Una lezione congiunta tenuta da una coppia di Maestri in un contesto insolito e singolarmente allietata dalla più amata tra le pietanze giapponesi.
A tracciare un bilancio a caldo di questo primo Yom HaTorah italiano è rav Della Rocca, che ha voluto sottolineare come, se l’offerta di iniziative è stata notevole e di alto livello, sia allo stesso tempo necessario riflettere sul lato della partecipazione che in alcune città non è stata ottimale e capirne le ragioni. “Ricordiamoci che dalla Ghemarah – ha spiegato il rav – impariamo che il Bet Hamikdash fu distrutto proprio perché i membri del popolo d’Israele avevano smesso di ammonirsi vicendevolmente, facendosi ciascuno gli affari propri”.

Adam Smulevich - twitter @asmulevichmoked

Rossella Tercatin - twitter @rtercatinmoked

Yom HaTorah - A lezione con le bacchette del sushi
Chi l’ha detto che una lezione di Torah non possa essere un evento trendy? Ieri sera, a Milano, lo è stato. In occasione di Yom HaTorah, l’Unione Giovani Ebrei d’Italia ha sfruttato il fascino modaiolo del sushi per invogliare i giovani a partecipare alla lezione di Torah organizzata presso il tempio centrale di via della Guastalla, dando vita all’evento RashiSushi. E in contemporanea lo stesso succedeva anche a Roma in compagnia di Rav Roberto Colombo e Rav Benedetto Carucci Viterbi. E sembra che davvero l’affinità fra questi due mondi apparentemente così lontani vada oltre il simpatico gioco di parole, perché la partecipazione è stata piuttosto elevata. E così, dopo una bella scorpacciata di sushi, ovviamente rigorosamente kasher e con tanto di salsa di soia, i giovani milanesi hanno assistito alle lezioni tenute dal Rabbino capo Alfonso Arbib e da Rav Roberto Della Rocca, che con due interventi complementari fra loro hanno ripreso e approfondito un tema già affrontato durante la giornata, quello della mitzvah comandata dalla Torah di ammonire il prossimo. Un’impresa non semplice quanto appare, come ha sottolineato Rav Arbib: “I maestri ci insegnano che ci sono due grandi problemi. Innanzi tutto il fatto che nessuno è abbastanza perfetto da poter fare un ammonimento a un’altra persona senza incorrere nel rischio di commettere lo stesso errore o di non essere obiettivo nelle sue critiche; ma d’altra parte, anche per ricevere un’ammonizione è necessaria un’attitudine all’ascolto che purtroppo noi non abbiamo”. Attitudine all’ascolto che è anche la condizione che sta alla base della vita in comunità. Quello che si riscontra, tuttavia, è che la tendenza di oggi sia quella contraria, ognuno vive la propria vita, senza interferire in quella degli altri. A quanto pare le persone si interessano alla vita altrui solo quando si tratta di gossip, insomma. Ma quando c’è bisogno di sostegno e collaborazione, tutti sembrano non vedere. “Ed è proprio l’indifferenza che porta alla distruzione di una comunità”, ha concluso Rav Della Rocca al termine del suo discorso. E come il direttore di un’orchestra, formata da giovani partecipi e interessati, che è riuscito a coinvolgere con domande spunti di riflessione, quale strumento migliore delle bacchette giapponesi che brandiva fra le mani per coordinarne gli interventi?

Francesca Matalon  - twitter @MatalonF


Yom HaTorah - A Casale si ricordano gli amici scomparsi
È stata una domenica decisamente intensa quella vissuta ieri dalla Comunità ebraica di Casale Monferrato. Una domenica dedicata alla Torah e al ricordo di persone che hanno significato moltissimo sia per la Comunità che per la città. La giornata si è aperta in sinagoga con una conferenza del rabbino Giuseppe Laras che, proprio in ragione di Yom HaTorah, seguendo l’iniziativa nazionale proposta dall’UCEI, ha parlato del precetto “Ammonisci il tuo prossimo” (Hokheach Tokhinah). L'esegesi di questo e di molti altri precetti nasce da singoli e complessi casi (veri o leggendari) di rapporti interpersonali la cui soluzione discussa lungamente si trasforma poi in regola. Un momento di viva commozione ha poi colto i presenti con l'intitolazione della sala mostre della sinagoga a Nella e Dario Carmi. La Comunità casalese è integrata in modo particolare nel tessuto civile e sociale della città e in tanti sono venuti a rendere omaggio a due figure che con la loro opera hanno contribuito a rendere tutto il complesso di vicolo Salomone Olper quel gioiello che rende fiera Casale. Al di là di questo Dario Carmi, insegnante di matematica, è ricordato da generazioni di allievi così come Nella prima con il suo lavoro e poi come segretaria della Comunità: era davvero un personaggio imprescindibile nella vita cittadina. “Ci chiamavano i due carabinieri – ricorda Adriana Ottolenghi – perché andavamo sempre in giro insieme, del resto anche Dario era sempre con mio marito”. Oltre alla targa commemorativa, sulla porta della sala è stata applicata da Rav Laras anche mezuzah. Anche il pomeriggio è stato dedicato a un amico scomparso della comunità: Lele Luzzati, con una mostra che celebra l'altra ricorrenza di questa domenica, Yom Yerushalaim, il giorno di Gerusalemme. La raccolta su questo tema realizzata dal Museo Luzzati e dalla Comunità ha visto esposti molti disegni inediti dell'artista e soprattutto la proiezione di un lungometraggio che Luzzati realizzò circa una trentina di anni fa su testi di Meir Shalev: un imperdibile compendio di storia ebraica realizzato con tutta la straordinaria fantasia dell'artista genovese, che nei collage di quest'opera non esita ad animare bassorilievi babilonesi e vasi greci. Per vedere il tutto c'è tempo fino al 24 giugno. I prossimi appuntamenti in Comunità parlano in musica. È infatti prossimo a prendere avvio il ciclo di incontri in sinagoga organizzato dal compositore Giulio Castagnoli dal titolo “Da Salomone Rossi a Arnold Schoenberg”. Si comincia lunedì 28 maggio alle 21 proprio con un prologo dedicato all’inventore della dodecafonia viennese, 'Omaggio ad Arnold Schoenberg', che verrà eseguito dal Divertimento Ensemble di Milano con musiche di Arnold Schoenberg e Anton Webern. Si prosegue domenica 3 giugno alle 17 in ricordo di Sergio Liberovici con Paola Roggero (soprano), il coro Ghesher diretto da Erika Patrucco e l’introduzione di Emilio Jona. Le musiche sono di Sergio Liberovici su testi di Italo Calvino ed Emilio Jona e sue elaborazioni di canti ebraici. Domenica 10 giugno alle ore 17 Piano solo con Sabrina Lanza (pianoforte) e musiche di Arndol Schoenberg, Felix Mendelssohn-Bartholdy, Ludwig van Beethoven. Domenica 17 giugno alle 17 invece Pagine ebraiche con il Trio Arkè e musiche di Edgardo Del Valle de Paz, Mario Castelnuovo Tedesco, Felix Mendelssohn-Bartholdy. Infine il 24 giugno alle 21 concerto dedicato a Salomone Rossi tra Mantova e Casale con l’Ensemble Ricercar e musiche di Salomone Rossi, Giulio Cesare Monteverdi, Claudio Monteverdi e Antonio Vivaldi.

Alberto Angelino


pilpul
In cornice - La collezione Pinkus
daniele liberanomeMolti conoscono David e Geraldine Pinkus per la grande generosità con cui sostengono istituzioni ebraiche e progetti di didattica sull'ebraismo; pochi sapevano della loro grande passione per l'arte, nata durante la loro luna di miele a Roma. Nel tempo hanno comprato opere di grande livello come dimostrano i prezzi a cui Christie's ha venduto la scorsa settimana buona parte della loro collezione, la più costosa mai passata in asta con i circa 300milioni di euro di spesa complessiva. Il pezzo più caro è risultato essere un Mark Rothko (”Orange, Red, Yellow”) passato di mano per circa 66 milioni di euro. E' un'ottima notizia per tutti noi in quanto gli introiti dell'asta andranno per opere benefiche. Ma l'asta di Christie's è interessante anche per conoscere meglio la mentalità della famiglia Pinkus, tipico donatore USA. Buona parte delle opere in vendita sono di artisti cosiddetti Espressionisti Astratti, quasi tutti ebrei e orgogliosamente americani, scappati appena in tempo dall'Europa e diventati la bandiera della cultura a stelle e strisce contro il realismo del comunismo sovietico. Non avevano acquistato nessun Chagall, nessun Mané Katz, nessun pittore israeliano. A giudicare dalla loro collezione, i Pinkus sono quindi americani fino al midollo, ma anche fieramente ebrei fino al midollo; rispettosi della religione, ma soprattutto legati alle radici “laiche” del loro ebraismo; felici di collezionare artisti ancorati al nostro patrimonio spirituale-culturale, ma rimanendo legati alle nuove proposte della scena culturale americana. Esistevano probabilmente figure con lo stesso approccio anche in Italia, ma sono per buona parte scomparse un secolo fa, e non per mancanza di risorse. E' altro che manca.

Daniele Liberanome, critico d'arte

Tea for Two - Bar Mitzvah Rap
rachel silveraTralasciando il fatto che anche la sottoscritta è stata rapita da quella strana sciarada del triangolo Belén-Emma-ballerino Stefano che vede come demiurgo una Maria de Filippi che, nonostante tutti i tronisti, gli amorazzi stucchevoli e le maestre di danza animose propinateci da più di un decennio, non riesco proprio a non stimare. Se non altro per la sua vociona che tanto stride con i suoi timidi sorrisi. Ma ecco, mi sono persa in quello che volevo tralasciare. La vera notizia è un'altra. Conoscete Drake? Un rapper mediamente di successo a cui è capitato di cantare con Rihanna in una delle tante hit che non mancano di un nanananana (il nananana di Rihanna è un marchio di fabbrica, più o meno come l'ehhh del buon vecchio Vasco). Bene, sapete che tema ha scelto per il suo nuovo video HYFR il nostro Drake? Il Bar mitzvah! Il ragazzo, ebreo per parte di madre, ha deciso di celebrare nuovamente la sua maggiorità religiosa e rinsaldare il rapporto con le sue origini. A questo punto non resta che vedere come. Iniziamo con uno spezzone di un classico video amatoriale in cui si vede il riccioluto bimbo Drake con un gilet a dir poco agghiacciante, poi cambio di scena: sinagoga di Miami, Lil Wayne che rappa l'intro. Drake serio esordisce: "I got to do what I got to do", quasi dovesse compiere un regolamento dei conti. Piccola notazione: la sinagoga di Miami sembra una villa dei Brangelina. Uomini truci annuiscono mentre il cantante legge i rotoli della Torah. Poi nuovamente puff, cambio di scena, ci spostiamo nella sala adibita per la festa con la torta tipica da Bar mitzvah con tanto di foto glassata e scritta. Drake sollevato sulla sedia non mostra il terrore negli occhi di chi sa che sta per fare un bel ruzzolone. In tutto ciò ad adornare la sala ci sono un gruppo nutrito di donzelle in abiti discinti che si buttano nelle danze e uomini con la kippah abbastanza su di giri. La cosa mi lascia perplessa, non capisco bene quali siano gli intenti del caro Aubrey Drake Graham. Ha tentato una commistione singolare tra il mondo dal rap con tanto di turpiloquio ed ebraismo, per fondere la sua doppia anima? Si era stufato dei soliti video con catene al collo e donnine di plexiglass e ha voluto metterci un tocco di jewishness? Vedendolo con una sorta di magnanimità di fondo ci farà sorridere, in fondo è sempre quel bambino con gli occhi da panda e quel gilet orribilmente sublime. E poi anche se volessimo arrabbiarci con Drake che ha un po' esagerato, bisogna prima vedersela con una vasta gamma di commenti antipatici e antisraeliani che sono piazzati sotto il video su youtube.

Rachel Silvera, studentessa - twitter@RachelSilvera2

notizie flash   rassegna stampa
Sorgente di vita - Uno speciale
su Gilad Shalit in onda questa sera
  Leggi la rassegna

Dal Campidoglio le immagini di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito  nel 2005 e rimasto quasi cinque anni prigioniero di Hamas in un luogo sconosciuto nella striscia di Gaza. Ai festeggiamenti  come cittadino onorario è dedicata la  copertina della puntata di “Sorgente di vita” di domenica 20 maggio che va in replica questa sera su RAIDUE alle ore 1,20 circa.


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