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   30 maggio 2012 - 9 Sivan 5772
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
david sciunnach
David
Sciunnach,
rabbino 


Una delle parti più difficili da capire della Parashà di Nasò è il brano in cui si parla dell’offerta fatta dai capitribù per l’inaugurazione del Tabernacolo. Il brano ripete infatti per ben 11 volte l’identica offerta. Rabbì Moshè ben Maimon, conosciuto come Rambàm, afferma che la ripetizione è un modo di onorare i capitribù e dimostrare loro gratitudine. Ma per cosa bisogna essere grati ai capitribù? Il Midràsh racconta che quando avviene la raccolta delle offerte per la costruzione del Santuario i capitribù aspettarono che la generosità del popolo soddisfacesse ogni esigenza prima di dare il loro contributo. Al momento però dell’inaugurazione del Mishkàn, i capitribù portarono per primi la propria offerta dimostrando così di aver capito il loro errore iniziale. La capacità di comprendere i propri errori è molto importante e lo è in maniera particolare se si tratta dei capi del popolo, per questo le loro offerte vengono raccontate 11 volte.

 Davide 
Assael,
ricercatore



davide Assael
Fanno sorridere le risposte, del resto consuete, delle gerarchie cattoliche a chi, a seguito degli ultimi scandali, si interroga sulla coerenza fra l’idea stessa di un’istituzione ecclesiastica e il messaggio evangelico, che si era scontrata col mondo ebraico proprio sui temi della gerarchia e del potere. Si dice, “Se non fosse esistita la Chiesa, la Parola si sarebbe persa nel vento”, come se un orizzonte etico non potesse sopravvivere senza un centro di potere che lo conserva e lo propaganda. E intanto, il calendario ebraico conta 5772…

davar
Qui Roma - Kosher, la sfida di un marchio nazionale
Primo pubblico confronto ieri pomeriggio tra Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rabbinato, ministero dell'Agricoltura e associazioni di categoria sulla possibilità di lavorare sinergicamente alla creazione di un marchio kosher nazionale. Intitolato 'Marchio Kosher, opportunità e sfida culturale', l'incontro si è svolto nella sede del ministero sotto l'egida dell'Associazione Hans Jonas e ha abbracciato vari aspetti che declinavano un tema attuale e sempre più rilevante per la colletitività anche in virtù della significativa attenzione riposta dal consumatore italiano verso prodotti percepiti ormai da molti ad alto livello di salubrità e sicurezza. Ad aprire gli interventi, moderati dal presidente dell'Associazione Hans Jonas Tobia Zevi, una riflessione del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna che ha evidenziato il crescente interesse sulle scelte distributive di prodotti kosher (“anche per molti cittadini non ebrei sinonimo di cibo sano e di qualità”) e la possibilità che si presenta in questo ambito di stabilire un significativo contatto con la comunità islamica che principi simili a quelli degli ebrei è chiamata a rispettare per quanto riguarda il sistema di regole della macellazione halal. Una sfida quindi sia di tipo culturale che economico, come già aveva sottolineato su queste pagine Zevi in un intervento in cui si si rilevava in particolare l'opportunità, se questo cammino comunque 'non facile' andrà a buon fine, di avvalersi della notorietà internazionale garantita dal comparto agro-alimentare italiano per ottenere maggiore visibilità della produzione kosher anche sui mercati stranieri. Soddisfazione per l'apertura del tavolo di confronto con le istituzioni è stata espressa anche dal rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni che si è in particolare soffermato sulle specificità della kasherut e sull'ampia sfera di problematiche ma anche straordinarie occasioni di sviluppo e crescita – su tutti vale l'esempio del mercato statunitense – che ad essa si legano. “Confrontarsi è fondamentale, l'incontro di oggi può rappresentare una svolta significativa per portare avanti questo progetto insieme alle istituzioni” ha affermato il rav. Massima disponibilità e apertura sono arrivate da tutte le associazioni di categoria coinvolte. Da Cia a Coldiretti, da Copagri a Confagricoltura. “Adesso – ha concluso il ministro per le Politiche Agricole Mario Catania – porteremo avanti un lavoro di approfondimento per verificare la possibilità di avviare una collaborazione. Il kosher è una materia molto complessa ma che interessa una parte della collettività e che non intendiamo per questo trascurare”.

a.s - twitter @asmulevichmoked

Qui Roma - Identità ebraica e riflessioni filosofiche
Pubblico attento e numeroso a Villa Mirafiori, sede della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma, al convegno 'Essere ebrei', opportunità di confronto in ambito filosofico che affronta il tema dell'identità ebraica sotto vari aspetti e punti di riflessione. Apertosi nel pomeriggio di ieri, il convegno è organizzato dalla professoressa Donatella Di Cesare, con il patrocinio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, della Comunita ebraica di Roma e del Benè Berith e in collaborazione con La Sapienza. Ad aprire i lavori, dopo il saluto del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il professor Shmuel Trigano con una relazione dal titolo 'Ebraismo le gesta del secondo essere'. "Nel sollevare la domanda sul significato dell'identità al livello dell'essere - ha sottolineato Trigano - troviamo la sfida a far fronte a una grande esigenza spirituale e intellettuale. Porre la questione sull'essere vuol dire porre al contempo la questione ebraica per eccellenza, alla quale l'ebraismo non può rispondere se non, in ogni caso, con difficoltà. Secondo Trigano la Torah compie un atto di forza quando ci dice che "Essere" designa il nome di D-o. Ha fatto seguito l'intervento di Donatella Di Cesare 'Essere ebrei una forma di vita' in cui ci si è soffermati sul significato della domanda 'Cosa vuol dire essere ebrei?'. "La domanda - ha spiegato la professoressa - attraversa già tutto il pensiero del Novecento fino a Levinas. I principi che la filosofia ha ritenuto validi non hanno retto alla prova di Auschwitz, di fronte alla degradazione assoluta dell'umano, alla privatizzazione della dignità non solo della vita, ma persino della morte. E' dopo Auschwitz che viene rivendicata l'universalità dell'etica ebraica. Che cosa può insegnare l'ebraismo alla filosofia? L'ebraismo insegna alla filosofia l'eteronomia, la legge dell'Altro. L'ebreo che compie la mitzvà, che fa prima di ascoltare, diventa la figura esemplare di una nuova etica universale".
Questa mattina i lavori sono ripresi con gli interventi di Danielle Cohen Levinas (Essere ebrei secondo Emmanuel Levinas) e Vittorio Robiati Bendaud ('Faremo e ascolteremo' che cosa fare per essere chi?). A concludere la mattinata l'intervento del rav Giuseppe Laras che, dopo aver ascoltato gli interventi che lo avevano preceduto, ha deciso di modificare il taglio della sua relazione 'La fede di Israele fra universalismo e particolarismo' concentrandosi sui testi in cui si fa riferimento ad Abramo e in particolare al momento della chiamata di D-o. "La sua figura - ha affermato il rav - appare lontana fisicamente ma anche culturalmente. Abramo accoglie infatti la chiamata in forma acritica dando vita a quello per cui era stato chiamato".
Nel pomeriggio i lavori del convegno si trasferiscono nella sede del Centro bibliografico UCEI dove riprenderanno con il saluto del presidente dell'Unione Renzo Gattegna e del rappresentante a Roma del dipartimento Affari pubblici di Israele Amos Radian. Protagonisti della sessione pomeridiana, presieduta da Donatella Di Cesare, saranno Manfred Gerstenfeld (Le identità ebraiche nell’Occidente postmoderno) e Ilana Bahbout (Differenza e creatività. Una riflessione ebraica sul soggetto) e Lisa Block De Behar (Essere ebrei. Vicissitudini di una definizione azzardata)

Lucilla Efrati - twitter @lefratimoked

Qui Milano - Al Teatro Parenti in scena un Cyrano
per raccontare l'amore e il valore della differenza
Applauditissima performance dei ragazzi della scuola Jarach della Comunità ebraica di Milano al Festival dei laboratori di arti interpretative dal vivo (Laiv) in corso di svolgimento fino a venerdì primo giugno al Teatro Franco Parenti.
I ragazzi del quarto anno di linguistico e tecnico Pacle (periti aziendali e corrispondenti in lingue estere) hanno portato sul palco una rivisitazione della celebre opera teatrale Cyrano de Bergerac del drammaturgo francese Edmond Rostand e, con grande ammirazione della platea hanno recitato in francese la loro versione della storia, al motto di “voglio essere amato per quello che sono, oppure nulla”. In ‘Un autre Cyrano’, ragazzi elegantissimi dal naso scenico improponibile, e affascinanti fanciulle in abito da sera si sono alternati al ritmo della musica, suonata dal vivo, per raccontare i tratti caratteriali dei personaggi e approfondire alcune delle tematiche trattate dalla storia originale. Grande soddisfazione anche per gli “adulti” coinvolti, in primis la professoressa di francese Vanessa Kankhagi, coordinatrice del progetto, e poi i docenti Renata Mosseri, Marco Bacchi, Eliana Feyer e Antonella Fusetto.
Laiv, nato nel 2006 ha coinvolto finora oltre 180 scuole in tutta la Regione, che si sono impegnate a inserire per un triennio laboratori di musica e teatro nella loro offerta formativa. Il liceo Jarach ha presentato domanda per partecipare lo scorso anno, con il supporto della Fondazione Scuola e potrà dunque portare i suoi alunni al Teatro Parenti nei prossimi due anni, con grande entusiasmo degli studenti più giovani, accorsi ad applaudire i compagni attori per un giorno. E già fervono i preparativi per la scelta del testo da preparare nel corso dell’anno accademico 2012-2013.

 rt - twitter @rtercatinmoked

pilpul
Le Olimpiadi della paura
Francesco LucreziIl rifiuto del CIO di commemorare – a quarant’anni di distanza – le vittime della strage di Monaco è stato commentato, con nobili parole, da Pierluigi Battista, in un accorato articolo, che ne conferma (nel quadro generale della nostra pubblica informazione) la figura di “rara avis”, di “vox clamantis in deserto”. “È evidente – scrive Battista - il motivo per cui il CIO si rifiuta di ricordare con un minuto di silenzio a Londra il massacro olimpico di Monaco '72: la paura. Il terrore di boicottaggi e rappresaglie solo per un minimo gesto di omaggio agli atleti israeliani uccisi quarant'anni fa da un commando di terroristi palestinesi. La preoccupazione di urtare la suscettibilità di chi non vuole riconoscere lo Stato di Israele e dunque non pensa che i morti ammazzati di Israele, uccisi in Germania nel mezzo di una competizione olimpica, debbano essere onorati. La paura, il terrore. Nessun'altra spiegazione plausibile”. “Si sancisce così – conclude il giornalista il principio che alcuni morti non possono nemmeno essere nominati, che il CIO è ostaggio di chi addirittura sente il massacro di Monaco come una bandiera da sventolare. Una pagina orribile della storia. Uno sfregio alle Olimpiadi: le Olimpiadi della paura”.
Tale triste pagina si collega direttamente alla reazione, altrettanto inqualificabile, del Comitato Olimpico dopo la strage, quando si scelse, con inaudito cinismo, di continuare i giochi come se niente fosse accaduto, celebrando la cerimonia finale in pompa magna, in un gioioso clima di festa. Belle ragazze sorridenti, folle plaudenti, bandiere al vento, palloncini in aria. Solo la delegazione israeliana scelse di disertare la sfilata: ma gli israeliani, si sa, sono un po’ permalosi, appena uno fa uno scherzo appena pesante dicono subito che “non ci giocano più”. Gli altri no, sanno stare agli scherzi, e poi, come si dice, chi muore giace, e chi vive si dà pace.
Battista scrive che il motivo della mancata commemorazione è la paura. Vorremmo sperare che abbia ragione. La paura è un sentimento umano, tutti la proviamo. Chi può dire di non essere mai stato vile, in qualche circostanza della propria vita? Chi, di fronte a una palese ingiustizia, una prepotenza, un’umiliazione subita da qualcun altro, non ha mai scelto di girare la testa da un’altra parte, pensando “in fondo non sono fatti miei”, “chi me lo fa fare di mettermi in mezzo”, “meno male che non è capitato a me”’, o qualcosa del genere? Non siamo tutti eroi, è normale. Pensare che il CIO non sia fatto di eroi sarebbe, quindi, nella natura delle cose. Ma non è detto che sia proprio così. Può ben darsi che il rifiuto sia stato opposto non per paura, ma per convinzione. L’assassinio degli atleti israeliani, possono avere pensato, è stato un episodio di guerra, una guerra che non ci riguarda, che non riguarda le Olimpiadi, e quindi non dobbiamo immischiarci. Un ragionamento, un’ipotesi, agghiacciante, ma tutt’altro che peregrina.
Comunque sia, paura o convinzione che sia, il fatto è quello che è. E suscita, più che rabbia, un senso di penosa, disperante fatica. La fatica di doversi sforzare, giorno per giorno, di vivere in modo ‘normale’, facendo conto di abitare un mondo ‘normale’, dove tutti dovrebbero comportarsi con te secondo ‘normalità’. La fatica di doversi illudere, ogni mattina, che anche per te, come per tutti, debbano valere le leggi del diritto, dell’etica, della solidarietà, dell’umanità, della compassione. E di dovere constatare, ogni sera, che non è così.

Francesco Lucrezi, storico

notizie flash   rassegna stampa
Israele - A Ramat Gan cresce l'attesa
per l'avvio del Madonna World Tour
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Attesa febbrile in Israele per la regina del pop Madonna che domani a Ramat Gan inaugurerà il Mdna World Tour (in tutto 84 concerti in programma tra Europa e America).  Secondo alcuni la signora Ciccone sarebbe accompagnata, fra gli altri, da una presunta sosia incaricata di depistare i paparazzi e alleggerire la pressione dei media sulla famiglia. Grazie a questo stratagemma pare che infatti che sia riuscita a celebrare senza dare troppo nell'occhio la festività ebraica di Shavuot in un noto centro di divulgazione cabalistica nel cuore della città. Tutto da verificare invece il mormorio secondo cui la cantante durante la notte sarebbe uscita dall'albergo per raggiungere la «città santa» di Safed (in Galilea), cara alla devozione e ai riti di alcune correnti dell'ebraismo ortodosso.


 

La notizia riportata da tutti i giornali di oggi è quella dell'espulsione degli ambasciatori siriani da quasi tutti i paesi occidentali; l'Occidente non può restare inerte di fronte ai tanti morti dell'ultimo anno (13-14000), ma dimentica di aver sempre fatto finta di nulla pur conoscendo le stragi compiute dalla feroce dittatura della famiglia Assad. Al contrario ha sempre concesso tutti gli onori possibili ad un regime che è membro influente in tutti gli organismi dell'ONU, e così oggi alcuni ambasciatori, pur se espulsi, resteranno nelle loro sedi(...)

Emanuel Segre Amar



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