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12 giugno 2012 - 22 Sivan 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Con la Parashah dello scorso Shabàt ha inizio una sequela  di lagnanze e di contestazioni che caratterizzano gran parte del quarto libro della Torah.
Nell’undicesimo capitolo di Bemidbàr, lo smanioso desiderio della carne e la nostalgia dell’Egitto sono associati al rifiuto della manna. La manna prende questo nome quando, in Shemòt, 16; 15, il popolo si chiede: "..mah hu..? ”, “ ..cosa e'...perché non sapevano cosa fosse...”.  La manna rappresenta altresì un’esistenza centrata sulla capacità di porsi domande. Quando si diventa aridi e si smette di interrogarsi, ci si rifugia nella nostalgia e nella mitizzazione di un passato che forse non è mai esistito. Non è un caso che Chokhmah, la 'saggezza', sia una parola composta da 'Koakh'  e da 'mah'; la forza di domandare per continuare a concentrarci sul presente e sul rinnovamento quotidiano.
Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
A giochi ormai conclusi penso si possa dire qualcosa sulle recenti elezioni dell’UCEI. Finalmente abbiamo risolto i nostri problemi attraverso nuovi processi di mediazione e nuove opposizioni. D’ora in poi, il sole brillerà luminoso su di noi sia di giorno che di notte. L’unità di intenti e di azione è garantita dalla fusione meccanica degli opposti: non esistono più destra e sinistra, ma un compattamento di posizioni che si elidono a vicenda e danno per risultato la splendida neutralità centrista. Differenze e fratture non ne potranno così emergere e ciò è segno di grande equilibrio e garanzia di efficienza e di pace eterna. Inoltre, una lista al femminile ha assicurato finalmente equilibrio estremo alla lista al maschile, e questa polarizzazione è di per sé garanzia di scelta delle migliori forze disponibili sulla piazza. Non era dunque vero, come si credeva, che per opporsi all’assenza ci volesse la presenza, che per combattere il torto fosse necessario affermare il diritto, che per porre rimedio all’inefficienza si dovesse optare per l’efficienza. Si è finalmente scoperto che il bene (e così il male) si identifica con uno dei due generi, maschile o femminile. E a decidere con quale dei due sono le urne. Eventualmente, a pagare sarà come al solito l’ebraismo italiano

davar
Consiglio UCEI - I nomi del nuovo parlamentino
La commissione elettorale centrale dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha annunciato questa mattina la composizione del primo parlamentino dell'ebraismo italiano. Le Comunità di riferimento sono elencate in ordine alfabetico così come i nomi dei singoli consiglieri:

Ancona (Marco Ascoli Marchetti), Bologna (David Menasci), Casale Monferrato (Claudia De Benedetti), Ferrara (Elieen Cartoon), Firenze (Dario Bedarida) Genova (Ariel Dello Strologo), Livorno (Daniele Bedarida), Mantova (Licia Vitali Norsa), Merano (Elisabetta Innerhofer), Milano (Cobi Benatoff, Nissan Hadjibay, Milo Hasbani, Roberto Jarach, Sara Modena, Giorgio Mortara, Guido Osimo, Liliana Picciotto, Giorgio Sacerdoti, Raffaele Turiel), Modena (Beniamino Goldstein), Napoli (Sandro Temin), Padova (David Romanin Jacur), Parma (Giorgio Yehuda Giavarini), Pisa (Anselmo Calò), Roma (Sabrina Coen, Roberto Coen, Elvira Di Cave, Fabiana Di Porto, Noemi Di Segni, Jacqueline Fellus, Renzo Gattegna, Alessandro Luzon, Victor Magiar, Silvia Mosseri, Simona Nacamulli, Riccardo Pacifici, Eva Ruth Palmieri, Daniela Pavoncello, Settimio Pavoncello, Vittorio Pavoncello, Barbara Pontecorvo, Raffaele Sassun, Scialom Tesciuba, Luca Zevi), Torino (Giulio Disegni), Trieste (Davide Belleli), Venezia (Corrado Calimani), Vercelli (Rossella Bottini Treves), Verona (Roberto Israel).

Sono stati inoltre nominati dalla Consulta Rabbinica rav Alfonso Arbib, rav Adolfo Locci e rav Alberto Somekh. Cinque (Firenze, Livorno, Milano, Roma e Trieste) le Comunità in cui è andati al voto. I consiglieri espressi dalle altre 16 realtà che compongono l'ebraismo italiano sono stati designati dai rispettivi Consigli comunitari.


Qui Roma - Nelle cronache dei giornali della Capitale
la prima volta di Binah e l'affermazione della lista Unitaria 
Grande attenzione sui giornali della Capitale per i risultati del voto che ha portato all'elezione di 20 consiglieri romani nel nuovo parlamentino dell'ebraismo italiano. Se da un lato ci si sofferma sul notevole riscontro ottenuto dalla nuova formazione Binah, lista tutta al femminile che ha conquistato il 39% dei consensi eleggendo 8 consigliere, dall'altro si sottolinea comunque la netta affermazione della lista Uniti per l'Unione (61% dei consensi, 12 consiglieri) che all'assise nazionale sarà rappresentata da tutti e tre i leader del governo unitario della Comunità di Roma (Riccardo Pacifici-Per Israele; Victor Magiar-Hazak; Raffaele Sassun-Efshar) che hanno scelto di partecipare a questa iniziativa politica che ha come garante e capolista l'attuale presidente UCEI Renzo Gattegna.
“Elezioni all'UCEI, vince il listone. Pacifici il più votato dai romani” titola il Messaggero. Nel pezzo si dà voce sia a Gattegna che definisce 'ottimo' il numero di preferenze ottenute da una lista alla quale hanno partecipato “le varie componenti dell'ebraismo romano attraverso un patto di collaborazione per poter affrontare in maniera unitaria l'attuazione delle modifiche dello statuto dell'UCEI”, sia a Fabiana Di Porto, quinta per preferenze del gruppo Binah, che parla di risultato 'inatteso'. “Binah – racconta Di Porto – è nato un mese fa come protesta contro la lista unitaria. Le prime stime ci davano un paio di consigliere e invece siamo arrivate a otto grazie al grande entusiasmo che è nato intorno alle nostre idee. Questo successo è quello di tanti ebrei che non si interessano alle istituzioni perché si sentono respinti mentre noi siamo riuscite a trasmettere in poco tempo un messaggio di ascolto”. Sollecitato sulla sua probabile rielezione a guida dell'UCEI, Gattegna afferma: “Sono stato invitato della mia lista a rendermi disponibile per un nuovo mandato di presidenza e se il Consiglio lo riterrà opportuno mi candiderò”. “UCEI, lo scatto delle donne”, titola invece il Corriere Roma che mette in evidenza l'exploit della lista 'rosa'. Un risultato che è frutto di “un grande malcontento a livello comunitario” spiega Sabrina Coen, prima tra le elette di Binah, che si dice contenta dell'esito del voto e annuncia la piena disponibilità e l'entusiasmo di tutta la formazione “a contribuire alla vita dell'Unione”. A Riccardo Pacifici è invece affidata una riflessione sugli equilibri interni della lista unitaria. “La mia lista – spiega – ha retto e abbiamo eletto i nostri candidati. Evidentemente la scelta di Magiar non è stata compresa dal suo elettorato. Quello che è importante, a parte tutto, è che la decisione di portare Gattegna come capolista abbia invece avuto un ottimo riscontro”.
Chiude la panoramica sul voto Repubblica che, in un breve pezzo di analisi, mette nuovamente a confronto le riflessioni di Pacifici e Coen dando appuntamento nel breve termine per la definizione degli assetti consiliari. Il favorito per la presidenza, anche per Repubblica, è comunque Gattegna

Qui Milano - Un nuovo Consiglio per la Comunità
Dieci consiglieri per la formazione Welcomunity guidata da Walker Meghnagi, nove per Ken 2.0, capolista Daniele Cohen, nessun eletto per le altre tre liste, Am Im, Shalom e Com.Unità. Questa la sintesi dei risultati delle elezioni per il rinnovo dei vertici della Comunità ebraica di Milano, annunciati ufficialmente ieri sera dal segretario generale Alfonso Sassun. Eletti (in ordine di preferenze ricevute) Walker Meghnagi, Daniele Schwarz, Guido Osimo, Joseph Menda, Rami Galante e Ruben Gorjan (Welcomunity), Simone Mortara, Claudio Gabbai, Daniele Nahum, Daniele Cohen (Ken 2.0), Raffaele Turiel, Raffaele Besso (Welcomunity), Stefano Jesurum (Ken 2.0), Vanessa Alazraky, David Nassimiha (Welcomunity), Gad Lazarov, Afshin Kaboli, Claudia Terracina, Davide Hazan (Ken 2.0). Di Ken 2.0 è anche il primo dei non eletti Gadi Schoenheit.
Un risultato in equilibrio, se si considera che nonostante il gruppo di Meghnagi abbia raccolto una solida maggioranza relativa del totale delle preferenze espresse, Ken, espressione della maggioranza uscente, avrà appena un consigliere in meno, nove contro i dieci di Welcomunity.
“Comunità ebraica: l’imprenditore Meghnagi è il nuovo presidente” il titolo riportato dalle pagine milanesi del Corriere della Sera di questa mattina. Meghnagi, sessantuno anni, di origine libica ha rilasciato intanto alcune dichiarazioni al quotidiano il Giornale respingendo l’idea che la sua lista possa essere etichettata come ‘religiosa’ o ‘di centrodestra’. “In passato, è vero, la distinzione era fra laici e religiosi, ma la mia lista non è di religiosi, né di centrodestra. Credo che nella Comunità ci fosse grande voglia di rinnovamento. E con noi c’erano tanti giovani, come peraltro nell’altra lista – le parole di Meghnagi, che ha poi commentato il dato sul rinnovamento dei nomi nel Consiglio dettato dalla mancata possibilità di ricandidarsi per chi avesse alle spalle tre mandati consecutivi – C’erano consiglieri eletti da decenni e si era creato un clima di gelosie e contrasti di vecchia data”.
La prima riunione di Consiglio è prevista per il 26 giugno prossimo. Sulla possibilità di formare una ‘grande coalizione’ con una giunta in cui figurino nomi di entrambe le liste, Meghnagi ha tenuto a sottolineare “E’ il mio desiderio fin dalla campagna elettorale e credo che ci possa essere un grado di governabilità molto superiore rispetto al passato”.
 
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
 

Terremoto - Un aiuto a chi soffre
Prosegue la raccolta fondi lanciata dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto. Chi vuole partecipare potrà farlo versando il proprio contributo sul conto corrente bancario intestato all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, IBAN IT40V0200805189000400024817 causale Terremoto Emilia; oppure sul conto corrente postale intestato all’unione comunita ebraiche italiane numero 45169000 sempre specificando la causale Terremoto Emilia
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Identificazione ed espulsione
Tobia ZeviL’ultimo a decretarne l’illegalità è stato Giuliano Amato. Non proprio un pericoloso estremista. Commentando l’ultimo rapporto della Comissione parlamentare sui Diritti umani sui Centri di identificazione ed espulsione (Cie), l’ex-Ministro dell’Interno ha dichiarato: «Credo sia impossibile farne a meno, penso sia intollerabile usarli per un tempo così lungo e per finalità che non sempre corrispondono a quelle prescritte dalla legge».
Secondo la Commissione, i Cie (di cui i Cara, i centri per rifugiati, sono parenti prossimi) sono «luoghi di detenzione peggiori del carcere». Con alcune caratteristiche peculiari: le persone vi sono recluse senza aver commesso alcun reato, per il solo fatto di essere sprovvisti di documenti. Ma, tra chi non possiede o non vuole mostrare documenti, e chi attende di essere espulso, si trova di tutto: dalla badante a cui è scaduto il permesso di soggiorno al deliquente matricolato, dal neo-maggiorenne cresciuto in Italia alla prostituta salvata dal racket.
Fino a qualche settimana fa i CIE avevano un’altra prerogativa. A parte i parlamentari, nessuno poteva entrarci. No ai consiglieri regionali, no ai giornalisti, no ad associazioni e sindacati. L’ex-Ministro Maroni li aveva sigillati con apposita circolare, nella speranza magari di occultare i numerosi gesti di autolesionismo (nel 2011, solo a Torino, 156), i casi di ingestione di corpi estranei (100 sempre a Torino), le ferite da arma da taglio (56), la condizione incredibile in cui vivono i detenuti: sotto psico-farmaci. A Roma e Torino – non ho gli altri dati – circa uno su due.
Un gruppo di associazioni ha lanciato alcuni mesi fa la campagna «LasciateCIEntrare», per consentire ai giornalisti di documentare la vita nei Centri. Questa iniziativa ha spinto il Ministro Anna Maria Cancellieri a sospendere la circolare-Maroni. Senza informazione non può esserci la giusta indignazione: noi condanniamo la censura con cui il regime siriano cancella le sue vittime, uccidendole due volte. Ma non possiamo dimenticare ciò che accade a due passi da noi. 

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas - twitter @tobiazevi

Storie - Zamboni e il tentativo di salvare gli ebrei di Grecia
I Palatucci e i Perlasca non furono casi isolati. Un altro funzionario italiano si attivò con le armi della burocrazia e con profondo senso di umanità per salvare gli ebrei in quegli anni tragici: il console a Salonicco Guelfo Zamboni, che nel '92 fu riconosciuto come Giusto delle nazioni dallo Yad Vashem. E non agì da solo: gli incaricati dell’ambasciata italiana a Berlino gli diedero man forte.
La vicenda di Zamboni era già in parte conosciuta. Di recente, però, come rivelato dal Corriere della Sera, la storica Sara Berger, ricercatrice del Museo della Shoah in via di costituzione a Roma, ha rintracciato nell'Archivio politico degli Affari esteri tedeschi di Berlino il carteggio tra il governo fascista e l’alleato tedesco sulla deportazione da Salonicco di 75 ebrei italiani (o presunti tali, molti di loro erano stati fatti passare come tali dallo stesso Zamboni, allo scopo di sottrarli ai nazisti), che nella tarda primavera del ’43, poco prima della caduta di Mussolini, fece scoppiare un vero e proprio caso diplomatico.
Tutto partì da una nota dell’ambasciata italiana a Berlino del 14 maggio 1943, ispirata dallo stesso Zamboni: «La Regia Ambasciata è stata incaricata di voler pregare il Ministero degli Affari Esteri del Reich affinché vengano annullati i provvedimenti erroneamente adottati e si provveda di conseguenza al ritorno alle rispettive residenze degli ebrei in questione che risultano deportati, al rintraccio degli smarriti, ed alla liberazione di quelli già internati in campi di concentramento».
Che cosa era successo? Adolf Eichmann, Obersturmbannführer delle SS che da marzo aveva organizzato la deportazione ad Auschwitz e Treblinka di 55 mila ebrei greci, per «errore» aveva arrestato a Salonicco anche alcuni ebrei italiani.
Il regime fascista, su pressione di Zamboni, chiede che siano rimandati indietro, «in quanto il governo italiano si sente obbligato a proteggerli per motivi morali, patriottici o per interessi nazionali», informa la Regia ambasciata il 15 giugno 1943.
Nella lista dei 75 ebrei rivendicati dall'Italia figura Doudoun Levi Venezia, la nonna di Shlomo Venezia, autore del libro Sonderkommando, uno degli ultimi sopravvissuti delle squadre di prigionieri costrette a lavorare tra forni e camere a gas di Birkenau per portare via i cadaveri. Dettaglio importante: lo storico Marcello Pezzetti fa notare che nella lettera del 14 maggio 1943 si legge che «è stata deportata in Polonia». Ovvero: «Il governo italiano sa di Auschwitz».
Purtroppo ormai è tardi. L'ambasciata italiana insiste e Eberhard von Thadden, del ministero degli Esteri tedesco, scrive il 19 giugno ad Eichmann, chiedendogli di «rintracciare» e «mettere a disposizione degli italiani» le persone della lista. Ma la signora Venezia, partita a marzo, è stata uccisa all'arrivo.
Zamboni comunque riuscì a salvare circa 350 ebrei dalle deportazioni, ricorrendo allo stratagemma della nazionalità italiana provvisoria.

Mario Avagliano - twitter @MarioAvagliano

notizie flash   rassegna stampa
Tesserino verde per Lucilla Efrati
  Leggi la rassegna

Il Consiglio dell'Ordine dei giornalisti del Lazio ha disposto stamane  l'iscrizione della collega Lucilla Efrati all'albo dei giornalisti  pubblicisti.
L'arrivo del sospirato tesserino verde, giusto riconoscimento di questi anni di lavoro e di impegno, è stato accolto  dai giornalisti in redazione con gioia e amicizia. Un grande Mazal Tov a Lucilla e ai suoi cari per questa bella affermazione.

 






 

Come chi legge queste pagine sa benissimo, si sono svolte domenica le elezioni per il consiglio dell’Unione e quello della Comunità di Milano. Dato che la valutazione dei risultati elettorali è sempre controversa, è interessante riportare tutti i titoli dei giornali che ne parlano.


Ugo Volli twitter @UgoVolli
















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