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25 giugno 2012 - 5 Tamuz 5772
l'Unione informa
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alef/tav

Giuseppe Laras, presidente
emerito
Assemblea
Rabbinica
Italiana


Ho avuto il piacere, alcuni anni or sono, di conoscere personalmente l'attuale Dalai Lama, potendone apprezzare gli elevati sentimenti di umanità e di amore per le persone. Il presente recentissimo rifiuto del Sindaco e della Giunta Comunale della Città di Milano di conferire, come viceversa promesso in un primo tempo, la cittadinanza onoraria al Dalai Lama, suona grave e sconcertante da molti punti di vista. Spiace, in particolare, osservare che per ragioni di politica contingente sembrino messi a tacere i più elementari e fondativi principi etici, stante soprattutto la resistenza pacifica testimoniata da anni dal Dalai Lama contro tentativi reiterati di spegnere una voce dissonante di libertà. E' triste e angoscioso osservare che ai diritti umani sembrino così maggiormente salvaguardati gli interessi politico-economici. E tutto ciò è ancora più grave e preoccupante avvenendo in uno Stato sovrano, l'Italia, per pressione di governi stranieri.

Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Il sorriso di Breivik dal suo banco d'imputato ci ripropone, se mai riuscissimo a scordarcelo, il problema del male. Della sua banalità, per riprendere la frase di Hannah Arendt ormai fin troppo "banalizzata", o della sua eccezionalità. Capace o incapace di intendere e volere, per riprendere il dibattito processuale e il dilemma dei giudici nella scelta tra la prigione e il manicomio criminale. Solo una volta in vita mia, ormai molti anni fa e in un contesto molto speciale, ho sentito di avere di fronte il Male, quello con la M maiuscola per intenderci. E, anche se non ci credevo e continuo a non crederci, anche se continuo a pensare che il male non ha mai la maiuscola, ho sentito un brivido di fronte a ciò che percepivo. Lo stesso che sento oggi guardando il volto di Breivik.

davar
Arco di Tito - Torna vivo l'oro della Menorah
Uno straordinario studio archeologico internazionale, guidato dallo Yeshiva University Center for Israel Studies in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, ha appena concluso una mappatura tridimensionale dell'Arco di Tito. Tra le scoperte più emozionanti di questo lavoro, che sarà presentato nella sua interezza il prossimo autunno, alcune tracce di giallo ocra sulla Menorah che gli ebrei deportati da Gerusalemme trasportano a spalla nella capitale dell'Impero. Una scoperta sensazionale che sta suscitando moltissime reazioni nella comunità scientifica e non solo. Steven Fine, direttore dello Yeshiva University Center, ha affermato: “La menorah raffigurata nell'Arco di Tito è stato il simbolo della determinazione ebraica per 2mila anni e adesso è il simbolo del moderno Stato di Israele. Trovarci di fronte al suo colore originale è stato un autentico tuffo al cuore. Sono impaziente di vedere cosa altro troveremo".

Qui Napoli - La danza d'Israele rende le ali alla fenice
Gran finale in bellezza, con una replica straordinaria e a furor di popolo del concerto della cantante israeliana Noa in calendario per il 27 giugno, per il Napoli Teatro Festival Italia, che quest'anno ha dato ampio spazio alle compagnie israeliane di danza contemporanea più interessanti del momento.
Fra le compagnie ospiti, la Vertigo Dance Company, fondata a Gerusalemme nel 1992 da Noa Wertheim e Adi Sha'al, che nei suoi 20 anni di attività ha prodotto altrettante coreografie originali elaborate dalla direttrice artistica Wertheim assieme a progetti nati dalla collaborazione con altri artisti. Le performances di Vertigo sono ispirate alla natura e ai suoi elementi, volte a creare uno spazio fisico di incontro tra danzatori e spettatori.
L'incontro avviene davvero nella coreografia presentata a Napoli negli scorsi giorni: raggiunta la suggestiva sede dello spettacolo, il parco archeologico di Pausilypon, un promontorio a picco sul mare al quale si accede a piedi tramite una lunga galleria scavata nella montagna, gli spettatori vengono disposti a sedere in cerchio attorno a una pista di terra simile a quella di un circo. Ad accogliere danzatori e pubblico si eleva una cupola geodetica, ossia una struttura di bambù composta da triangoli che a loro volta creano pentagoni ed esagoni: “una forma che richiama la geometria dell'universo”, secondo le intenzioni di Wertheim. Progettata dall'inventore visionario Buckminster Fuller sulla base di un'ampia riflessione sui problemi di sostenibilità, la cupola è composta interamente da materiali riciclati o naturali. Ciò che maggiormente affascina e commuove nello spettacolo è la sensazione di vicinanza con i danzatori e con la coreografia stessa, che si svolge in tutta naturalezza davanti agli occhi del pubblico. La scelta di rappresentare lo spettacolo al tramonto, utilizzando la luce naturale come nell'antico teatro greco, unita alla possibilità, o anzi alla necessità di guardare direttamente negli occhi i danzatori, offrono allo spettatore un'esperienza estremamente viscerale, non mediata da alcun artificio teatrale o speculazione intellettuale. I costumi, in cotone naturale e colori rosso e arancione, richiamano l'immagine di un antico rito dell'America latina, così come la musica, che suggerisce gioia e leggerezza e anche una saggezza antica quanto remota.
Il mito della Fenice, l'uccello che muore e rinasce sempre dalle proprie ceneri, ha ispirato Wertheim nell'immaginare una performance che si rigenera e rinnova ad ogni nuova rappresentazione, nutrendosi della terra e della luce che la accolgono così da dar vita a energie e suggestioni sempre nuove.
L'impressione di assistere a una danza di livello eccellente ma – come si direbbe in ebraico – “ad altezza d'occhi”, cioè molto vicina allo spettatore, è probabilmente uno degli aspetti che più affascinano chi si sofferma un momento a guardare le tre compagnie israeliane presenti al Festival quest'estate. A cominciare dall'età giovanissima delle due coreografe e direttrici artistiche Wertheim (Vertigo) e Dafi Altabeb, fondatrice del Dafi Dance Group, nato appena nel 2005 e già molto interessante sulla scena internazionale. La terza compagnia, Kibbutz Contemporary Dance Company, fondata nel 1970 e diretta da Rami Be'er, vanta maggior tradizione, ma non viene per questo meno allo stesso principio. Basta incontrare i suoi giovanissimi danzatori intenti a servirsi generosamente dal buffet della colazione sulla terrazza dell'albergo per rendersene conto. La ballerina silfide e l'artista ascetico rimangono per oggi accanto alla Fenice: nella mitologia.

Miriam Camerini, regista


Qui Roma - Il mosaico che dà voce alle differenze
Insieme con lo scopo di promuovere idee e azioni a sostegno della conoscenza reciproca. Nasce in queste ore Musaikon, nuova opportunità di incontro aperta a tutta la società civile per contrastare la discriminazione e affermare l'uguaglianza dei diritti dell'intera collettività umana attraverso lo scambio di storie, esperienze e idee. L'iniziativa, frutto del lavoro congiunto di Equality Italia e giovani ebrei italiani, sarà presentata domani mattina alle 10 nella sala Peppino Impastato della Provincia di Roma (ad intervenire tra gli altri il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, il presidente di Equality Aurelio Mancuso e il presidente Ugei Daniele Regard) e prenderà avvio il prossimo autunno con due eventi a Roma e Milano. Caratteristica degli incontri pubblici sarà quello di impegnare tutti i partecipanti a portarsi da casa uno o più cuscini così da sedere comodamente a terra e favorire il reale ascolto tra persone durante i numerosi momenti di interazione. “Musaikon – spiega il consigliere Ugei Raffaele Naim – è un progetto volto a rappresentare sul territorio nazionale tutte le minoranze che non hanno voce. L'idea è nata durante un incontro con Aurelio Mancuso nel quale ci siamo resi conto che esistono realtà che vengono denigrate senza alcun motivo e che non hanno gli strumenti adeguati per prendere una posizione nell'opinione pubblica italiana. Ugei ed Equality, che durante questi anni molte battaglie comuni hanno affrontato per favorire la conoscenza delle diversità, hanno così deciso di mettere a disposizione il proprio bagaglio di esperienze nell'ottica di comporre insieme a questi singoli tasselli un mosaico che abbia voce in capitolo”.

a.s twitter @asmulevichmoked

Terremoto - Un aiuto a chi soffre
Prosegue la raccolta fondi in soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto. Per chi volesse offrire il suo contributo, specificando nella causale “Terremoto 2012, ecco i dati bancari (codice Iban) delle quattro Comunità ebraiche colpite:




Comunità ebraica di Ferrara: IT09F0615513000000000022715

Comunità ebraica di Mantova: IT19O0503411501000000022100

Comunità ebraica di Modena: IT55W0200812925000102122135

Comunità ebraica di Parma: IT82B0693065940000000001687

In attesa di definizione anche il progetto di ricostruzione che verrà finanziato dalla raccolta lanciata dall’UCEI che vi ha contribuito con una quota dei fondi dell’Otto per Mille.
Chi desidera partecipare può farlo versando il proprio contributo al conto corrente bancario intestato all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, IBAN IT40V0200805189000400024817 causale Terremoto Emilia; oppure sul conto corrente postale intestato all’Unione Comunita Ebraiche Italiane numero 45169000 sempre specificando la causale Terremoto Emilia.


pilpul
In cornice - L'Israele di Kadishman
daniele liberanomeDomenica scorsa Il Corriere della Sera ha dedicato la prima pagina della sezione Cultura a un artista israeliano, un fatto che non va passato sotto silenzio. A maggior ragione se si tratta di Menashé Kadishman, che in tutti i suoi lavori combina i valori ebraici più profondi con la realtà attuale israeliana, ed è capace di provocare, ma sempre con il sorriso e con il tocco del poeta. Alla Biennale di Venezia si attirò critiche e titoloni per aver esposto pecore bianche vive su cui aveva dipinto con un bersaglio blu (simbolo dei soldati mandati a morire) che si muovevano su e giù su un percorso, come fossero in un videogame, ma reale. Però girava anche in gondola con amici, e a chiunque si avvicinava nelle calli lanciava un tralcio di vite, simile a quello riportato dagli esploratori Giosuè e Calev, cioè un altro simbolo di Israele, ma stavolta tutto positivo. Anche nella sua celebre serie dei “Sacrifici di Isacco”, in cui il suo grido antimilitarista raggiunge l'apice, la volontà di denuncia degli orrori della guerra si unisce sempre al profondo amore per la terra, per i suoi figli, e mostra un legame indissolubile, seppur sui generis, con la Torah. Impressionante davvero è la sua installazione per il Museo Ebraico di Berlino, riproposta nel 2006 nella mostra collettiva sull'arte israeliana organizzata al Palazzo Reale di Milano. Sono un miriade di facce, diverse cadute a terra, come le foglie di un albero che però continua a vivere; è un omaggio alle vittime, ognuna con la sua storia, ma anche un messaggio verso il futuro e verso Israele che è nato mentre tante comunità europee sono andate distrutte.

Daniele Liberanome, critico d'arte

Tea for Two - Avere vent'anni
rachel silveraGli esami segnano indelebilmente gli animi dei miei simili. Gli amici universitari e io abbiamo constatato con disappunto la condizione di tapini alla stregua di Paperino nella quale versiamo. C'è chi per lo stress litiga con i capelli che o cadono o diventano bianchi , chi soffre di attacchi di panico e chi, con gli astri avversi, ha un po' di tutto. Io mi limito a ciondolare con i libri per casa, consumando la solita traiettoria salone-camera e cibandomi di patatine annaffiate da the freddo anche alle sette del mattino. Ovviamente indossando uno di quei pigiami che suggeriscono la totale assenza di specchi nelle vicinanze. "The age of anxiety" era il titolo di un capitolo del libro di letteratura inglese delle superiori e si sposa perfettamente con la nostra melodrammatica situazione. Avere vent'anni è stato il tema più esaltato dai commentatori e da questa ultima serie di maturandi che, come tradizione, non ascoltano la canzone di Venditti con il sottile timore che porti un po' jella. Oggi com'è avere vent'anni? Non c'è una risposta univoca, un aggettivo che squadri ogni lato, ma detto fra me e voi, ogni tanto è una grande seccatura. Noi ventenni siamo figli di utopie infrante, di pseudo baby boomers che non vogliono innvecchiare, siamo i "beato te, io non avevo nulla" ma anche il "ai miei tempi la gioventù era un'altra cosa, eravamo i migliori". C'è ancora chi anela ad un ritorno al passato con una rivoluzione fiorita e inutilmente riesumata che si è conclusa rispecchiandosi nella realtà di ventenni insoddisfatti, angosciati e angoscianti, errabondi, alla ricerca di qualcosa della quale non sanno nemmeno il nome. E gli esami, di qualunque genere o fattura, sono la molla ideale che mostra la vera natura del piccolo adulto medio: in attesa, vittima del caldo, tendenzialmente insicuro e con la fregola di dover continuamente dimostrare di valere qualcosa, perché quello che ci è stato trasmesso in due decenni è semplicemente il terrore del fallimento.

Rachel Silvera, studentessa - twitter@RachelSilvera2

notizie flash   rassegna stampa
Qui Roma - Coppa dell'Amicizia,
mercoledì sera la finalissima
  Leggi la rassegna

Si avvia alla conclusione la 49esima edizione della Coppa dell'Amicizia, storico evento che verde a confronto sul rettangolo verde più anime della Comunità ebraica di Roma. L'appuntamento con la finalissima è per mercoledì sera alle 22 al Centro Sportivo Corral. A contendersi il trofeo quest'anno Gruppo Lelletto e Irganim.
Hanno confermato tra gli altri la propria presenza all'incontro il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici e il presidente della Deputazione ebraica Piero Bonfiglioli.

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