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22 luglio 2012 - 3 Av 5772
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav

Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino 


Dopo la piaga delle locuste, il Faraone dice a Mosè: "Vadano gli uomini ed adorino il Signore". Acconsente dunque alla partenza degli uomini ma chiede che le donne restino in Egitto; se le mogli saranno legate alla cultura egiziana, gli uomini potranno fare qualsiasi culto al Signore perché, quando torneranno, sicuramente seguiranno le donne. Rav Yosef Shalom Elyashiv, il posek ha dor mancato questa settimana, da qui impara un principio importante: sono le donne che guidano il percorso. Per questo è importante che studino la Torah.


David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
La morte di Moshe Silman venerdì scorso, l’attivista che si era dato fuoco a Tel Aviv la settimana prima, è avvenuta nel silenzio, complice anche la strage a Burgas due giorni prima. L’attenzione e l’emozione erano rivolte in Bulgaria.
E tuttavia a scorrere le rare reazioni che si sono lette on-line alla notizia della morte di Silman, ci sarebbe materia per riflettere. Una mi ha colpito. L’ha spedita uno che si firma “Noor” e viene dal Pakistan, che scrive (traduco): “Questa vicenda è stata una rivelazione per me. Ho sempre pensato che tutti gli israeliani fossero milionari. Condoglianze al mio povero fratello.” Si potrebbe dire che il pregiudizio e la propaganda sono più forti della realtà. E’ vero. Ma serve a qualcosa la “gnangnera piangente” o ripetersi che tutto il mondo ci odia? A me non pare.
Nel frattempo rifletterei sui contenuti della contropropaganda che sono stati praticati finora. Quelli messi in atto finora, evidentemente, lasciano alquanto a desiderare.

davar
Qui Zagabria - L'emozione di una storia ritrovata
Confrontarsi con i testi, le parole e le emozioni. Aprire una nuova strada di conoscenza sulle complesse e spesso tormentate vicende degli ebrei del Quarnero. Con la discussione della sua tesi di dottorato dedicata alle persecuzioni antiebraiche a Fiume e Abbazia, la storica croata Sanja Simper Dukic ha chiuso il cerchio a un lunghissimo percorso di ricerca che l'ha portata a confronto con storie e situazioni in parte ancora inesplorate. Un capitolo del Novecento europeo ricco di zone d'ombra che è stato illustrato alla facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Zagabria e accolto con grande interesse dalla commissione composta dagli storici Ivo Goldstein, Darko Dukovski e Peter Strcic. Ad accompagnare la professoressa Dukic in questo emozionante appuntamento il collega Adam Smulevich, che Sanja ha voluto al suo fianco come discendente di quella comunità che carissimo prezzo pagò alla Shoah in termini di vite umane e non solo. Con Adam anche il coordinatore dei Dipartimenti Informazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale. Frutto di un lunghissimo lavoro di ricerca tra biblioteche, archivi e incontri diretti con i sopravvissuti, la tesi è incentrata sul quinquennio che va dal 1938 al 1943 con particolare attenzione al tema della cittadinanza e alle politiche sia persecutorie che di internamento. Uno studio capillare che è già in distribuzione nelle maggiori biblioteche universitarie di Croazia. Ivo Goldstein, presidente della Comunità ebraica di Zagabria e tra i massimi storici dei paesi dell'ex Jugoslavia, lo ha messo in relazione agli studi che Renzo De Felice dedicò al fascismo evidenziando la medesima capacità pioneristica di aprire strade e suscitare stimoli in determinate aree di ricerca storiografica. 
“Con la discussione della tesi – ha affermato Sanja, che è anche professoressa al liceo di Abbazia – si chiude un capitolo molto intenso della mia vita. Adesso mi prenderò alcune settimane di riposo ma presto sarò ancora al lavoro con l'obiettivo di offrire un quadro sempre più articolato su questa pagina drammatica che non può e non deve essere dimenticata”. Visibilmente commosso, Smulevich ha ringraziato Sanja per avergli dato l'onore di esserle vicino nel giorno più bello e ha festeggiato questo momento di gioia condivisa con un lungo abbraccio che ha certificato nei fatti l'impegno non solo professionale ma anche fortemente emotivo che ha caratterizzato le ricerche della storica croata in questi anni.

L.P.

Redazione aperta - Conoscere per raccontarsi 
È possibile confrontarsi in poche ore con tre diverse prospettive sul mondo della comunicazione e dell’analisi sociologica? Questa la sfida raccolta venerdì dai partecipanti al laboratorio di Redazione aperta che hanno avuto la possibilità di incontrare ospiti portatori di punti di vista differenti ma complementari: Fabrizio Caprara, presidente di Saatchi&Saatchi Italia, importante agenzia pubblicitaria che cura fra l’altro anche la campagna per la raccolta dell’Otto per mille della Conferenza episcopale italiana, Vittorio Ravà, esperto di comunicazione e attualmente membro del consiglio di Amministrazione della Venezia marketing & Event, che si occupa dell’organizzazione di eventi e della gestione del marketing cittadino, e Roberto Weber, presidente di SWG, agenzia di sondaggi e statistiche leader nel settore.
Primo spunto di riflessione come scegliere il messaggio che si vuole veicolare attraverso le notizie del giornale: nel suo incontro con la redazione Caprara, ha suggerito che è fondamentale comunicare che l’essere una minoranza all’interno della società costituisce una ricchezza anche per la società stessa. “Le minoranze funzionano nella della società come degli anticorpi, nel senso che riescono a far cambiare opinione e forniscono nuove idee. E proprio quei luoghi dove sono compresenti la tolleranza, il talento e la tecnologia sono quelli con il più alto tasso di creatività e produttività”. Ha inoltre introdotto il concetto di minoranza mobile: ognuno è minoranza a seconda del posto in cui si trova, e questo fornisce ulteriori stimoli in quanto permette di guardare al mondo da infinite prospettive. Fabrizio Caprara ha poi accompagnato la redazione all’incontro con Vittorio Ravà. Quello intavolato con lui è stato una sorta di dibattito metagiornalistico, attraverso il quale si è cercato di comprendere quali meccanismi sono alla base dell’informazione. Partendo dal presupposto che non esiste più un’informazione indipendente e autonoma, Ravà ha cercato di dare degli strumenti per andare al di là del testo comprendendo quali processi intervengano nella sua realizzazione. Il punto di partenza dev’essere la lettura quotidiana dei giornali, tendenza nettamente in calo soprattutto fra i giovani, in particolare per quanto riguarda la stampa locale. Invece è necessario partire proprio dall’individuazione dei fattori che regolano gli equilibri delle piccole realtà locali, alla base dei quali vi è una forte compenetrazione fra politica ed economia, e dalla comprensione di come essi vengano rappresentati nei giornali, per poi applicare questi schemi anche alla realtà nazionale e internazionale e avere una visione completa e corretta del mondo della comunicazione.
Infine, l’ultimo incontro della giornata con Roberto Weber, si è concentrato su come sondaggi e statistiche rappresentano uno strumento per conoscere e comunicare la realtà circostante. Con lui si è cercato di capire in che termini e in che misura il mondo ebraico deve rapportarsi con la società per costruire un’immagine positiva. “Bisogna fare ricorso agli elementi più evocativo - ha spiegato - L’ebraismo è strettamente legato alla sua cultura ed è su questo che bisogna fare leva, facendo prevalere questi argomenti su quelli che possono apparire divisivi, come Israele, nel caso dell’Italia”.  L’obiettivo secondo Weber è quello di essere il più possibile inclusivi, “creare un perimetro di sicurezza che però nasca dall’allargamento e non dal restringimento”. E in questo modo gli ebrei possono avere un’interlocuzione con il mondo esterno molto ampia, innovandosi senza andare contro i propri principi, cambiando senza smarrire la propria identità.
 
Francesca Matalon - twitter @MatalonF

Mittelfest - "Io e...", un ricordo di Indro Montanelli
Undici anni fa a Milano moriva novantaduenne Indro Montanelli, avendo attraversato quasi per intero il secolo breve. La Fondazione Corriere della Sera, in collaborazione con il Festival dei Due Mondi di Spoleto e l'Associazione Culturale Artisti Riuniti, ha dedicato quest'anno al giornalista l'edizione del progetto teatrale già avviato da alcuni anni, volto a ricostruire e raccontare la vita e le opere di storici professionisti dell'informazione. L'anno scorso era toccato a Oriana Fallaci, interpretata da Monica Guerritore. Per dar corpo e voce a Montanelli e ai suoi Soliloqui di un italiano è stato scelto quest'anno Sandro Lombardi, attore toscano particolarmente adatto al ruolo, oltre che per la straordinaria bravura, anche per la multiforme esperienza teatrale, che lo ha messo in contatto, da protagonista e da spettatore, con quasi tutto ciò che di significativo hanno prodotto l'Italia e l'Europa negli ultimi quarant'anni. Dagli inizi nell'avanguardia degli anni '70 con la compagnia de Gli Scarrozzanti, all'esperienza dei Magazzini Criminali legata alla performance e alla drammaturgia non narrativa degli anni '80, fino alle magistrali letture testoriane degli anni '90 e agli ultimi lavori su Pirandello, Brecht  e altri autori, Sandro Lombardi, quasi sempre diretto dal regista toscano Federico Tiezzi, ha rappresentato e continua a rappresentare la storia del teatro italiano. Lo spettacolo Io e..., diretto da Piero Maccarinelli, presentato nei giorni scorsi  al Mittelfest, festival di prosa, danza e musica del Mitteleuropa di Cividale del Friuli, è basato su interviste e conversazioni raccolte da Indro Montanelli con quattro personaggi centrali della recente storia d'Italia: Mussolini, Togliatti, Moro e Berlusconi. Sandro Lombardi, sul palcoscenico del teatro Ristori, viene intervistato da Ernesto Galli Della Loggia che siede in platea; la formula è interessante: un giornalista intervista un attore che interpreta il ruolo di giornalista. La parola detta di Lombardi crea mondi e situazioni, o meglio legge la realtà che gli passa accanto in quel modo unico che solo un vero anarchico che non ha mai avuto paura della solitudine intellettuale ha saputo concedersi. Attraverso la rappresentazione dei quattro personaggi raccontati emerge la figura di un uomo che si descrisse sempre e soltanto attraverso le vicende cui fece da specchio, senza mai svelare se stesso direttamente.
Il realismo che non cede al cinismo è forse la maggiore lezione di questa lettura scenica. Lo sguardo ironico e distaccato sul mondo e sugli uomini può essere riassunto da una frase di Montanelli, citata da Ravasi sul supplemento letterario del Sole XXIV ore di oggi:
“Spesso si dice che l'opinione pubblica è indignata. E magari è anche vero: al mattino. Alla sera siamo tutti a guardare la partita.”

Miriam Camerini

pilpul
Davar acher - Mai più
Ugo VolliUna volta dicevamo "mai più" e ancora forse osiamo ripeterlo per la Giornata della Memoria o Yom HaShoah. Mai più stragi, mai più discriminazioni, mai più ebrei nel mirino dei carnefici. Ma di fatto ci ritroviamo con una terribile continuità a piangere persone uccise in quanto ebree. Questa settimana c'è stata la strage in Bulgaria, prima Tolosa, prima ancora Eilat, i Fogel, Mumbai... La memoria si satura, gli anniversari si sovrappongono: chiediamo invano che nella cerimonia olimpica si ricordi la strage di Monaco di quarant'anni fa; l'attentato di Burgas è accaduto lo stesso giorno di quello che devastò il centro sociale ebraico di Buenos Aires, fra un po' saranno i trent'anni di quello di Roma, i palestinesi hanno appena onorato come eroi i resti di un centinaio di terroristi di cui Israele ha riconsegnato loro i resti...
E si moltiplicano anche i tentativi di strage contro gli ebrei: negli ultimi mesi Istanbul e la Thailandia, l'India e l'Azerbaijan e Cipro, tutti con una chiara matrice iraniana o di Hezbollah, spesso con arresti e confessioni dei responsabili; a una recente audizione alla Knesset un responsabile militare ha parlato di dieci tentativi analoghi a quello di Eilat negli scorsi mesi provenienti dal Sinai, sventati dall'esercito israeliano. E naturalmente ci sono i razzi da Gaza ora anche provenienti dalla Libia, altri razzi dal Sinai, le armi chimiche della Siria che rischiano di finire ad alimentare l'arsenale ricchissimo di Hizbullah, puntato contro il nord; sullo sfondo la bomba atomica e i missili a lunga gittata che l'Iran continua a costruire nonostante tutti gli embrago: tutta una rete che si stringe intorno a Israele e agli ebrei.
E per favore, nessuno mi venga a dire che Israele e gli ebrei sono cose diverse, problemi diversi, che i poveri palestinesi o iraniani fanno solo la guerra a Israele e noi non c'entriamo: basta andare davanti a una sinagoga, a una scuola o una casa di riposo e vedere le camionette militari e le altre misure di sicurezza, i nostri dirigenti che devono muoversi con la scorta, e così in mezzo mondo; basta vedere un po' di sermoni islamici su Youtube per capire che c'è un solo problema, un solo terrorismo. Non erano israeliani ma ebrei i morti di Tolosa, quelli di Buenos Aires, il piccolo Gay Taché a Roma. E anche se l'attacco fosse a uno stato, che guerra è ammazzare turisti che vanno in spiaggia all'estero, sgozzare bambini, cercare di fare esplodere diplomatici in paesi terzi, mettere bombe in pullman e ristoranti?
Questo problema, il nostro problema, è infatti del tutto eccezionale nel panorama internazionale. Quale altra religione, quale altra minoranza, quale altra nazione è braccata in questo modo? Che altri turisti devono temere per la loro vita non recandosi in luoghi tumultuosi come lo Yemen o il Mali dove forse è ragionevole attendersi dei guai, ma in una tranquilla spiaggia del Mar Nero o anche a casa propria, di notte, nel sonno? Che altro paese viene continuamente minacciato di essere "cancellato dalla carta geografica", boicottato culturalmente ed economicamente, indagato dalle organizzazioni internazionali se si difende don una barriera di sicurezza o reagisce ai bombardamenti dei suoi vicini? Chi deve difendere confini e aeroporti da minacciate invasioni di vicini e "militanti"? Quale stato riceve a anni e anni una media di cento razzi o colpi di mortaio al mese su case civili, scuole, fabbriche?
Noi ci siamo tutti ormai un po' assuefatti a questa situazione. Quando un consiglio dei diritti umani dell'Onu, che è stato presieduto fino all'anno scorso dalla Libia di Gheddafi e forse ha ancora al suo interno Siria e Iran e analoghi modelli di democrazia, emette la quinta o la tredicesima o la ventesima condanna di Israele, ci viene quasi da ridere. Ci dimentichiamo quasi che è un altro tassello di un piano aggressivo condotto instancabilmente. Quando un altro organismo dell'Onu, che si dice culturale e mai si sognerebbe di ammettere l'Eta proclamando al contempo la cattedrale di San Juan de Compostela patrimonio culturale dell'inesistente paese basco, ammette invece  l'Anp come Stato e decide che la basilica della Natività o la Tomba di Rachele sono patrimonio culturale palestinese, scrolliamo le spalle. Quando il Comitato Olimpico si rifiuta di commemorare gli atleti israeliani ammazzati durante le Olimpiadi di Monaco, protestiamo educatamente, raccogliamo firme, e naturalmente il comitato olimpico ha più paura del boicottaggio dei ricchi arabi e del loro terrorismo che delle nostre firme e abbozza.
Noi ci difendiamo, ma restiamo educati e civili. Chi ha mai sentito dire il più estremista politico israeliano che tutti gli arabi andrebbero sterminati? Chi ha paura di attentati ebraici alle scuole  arabe o ai diplomatici, ai turisti, agli atleti arabi nel mondo? Quando in Israele qualche estremista sfregia una moschea con una scritta, o fa un atto di terrorismo vero, com'è accaduto una sola volta vent'anni fa, i colpevoli non sono certo esaltati, ma condannati dall'opinione pubblica, indagati e processati. Anzi, siamo tentati di essere i primi della classe in tolleranza e apertura, di fingere che esista un "processo di pace" dove c'è un piano a tappe ripetutamente proclamato da Fatah e Hamas per espellere tutti gli ebrei dalla "Palestina storica".
Forse facciamo bene, perché credere nelle favole fa dormire meglio e non prendersela per le provocazioni previene il mal di fegato. Ma forse dovremmo anche renderci conto che una grande macchina dello sterminio di nuovo scalda i motori, misura la sua forza, si prepara ad agire e certamente non si farà fermare da qualche vecchia stretta di mano a Washington e da un pezzo di carta firmato a Oslo. Forse dovremmo impostare il tema della prossima Giornata della Memoria - credo si decida in questi mesi - sul perché la Shoà non è mai finita davvero, perché ancora sdiamo chiusi nel ghetto e fatti oggetto di pogrom. Perché ebreo, israeliano, sionista sono insulti. Perché i Protocolli dei Savi di Sion e Mein Kampf sono best seller in mezzo mondo, uguagliati solo dai sermoni islamisti. E' una proposta che difficilmente verrà accolta, lo so bene. Ma in cambio abbiamo tutti avuto di recente il piacere di conoscere il tema della prossima giornata internazionale della cultura ebraica di quest'anno, che è sull'umorismo. Come dice Freud, se non sbaglio, l'umorismo ebraico nasce dal tentativo inconscio di far proprio e anticipare l'antisemitismo, per ammortizzarne gli effetti psichici. Appunto.

Ugo Volli twitter @UgoVolli

notizieflash rassegna stampa
Israele - Al via il Taglit Italia 2012
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Inizia oggi l’esperienza volta a rafforzare – o addirittura a creare da zero – il legame con Israele e l’identità ebraica di un gruppo di giovani dai 18 ai 26 anni che partiranno per un viaggio in Israele lungo dieci giorni grazie a Taglit Italia. È possibile quest'anno seguire su twitter l’evolversi del viaggio con l’hashtag #TaglitItalia2012

 
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.