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14 marzo 2019 - 7 adar II 5779
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società

L’estrema destra e il paragone col fascismo

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Una questione controversa affiora con intensità intermittente nel dibattito politico di questi mesi, di fronte al crescente consenso che idee, movimenti e partiti della destra non liberale vanno incontrando sullo scenario internazionale. Come va concettualizzata, definita e trattata quella sindrome fatta - in proporzioni variabili - di pratiche di violenza e di odio razziale, di demonizzazione della diversità (culturale, religiosa, sessuale…) e negazione dei diritti, di sovranismo e antisemitismo, di anti-intellettualismo e disprezzo dell’interlocutore come strumento di lotta politica, di intolleranza e suprematismo, che va tristemente riscuotendo tanta fortuna? È fascismo? Qual è, in particolare, il significato da attribuire a questa nozione, e dunque quale l’applicabilità di essa al momento presente? Si tratta di tutt’altro che una questione banalmente terminologica - e quindi di semplice scelta fra designazioni diverse – ma di un problema che investe piuttosto, direttamente, il piano dell’analisi politica e la prospettazione del futuro, soprattutto in un paese in cui partiti e formazioni politiche di massa richiamantesi al passato fascista hanno goduto fino a non molti anni fa di un seguito consistente.

Enzo Campelli, sociologo
Pagine Ebraiche, marzo 2019


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MACHSHEVET ISRAEL

L’autonomia della ragione

img headerCome pensare l’uomo si chiedeva, riprendendo alcuni momenti della conferenza di Davos, Massimo Giuliani. In riferimento a tale interrogativo, e al di là del dibattito specifico avvenuto a Davos, può essere utile porre attenzione ad alcune concezioni del diritto (come realtà normativa) e del dovere. Cassirer individuava nel recupero del giusnaturalismo di matrice razionalistica “un argine etico-politico nei confronti del dilagante irrazionalismo” – siamo nei primi anni ’30 in Germania. Irrazionalismo alimentato tanto “da una strumentale interpretazione di Nietzsche” quanto “dal nichilismo e dell’antiumanesimo dell’ontologia esistenziale” di Heidegger. Così Angelo Bolaffi introduce il testo di Cassirer In difesa del diritto naturale, nel numero 2 di MicroMega del 2001 (di cui devo la segnalazione a Paolo Di Lucia, mio docente a Milano). Che cosa scorge Cassirer nell’istanza del giusnaturalismo tale da pensare che questa dottrina costituisca parte della risposta – al di là degli elementi più strettamente politici – a un’impostazione filosofica quale quella di Heidegger? Cifra del giusnaturalismo, sostiene Cassirer, è l’autonomia della ragione, tanto che fa sua l’analogia, di antica data, tra diritto e matematica. Analogia da intendersi in modo metaforico: “quando il diritto naturale parla di matematica usa tale termine nel senso della pars pro toto, volendo con esso indicare il complesso dell’attività della ragione”.

Cosimo Nicolini Coen 

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società        

Quell'odio antisemita
che ritorna 

L’antisemitismo è tornato a farsi sentire forte, in Italia come nel resto del mondo la sua voce si è alzata distintamente in questi ultimi mesi. Gli insulti via web alla senatrice Segre non sono che l'ultimo di una serie di episodi che dalla Francia all'Argentina, dall'Austria all'Ungheria mostrano il volto dell'odio antisemita. Come un fiume carsico che continua il suo flusso emergendo a tratti, così oggi il pregiudizio contro il diverso, l'ebreo, è stato sdoganato, è tornato libero di farsi sentire, sul web, nelle istituzioni, nei salotti, negli stadi, sui muri delle città (come è avvenuto a Milano ma non solo), e nei discorsi di tutti i giorni. «E più difficile disintegrare un pregiudizio che un atomo», scriveva Albert Einstein, costretto all'esilio dalle leggi razziali e denigrato da altri due premi Nobel, Philipp von Lenard e Johannes Stark, per i suoi lavori scientifici di cosiddetta «fisica ebraica». Il pregiudizio antiebraico è duro a morire e resta, ancor oggi, ben radicato, a tutti i livelli, non conosce barriere sociali o discriminanti culturali. Traspare nella parola sfuggita di bocca, nella battuta acida, nella barzelletta razzista. L'oscuro potere della lobby ebraica viene sempre evocato attorno al successo di un ebreo, più o meno sottovoce, retropensiero nelle frasi ammiccanti profferite in un discorso. II complotto pluto-giudaico-massonico, insomma, è ancora qui molto più forte di solo qualche anno fa.




Sergio Harari, Corriere della Sera,
11 marzo 2019 


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spettacoli 

Odissea degli smarriti
della St. Louis

Erano 937. Avvistarono l'isola il 13 maggio. Avevano pagato somme cospicue, per poter salire sulla St. Louis e quello era il loro viaggio della speranza. Ma non li fecero sbarcare, né a Cuba, né negli USA e nemmeno in Canada, e dopo frenetiche quanto vane trattative, la nave non ebbe altra scelta che fare ritorno in Europa, dove ulteriori, complicate negoziazioni portarono alla suddivisione dei passeggeri tra Regno Unito, Olanda, Belgio e Francia. Un esito solo apparentemente felice, perché i passeggeri partiti dal porto di Amburgo e bloccati davanti all'Avana erano nella quasi totalità ebrei che avevano tentato la fuga dal Terzo Reich. Era il 1939. Poco dopo, l'Europa entrava in guerra e presto tre di quei Paesi sarebbero stati occupati dai nazisti. Quelle settimane attraverso l'oceano erano state un sogno diventato incubo. Una vicenda paradigmatica dell'Olocausto e non solo, riprodotta com'è, ancora e ancora anche ai nostri giorni, con altri protagonisti, su altri mari. Analogie fra ieri e oggi che hanno indotto Daniel Kehlmann, autore austro-tedesco da milioni di copie, ad adattare per le scene Il viaggio dei dannati di Gordon Thomas e Max Morgan-Witts, un libro che assieme all'omonimo film con attori stellari tematizzò negli anni ‘70 l'odissea della St. Louis. L'incarico per riscrivere quel dramma sospeso fra passato e presente è venuto dal Theater in der Josefstadt di Vienna, che per la stagione 2018-2019 voleva un fulcro sulle migrazioni, e dove assieme ad altre proposte, la nuova opera è in cartellone sino a fine stagione col titolo Il Viaggio degli smarriti.

Flavia Foradini, Il Sole 24 Ore Domenica,
10 marzo 2019


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