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12 marzo 2019 - 6 Adar II 5779
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PROTAGONISTI

Guido Lopez, le speranze nell'inchiostro      

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img headerGuido Lopez / FINCHÉ C’È CARTA E INCHIOSTRI C’È SPERANZA / Mursia

“In questi giorni ho letto pensieri e scritti di e su Guido Lopez, mio padre, come non mi era mai capitato prima. Lui stesso, forse, si sarebbe meravigliato di cotante lusinghiere recensioni e commemorazioni. Spulciando qua e là fra i suoi appunti che ha lasciato fra i suoi scaffali pieni zeppi di libri traboccanti di ritagli e di 'pizzini', come si usa dire adesso, ho trovato il conto di un ristorante triestino – 1982 – con un’annotazione sul retro, scritta di getto durante il viaggio di ritorno a casa. Una riflessione sui tanti 'avrei voluto, ma non…' che si conclude con queste parole: '… il successo – letterario, di giornalista, di persona tra le persone… è andata un po’ così. Ne rimpiango quel di più che non mi è riuscito di avere, e meritavo. Ma ho avuto tante altre cose: alcune, forse, inconciliabili con le prime. Sicché tutto sommato, è un conto come questo, saldato”. Così scriveva Fabio Lopez ricordando suo padre, di cui raccontava anche il vizio (o la virtù) di annotare e conservare tutto: parole ma anche disegni, abbozzi e ritratti. Cartelle piene di schizzi e caricature di persone, che faceva su qualsiasi pezzo di carta avesse a portata di mano, che fossero i fogli di un notes, o il retro di inviti a convegni o di relazioni a simposi. Da quella miriade di fogli è nato “Finché c'è carta e inchiostri c'è speranza”, un volume che si colloca tra il libro di memorie e il diario, curato dal figlio Fabio e pubblicato da Mursia. In uno dei mitici foglietti, che compare in apertura, subito dopo la prefazione di Gino Cervi, si legge: Ritratto di Guido Lopez - Visto da destra: uno scrittore di grandi promesse, che non ha ancora dato il meglio di sé. Visto da sinistra: è diventato copywriter per farsi chiamare ancora scrittore.

Ada Treves, Pagine Ebraiche, marzo 2019 

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SAGGISTICA

Sette decenni con lo sguardo a Israele

img headerMario Toscano (a cura di) / L’ITALIA RACCONTA ISRAELE. 1948-2018 / Viella

Nei settant’anni trascorsi dalla nascita dello Stato di Israele, come sono cambiate le percezioni e le narrazioni della vicenda all’interno della cultura, della società e della politica italiane? A partire dal 14 maggio 1948, e con una scansione decennale che arriva fino a oggi, l’anniversario della proclamazione dello Stato di Israele costituisce il punto di partenza per raccontare persistenze e mutamenti di sensibilità, orientamenti, rappresentazioni, stereotipi e, a volte, pregiudizi, con cui giornalisti, intellettuali e politici italiani hanno interpretato e narrato la complessità politica, religiosa e sociale di questa nuova realtà.
Il volume collettaneo L’Italia racconta Israele, edito da Viella e curato da Mario Toscano, professore di storia contemporanea alla Sapienza di Roma, ripercorre la storia dello Stato ebraico da questo peculiare punto di vista: quello della stampa, e più in generale dei media, italiani.
Con un’attenzione ai grandi temi e problemi della politica internazionale e ai gravi avvenimenti bellici che hanno interessato la regione mediorientale, gli otto saggi raccolti nel volume propongono una periodizzazione originale e storicamente significativa: la messa a fuoco dei caratteri specifici di ogni anniversario, al di là degli aspetti meramente celebrativi, offre uno spaccato della storia della cultura, della società e dell’informazione in Italia in settant’anni di vita democratica.

mdp 

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poesia

S'è mossa la notte
per l'Ebreo errante

narrativa

Un processo a Norimberga

Furio Jesi / L'ESILIO / Nino Aragno


Le poesie di Furio Jesi (Torino 1941 -Genova 1980), L'esilio, apparvero a Roma nel 1970. Nel mezzo secolo che è trascorso, esse hanno assunto un valore compendiano, esemplare di una ricerca che si svolge dall'archeologia all'egittologia, dal mito alla tradizione ebraica, ai «phares» del XX secolo, come il titolo di un suo saggio suggella: Rilke e l'Egitto (considerazioni sulla X Elegia di Duino) [in «Aegyptus», XLIV (1964), 1-2]. Jesi è soprattutto noto per i suoi saggi fondamentali: Germania segreta: miti nella cultura tedesca del Novecento, 1967 (appena ristampato da Nottetempo, 2018), Letteratura e mito, 1968, ma anche per il suo "Castoro" dedicato a Rilke e poi per gli altri dedicati a Thomas Mann e a Bertolt Brecht; non minore la sua presenza nella ricerca filosofica con le monografie su Kierkegaard, 1972, sulle Mitologie intorno all’illuminismo, 1972, su Pascal, 1974; costante infine la sua meditazione su Karl Kerényi, Elias Canetti, Martin Buber, Hermann Hesse, spesso introdotti o tradotti.

Carlo Ossola,
Il Sole 24 Ore Domenica, 10 marzo 2019


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Giovanni Grasso /
IL CASO KAUFMANN / Rizzoli

Oscar Giovanile nel 1940 dopo il Mago di Oz e una nomination come migliore attrice nel 1955 per "E' nata una stella", Judy Garland fu nominata di nuovo nel 1962 per un ruolo inquietante, in netto contrasto con i toni melensi delle sue grandi interpretazioni precedenti. In "Judgment at Nuremberg" - in italiano "Vincitori e vinti" - Stanley Kramer raccontava infatti il terzo processo di Norimberga sui giudici nazisti. Judy Garland è Irene Hoffman, una "ariana" che accusata di una relazione col vecchio ebreo Lehman Feldenstein è finita in carcere, mentre lui è stato addirittura ghigliottinato. Responsabile della condanna era stato il brillante giudice Ernst Janning, interpretato da Burt Lancaster, finora rimasto chiuso in un ostinato mutismo. Il brillante avvocato Hans Rolfe, interpretato da Maximilian Schell, celebra nei riguardi di Irene quasi un secondo processo, per dimostrare che effettivamente tra lei e Fedenstein c'era stata una relazione.



Maurizio Stefanini,
Il Foglio,
6 marzo 2019


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