Mantova – Nomi e incontri, pagine e Pagine

La gente cerca di conquistarsi un posto, si mette in coda, ascolta, attende l’incontro. E nell’attesa sfoglia il domenicale del Sole 24 ore e il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, che con il suo dossier Pagine e incontri la direzione del più prestigioso festival culturale d’Italia ha deciso di distribuire in tutti i punti di accesso e di informazione.
Etgar Keret e Nathan Englander. Tobie Nathan e Stefano Levi Della Torre. Shalom Auslander e, in gran finale, Eskol Nevo. L’onda della cultura ebraica ha attraversato come un fiume in piena il Festivaletteratura di Mantova in una carrellata di grande suggestione, molto apprezzata dal pubblico che ha affollato gli incontri fino all’inverosimile.

Da Israele, dall’America, dall’Europa. Narratori molto diversi, quarantenni uniti da comuni percorsi generazionali com’è il caso di Keret e Englander, amici legatissimi anche nella vita. E di Auslander, che con Englander condivide il rifiuto dell’ortodossia famigliare, giocandola però su tutt’altre traiettorie narrative. O di Eshkol Nevo, capace nel suo ultimo romanzo, Neuland, di trovare un linguaggio nuovo e nervoso per raccontare Israele oggi.

Ma uniti anche da un legame profondo con il mondo ebraico, riferimento inevitabile e spesso dialettico del loro lavoro. Indizio chiarissimo, la presenza di Anna Frank che torna sia nell’ultima raccolta di racconti di Englander, fin dal titolo Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank, sia in Auslander che nel nuovo romanzo Prove d’incendio immagina che la ragazzina si trovi nascosta proprio nella soffitta di casa sua. O l’amore condiviso per autori quali Kafka, Babel o Philip Roth.

Nathan Englander spiega in modo emblematico questo riferimento costante alle radici identitarie. “A 19 anni – racconta – ho lasciato gli Stati Uniti e sono andato a vivere a Gerusalemme. Questa città è un luogo capace di innescare grandi trasformazioni in chiunque. Puoi entrare basso e uscire alto. Nel mio caso mi sono reso conto che vi sono mille modi di essere ebreo. E ho potuto scegliere il mio, profondamente diverso da quello appreso nell’infanzia”.

Daniela Gross