Tea for two – Sai tenere un segreto?
Vi dirò un segreto: il mal d’amore prima o poi colpisce tutti. Tipo la varicella, ma in maniera ancora più fastidiosa. Non ci si può vaccinare, non ci si può preparare. Arriva quando meno te lo aspetti e porta doni davvero nefasti. Non c’è bisogno che butti giù dalle nuvole Saffo, Catullo o Longo Sofista per annoverare nausee, farfalle nello stomaco (“Heu miser!” si lamentava Dante) e depressione intervallata da euforie insensate. Il povero Mino Zevi non è esente da turbamenti di questa fattura. Il tredicenne cerebrale e misogino, protagonista de Il Segreto, romanzo uscito nel 1961 e firmato con il sedicente pseudonimo di Anonimo triestino. Caso letterario involontario adatto a chi vuole curiosare e attribuire una identità (“Chi lo ha scritto? Guido Voghera il professore di matematica antiborghese o il figlio timido e grafomane Giorgio?”*). Mino Zevi ha una pessima opinione della ‘femmina umana’, odia la scuola ma non può fare a meno di studio matto e disperatissimo per un senso del dovere ai limiti del masochismo. Al liceo si imbatte in Bianca Sorani, tutta occhioni e pallore signorile. Ecco il patatrac. Mino è fritto. Tra pensieri contorti, riflessioni filosofiche, sottili indagini psicologiche e un tocco di presunzione, il tredicenne geniale seziona i suoi sentimenti nell’attesa che passino e tolgano il disturbo. Allo stesso tempo però teme l’arrivo del giorno del giudizio, quello in cui smetterà di amare la Sorani, quello in cui la sua vita perderà di poesia e di colore. Il giorno in cui resterà solo filosofia e psicologia e non ci sarà spazio per il taglio alla maschietta di Bianca e non potrà più disprezzarla per la vanità, per il suo essere come tante altre, eppure aver colto nel segno. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi dice Pavese. Verrà la vita e avrà i tuoi occhi scrive Voghera. Così il mal d’amore che ci ha arrecato dolori, lamentele, mal di pancia, non è altro se non una iniezione extra di vita. E questo Mino Zevi lo sa bene. Bianca Sorani un po’ di meno.
*Il segreto è attribuito oramai quasi all’unanimità a Giorgio Voghera.
Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2