Sinedrio…

In esecuzione della mitzvah della Torah di emettere le sentenze a maggioranza dei giudici, la Halakhah prevede – sempre ricavandone la fonte nella Torah – che in caso di parità il parere del Presidente del Sinedrio sia quello prevalente. Dato che il numero dei giudici è sempre dispari, sembra però impossibile che si venga a determinare una situazione di parità; non solo, ma anche ammesso che il parere del Presidente sia quel voto che determina una maggioranza, in alcuni casi (come nelle sentenze capitali) la maggioranza per un voto solo non è sufficiente per giungere ad una sentenza. La spiegazione è che si sta parlando del caso in cui qualcuno dei giudici sia indeciso su quale posizione prendere; in questo caso, dunque, secondo la Torà, prevale il parere del Presidente, ossia, una volta che il Presidente ha espresso il suo voto, non è lecito votare contro la sua posizione. In tal modo la maggioranza non è più determinata da un solo voto di scarto, bensì da almeno due voti. Tutto ciò potrebbe far pensare ad un’eccessiva influenza del Presidente: se vota fra i primi, in pratica monopolizza il consesso, perché a nessuno è lecito votare diversamente da lui. È questo il motivo per cui la Halakhah stabilisce che il Presidente voti per ultimo (ad esclusione di eventuali incerti), in modo da non condizionare il voto altrui. A ben vedere, questo sistema, che denota un alto livello di democraticità, garantisce pienamente l’autonomia dei giudici, ma sembra contraddire alcuni convincimenti fondamentali: l’autorità dei giudici, che sono i Chakhamim, è basata sull’autorità della Torah, che ad essi è stata consegnata perché avessero il pieno potere di stabilire le regole; anzi, ciò che decidono i Chakhamim a maggioranza viene accettato in Cielo. Il garantire l’autonomia anche del meno esperto di loro al punto da consentirgli di votare in modo che potrebbe essere in opposizione a quello ancora non espresso dal Presidente, che è il più esperto del consesso, sembrerebbe svuotare di autorevolezza qualsiasi sentenza. La realtà non è questa. La concezione che la Torah ci vuole trasmettere è che l’uomo ha anche il potere di determinare il comportamento di Ha-Qadòsh Barùkh Hu, come dimostra quell’episodio talmudico nel quale, assistendo alla disputa halakhica fra i Maestri, Ha-Qadòsh Barùkh Hu sorride compiaciuto del fatto che la Torah sia da loro vissuta come qualcosa di totalmente loro. Questa è la Torah che abbiamo ricevuto nel lungo periodo di permanenza di Moshè sul monte Sinai. Siamo ancora in grado di sentirla nostra in questa maniera, di utilizzarla con modestia e sapienza come essa stessa ci indica?

Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana

(7 febbraio 2013)