Nugae – Il lamento della principessa

Dicesi Jewish American Princess una fanciulla di religione ebraica particolarmente viziata in termini di attenzioni e denaro dai genitori, presso i quali vive, ovviamente ben guardandosi dal cercare altra sistemazione e men che meno un lavoro, nell’attesa e nell’ossessione di trovare la facoltosa anima gemella a cui sarà passato il testimone dell’eccesso di cure e spese, crogiolandosi nel frattempo nella nullafacenza, nello shopping e nella pressione sociale. Il vile stereotipo, in voga negli anni ’70 e dotato anche della pratica sigla JAP, si addice con ben studiata perfezione alle protagoniste del nuovo reality show del canale americano Bravo, Princesses: Long Island, alcune elegantissime amiche dall’ebraismo ostentato che passano questa loro esistenza indaffarata di quasi trentenni nelle piscine delle loro ville sull’isola della perdizione. Debuttato questa settimana, il programma non ha scontentato nessuno. Chiunque infatti può trovarvi un buon motivo per vergognarsi. In primis gli ebrei, che pensavano di essersi liberati dai pregiudizi materialistici, ma anche le giovani donne, che credevano di essersi emancipate in un mondo di maschilisti, e poi gli abitanti di Long Island, che speravano di essersi redenti dalla loro allure snob. E invece, la perfida scure del luogo comune colpisce ancora. E scatena l’ira funesta della stampa ebraica, che auspica all’unanimità e prevede sagacemente la sospensione della trasmissione. In realtà però, il vero motivo per cui ciò si verificherà molto presto è il fatto che, anche tralasciando le vistose generalizzazioni, una puntata è inguardabile perché è noiosissima, è sottoporsi a 40 minuti di tortura. Perché queste dolci creature dai nomi grotteschi non fanno altro che piagnucolare, dalla mattina alla sera: Erica perché non è più la più carina come al liceo, Amanda per l’invadenza di una mamma single gelosa del suo rapporto col fidanzato che la chiama durante gli appuntamenti, Ashlee perché nel centro dove fa la pedicure (con suo padre!) non hanno ciabattine col tacco e visto che lei senza tacchi non si fa vedere in giro obbliga un impiegato a portarla in spalla fino alla macchina, Chanel perché sua sorella piccola che non ha perso così tanto tempo a compiangersi stranamente si sposa prima di lei. È una lamentatio continua e inesorabile, una lagna senza ritegno, un fiume di lacrime e mascara colato. Ah, cosa non si fa per dovere di cronaca.

Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche, twitter @MatalonF

(16 giugno 2013)