…Amistad

“La ribellione dell’Amistad” di Marcus Rediker (Feltrinelli) è un libro che racconta una storia su cui vale la pena riflettere. Giugno 1839. In una nave che trasporta afro-americani venduti come schiavi questi si ammutinano e si impadroniscono della nave. Sono nei Caraibi e vorrebbero tornare a casa, nella Sierra Leone. Intercettati da una nave statunitense sono catturati, incarcerati e portati in tribunale. Ne nascerà un processo che farà la storia degli Stati Uniti e segnerà una tappa del percorso tortuoso e anche aspro che condurrà all’abolizione della schiavitù. Un giornale popolare, non abolizionista, il cui unico scopo è vendere, fa dei disegni e pubblica le parole (immaginarie) che il capo della rivolta avrebbe pronunciato, ne nasce un best seller e il giornale regala un assist incredibile agli abolizionisti. Riepilogando: i prigionieri non avevano scelto di ritrovarsi in quella situazione, ma la forza di volontà aveva consentito loro di trovare tutti insieme una via di uscita. Riemersi dal fondo della stiva della goletta, dove avevano combattuto e vinto per conquistare l’emancipazione, avevano creato un precedente, che ora, sulla terraferma, innesca, sollecitato da un giornale che fa solo il suo interesse materiale – riuscire a vendere più copie – un movimento sociale di portata storica. Così è la storia. Non c’è un disegno, né un progetto preordinato. Ci sono circostanze e atti, volontà e casualità. Poi c’è l’intelligenza che è tale solo se sa misurarsi con l’imprevisto in una continua lotta di contrattazione, di riaccomodamento e di adattamento. Il nostro problema è che pensiamo che l’intelligenza sia tutto e ci dimentichiamo il resto.

David Bidussa, storico sociale delle idee

(30 giugno 2013)