Padova – I ferrovieri che scelsero la vita
Aprirono i vagoni in cui erano stipati gli oltre mille ebrei romani catturati in occasione della retata del 16 ottobre, offrirono loro cibo e acqua, si impegnarono per alleviarne dolori e sofferenze. Padova, 19 novembre ’43: fu quello, per la quasi totalità dei prigionieri, l’ultimo atto di umanità ricevuta prima della morte ad Auschwitz Birkenau. Una pagina di generosità che vide protagonisti i ferrovieri della stazione patavina e alcune crocerossine e che è stata ricordata, negli stessi luoghi, con la scopertura di una lapide commemorativa in memoria di quel gesto. Accanto alla Comunità ebraica, al suo presidente Davide Romanin Jacur e al rabbino capo Adolfo Locci, numerosi rappresentanti istituzionali (a partire dal sindaco reggente di Padova Ivo Rossi), esponenti della società civile e l’ex ferroviere Walter Chillin, che fu tra i primi a prodigarsi per i deportati. A testimoniare la gratitudine degli ebrei romani per quell’azione generosa e disinteressata, un raggio di luce a illuminare l’oscurità della Shoah, è intervenuto – tra gli altri – anche il presidente Riccardo Pacifici.
“Manifestazioni come questa – ha affermato Jacur – servono a riportare alle coscienze fatti che sarebbe terribilmente riduttivo limitare a qualche appunto di storia locale. Se la memoria di quanti sono stati privati della vita è un dovere nei loro confronti, è un dovere anche ricordare e continuare a dar merito a coloro che hanno risposto alla propria coscienza, con atti di umanità e giustizia, quando ce n’era bisogno”.
Rav Locci parla di quell’azione come di un’autentica “santificazione della vita” in risposta a chi attuava politiche di morte e annientamento. “Il messaggio che vorremmo trasmetter3e – ha sottolineato – è che ogni singolo individuo, seppure per la sua piccola parte, può contribuire in ogni frangente al ristabilimento dell’umanità. Oggi più che mai è un messaggio che, specie per le future generazioni, va tenuto presente”.
Grande la commozione di tutti i presenti quando a prendere la parola è stato l’ex ferroviere Chillin. “Avevo 19 anni, quel giorno mi era toccato il turno 13-20 e dovevo seguire proprio la marcia del treno tedesco, considerato maledettamente importante per i nazisti. Quando le ferraglie hanno smesso di fischiare – ha ricordato, visibilmente emozionato – abbiamo sentito delle urla provenire dall’interno: c’erano donne e bambini. Non potevamo credere ai nostri occhi: pensavamo ci fossero prigionieri di guerra catturati al fronte, mai avrei pensato a bambini anche molto piccoli con le mamme. Alcuni erano pietrificati, altri piangevano, altri ancora urlavano. I più ci supplicavano di dargli un goccio d’acqua, non tanto da mangiare. Quel giorno ho visto in faccia una verità così dura da non riuscire mai più a dimenticare”.
“Cari amici della Comunità ebraica di Padova, a nome di tutto il Consiglio UCEI – ha scritto il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in un messaggio – voglio esprimervi il mio apprezzamento e la mia vicinanza per l’iniziativa che siete riusciti a portare a compimento con lo svelamento di una targa che onora, a perenne ricordo, la generosità di quei ferrovieri e di quelle crocerossine che per molti ebrei romani furono l’ultimo volto di umanità prima dell’orrore di Auschwitz Birkenau. In un’epoca segnata da odio e violenza quell’azione rappresenta infatti un fulgido esempio di ‘santificazione della vita’, come è stato ricordato nei vari interventi pronunciati ieri a Padova, che merita di essere conosciuto e trasmesso alle nuove generazioni”.
a.s – twitter @asmulevichmoked
(20 novembre 2013)