Auguri
Chanukkà ormai è un ricordo e così quest’anno si sente particolarmente forte la strana sensazione di essere gli unici a non fare festa. Dato che in generale le festività non ci mancano (e attendiamo Tu Bishvat tra poco) non si può dire che sia sgradevole una volta tanto tirare il fiato e guardare gli altri che festeggiano. In teoria questo implicherebbe fare gli auguri e non riceverli, ma in realtà non funziona così: ci sono gli auguri automatici delle persone incontrate per strada, di negozianti, bigliettai, baristi, albergatori, ecc.; e poi ci sono anche vicini e conoscenti che sanno benissimo che non festeggiamo il Natale ma non possono fare a meno di farci gli auguri perché per loro è un automatismo. Con colleghi e allievi mi capita spesso uno strano paradosso: ricevo auguri di Natale e tendo invece, da parte mia, a fare auguri generici, di buone vacanze o buone feste; forse la mia è un’inconsapevole ripicca per la loro distrazione, un desiderio inconscio di far notare che non necessariamente tutti festeggiano il Natale; o forse provo un po’ di imbarazzo a fare gli auguri per una festa che non sento, come se i miei auguri dovessero suonare inevitabilmente falsi o insinceri.In effetti, a ben pensarci, un augurio è come un regalo: si augura ciò che si vorrebbe, così come si tende a regalare ciò che si vorrebbe ricevere. Chi ci augura buon Natale pur sapendo benissimo che non lo festeggiamo in realtà sta esprimendo la propria gioia per la propria festa; e noi, augurando genericamente buone feste, esprimiamo la nostra partecipazione, esterna e distaccata ma certo non ostile, alla sua gioia.
Anna Segre, insegnante
(27 dicembre 2013)