Qui Roma – Religioni contro l’intolleranza
“Il limite non è il fondamentalismo ma il male che può fare”. Secondo rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, bisogna fare delle distinzioni quando si parla di fondamentalismo, perché di per sé questo non è necessariamente nocivo ad altri. Così come bisogna fare attenzione quando parliamo di tolleranza, termine dal sapore “paternalistico che definisce il comportamento benevolo di una maggioranza nei confronti di una minoranza: ‘il vostro è un peccato ma noi lasciamo perdere”. E proprio tolleranza, o meglio intolleranza e fondamentalismo sono stati il cuore della tavola rotonda, con protagonisti rappresentanti delle grandi religioni monoteiste, tenutasi oggi al Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e organizzata dal Lions Club Ara Pacis. All’incontro, oltre a rav Di Segni – che nel suo intervento ha richiamato anche la recente polemica con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari – hanno partecipato Paolo Benanti, docente di teologia morale all’Università Pontificia Gregoriana, Morris Ghezzi docente di filosofia e sociologia dell’Università di Milano, l’imam Sergio Yaya Pallavicini, vicepresidente Comunità religiose islamiche, il pastore emerito della Facoltà valdese di teologia di Roma Paolo Ricca e Veronica Roldan, docente di sociologia della religione presso la Pontificia Università Sant’Anselmo. Moderatore dell’incontro Mario Lupi, presidente del club Ara Pacis.
Rav Di Segni, riflettendo sulla questione del fondamentalismo religioso e delle sue rigidità, ha ricordato come il confronto sia una dei capisaldi della tradizione ebraica. “Rispetto al testo della Bibbia, nell’ebraismo, non è possibile essere fondamentalisti perché non è possibile una visione unica, il gusto della tradizione è quello discutere e confrontarsi sulle norme, sulle situazioni”. Il rav si ha poi sottolineato però l’accezione non necessariamente negativa del fondamentalismo, nel senso che di per sé no è necessariamente violento. “Nella Bibbia c’è scritto che la Terra è stata creata in 7 giorni mentre gli scienziati ci dicono che ci sono voluti milioni di anni: io non interpreto il testo in senso letterale, anzi non deve essere interpretato in questo modo ma se c’è chi lo fa perché devo essere intollerante nei confronti di chi ci crede? – afferma Di Segni – Il limite non è il fondamentalismo ma il male che può fare, attenzione a come si usano questi termini”. Finché si rimane dunque nel limite di non danneggiare l’altro, di non violarne i diritti, anche una concezione rigida deve essere accettata, non condivisa ma accettata. Non sono invece tollerabili violenze più subdole, che ripropongono contrapposizioni antiche, causa di grandi sofferenze nel passato. “È assurdo contrapporre un Dio di Amore e Giustizia a un Dio severo e vendicativo – ribadisce Di Segni, riferendosi alla polemica con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari che aveva proposto questo contrasto, identificando nel primo il Dio del Nuovo Testamento e nel secondo il Dio della Bibbia ebraica – è un crimine teologico, è una bestemmia”.
Il confronto, tornando al titolo della conferenza (Fondamentalismo e intolleranza nella società contemporanea), è secondo il rav la chiave per superare lo scontro violento. La dialettica come strumento per evitare di cadere nelle rigidità pericolose. Un concetto condiviso tra i relatori, in particolare messo in luce dal pastore valdese Paolo Ricca. “È necessario che si abbandoni l’idea di monopolio della verità – spiega Ricca – il dialogo non deve essere solo una questione di tolleranza, tu a casa tua io a casa mia ma deve esserci il confronto. Anche perché l’uomo non è tollerante di natura, non è istintivamente così ma deve imparare la tolleranza. Ama il prossimo tuo, cioè colui che ti sta accanto anche se può essere molto diverso da te”. Concetto ribadito anche dall’imam Pallavicini che ha condannato le distorsioni che hanno portato a ideologie religiose violente, che si dichiarano verità unica e assoluta e vogliono per questo affermarsi, anche con la violenza, sull’altro.
Un j’accuse nei confronti di chi “ha la pretesa di salvare l’umanità attraverso un solo modello e con illusione del proprio potere personale”. Secondo il professor Benanti, nel fondamentalismo si nasconde la paura della solidità delle fondamenta del credo della persona, paura che sfocia nel timore dell’altro, del diverso, su cui si riversa poi l’intolleranza.
(12 marzo 2014)