Gentiloni e i negoziati tra israeliani e palestinesi
Non è il momento per parlare di riconoscimento della Palestina, la priorità è il riavvio dei negoziati di pace. Lo ha spiegato il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, a margine dell’incontro avuto ieri alla Farnersina con il rappresentante degli Esteri palestinese Riad al-Malaki. A riportare la notizia del vertice, tra gli altri, il Sole 24 Ore che sottolinea la ferma condanna da parte di Gentiloni “dell’ignobile atto contro una sinagoga a Gerusalemme”, in riferimento al sanguinoso attentato di martedì nella Capitale israeliana. Il ministro ha espresso in un colloquio telefonico con l’omologo israeliano Avigdor Lieberman la solidarietà dell’Italia a Israele. Gentiloni ha manifestato apprezzamento per la condanna dell’attentato da parte del presidente palestinese Mahmoud Abbas e del ministro al-Malaki, invitando entrambe le parti a “compiere ogni sforzo per fermare l’escalation” di violenza. “La questione del riconoscimento della Palestina verrà valutata con la massima attenzione al momento opportuno e più utile per rilanciare il negoziato – ha dichiarato il titolare della Farnesina – Per l’Italia la priorità resta la ripresa del negoziato tra le parti”.
Su La Stampa Maurizio Molinari intervista Yasser Abed Rabbo, stretto consigliere di Abu Mazen che invita l’Europa a farsi promotrice di un a conferenza di pace tra israeliani e palestinesi. Dalle parole di Rabbo emerge la debolezza della leadership dell’Autorità nazionale palestinese. “So capire quando cova qualcosa e vi dico che il nostro govern fa fatica a tenere la situazione sotto controllo nei territori. – afferma Rabbo – Ci accusano di cooperare con l’occupante. Potremmo non farcela a evitare il peggio”. Rabbo vuole un maggior coinvolgimento di Hamas e la firma di un accordo di pace di 10-15 anni con Israele e un esecutivo Hamas-Fatah, chiede “due Stati divisi dai confini del 1967, senza insediamenti” e addita Israele come unica responsabile di una mancata prosecuzione della strada tracciata dagli accordi di Oslo. Si chiedono concessioni, si punta il dito, ma non si capisce quali siano le garanzie per Israele mentre Hamas continua a istigare alla violenza e il terrorismo colpisce i civili israeliani. Intanto sul Corriere della Sera Sergio Romano ricorda Arafat, soffermandosi ad analizzare i perché dei no del leader palestinese alle aperture di Ehud Barack.
Ferma condanna ma apertura a un dialogo con le istituzioni. La Comunità ebraica di Napoli, come già aveva fatto nelle scorse ore, ribadisce, attraverso le pagine del Mattino di Napoli, il suo sconcerto per l’allestimento della mostra ‘Gaza tra assedio e speranza’ organizzata sotto l’egida del Comune di Portici (assessorato alla cultura) dall’attivista propal Rosa Schiano, che da mesi riversa sui social network parole e immagini di odio verso Israele e tutto il mondo ebraico e che, a poche ore dall’orribile attentato alla sinagoga di Gerusalemme, aveva voluto condividere un post in cui si leggeva ‘Gloria ai martiri, la vittoria sarà inevitabilmente nostra’”. “Si rispettano le idee di tutti – ha dichiarato il presidente della Comunità ebraica di Napoli Pierluigi Campagnano – ma non si puo accettare che si inneggi a chi compie atti di violenza terroristica così bieca”. “Sulla polemica – riporta il Mattino – è stata allertata anche l’Ambasciata di Israele a Roma. Nelle prossime ore potrebbe esserci una nota ufficiale di protesta della diplomazia israeliana verso la Farnesina mentre sul caso alcuni deputati di varie forze politiche hanno annunciato interrogazioni al governo”. Sempre sul Mattino compare un’intervista a Rosa Schiano. Domande troppo morbide in cui Schiano giustifica i suoi atti con contorsioni logiche e si presenta come vittima di un presunto attacco, con la solita logica del complottismo, e non prende responsabilità delle sue gravi azioni.
“Al contrario di quanto temesse («Dovevo tessere, ma non em abile nei lavori d’ago»), Katja Petrowskaja ha costruito un arazzo fitto di colori, emozioni, paesaggi, storia e storie che più ricco non si potrebbe”, così il giornalista Stefano Jesurum sul settimanale del Corriere Sette nella sua recensione del libro di Katja Petrowskaja Forse Fsther (Adelphi). Recensione che compare anche su Avvenire.
Sull’Amaca di Michele Serra, (Repubblica), il giornalista si lascia andare a considerazioni sulla religione banalizzanti e superficiali, arrivando ad affermare che “guerra e religione sono sorelle” e afferma che “le tre religioni di Abramo grondano sangue”. “I nobili sforzi ecumenici di una minoranza di saggi di tutte le confessioni religiose – secondo Serra – è sopraffatto in ogni angolo del mondo dal fanatismo idiota e sadico di masse indottrinate da sacerdoti criminali”. “Il concetto di ‘infedeli’ è violento, violento quello di ‘popolo eletto’ – scrive ancora Serra – violento il suprematismo cristiano che ha sottomesso nei secoli i tre quarti del pianeta”.
Avvenire presenta il convegno organizzato per il prossimo 24 novembre in ricordo dei cinquant’anni dell’emanazione della Nostra Aetate e incentrato sul dialogo interreligioso tra ebraismo e cristianesimo. Tra i protagonisti, oltre a rav David Rosen, direttore per l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, rav Yitz Greenberg, presidente e professore di studi ebraici presso il City College della City University of New York, rav Giuseppe Laras, presidente del tribunale rabbinico del Centro-Nord Italia e rav Shlomo Riskin, rabbino capo della città Efrat.
Su L’Espresso, intervista a Daniel Gold, il padre di Iron Dome, il sistema antimissile israeliano che ha efficacemente protetto i civili israeliani dai razzi di Hamas nell’ultimo conflitto. Sul Giornale, il caso accaduto all’Università di Torino, in cui la docente Daniela Santus ha rifiutato di presiedere una commissione di laurea legata a una tesi sulla Palestina. Nel lavoro presentato da due studentesse si afferma che gli ebrei “sono in Palestina – riporta il Giornale – da dopo i pogrom zaristi per sfruttare la manodopera araba” e altre scorrettezze storiche. Da qui la decisione della docente di non abbandonare la commissione. “Non me la sono sentita di firmare la certificazione di laurea”, ha dichiarato.
Daniel Reichel
(21 novembre 2014)