Qui Roma – Gli abitanti del Ghetto

abitanti del ghetto viella“Il censimento del 1733 è un’ennesima, quanto significativa, testimonianza di come fonti sugli ebrei dell’Urbe presenti in molti archivi nella Capitale, si integrino perfettamente e il loro incrocio consenta di raggiungere risultati rilevanti dal punto di vista storiografico”, così il direttore del Dipartimento Beni e Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma Claudio Procaccia introduce il volume “Gli abitanti del Ghetto di Roma” (ed. Viella) a cura di Angela Groppi e presentato ieri nel Museo ebraico della città con la partecipazione del giornalista e scrittore Paolo Mieli.
A fare da perno per gli studi è lo straordinario ritrovamento della cosiddetta ‘Descriptio Hebreorum’ datata 1733, una sorta di censimento degli ebrei che all’epoca vivevano nel Ghetto. Una testimonianza straordinaria se si pensa al fatto che nel lasso di tempo dal 1527 (il sacco di Roma) e il 1796 non si dispone di documenti simili.
Sia l’incontro di ieri, a cui hanno partecipato moltissimi spettatori, che il vero e proprio volume curato dalla Groppi sono stati dedicati a Giancarlo Spizzichino, scomparso lo scorso anno e colonna portante dell’archivio storico della Comunità ebraica di Roma, oltre che protagonista della scoperta del Ghettarello, un ghetto perduto risalente al XVI secolo. A firma di Spizzichino è anche il saggio presente dentro il libro “L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)”.
“Sono molto fiero di questo libro – ha spiegato Paolo Mieli – e il successo che ha già riscosso è una grande emozione. Dopo aver ritrovato un documento tanto importante, il sogno è che gli archivi siano sempre più aperti e digitalizzati. Dalla Descriptio Hebreorum abbiamo la possibilità di capire come erano organizzate le famiglie ebraiche e in quanti vivevano in casa. I dati sono poi adatti ad essere incrociati con altre informazioni presenti nel Museo dentro il quale ci troviamo questa sera”.
La domanda a questo punto è lecita: perché nel 1733 è stato fatto un censimento? “La Chiesa – continua Mieli – non si fidava del numero di ebrei che era stato dichiarato. Credeva ce ne fossero di più e ha dato quindi disposizione di fare una conta. Si credeva fossero 16000 e mentissero sul numero per evitare di pagare le tasse. Emerge poi il personaggio di Raimondo Rasi che era stato incaricato dal Sant’Uffizio di reperire i fondi tra gli abitanti del ghetto e che definirlo antisemita è un eufemismo”.
“Da tempo immemore – conclude – si crede che il numero degli ebrei sia più alto di quello da loro dichiarato. Questo fa parte di uno stereotipo che vuole identificare l’ebreo come qualcuno che mente e nasconde. Che ha dei segreti”.
Michael Gasperoni (nel libro è suo il saggio “Note sulla popolazione del ghetto di Roma in età moderna”) aggiunge: “Nei secoli precedenti i censimenti venivano fatti dai parroci che compilavano durante la pasqua cristiana gli stati delle anime. Per gli ebrei è più complesso, fondamentali però i dati sulle circoncisioni e sui matrimoni che non sempre si sono mantenuti e che ovviamente presentando diversi errori. Il mio lavoro è stato poi quello di incrociare dati diversi come testamento e dote. Sto creando un database per conto dell’Ecole Francaise che nel 2016 offrirà i dati sugli ebrei di Roma nell’età moderna dei quali disponiamo”.
Raffaele Pittella (che firma il saggio “Labirinti archivistici e contesti istituzionali”) conclude: “L’archivio è sempre stato visto come qualcosa di romanzato e poco accessibile, un luogo segreto. Esso invece è una risorsa fondamentale nel quale leggere la Memoria. Basta trovare le chiavi giuste”.
Dai documenti anche una testimonianza che contraddice il pensiero di popolo ebraico come passivo: “Gli ebrei romani – dice Angela Groppi – hanno da sempre negoziato il loro permesso di vivere nella città. Sono sempre stati cittadini di Roma e si sono battuti strenuamente per la loro esistenza”.
“Ma infine – chiede qualcuno dal pubblico – gli ebrei avevano davvero mentito sul numero? Aveva ragione Rasi?”
“No – risponde Angela Groppi – dalla Descriptio Hebreoroum – risultarono 4059 persone e quindi 892 famiglie. Gli ebrei del ghetto avevano ragione”.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(9 febbraio 2015)