J-Ciak – La banda dei Sopravvissuti

hb“Hanno provato a distruggerci. Siamo sopravvissuti. Andiamo a mangiare”. La storia ebraica, dice una celebre battuta, si riassume così. Nel caso della Holocaust Survivor Band, anziché mangiare si suona. E da quei suoni si sprigionano un gusto per la vita e un’allegria che saziano l’anima e sono perfetti per Purim. Alla batteria c’è Saul Dreier, 89 anni; alle tastiere e fisarmonica Reuven “Ruby” Sosnowic, quattro anni più giovani.

Sono sopravvissuti alla Shoah, si sono rifatti una vita in America e la scorsa estate hanno lanciato la loro klezmer band. Piacciono così tanto che sono volati a Las Vegas ad aprire il concerto dell’israeliano Dudu Fisher e poi si sono fatti immortalare in un video del giovane filmaker Joshua Z. Weinstein. Un ritratto tra Woody Allen e il delizioso Buena Vista Sociale Club di Wim Wenders, che si intitola semplicemente “Holocaust Survivor Band” ed è rimbalzato anche nella prestigiosa rubrica Op-Docs del New York Times.

L’idea di mettere su una band è venuta a Saul. “Ho chiamato Ruby e gli ho detto che avevo un’idea. Mia moglie mi ha chiesto se ero matto. Il rabbino a che cosa mi serviva”. Ma i due sono andati avanti. “Siamo dei veri sopravvissuti e dunque sappiamo cosa suonare per tutti” spiega Saul, che sembra uscire di peso da una commedia di Woody Allen. Il successo è arrivato alla svelta. Al primo concerto, al Temple Haim di Margate, hanno assistito 400 persone. Poi si sono esibiti in case di riposo, feste, cerimonie. Suonano un klezmer che trascina sulla pista da ballo anche i più malfermi. “Alla gente piace perché gli ricorda i vecchi tempi, quand’erano bambini” dice Ruby. E poi ci sono loro, i due musicisti. “Io piaccio per la mia età, lui perché è bello” scherza Saul.

Di scherzoso c’è però poco, nel loro passato. Saul, nato a Cracovia, è scampato a tre campi di concentramento. Rifugiatosi in America, dopo la guerra si è fatto un nome come costruttore. Ha scoperto il potere della musica nel lager, dove fra i suoi compagni vi era un famoso cantante. “Prendevo un cucchiaio e a un pezzo di legno. Lui cantava e io li facevo suonare come una batteria”.

Ruby invece si è salvato dalla persecuzione grazie a un fattore polacco che lo ha nascosto. Dormiva tra le mucche ed è sopravvissuto cibandosi di avanzi trovati fra i rifiuti. Ha scoperto la fisarmonica dopo la fine del conflitto, in Germania dove era stato internato in un campo per displaced person. “Non avevano niente da mangiare, ma la musica vi faceva sentire vivi ed è questo che mi ha indotto a continuare”. Una volta arrivato in America, ha lavorato tutta la vita come barbiere e musicista, suonando alle feste ebraiche nell’area attorno a New York e, una volta, perfino allo Studio 54.

Il klezmer riporta Saul e Ruby a un mondo che Hitler ha cancellato con ferocia. “Queste musiche mi fanno sentire come se vivessi la mia vecchia vita prima della Shoah” dice Saul. Più che parlare del passato il duo si gode però il suo presente di successo. “È stato grande suonare con Dudu Fisher a Las Vegas davanti a tanta gente, credo che siamo piaciuti quanto lui”, dice Ruby. “Dovevamo suonare solo sette minuti – ribatte Saul – ma poi a Dudu Fisher e al pubblico la nostra musica è piaciuta così tanto che abbiamo finito per suonare 24 minuti filati. È stato un vero pandemonio”.

Il video si chiude con i due che suonano sul lungomare, sullo sfondo di un cielo al tramonto e palme agitate dal vento. Difficile non commuoversi e non ricordare gli anziani musicisti cubani ritrovati da Wim Wenders, divenuti protagonisti del suo “Buena Vista Social Club” e poi di una serie di tour mondiali. Non resta dunque che sperare in un film. Magari per la regia di Joshua Z Weinstein, che ha già diretto altri bei documentari – “Drivers wanted”, “Flying on one engine” e “Beat Mike Tyson” – ed è stato direttore della fotografia in numerosi progetti passati al Sundance Festival, a Toronto alla Berlinale e al Tribeca Film Festival.

Daniela Gross