J-Ciak – Il tabù del sacro seme
S’intitola “Sacred Sperm” ed è uno dei documentari di cui più si discute in Israele come negli Stati Uniti, dove sta girando nei circuiti dei festival. In questo suo primo lavoro il regista Ori Gruder fa i conti uno dei tabù più forti nel mondo ultraortodosso, quello della masturbazione. Armato di telecamera entra nei mikveh e nelle yeshivot, partecipa a bar mitzvah e matrimoni, incontra rabbini, uomini e ragazzi. Obiettivo, capire in che modo e fino a che punto si tengono sotto controllo le naturali pulsioni sessuali dei maschi.
Il tema, all’apparenza eccentrico, nasce dalla stessa esperienza del regista. Gruder, 44 anni, nato a Herzliyah, oggi è ultraortodosso. Ma ha alle spalle un lungo passato da laico, che lo vede servire nell’esercito e poi lavorare in televisione (collabora anche con Mtv Europe).
La svolta arriva dieci anni fa, quando viene mandato a girare a Uman, in Ucraina, dov’è sepolto Rabbi Nachman, uno tzaddik del XVIII secolo, la cui tomba ogni anno a Rosh Hashanah richiama in pellegrinaggio migliaia di Hassidim. Gruder è impressionato dal calore e dal trasporto mistico di quella folla e decide di cambiare vita.
Un volta entrato a fare parte del mondo degli ultraortodossi – oggi è legato ai Hassidim di Breslav – si confronta con il suo passato e con il divieto all’atto della masturbazione. Per espiare, racconta, s’immerge in mikveh pieni di cubetti di ghiaccio, digiuna, devolve denaro in beneficienza e ogni anno si fa un punto d’onore di recarsi sul monte Hermon e rotolarsi nella neve, scena quest’ultima che compare anche in “Sacred Sperm”.
Ma come fare con il suo bambino che ora ha dieci anni? Cosa gli deve insegnare?
Le risposte sono tutte nel documentario, sin dalle ragioni del divieto. Come spiega Prosper Malka, uno dei rabbini intervistati: “Chi spreca il suo seme letteralmente uccide i suoi figli”.
Se, dunque, la masturbazione è vietata in nome del dovere di procreare, come ci si regola?
“Sacred Sperm” ci fa sapere che la sessualità maschile è governata in modo severo. Fin da bambini la regola è di non guardare e neppure sfiorare l’organo sessuale. E dai 13 anni, una biancheria apposita evita l’insorgere di ogni desiderio. Quando gli adolescenti cadono in tentazione, dice il rabbino Yisrael Aharon Itzkovitch, Hassid di Vizhnitz, sanno che devono ricorrere a tecniche diversive.
“Affondano le dita nelle gambe, stanno in punta dei piedi, fanno esercizi di rilassamento, lasciano andare e vanno avanti”. In questi casi, conclude, è utile anche respirare a fondo, saltare o camminare veloci.
“Sacred Sperm” ci regala un affondo di grande interesse su luoghi e abitudini quasi sconosciute. Ori Gruder affronta la realtà Haredi con lo sguardo di un insider che rifugge dai luoghi comuni e dalla facile spettacolarizzazione.
È un approccio che per alcuni versi ricorda “La sposa promessa” di Rama Burshtein, regista ortodossa che narrava in chiave di fiction il mondo delle donne Haredi. Ma il passato laico conferisce a Gruder un occhio disincantato che gli permette, ad esempio, di mettere in luce la profonda ignoranza dei giovani Haredim in materia di sesso.
L’auspicio del regista è che “Sacred Sperm” aiuti a capire meglio gli ultraortodossi. Intanto, come lui stesso ha raccontato a Haaretz, il documentario sta circolando tra gli stessi Haredim. Poiché non frequentano i cinema, l’hanno scaricato da internet e pare che in molte yeshivot gli studenti se lo girino su Whatsapp. Un dato curioso, se si considera che l’altro grande tabù Haredi riguarda proprio il consumo di materiali scaricati dal web. Forse un buon argomento per un prossimo documentario.
Daniela Gross
(19 marzo 2015)