La rassegna settimanale di melamed
La “Buona scuola” e i simboli religiosi
Melamed è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo italiano che da tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità sul fronte dell’educazione e della scuola. Dalla scorsa settimana la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed esteri.
Dalla Buona scuola al gioco del gender, passando per il velo in classe
“La ‘Buona scuola’ è stata finalmente varate e le critiche non sono tardate. Non sono diverse da quelle che hanno accompagnato ogni riforma degli ultimi 20 anni e, purtroppo, nessuna affronta le vere carenze”. Così Roger Abravanel ha commentato, il 14 marzo, la riforma scolastica appena varata, concordando con quanto scritto da Ernesto Galli della Loggia sull’assenza di una “visione” di come migliorare la scuola italiana. Dall’opinione molto diffusa specialmente tra intellettuali e docenti universitari per cui servirebbe un ritorno al passato, a una scuola che insegni una cultura soprattutto umanistica per restituirle la sua (presunta) antica capacità di formazione culturale e morale del Paese a una scuola dei mestieri, magari quelli più “utili” al mondo del lavoro di oggi, mentre sindacati e studenti ripetono infine il mantra “più diritto allo studio”. Ma, sostiene Abravanel, serve innanzitutto accordarsi sulla domanda di fondo: a che serve la scuola del nuovo millennio? E continua: “I migliori sistemi educativi del mondo hanno da tempo dato una risposta: serve a formare le competenze del XXI secolo, cioè imparare a ragionare con la propria testa, avere spirito critico, risolvere problemi e impegnarsi a fondo, innovare e migliorare, comunicare e interagire, soprattutto in team”. Abilità che rappresentano una nuova dimensione del termine “cultura” e che oltre ad essere molto richieste dalle aziende sono utili anche per essere buoni cittadini, elettori, genitori, coniugi e anche risparmiatori.
Per Abravanel, dunque, sono necessarie alcune riforme essenziali che mancano alla “Buona scuola”: fare durare di meno il percorso formativo, valutare seriamente le scuole e soprattutto i loro presidi, ripensare radicalmente curriculum e didattica, e pensare a un apprendistato “alla tedesca”. Che non è uno stage, bensì un passare una parte del proprio tempo lavorando in fabbriche e uffici, imparando non un mestiere, quanto le competenze necessarie nel mondo del lavoro. E, aggiunge, c’è l’esigenza di restituire alla scuola italiana la sua capacità di certificare il merito in modo credibile.
Il velo permesso. In Germania la corte costituzionale ha deciso che – contrariamente alla sentenza di segno opposto passata nel 2003 – alle insegnanti non potrà essere impedito di portare il velo. Ma non si tratta di un via libera definitivo alla possibilità di fare lezione in classe indossando dei simboli religiosi, perché il divieto potrà essere reintrodotto ove ci fosse il rischio concreto che il copricapo “comprometta la tranquillità scolastica o la neutralità statale” (La Stampa, 14 marzo). Un argomento su cui l’Europa è divisa, tra paesi che ammettono burqa e niqab e altri che lo hanno vietato per legge, come per esempio la Francia e il Belgio, e alcuni Lander tedeschi. La notizia è stata ripresa anche dall’Avvenire e dall’Osservatore Romano che il 15 marzo, dopo aver ricordato come si è arrivati all’attuale decisione della corte costituzionale, scrive: “La Corte ha inoltre stabilito che i valori e le tradizioni cristiani non devono essere privilegiati”. Il consiglio centrale dei musulmani ha parlato di un “segnale positivo” e la Conferenza episcopale tedesca ha parlato di un segnale importante per la libertà di fede. Sul Corriere della sera (14 marzo) l’articolista scrive: “Se c’è un conflitto tra libertà di religione e laicità dello stato, da ieri la Germania ha scelto la prima.”
Rieducare i jihadisti, in Danimarca. “Nella perfetta e tranquilla Aahus c’è un jihadista ogni 10mila abitanti, un numero che impressiona: con la stessa proporzione in Italia avremmo una lista di 6mila foreign fighters, invece dei 65 individuati dal Viminale”. Una situazione che ha convinto il municipio a mettere in atto un massiccio sistema per monitorare i presunti fondamentalisti islamici, e per reintegrare i giovanissimi, spesso ancora adolescenti, che sono rientrati da Siria o Iraq dopo aver imparato a sparare e uccidere. Un lavoro lento e paziente di avvicinamento, e recupero, a cui è stato associato un programma di coinvolgimento delle famiglie dei giovani ancora all’estero per cercare di convincerli a rientrare, e prevede workshop alle scuole superiori, tutoring personalizzato e incontri di ogni genere, dal cinema al calcio, dalle chiacchierate al bar alla lettura guidata dei giornali. Con il risultato che molti ragazzi ora a combattere non ci vogliono più andare. (Repubblica, 14 marzo)
Scuola (non) benedetta. Nel 2012 a Casalguidi, vicino a Pistoia, il parroco era stato chiamato a benedire il nuovo polo scolastico, ma – si è lamentato don Renzo durante l’omelia domenicale – da tre anni la scuola non gli autorizza la benedizione pasquale perché il consiglio d’istituto ha deciso di evitare il rito cattolico come forma di rispetto verso gli alunni che praticano altre religioni. È di pochi giorni prima la notizia che un gruppo di genitori e insegnanti di Bologna si è rivolto al Tar per chiedere la sospensione della delibera che autorizzava la benedizione pasquale in tre plessi scolastici. (Corriere, 17 marzo) Lo stesso giorno anche La Nazione riporta il caso, raccontando le polemiche, affiancando nella stessa pagina un articolo che racconta come in una scuola primaria del pisano ci sia stato uno scambio vantaggioso: la disponibilità di concedere tre aule per un corso di arabo per ragazzi organizzato dal locale centro culturale islamico ha garantito alla scuola il sostegno di alcuni mediatori culturali in supporto all’inserimento degli studenti stranieri
Il ritorno degli oratori. In Lombardia il loro numero è altissimo, e sono il centro di aggregazione più frequantato dai ragazzi dopo i centri sportivi. Gli oratori, a Milano, sono il luogo dove si formano molti dei futuri cittadini milanesi, e l’integrazione si rivela ”più semplice di quel che si pensi”. (Avvenire Milano, 13 marzo) Il Giorno, nelle pagine milanesi, parla di un boom di iscritti, con la grande riscoperta del tradizionale luogo di aggregazione da parte dei nativi digitali e il cardinale Angelo Scola che ne parla come di una “proposta contro la frammentazione della nostra vita”, luoghi dove si ritrova una pluralità di relazioni. Una recente ricerca Ipsos mostra come si tratti di luoghi frequentati dal 14% dei giovani lombardi, in un laboratorio di dialogo interreligioso.
Il gioco del gender. Piacciono molto le “lezioni del rispetto” e dopo Trieste sono diversi i comuni che le richiedono nei loro asili, ma l’argomento continua a suscitare polemiche che hanno grande spazio su numerose testate. Il Giornale scrive nel titolo (14 marzo) che il gioco “conquista le giunte rosse” e cita Susanna Tamaro che parla addirittura di un declino dell’educazione. Lo stesso giorno, sulla stessa testata, nelle pagine milanesi viene raccontato come il comune stia valutando il progetto ludico, che l’assessore all’istruzione considera “interessante”. Nelle pagine nazionali l’articolo intitolato “Se e favole confondono i bambini” ricorda il piano approvato dal governo due anni fa per la prevenzione delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Il giorno successivo – stesso giornale, pagine milanesi – viene ripreso l’argomento con il titolo “I bambini travestiti all’asilo? Sinistra in crisi di identità”.
I professori di Francesco. “Il vostro è un lavoro bellissimo, peccato che siate malpagati” questa l’opinione del Papa che in un incontro con duemila insegnanti, in Vaticano, ha parlato di una vera e propria ingiustizia, e l’articolo (Corriere, 15 marzo) ricorda come i docenti italiani siano fra i meno pagati in Europa.
Se arrivasse l’Isis? Ripreso da Il Giornale (18 marzo), un articolo pubblicato dal quotidiano online Il Sussidiario.net racconta come in una terza media durante una discussione sull’integralismo islamico 23 alunni su 25 si siano detti pronti senza tentennamenti a convertirsi immediatamente all’islam. La domanda dell’insegnante era: “E coi cosa fareste se l’Isis arrivasse a casa nostra?”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(22 marzo 2015)