Qui Milano – La città ricorda l’orrore

fiano orlando jarachMilano. Ex Albergo Regina. Qui, a pochi passi dal Duomo, nel settembre del 1943 le SS e la Gestapo crearono il proprio quartier generale. Qui il colonnello Walter Rauff, ideatore dei camion della morte (camere a gas su quattro ruote) e stretto collaboratore di Adolf Eichman, dirigeva l’efferata persecuzione contro gli ebrei e le azioni contro la Resistenza. In quelle mura, centinaia di persone, ebrei, partigiani, oppositori politici, furono torturati con la collaborazione dei fascisti. Percosse e sevizie che trovavano eco nel dolore di chi fu sottoposto allo stesso trattamento poche centinaia di metri più in là dal Regina, nel signorile palazzo di via Rovello 2, trasformatosi dopo la guerra da teatro degli orrori in teatro della Cultura, degli ideali democratici, grazie all’impegno di Paolo Grassi e Giorgio Strehler che nel 1947 vi fecero sorgere il Piccolo. Molti di coloro che furono imprigionati in via Rovello o al Regina, verranno tradotti al carcere di San Vittore, altro luogo di Milano in cui gli aguzzini nazifascisti lasceranno il loro sanguinario segno. E infine, l’ultima tappa di centinaia di prigionieri, soprattutto ebrei, fu il binario 21, presso la stazione Centrale: da qui partirono i deportati per i viaggi di non ritorno verso i campi di concentramento. Quattro luoghi di dolore e morte che il movimento Bella Ciao Milano – progetto della Federazione metropolitana del Partito Democratico, nato in collaborazione co i Giovani democratici – ha inserito nell’iniziativa “Passi nella Memoria di Milano” (curata da Antonia Quatela), la cui prima parte è andata in scena ieri, con la partecipazione, tra gli altri, del ministro della Giustizia Andrea Orlando, il parlamentare Pd Emanuele Fiano e Roberto Jarach, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Proprio Jarach ha accolto il corteo itinerante – cui prima tappa è stato l’ex albergo Regina – al Memoriale della Shoah (Binario 21), di cui è vicepresidente, raccontando al ministro Orlando la storia del luogo e l’avanzamento dei lavori per la conclusione del Memoriale. Qui ha ricordato ai presenti perché Liliana Segre, deportata a soli 13 anni dai nazisti e partita proprio da quei binari, ha voluto che questo luogo di SONY DSCMemoria si aprisse con le parole “Indifferenza”, dodici lettere scritte a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale: “in ricordo di quando passò per le strade di Milano a bordo dei camion, rinchiusa assieme agli altri prigionieri e diretta verso la stazione e la deportazione, e vide le finestre delle case dei milanesi aprirsi e poi richiudersi al loro passaggio”, ha spiegato Jarach. Finestre che nel richiudersi dimostrarono l’indifferenza di molti milanesi per le sorti dei concittadini ebrei e degli altri prigionieri. “Questo luogo è un monumento per noi – ha affermato Emanuele Fiano – per ricordarci che la malattia dell’indifferenza non è mai morta e percorre ancora oggi l’umanità davanti ai terribili abomini ancora perpetrati. Questo luogo ci ricorda che dobbiamo essere medici di noi stessi contro la malapianta dell’indifferenza, contro ogni forma di razzismo, di discriminazione di intolleranza”. Fiano ha poi ringraziato il progetto Bella Ciao Milano per l’iniziativa, ideata come percorso di avvicinamento al 25 aprile (data del 70esimo anniversario della Liberazione), definita un “itinerario di formazione, un servizio alla città e alla politica”. Politica che non si è ancora liberata del tutto del fascismo, di quell’onta storica che ancora qualcuno vuole riabilitare. “Il fascismo consapevole – ha spiegato il ministro Orlando a San Vittore – si nutre del fascismo inconsapevole che è quello dei luoghi comuni, delle banalizzazioni, dell’utilizzo della demonizzazione dell’avversario e dell’associazione di comportamenti individuali ad un’etnia, a una cultura e a una religione”. Di fascismo che vuole cancellare l’avversario, ha parlato Orlando, e lo fa attraverso la propaganda, attraverso l’arma della demagogia e delle parole. “Onorare la Resistenza – ha dichiarato il ministro – è anche ritornare a sorvegliare le parole, quelle parole che mettono i semi e che si sviluppano come piante cattive”.

Daniel Reichel

(30 marzo 2015)