Pesach 5775 – Passando oltre
Il significato, i riti, le tradizioni della festa di Pesach secondo i diversi costumi degli ebrei ashkenaziti e sefarditi. Sull’Osservatore Romano un approfondimento dell’ambasciatore dello Stato d’Israele presso la Santa Sede Zion Evrony, che ricorda: “Ovunque essa sia celebrata, Pesach rimane un’occasione per gli ebrei di tutto il mondo per riunirsi con le proprie famiglie, ricordando la conquista della libertà del popolo ebraico, trasmettendo la memoria alle giovani generazioni e celebrandola con deliziose pietanze”.
Il 4 aprile, quindicesimo giorno del mese ebraico di Nisan, per otto giorni, gli ebrei di tutto il mondo celebrano Pesach, la Pasqua, così ricordando la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù sotto il faraone nell’antico Egitto. I primi due giorni e gli ultimi due sono festività a tutti gli effetti, lavorare è proibito insieme ad altre attività, ma cucinare è permesso se non è sabato. Durante i quattro giorni di mezzo, cioè i chol hamoed o “giorni di mezza festa”, molte attività, incluso il lavoro indifferibile, sono permesse.
«In quella notte io passerò per il paese d’Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d’Egitto». (Esodo 12:12-13). Dopo centinaia di anni di schiavitù, Dio mandò Mosè dal faraone per chiedere la liberazione del popolo ebraico. In seguito al rifiuto del faraone, Dio colpì l’Egitto con dieci piaghe, devastandone la terra e distruggendone le coltivazioni e il bestiame. Come ultima piaga, Dio uccise tutti i primogeniti d’Egitto, “passando oltre” (da qui Pesach, passaggio oltre) i bambini ebrei e risparmiando le loro vite. Il faraone finalmente si arrese, lasciando Mosè e il popolo ebraico liberi di lasciare l’Egitto e intraprendere un lungo viaggio che li avrebbe portati alla Terra Promessa.
Anticamente, quando esisteva il tempio di Gerusalemme, la celebrazione di Pesach era basata sul pellegrinaggio collettivo a Gerusalemme, l’offerta dell’agnello pasquale il pomeriggio del 14 di Nisan e la sua consumazione al termine di una cena collettiva la sera del 15. Da quando è stato distrutto il tempio, il sacrificio pasquale non è più presentabile e i riti che si svolgono lo ricordano. La storia della liberazione è raccontata durante la prima sera di Pesach (quest’anno venerdì 3) e letta dal libro di preghiere Haggadah consumando particolari cibi in uno specifico ordine o Seder . Il Seder di Pesach è composto da sette cibi, ognuno dei quali simboleggia parte della storia degli schiavi ebrei liberati dalla schiavitù. Le erbe amare o Maror stanno per l’amarezza della schiavitù; la Zeròah o zampa d’agnello arrosto simboleggia il sacrificio che gli ebrei hanno compiuto nel fuggire dall’Egitto; la Betzàh, l’uovo bollito, rappresenta un’altra offerta sacrificale dei giorni del secondo tempio; il Charòset (un mix di noci, mele e vino) simboleggia la malta che gli schiavi ebrei utilizzavano nel fare i mattoni; il Karpàs (una verdura, di solito il sedano) sta per la freschezza della primavera; il Chazèret è un’altra erba amara che simboleggia l’asprezza della schiavitù, ed è in alcune tradizioni rappresentata dalla lattuga; tre Matzàh, cioè i pani azzimi, sono posti al centro del piatto del Seder. Alcuni cibi sono accompagnati da acqua salata o aceto, che rappresentano le lacrime e il sudore della schiavitù. Vengono consumati anche quattro bicchieri di vino che simboleggiano le quattro promesse bibliche di redenzione: «Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso e con grandi castighi. Io vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio. [..]” (Esodo 6:6-5) Il Seder viene ripetuto anche durante la seconda sera di Pesach.
La cerimonia del Seder si concentra molto sul ruolo dei bambini. Il bambino più piccolo della famiglia è di solito colui (o colei) che farà domande sul significato del Seder, dando spunto per un dibattito sui valori di questa tradizione. Il bambino canta le quattro domande o Mah Nishtana (מה נשתנה): «Perchè questa notte è diversa da tutte le altre notti?» è la prima domanda, e continua: «Perché le altre sere mangiamo sia il chamètz (cibo lievitato) che la matzàh e stasera mangiamo solo la matzàh?» «Perché le altre sere mangiamo molte verdure e stasera solo il maror?» Gli adulti rispondono con versi dell’ Haggadah, dove è sottolineato che «più si parla dell’Esodo dall’Egitto, più si è degni di lode.»
“[..] il quindicesimo giorno [..] sarà la festa dei Pani azzimi in onore del Signore; per sette giorni mangerete pane senza lievito.» (Levitico 23:5-8)
Il Chamètz, il cibo lievitato, è assolutamente proibito durante la Pesach, e, prima che le celebrazioni comincino, ogni traccia di cibo lievitato deve essere eliminata dalla casa. La Matzàh e altri cibi non lievitati sostituiscono il Chamètz, ricordando il fatto che gli schiavi ebrei fuggirono così di fretta dall’Egitto che non ebbero il tempo di far lievitare il pane.
Diverse tradizioni caratterizzano le celebrazioni di Pesach nel mondo. In alcune comunità, ad esempio, il piatto del Seder è posto sulla testa di un bambino che sfila davanti a tutti, prima di consumare il pasto. I piatti tipici del Seder italiano sono spesso una combinazione di tradizione ebraica e italiana, dunque si mangia lasagna matzoh, “carciofi alla giudia” e carne secca. Gli ebrei ashkenaziti (di origine tedesca) si astengono anche dal consumo di riso, mais, legumi, mentre la maggioranza degli ebrei sefarditi (di origine spagnola) e quelli italiani non osservano questi rigori. Vi sono differenze anche nella successione delle recitazioni delle preghiere durante il Seder. In Israele le celebrazioni della Pesach durano 7 giorni invece di 8, secondo l’originaria regola biblica.
Ovunque essa sia celebrata, la Pesach rimane un’occasione per gli ebrei di tutto il mondo per riunirsi con le proprie famiglie, ricordando la conquista della libertà del popolo ebraico, trasmettendo la memoria alle giovani generazioni e celebrandola con deliziose pietanze
Zion Evrony, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Osservatore Romano (3 aprile 2015)