Rosh Hashanah 5776 – Un anno per la teshuvà

Sermoneta piccolaNei tre sabati che precedono Rosh Hashanah, vengono solitamente lette le tre parashot: Ki tezzè – Ki tavò – Nizzavim (a volte unita con Vajelekh).
La traduzione di queste tre espressioni, con cui iniziano le tre parashot sono: “Quando uscirai” – “Quando verrai” – “Sarete in piedi, ritti dinnanzi al Signore”.
Un famoso Maestro della tradizione italiana, sostiene che queste sono le azioni che solitamente, nel corso della sua vita, un uomo è portato a fare.
“Quando uscirai”, indica un certo momento della nostra vita, quando vogliamo dimostrare la nostra maturità e indipendenza e per questo lasciamo i nostri genitori, abbandonando con loro anche gli insegnamenti e le tradizioni che essi, con tanto amore, hanno cercato di trasmetterci.
Subito dopo però, ci accorgiamo che da soli, senza una base e un sostegno, non riusciamo ad andare avanti.
Quindi – Ki tavò – torneremo indietro, sui nostri passi a cercare nuovamente i loro insegnamenti, i loro appoggi e il loro aiuto, sottostando – Nizzavim anche ai loro rimproveri.
Lo stesso è il percorso che il popolo ebraico ha fatto nel corso della propria esistenza.
Soprattutto in questi giorni, con l’avvicinarsi di Rosh Hashanah che è anche Yom ha Din – il Giorno del Giudizio, siamo tenuti a intraprendere quel viaggio di ritorno, verso la nostra famiglia, il nostro popolo e tutte le nostre tradizioni, rendendoci conto che, senza di esse la nostra vita come popolo, non ha senso.
Questo percorso si chiama teshuvà, che non è soltanto il pentimento, ma la presa di coscienza di far parte di un popolo, con la sua storia, le sue tradizioni e le sue regole, consapevoli di accettarle per il nostro bene e quello del popolo tutto.
Possa il Signore D-o apprezzare questo nostro percorso, perdonarci ed iscrivere tutto il Suo popolo nel libro della vita buona, concedendoci pace, amore e fratellanza.
Shanà Tovà.

Alberto Sermoneta, rabbino capo Comunità ebraica di Bologna

(8 settembre 2015)