J-Ciak – Woman in Gold

woman-in-gold1Lei è Adele Bloch-Bauer, regina dei salotti viennesi. Lui è Gustav Klimt che nel 1907 la ritrae, bellissima, in un’aura d’oro e ceselli. Sullo sfondo, la tragedia della Shoah. Adele, che muore nel 1925 di meningite, ne viene risparmiata. Il magnifico ritratto segue invece la sorte di tanti altri beni artistici appartenuti agli ebrei. È confiscato dai nazisti e finisce esposto al Belvedere di Vienna, diventando uno dei simboli nazionali. La storia però non si conclude qui. La Monna Lisa d’Austria torna ai suoi legittimi proprietari, con una svolta così avventurosa da essere diventata un film, “Woman in Gold”, con una sempre notevole Helen Mirren e Ryan Reynolds, da oggi nelle sale italiane.
Helen Mirren è sempre una garanzia e la storia del quadro, restituito alla nipote Maria Altmann solo dopo una lunga battaglia legale, vale la pena di essere vista. Il film, diretto da Simon Curtis, non è però di quelli che lasciano il segno. In molti passaggi sembra di guardare uno dei tanti legal thriller che inzeppano la tivù e Ryan Reynolds è spesso così poco incisivo da risultare improbabile, se non noioso, nei panni di avvocato grintoso. Un peccato, perché la vicenda valeva un gran film o quanto meno un film con qualche grammo di mordente in più.
La protagonista è Maria Altmann (Helen Mirren), nipote di Adele e Ferdinand Bloch-Bauer, magnate dello zucchero. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania, nel 1938, la sua vita cambia in modo drammatico. Il marito Fritz, un cantante d’opera di origine polacca, viene deportato a Dachau, per indurre il fratello a cedere ai nazisti la sua fiorente attività. La coppia riesce a scappare in modo rocambolesco e si rifugia in America, dove si rifanno una vita a Los Angeles (lei apre un negozio di abbigliamento).
La questione del celebre ritratto la coinvolge dopo la morte della sorella. Ne chiede la restituzione, per la prima volta, nel 1998, anno in cui 44 paesi tra cui l’Austria sottoscrivono a Washington un accordo per una soluzione equa per le vittime della persecuzione nazista.
L’Austria approva allora una legge che impone ai musei di aprire i loro archivi alle ricerche, affinché le restituzioni delle opere confiscate divenga possibile. Si scopre così che i diritti sul quadro di Klimt, da lungo tempo esposto alla Galleria Belvedere non erano fondati. Adele Bloch-Bauer lo aveva lasciato in eredità al Paese. Ma una serie di documenti dimostrava che l’opera apparteneva al marito, fuggito dopo l’Anschluss, che aveva lasciato tutti i suoi beni agli eredi.
Maria Altmann ingaggia la sua battaglia con lo stato austriaco con l’aiuto di Randy Schoenberg (Ryan Reynolds), giovane e inesperto avvocato di Los Angeles, nipote dell’omonimo compositore, che nel giro di otto anni riesce a portare finalmente a casa sia il bellissimo ritratto di Adele sia alcuni altri dipinti.
La Monna Lisa austriaca viene esposta al Los Angeles County Museum per un breve periodo. Poi è venduta al re dei cosmetici e collezionista Ronald Lauder, per una cifra stimata attorno ai 135 milioni di dollari e, in concomitanza con l’uscita del film, è ora in mostra alla Neue Galerie di New York.
Altre quattro opere di Klimt, un ulteriore ritratto di Adele e tre paesaggi, sono messi all’asta alcuni anni dopo per un totale di quasi 193 milioni. L’avvocato Schoenberg, che si era occupato del caso chiedendo di venire pagato a percentuale, secondo fonti di stampa avrebbe incassato circa 139 milioni.
Il film si basa sul libro “The Lady in Gold”, della giornalista del Los Angeles Time Anne-Marie O’Connor, e riporta l’attenzione sui tesori d’arte rubati che ancora non trovano la giusta sistemazione. Un doloroso capitolo che settant’anni dopo la fine della guerra purtroppo rimane ancora aperto e lontano da una soluzione.

Daniela Gross

(15 ottobre 2015)