“Porto ancora Bengasi nel cuore”

foto (3)Un romanzo familiare che allo stesso tempo riesce ad essere una spy story intrisa di avventura. “Tramonto libico”, intensa testimonianza di Raphael Luzon appena pubblicata da Giuntina, avvolge sin dalla prima pagina. Dalla cacciata della comunità ebraica bengasina a una vita da ricostruire tra Roma, Londra, Israele: vita personale e struggente affresco dell’esilio forzato degli ebrei di Libia. “Già dalla terza frase ascoltata al telefono ho capito che avremmo pubblicato il libro di Raphael – ha spiegato l’editore Shulim Vogelmann, intervenendo ieri al Caffè letterario di Roma – e questo perché riesce ad incastonare perfettamente racconti di vita privata all’interno di testimoniante storicamente importanti. Il libro dà uno spaccato della comunità ebraica in Libia ma condivide anche una storia estremamente intima”.
A prendere la parola è poi l’autore, commosso dal folto pubblico accorso: “Oggi sono qui tra noi libici provenienti dalla Tunisia, ma anche dalla Turchia e ci sono persone arrivate da Israele ma anche dalla Germania e questo non può che gratificarmi. Il mio interesse per l’identità ebraica in Libia arriva da molto lontano, fin da quando fondai con alcuni connazionali un giornale che purtroppo durò pochi mesi. Una volta trasferitomi a Londra sono venuto poi a contatto con alcuni dei più importanti intellettuali che si opponevano a Gheddafi e questo ha incentivato ancora di più la mia missione: tenere viva la memoria degli ebrei di Libia. Ho scritto articoli su articoli fino a quando sono stato invitato dallo stesso Gheddafi a tornare nella mia terra natale per una visita. Incontrandolo mi chiese cosa volessi da lui e io gli ho specificato che volevo indietro i miei diritti di cittadino. Rimase di stucco”.
“Quando racconto la mia storia – prosegue Luzon – c’è un messaggio che mi preme veicolare ed è che non dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio: non tutti gli arabi sono cattivi, anche se siamo stati cacciati dalle nostre case. Nel libro racconto le cattive azioni di alcuni ma ne sottolineo le buone di altri: quando per esempio ritornai a Bengasi un anziano signore accorse da me tenendo in mano una grande chiave e mi spiegò che era la chiave della sinagoga e che la custodiva da più di quarant’anni perché aveva fatto una promessa a suo tempo. Anche questo significa essere arabi”. In conclusione il commento del presentatore televisivo Alessandro Cecchi Paone: “Tramonto libico è una testimonianza splendida, piena di riferimenti storici e, come scrive nella sua prefazione Roberto Saviano, merita di essere letto più e più volte. Ci sono attimi toccanti accostati ad alcuni di umorismo irresistibile. Ogni pagina apre un nuovo percorso”.

(19 ottobre 2015)