Qui Roma – Costruire la propria identità,
con lo sguardo verso la luna

Schermata 10-2457324 alle 11.17.09Un libro pieno di spiritualità e al contempo di razionalità.
Viene definito così Con lo sguardo alla luna. Percorsi di pensiero ebraico (Giuntina editore), il nuovo lavoro firmato da rav Roberto Della Rocca e presentato ieri al Centro ebraico Pitigliani davanti ad una sala gremita di spettatori.
La serata, organizzata dall’associazione ambientalista Beautiful Israel Italia, è stata introdotta dallo psichiatra Alberto Sonnino e ha visto gli interventi dello scrittore e giornalista Corrado Augias, della psicoanalista Simona Argentieri e del rabbino e preside delle scuole (medie e liceo) ebraiche di Roma Benedetto Carucci Viterbi. “Vi chiederete – ha esordito Sonnino – per quale motivo Beautiful Israel abbia deciso di organizzare la serata visto che nel libro non vi è alcun riferimento diretto all’ambiente. La realtà è che, trattandosi di un’opera di etica, alcuni modelli di comportamento che emergono dalle pagine possono trovare una loro declinazione legata all’ambiente: penso per esempio alla concezione del tempo per l’ebraismo e a come esso venga scandito in cicli o anche al rapporto tra alunno e maestro incentrato sul rispetto reciproco, il riconoscimento dell’altro e dei propri limiti: non vale forse lo stesso per la natura?”. “In quanto psichiatra – prosegue – non posso non rilevare anche una lettura psicoanalitica: in un libro molto contestato, Freud e la tradizione mistica ebraica di David Bakan, si cerca di cogliere il pensiero ebraico nelle teorie di Sigmund Freud, davanti al libro di rav Della Rocca possiamo provare a fare l’opposto: in Con lo sguardo alla luna si racconta, per esempio, che la rottura delle Tavole della Legge avvenne perché dopo il peccato del popolo, le parole incise volarono in celo e la pietra divenne troppo pesante per poter essere sostenuta. Le parole avevano perso di senso. Allo stesso modo le vicende traumatiche possono essere sostenute solo se connesse a un significato, solo se si trovano le parole per dirlo. La psicoanalisi infatti ha come scopo ultimo quello di tradurre in pensiero il proprio dolore”.
A prendere la parola è poi Corrado Augias: “Quello del rabbino Della Rocca è un libro molto bello grazie alla sua forza e alla sua convinzione e soprattutto al suo sottotitolo: Percorsi di pensiero ebraico. Pensiero che qui si arricchisce dalla competenza filologica inserendo tra le pagine interessanti dissertazioni sulle radici delle parole e la ghematria. Al di là dell’appartenenza religiosa, questo libro offre una ricchezza fruibile da tutti”.
“Oltre a dedicare riflessioni sul rapporto tra allievo e maestro, – prosegue Augias – rav Della Rocca offre poi una profonda riflessione sulla Memoria: essa è un antidoto contro la morte e viene rivissuta continuamente nella vita del popolo ebraico, come quando si ricorda della schiavitù in Egitto e ci si cala gradualmente nella medesima situazione. La Memoria ha però una doppia faccia: leggevo l’intervista dello scrittore David Grossman su Repubblica e mi ha colpito particolarmente il suo indugiare nello spiegare come la Memoria rischi di creare un rimbombo che impedisca di vivere serenamente il presente”.
“In definitiva – conclude – Con lo sguardo alla luna offre davvero molteplici spunti di riflessione: penso a quando la lotta tra Giacobbe e l’angelo vene descritta come una lotta tra Giacobbe e lo stesso Giacobbe sdoppiato, o quando si legge che la distruzione del Tempio ha consentito paradossalmente la sopravvivenza del popolo ebraico il quale ha sostituito un edificio di pietra con uno invisibile e spirituale”.
“Quando sono stata invitata a partecipare a questa discussione – spiega la psicanalista Simona Argentieri – avevo diversi dubbi. Cosa potevo dire, da convinta laica, su un libro di pensiero ebraico? Poi l’ho letto e tutto è cambiato; sono riuscita a relazionarmici con allegria e apertura. Tra le pagine si sentono echi junghiani riscontrabili in parole come ‘onda’ o ‘individuazione’ ma è innegabile lo spirito freudiano. Si insiste sulla diversità come dovere esistenziale, sulla promozione della specificità e l’unicità. Il serpente velenoso è l’autoreferenzialità, che in termini psicoanalitici potremmo tradurre come narcisismo. Posso concludere dicendo che questo libro ha una grande dote, ovvero quella che in termini tecnici sia chiama risignificazione a posteriori, riesce quindi a risignificare tramite il presente, il passato”.
“Per me è assai complicato parlare di questo libro – prosegue rav Carucci – per rimanere in tema di psicanalisi, lo definirei perturbante perché doppio. Leggendo, tra le pagine ho ritrovato infatti frasi che dico e una certa ricorrenza di temi. Come possibile che un libro che insiste sulla centralità dell’individualità, mi porti a riconoscermici così tanto? Questo avviene perché rav Della Rocca ed io siamo legati dalla stessa formazione ebraica, un particolare che non può non avere conseguenze”. “Il filo rosso del libro – va avanti – è quello di tracciare il tema dell’identità dentro il tema della relazione interrogandosi su come costruire la propria identità senza che essa sconfini nella dimensione del delirio di onnipotenza o della fusione con l’altro. Questo libro è prezioso perché offre un repertorio di pensiero ebraico e non sul pensiero ebraico. Ci dice in che modo pensare; è in movimento”.
Le conclusioni spettano poi all’autore, rav Roberto Della Rocca: “Ho particolarmente apprezzato tutti gli interventi da persone così diverse tra loro perché esse sono in qualche modo tutte parte di me. Quando si dice che Mosè fu l’unico a parlare faccia a faccia con D-o si usa la parola panim, di cui si ha solo il plurale e che indica quindi come ognuno di noi abbia tante facce”.
“Quando penso alla psicanalisi – prosegue – mi viene in mente un punto chiave che essa condivide con lo studio di materie ebraiche: anche qui il percorso è più importante del traguardo. Mentre il libro stava per essere stampato volevo bloccare tutto perché avevo dimenticato il concetto più importante: dovevo specificare che gli ebrei uscirono dall’Egitto non scapparono, perché uscire sottintende una rielaborazione e sedimentazione del pensiero, una consapevolezza, scappare no”. “Infine – conclude – gli ebrei quando uscirono e si ritrovarono nel deserto presero la strada più lunga; questo perché le scorciatoie sono un boomerang. Esattamente come nel processo di ricerca della propria identità: non serve a nulla avere una identità prêt-à-porter, dobbiamo rifuggire chi ci tratta come una civiltà scomparsa o ci riduce al solo ruolo di vittime della Shoah cercando di relegarci. Dobbiamo evitare la retorica e le scorciatoie e rinnovarci. Come la luna”.

r.s. twitter @rsilveramoked

(28 ottobre 2015)