Dopo le affermazioni antisemite:
“Tavecchio se ne vada a casa”
Ampio spazio sui giornali per le molte reazioni di sdegno che sono seguite alle affermazioni antisemite e omofobe del numero uno della Federcalcio Carlo Tavecchio (per il Corriere della sera, che cita fonti governative, il primo ministro Matteo Renzi sarebbe “allibito”).
In evidenza in particolare le dichiarazioni del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che ha parlato di “danno d’immagine immenso” per la credibilità dello sport e delle sue istituzioni. Intervistato da Repubblica, il presidente dell’Unione dice: “Tavecchio dovrebbe prendere atto con modestia della inopportunità per se stesso di restare in quella posizione. Dovrebbe semplicemente dimettersi, e comunque chi di dovere dovrebbe chiederne le dimissioni”.
“Nel calcio non può esserci spazio per antisemitismo, razzismo e omofobia. Lo sport italiano dovrebbe pretendere un passo indietro”, twitta in sintonia la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. Mentre per l’onorevole Carlo Giovanardi, citato dal Corriere, l’ondata di sdegno sarebbe stata suscitata dalle “lobby gay”. I giornali riportano fra l’altro anche le impressioni del presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello e dell’ex presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, che tendono a minimizzare l’accaduto riconoscendo a Tavecchio di avere operato con amicizia nei confronti del calcio israeliano.
Ricordando Rabin. Sul Fatto Quotidiano un ampio articolo di Leonardo Coen, con apertura in prima pagina, ricostruisce la storia dell’ex premier Yitzhak Rabin, di cui il 4 novembre cade il ventesimo anniversario dall’assassinio. Ad ucciderlo, ricorda Coen, YgalAmir, “un militante della destra estremista. Non si è mai pentito del suo gesto. Anzi, per il 38 per cento degli ultra-ortodossi, è un eroe, secondo un’imbarazzante inchiesta del quotidiano Ha’aretz”. Il clima che precedette l’assassinio di Rabin, l’uomo simbolo degli Accordi di Oslo con i palestinesi, fu caratterizzato da forti tensioni interne, con settori della destra e del mondo religioso ferocemente contrari all’accordo, ricorda il giornalista. A ricostruire quel periodo una mostra alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme, “un’esposizione terribile e drammatica che mostra (e denuncia) quali e quanti incitamenti all’odio contro Rabin precedettero i due spari fatali”. Ancora sul Fatto, Furio Colombo prende spunto dall’assassinio di Rabin per aprire una riflessione – di cui il titolo non appare rispecchiarne il significato -, sul processo di la pace tra israeliani e palestinesi, sottolineando che per una parte del mondo “Israele non deve esistere, e questa colpa non si mitiga governando meglio. Israele deve scomparire e basta. Per questo è un errore continuare a pensare che la questione si risolva fra i due popoli, uno dei due popoli (non proprio i palestinesi ma l’immenso, ricchissimo mondo arabo, che tiene i palestinesi privi di tutto affinché siano affamati e pronti a combattere) ha detto no fin dal primo giorno”.
Sette ministeri per Netanyahu. “Dopo un braccio di ferro durato due mesi, Netanyahu riesce a dimissionare uno scomodo ministro, l’ultrà religioso Arye Deri, e si prende la settima poltrona di governo: quella dell’Economia”, riporta il Corriere. Secondo il quotidiano di via Solferino la decisione del Primo ministro israeliano è dettata dalla volontà di controllare “l’accordo sul gas, firmato in agosto fra i texani della Noble Energy e il Delek Group israeliano, al quale Deri (con gli ambientalisti e parte della Knesset) s’opponeva. Si tratta d’un piano che lascerà al colosso Usa il totale controllo del più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo”. Intanto sul fronte diplomatico Netanyahu si prepara, come ricorda il Quotidiano nazionale, ad incontrare a Washington il presidente Obama con cui parlerà dei negoziati con i palestinesi e della questione energetica. Sempre sul Quotidiano nazionale l’europarlamentare Gianni Pittella annuncia il tentativo di Strasburgo di far incontrare i vertici dei due schieramenti proprio all’interno del Parlamento Ue.
Turchia: vince Erdogan, rabbia curda. Con circa il 50 per cento dei voti, l’Akp del presidente Erdogan ottiene la maggioranza assoluta in Parlamento e potrà creare un governo monocolore, riporta La Stampa.
I quaderni neri di Heidegger. Presto nelle librerie la traduzione curata da Bompiani dei Quaderni neri 1931-1938 del filosofo tedesco Martin Heidegger, in cui scrive Donatella Di Cesare sul Corriere della Sera si chiariscono i rapporti dell’autore e il movimento hitleriano: “Nelle note dei taccuini II nazionalsocialismo è apprezzato come la forza che sa rispondere all’urgenza politica del momento: il contrasto sta nel modo di concepirlo”.
Milano, dialogo sul Giardino dei Giusti. Appello sulle pagine milanesi del Corriere della Sera da parte di Gabriele Nissim per instaurare un dialogo positivo attorno al Giardino dei Giusti e al progetto per il Monte Stella, contestato da un gruppo di cittadini. “Ciò che stupisce – scrive Nissim – è che nessuno dei contestatori abbia mai pensato di ricercare un dialogo costruttivo. L’obiettivo era e rimane quello di creare il mostro, facendo leva sull’interesse collettivo alla salvaguardia del verde, mostrando sui social network disegni non corrispondenti al progetto e invitando i cittadini a firmare contro lo «scempio architettonico», con toni allarmistici e catastrofici”.
Genova non dimentica. Si terrà domani pomeriggio la marcia per ricordare la deportazione nazifascista il 3 novembre del 1943 di 261 ebrei da Genova, ricordata sulle pagine del Secolo XIX. A organizzare la manifestazione, la Comunità di Sant’Egidio assieme alla Comunità ebraica locale. “Interverranno – riporta Repubblica – il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano, il sindaco Marco Doria, Ariel Dello Strologo, presidente Comunità Ebraica genovese, e i responsabili della Comunità di Sant’Egidio”.
Milano, il Museo Botanico in memoria di Aurelia Josz. “Il Museo Botanico sarà intitolato ad Aurelia Josz, una figura eccezionale del ‘900, riferimento della cultura milanese. La Josz nel 1902 fondò la prima Scuola Pratica Femminile di Agricoltura, presso l’Orfanotrofio della Stella di Milano, scuola che fu poi trasferita a Villa Lonati, dove oggi è nato il Museo Botanico” (Corriere della Sera).
Daniel Reichel
(2 novembre 2015)