Je suis Paris – “Ecco perché non sono un eroe”

lassanaÈ un eroe riluttante, timido. “Non sono un eroe – ripete Lassana Bathily – il vero eroe è colui che combatte per la pace. La gente spesso mi chiede perché io, che sono musulmano, ho salvato degli ebrei. Io ho aiutato degli uomini e delle donne, ho nascosto degli esseri umani che stavano facendo la spesa. Il mio cuore ha parlato e io ho reagito”.
E per rendere chiara una volta per tutte quale fu il suo ruolo, il ragazzo che ha commosso la Francia ha scritto un libro, pubblicato oggi dall’editore Flammarion, dal titolo, appunto, Je ne suis pas un héros.
Un anno fa, il 9 gennaio 2015, Lassana Bathily, 25 anni, originario del Mali e residente in Francia senza aver ancora ottenuto la cittadinanza, si trovava nel magazzino del supermercato Hypercacher di Vincennes. Da qualche anno lavorava lì come tuttofare ed era stimato dai suoi colleghi; specialmente da Yohan Cohen con cui scherzava tra un turno e l’altro. Era quasi l’ora di chiusura per il supermercato in vista dell’entrata di Shabbat e i clienti si affrettavano a fare gli ultimi acquisti. Fino all’irruzione del terrorista Amedy Coulibaly, un trentenne del Mali come Bathily, affiliato ai fratelli Kouachi che due giorni prima avevano scioccato il Paese macchiandosi del sanguinoso attentato alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo.
Coulibaly prende in ostaggio i clienti del supermercato, proclamandosi un seguace dell’Isis e fredda 4 uomini: Yoav Hattab, Philippe Braham, Francois Michel Saada e Yohan Cohen, il giovane collega di Lassana. “Quando l’attentatore è entrato, ero giù in magazzino a sistemare delle cose prima della chiusura e ho sentito degli spari assordanti”, ha raccontato Bathily.
A quel punto ha visto delle persone scendere le scale e con lucidità ha aperto la cella frigorifera per nasconderle dentro, alzando la temperatura e invitando alla calma. Un gesto semplice che si è rivelato salvifico. “Ho poi deciso di tentare di scappare fuori usando il montacarichi e ho proposto questa via di fuga agli altri, che però hanno preferito non rischiare”. Il ragazzo riesce quindi ad uscire (“Il cuore non mi è mai battuto così forte”, rivelerà) e aiuta la polizia dando loro le chiavi della saracinesca e spiegando precisamente la planimetria del supermercato.
Il giorno dopo, la vita di Lassana cambia radicalmente: “Ho aperto il mio profilo Facebook e mi sono ritrovato 800 richieste di amicizia” ha spiegato stupito.
Da ventenne straniero e senza documenti diventa quello che il presidente Francois Hollande definirà “Il mio francese preferito”, ricevendo un passaporto nuovo di zecca. Il Crif (Conseil représentatif des institutions juives de France), l’organizzazione ombrello delle comunità ebraiche francesi, gli consegna un premio un mese dopo e lo stesso fa il Simon Wiesenthal Center, la prestigiosa associazione fondata nel nome del celebre “cacciatore di nazisti”. Ritorna anche nel suo Mali e viene ricevuto dal presidente con tutti gli onori come un cittadino d’eccezione del quale andare fieri. Tempi di grandi riconoscimenti che si accompagnano ad eventi dolorosi: oltre la morte dell’amico Yohan, a distanza di pochi giorni, Lassana Bathily perde anche suo fratello, malato da tempo. “La gente pensa che io sia un eroe – dice a caldo – Ma io non sono un eroe, sono Lassana, rimarrò me stesso. Il mio cuore ha parlato e mi ha fatto agire. Non è una questione di etnia o religione. Sono molto felice, ma è anche molto difficile, perché ho perso una persona alla quale volevo bene, Yohan Cohen, e con il quale ridevo tutto il tempo. Devo andare a trovare la mia famiglia in Africa, ho bisogno dei loro occhi, della loro guida e della loro benedizione. Devo fare un passo indietro”.
Inseguito dalle tv e i giornali di mezzo mondo, non si sottrae a rendere la sua fama inaspettata un mezzo utile e lanciare appelli: “I rappresentati dell’Islam – dichiara – devono denunciare gli atti efferati dei terroristi. Non comprendo il loro silenzio. Se non sono loro a fare qualcosa, allora chi lo farà?”.
Non tutti però hanno condiviso la mitizzazione di Bathily durante l’attacco all’Hypercacher. Dei testimoni, in una intervista rilasciata a Liberation lo scorso giugno, hanno ridimensionato il ruolo del ragazzo, spiegando come i media abbiano gonfiato la sua prova di coraggio. “È vero, ha proposto di farci salire con lui sul montacarichi ma non è stato lui a nasconderci. È una persona buona di certo, ma in quel momento la Francia aveva bisogno di un eroe e così è stato per Lassana Bathily”, spiegano. Il ragazzo però non si scompone: “Se qualcuno dice che non ho fatto niente, non è un mio problema”. Del resto lo ha detto fin da subito: “Je ne suis pas un héros”.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(Nell’immagine, Lassa Bathily viene premiato a Los Angeles dal Simon Wiesenthal Center)

(6 gennaio 2016)