Qui Roma – Musica della libertà
Con sguardo deciso e schiena diritta

Orsini proveNon una virgola, non una parola fuori posto, non una frase che non scorresse bene. Nulla è sfuggito all’occhio attento e alla penna di Umberto Orsini, che con gli armonici profondi della sua voce, ruvida e vellutata assieme, ha fatto rivivere al pubblico raccoltosi all’Auditorium Parco della Musica di Roma la vicenda che portò il Maestro Arturo Toscanini a dirigere il primo concerto di quella che sarebbe diventata la Israel Philarmonic Orchestra. Pur essendo notissimo e sulla scena da decenni alternando grandi successi al teatro, al cinema e in televisione, pochi sanno che debuttò giovanissimo in quella Compagnia dei giovani che aveva allora – come primo regista – Giorgio De Lullo. Era il giovane Peter, nel Diario di Anna Frank e il ruolo, da lui sostenuto per tre stagioni, lo rese uno degli attor-giovani più ricercati.. Arrivato presto in teatro, nel Giorno della Memoria, Orsini ha assistito al lavoro preparatorio dell’orchestra prima di provare i testi con cui avrebbe raccontato, la sera, come Bronislaw Huberman riuscì a salvare una settantina di musicisti e le loro famiglie creando dal nulla in quella che allora si chiamava Palestina un’orchestra che è oggi fra le migliori del mondo.
Non pago dei successi di una vita, delle tavole polverose dei palcoscenici, dei film girati con maestri come Luchino Visconti, paziente pur se irrequieto, un vero perfezionista della scena, dopo aver ripreso con burbera ironia chi non gli permetteva di provare testando un’ultima volta le luci, Orsini si è chiuso in camerino per lavorare sui testi. “Troppe parole! Va asciugato! Deve diventare più incisivo, la storia non deve perdere la sua forza…”.
I commenti sono schietti e spesso ruvidi, ma sa usare il suo lato sornione e fascinoso, mentre senza pietà convince Viviana Kasam a tagliare, tagliare, tagliare. Ogni accenno di resistenza è inutile: i dettagli considerati di volta in volta importanti, interessanti o di costume, capaci di raccontare un’epoca in cui tutto era da inventare e costruire vengono cancellati da un tratto di penna deciso. Concentrato sul testo, del tutto lontano dalle formalità di un’intervista, è dai commenti sardonici, dal suo arrabbiarsi per una parola di troppo che si coglie la passione che lo anima. Seduti a fianco a fianco in camerino, approfondendo i dettagli di una vicenda che evidentemente gli sta a cuore raccontare “come si deve”, colpisce la spontaneità con cui sbotta in un “Che storia pazzesca, ne sapevo poco, sono contento di essere io a darle voce questa sera”. Intensità, semplicità, disponibilità, voglia di capire. E risate calde e profonde quando si scontra con i suoni ostici dell’ebraico, dal nome di Chaim Weizmann a quello del musicista della Palestine Orchestra, Yitzhak Tunè.
Un Umberto Orsini poco noto, in maglione e scarpe comode, che dall’alto dei suoi quasi ottantadue anni riesce a incantare con la sua professionalità impressionante, riscaldata da grande calore umano, senso dell’umorismo e soprattutto da una sincera volontà di capire e di impegnarsi, per meglio mettersi in gioco.
In scena, la sera, compaiono una voce di velluto e un uomo elegante, impeccabile nell’abito blu, con lo sguardo deciso e la schiena diritta. Come era stato Arturo Toscanini nel 1936.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(28 gennaio 2016)