Roma – Ghetto, il ballo della libertà
Premiato con uno dei più importanti riconoscimenti per le Performing Arts dalla European Association for Jewish Culture a Londra, lo spettacolo Ghetto viene riproposto a Roma in occasione del Giorno della Memoria, nell’anno in cui si celebra il cinquecentesimo anniversario del Ghetto di Venezia, il più antico d’Europa.
Lo spettacolo, ideato e realizzato dal Maestro Mario Piazza (foto piccola a destra), è stato rimodulato per l’occasione, maggiorato del corpo di ballo che ora è di 26 danzatori, e sarà ospitato al Teatro Eliseo (800 poltrone) domenica 7 febbraio alle ore 21.
Ideato e promosso dalla Comunità ebraica romana – assessorato alla Cultura, Ghetto è patrocinato e sostenuto dalla Fondazione Museo della Shoah, con la collaborazione del Teatro Eliseo e dell’Accademia Nazionale di Danza. Racconta il coreografo a Italia Ebraica: “Ghetto è un inno alla libertà, un punto di partenza necessario per elaborare i temi legati al concetto di esclusione e di paura del diverso”.
“Questo spettacolo ha un unico grande messaggio ed è quello della Tikvà, la speranza. Vorrei che gli spettatori riflettessero sull’importanza di rimanere sempre se stessi nonostante le oppressioni o i tempi oscuri. Vorrei si ricominciasse a sperare”.
Si anima il coreografo Mario Piazza, mentre parla di Ghetto, il grande lavoro che dopo aver calcato numerosi palchi in tutta Europa, torna a Roma il prossimo 7 febbraio, nella suggestiva cornice del Teatro Eliseo. Già protagonista di una serata al Teatro dell’Opera, lo spettacolo si presenta interamente rinnovato: “Ghetto – spiega infatti Piazza – è un’opera modulare che si presta ad essere sviluppata e che non si potrà mai dire davvero conclusa”.
Al centro dell’intreccio, la storia d’amore tra gli sposi Sarah e David che, a ritmo di musica klezmer, devono affrontare mille peripezie legate alla loro identità ebraica, mentre sullo sfondo la vita e le voci del ghetto prendono forma.
“Ghetto – racconta il coreografo a Italia Ebraica – è un inno alla libertà, un punto di partenza necessario per elaborare i temi legati al concetto di esclusione e di paura del diverso. Se ci pensiamo infatti è proprio da questo sentimento che sono nati i quartieri che isolavano gli ebrei dagli altri abitanti della città: dalla diffidenza”.
Premiato per la categoria Performing Arts dalla European Association for Jewish Culture di Londra, Ghetto è anche un punto di arrivo per Piazza, che ha alle spalle una lunga carriera nel mondo della danza. Lasciata da giovanissimo la propria città d’origine e la famiglia, ha studiato a New York presso la Alvin Ailey School e la Martha Graham School e si è perfezionato con Peter Gross a Parigi. Nel suo curriculum, anche una fortunata e acclamata versione dello Schiaccianoci che ha visto la partecipazione di oltre 70mila spettatori.
“Quella di David e Sarah – prosegue – è una storia semplice che si arricchisce degli impulsi provenienti dall’ambiente circostante. Particolarmente importanti sono le figure del rabbino, rappresentato nella sua umanità di individuo sempre occupato a risolvere i problemi degli altri, e di Tikvà che oltre ad essere un concetto è anche un personaggio e una sorta di deus ex machina che interviene per appianare i conflitti, irradiando speranza”. Infatti è proprio su questo equilibrio che si basa lo spettacolo: il bilanciamento di dolore e speranza, sempre in bilico tra la memoria della persecuzione e la stringente voglia di vita, la necessità di costruire un futuro.
“Un tema – aggiunge Piazza – attuale più che mai. Quando lo scorso novembre la Francia ha subito quei terribili attacchi terroristici, io ero a Parigi per portare in scena Life, uno spettacolo di musica zigana e klezmer. Non posso non vedere questo come un simbolo, un segno provvidenziale. Life, la vita deve andare avanti”.
La versione di Ghetto che verrà presentata al Teatro Eliseo sarà completamente diversa, a partire dal cast: “Assieme al coreografo e ballerino Ludovic Party abbiamo fatto le audizioni presso l’Accademia nazionale di danza, selezionando nuovi protagonisti. Risulterà tutto molto cambiato rispetto alla performance dello scorso anno al Teatro dell’Opera e ricco di stimoli nuovi: riflettendo sull’identità ebraica ci si confronterà con l’altro, andando a sviluppare il concetto di diversità”, annuncia Piazza. Una storia, quella raccontata sul palcoscenico, che vuole essere un percorso attraverso il quale, passando dal buio della Shoah, si ritrova la via della luce, “ma che si interroga anche sul concetto stesso di ghetto che segrega gli ebrei che ci abitano ma li fa anche sentire al sicuro” dice il coreografo. Ghetto mette in scena momenti drammatici e altri comici, stempera il dolore della persecuzione facendo ricorso al tradizionale witz e all’arte, tutta ebraica, di risollevarsi. “Dopo aver girato l’Europa sono ben contento che il mio spettacolo, concepito 12 anni fa, sia arrivato a Roma, la cui comunità ebraica ha alle spalle una tradizione millenaria. La Roma ebraica è un esempio perfetto, non solo di sopravvivenza ma di vitalità”.
Le suggestioni ricreate sul palco arrivano dalla pittura sognante di Marc Chagall e dalla musica klezmer, “un filo di voce che conduce sempre l’ascoltatore a un approdo migliore”, e anche da quella gitana. “Penso alla canzone gelen gelen – conclude Piazza – che significa ‘cammina, cammina’: in effetti, cosa è la storia del popolo ebraico se non una lunga camminata verso la rinascita?”.
(5 febbraio 2016)