Unioni civili, il giorno della fiducia
La maggioranza ha trovato un accordo sul disegno di legge per le unioni civili. Come raccontano i quotidiani di oggi (Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa fra gli altri), dopo lo stralcio della parte sulla stepchild adoption e sull’obbligo di fedeltà, il Pd ha siglato un patto con i centristi di Ncd e il governo ha annunciato la fiducia sull’ultima versione della legge sulle unioni civili (il voto di fiducia è previsto per oggi alle 19). “L’ultima, snervante trattativa – scrive Repubblica ricostruendo il percorso per arrivare all’accordo – è su dieci parole che però garantiscono un paracadute alle coppie gay sulle adozioni. Dicono: ‘Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti’”. Senza questa frase, rileva il quotidiano, le sentenze che sino ad oggi hanno “consentito l’adozione agli omosessuali del “figlio del partner”, sarebbero saltate”. Sulle colonne del Corriere della Sera, Pierluigi Battista chiede ora l’impegno della politica perché risolva il delicato punto delle adozioni: non è possibile affidarsi alla magistratura, scrive Battista, per risolvere la questione. “Non si sentono – afferma l’editorialista rivolgendosi ai politici – un po’ male, loro sempre ad esibire la retorica del cuore traboccante di sentimenti a tenere i bambini nell’inferno dell’emarginazione e della solitudine anziché affidarli a chi ne vuole prendere cura, eterosessuale o omosessuale che sia?”.
Maroni vs moschee. Dopo la bocciatura della Corte costituzionale della norma regionale sulla regolamentazione delle moschee in Lombardia, considerata dai giudici discriminatoria, il governatore Roberto Maroni, intervistato da Repubblica, afferma di voler affidare la decisione al voto popolare, e dunque a un referendum. La bocciatura della Corte era stata accolta da Maroni con un tweet che ha fatto scattare la polemica. “Allah akbar”, le parole social dal governatore. Il leader della Lega nord Matteo Salvini ha addirittura scritto “E brava la Corte islamica, complice dell’invasione” in riferimento alla sentenza (Corriere della Sera). “La nostra preoccupazione è essere custodi dei diritti fondamentali: il nucleo e ssenziale della sentenza poggia sull’evitare discriminazioni”, l’indiretta risposta del presidente della Corte Paolo Grossi.
Milano, i candidati sindaci e le libertà religiose. “Che cosa succederà ad esso con il bando delle moschee del Comune?” si chiede il Corriere (nella pagine milanesi) in riferimento al provvedimento portato avanti da Palazzo Marino sulla realizzazione di nuove moschee a Milano che, viste le imminenti elezioni, potrebbe cambiare il proprio tragitto. “ Un bando già c’è quindi andiamo avanti con quello”, afferma il candidato Pd Giuseppe Sala. Per Stefano Parisi, candidato del centro destra, la questione non è una priorità ma vuole incontrare “i rappresentati “della moschea “perché voglio da loro la garanzia che rispettino la libertà religiosa dei cattolici e degli ebrei in città”. “Servono moschee piccole, ufficiali, sul territorio cittadino, che diano tutte le garanzie di provenienze e gestione trasparenti”, la posizione di Corrado Passera di Italia Unica. Simile la proposta della Cinque Stelle Patrizia Bedori, che parla di moschee piccole, “poche distribuite sul territorio, come a Londra, senza quartieri sotto scacco”.
Regeni, l’Italia vuole la verità. “No alla verità di comodo sulla morte di Giulio Regeni. Vogliamo tutte le carte”, è quanto chiede il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni rispetto al caso del ragazzo ucciso in Egitto in circostanze ancora da chiarire. Dalle pagine dell’Unità, Gentiloni chiede chiarezza e i nomi dei colpevoli delle torture e dell’assassinio di Regeni.
Israele, fuoco amico. “Un ufficiale di riserva delle forze di sicurezza israeliane è stato ucciso per errore durante un tentato accoltellamento da parte di un palestinese nei pressi dell’insediamento coloniale di Gush Etzion, a sud di Betlemme, in Cisgiordania”, riporta il Giornale. La vittima aveva 23 anni.
Elezioni iraniane. Domani i cittadini che vivono sotto il regime iraniano andranno a votare. Secondo Repubblica, le urne “rivestono una particolare importanza perché saranno cruciali nel determinare le sorti del progetto politico del Presidente Rouhani, un progetto di cambiamento e apertura che, come ha dimostrato nel 2013 la sua sorprendente elezione al primo turno, è riuscito a raccogliere l’adesione della maggioranza della popolazione”. Dall’altra parte tra gli iraniani c’è una “certa delusione per il ritardo nei miglioramenti promessi” e “un crescente pessimismo sulle prospettive di cambiamento anche in termini di libertà individuali”. Le elezioni, inoltre, saranno utili per capire i rapporti di forza tra le varie componenti del regime.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
(25 febbraio 2016)