Nuove rotaie per Tel Aviv
Lo scorso mese di agosto a Tel Aviv si sono aperti i cantieri per un ambizioso progetto di “metropolitana leggera”, ossia una linea di trasporto su rotaia, in parte sotterranea e in parte in superficie, con mezzi più piccoli e meno capienti (“jumbo-tram”) rispetto alla tradizionale metropolitana. La linea principale (“linea rossa”) si allungherà per 24 km partendo da Bat Yam, a sud di Tel Aviv, attraverserà la città da sud a est passando per Ramat Gan e arriverà a Petah Tikva; metà dei 24 km di rotaie sarà in superficie (24 fermate) e l’altra metà (10 stazioni) sotterranea.
I cantieri del progetto creeranno fortissimi disagi al traffico dei pendolari (che già da prima faticavano a spostarsi); la durata prevista dei lavori è di 6 anni ma c’è chi prevede tempi assai più lunghi. Per gestire l’emergenza le autorità hanno creato una cabina di regia che coinvolge anche le società di trasporto pubblico Egged e Dan (che hanno abbassato i prezzi dei biglietti delle tratte interessate dai rallentamenti) nonché la società Waze, che mette a disposizione il suo celebre e sofisticato sistema di navigazione stradale (che ha diffusione mondiale) per aiutare gli automobilisti a trovare percorsi alternativi.
Quali benefici porterà questo progetto alla città di Tel Aviv e all’economia israeliana? Risolverà i gravi problemi di mobilità e di trasporto che affliggono il paese?
I benefici per il sistema di trasporto pubblico di Tel Aviv sono indubbi, poiché si tratta di una zona (la “grande Tel Aviv”) ad alta densità di popolazione e di attività produttive. Purtroppo il progetto parte con ritardo epocale, dell’ordine di alcuni decenni, rispetto alle esigenze del paese e richiederà parecchi anni prima dell’ultimazione. Come già ricordato più volte su queste colonne, uno dei talloni d’Achille dell’economia israeliana, nonostante la sua brillante performance, è rappresentato dalla grave arretratezza del suo sistema di trasporto pubblico e privato. L’inadeguatezza, che ha gravi conseguenze economiche e ambientali, consiste nel fatto che la quasi interezza del trasporto pubblico, urbano e interurbano, avviene su gomma invece che su rotaia. Quasi tutti i collegamenti tra le città hanno luogo su autobus o su vetture private e questo ha gravi conseguenze. Innanzitutto i costi elevati e i lunghi tempi di percorrenza del trasporto su automobile privata rende la vita difficile ai pendolari: come noto, una delle richieste delle proteste di piazza del 2011 contro il caro-vita era quella di ridurre il costo degli alloggi e, per chi non può permettersi di vivere a Tel Aviv, di abbassare il costo delle trasferte dei pendolari. Ovviamente un sistema di trasporto pubblico costoso e poco affidabile (si va al lavoro solo se si è proprietari di una vettura) accentua l’esclusione sociale, in un paese afflitto da una elevata diseguaglianza dei redditi.
L’inadeguatezza del sistema di trasporto pubblico è curiosamente un elemento che accomuna Israele all’Italia. E sono molto simili anche i motivi, essenzialmente politici, di questi ritardi, ossia le pressioni (“lobbying”) esercitate nei due paesi da settori dell’economia che non avevano interesse allo sviluppo di un moderno sistema di trasporto pubblico: in Italia le grandi case automobilistiche, in Israele le due grandi società di trasporto su autobus che gestiscono da sempre i collegamenti urbani e interurbani.
Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Ottobre 2015
(29 febbraio 2016)