Venezia e i 500 anni del Ghetto – Gnignati
“Un luogo di vita, nonostante le avversità”

gnignatiCi ritroviamo oggi, in questo Teatro simbolo di Venezia, situato a pochi metri da San Marco e da Palazzo ducale, luogo di esercizio del potere della Repubblica a distanza di 500 anni esatti dalla istituzione da parte della Serenissima, il 29 marzo 1516, del Ghetto di Venezia come luogo di dimora coatta degli Ebrei.
Siamo ben consapevoli che si tratta di una ricorrenza non certo lieta ma che, tanto in una prospettiva ebraica che civile, non si può lasciar passare inosservata, perché offre uno straordinario momento di riflessione che guarda tanto al passato che al futuro.
È scontato che non siamo lieti di ricordare la condizione di separazione e di grave minorità in cui gli Ebrei vennero costretti a vivere nel Ghetto e tanto meno è da celebrare il fatto che a partire dal 500 nella penisola il termine Ghetto venne usato prima dai Papi, e progressivamente da altri, per individuare il luogo in cui gli Ebrei venivano segregati.
In questo modo il termine è venuto a connotare non soltanto il “recinto” veneziano dove era stato coniato, ma assumeva progressivamente, come è ai giorni nostri, il significato universale di luogo segregazione e discriminazione, immagine e sinonimo di esclusione e minorità.
Come ebrei veneziani non siamo certo orgogliosi che il mondo ci sia debitore di questo termine.
Segnando l’anniversario vogliamo, invece, sottolineare anzitutto la capacità e la caparbietà di un gruppo che, a dispetto delle condizioni e contro ogni ragionevole aspettativa, riuscì a rendere il Ghetto un luogo di sviluppo della Tradizione ebraica ed un crocevia culturale dove ebrei di diverse provenienze costruirono splendide Sinagoghe, fecero stampare per primi il Talmud e, cosa ancor più più importante, seppero indomitamente, nei secoli mantenere una propria forte ed autonoma identità, porsi in dialogo ed influenzare la società circostante.
Un dialogo segnato da alti e bassi considerato che proprio a San Marco negli stessi anni veniva bruciato ripetutamente il Talmud, ma mai abbandonato nonostante difficoltà e minacce.
Lo splendido patrimonio monumentale costituito dalle 5 sinagoghe, di cui la Comunità è custode, è la più immediata evidente di quanto la Tradizione ebraica e quella veneziana abbiano dialogato per realizzare un risultato davvero unico e che non ha eguali.
Ciò che però è forse più importante è che il Ghetto, connotato da uno fortissimo cosmopolitismo, è stato un centro in cui gli ebrei hanno per secoli regolato i loro rapporti anche civili all’insegna dell’Halaka, un centro di irradiazione verso tutta Europa di quella Tradizione ebraica fondata sui valori quali quelli del rispetto supremo della vita, dell’autolimitazione, della solidarietà verso il più debole, che da più fonti, ebraiche e non ebraiche, sono progressivamente emersi per venire a costituire quell’orizzonte che oggi possiamo dire essere alla base del nostro vivere comune e della nostra identità di Italiani ed Europei.
In un’Europa in cui tutti, Italiani come Tedeschi, Francesi come Inglesi, costituiscono una minoranza, gli ebrei, da sempre abituati ad esserlo, si sentono, nonostante un preoccupante e persistente antisemitismo di varia matrice che spesso assume l’apparente forma dell’ostilità verso lo Stato di Israele, a loro agio.
Per gli ebrei veneziani, la presenza in questa sala, oltre alla Comunità, del Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, del Presidente World Jewish Congress, da un lato, e del Sindaco di Venezia, di autorevoli esponenti della Regione Veneto, e della Repubblica, del Consiglio di Europa, dall’altro, è l’espressione della pluralità di appartenenze in cui ci riconosciamo, che completano la nostra identità e danno la dimensione della complessità e ricchezza degli stimoli che sentiamo nostri.
La capacità di mantenere un equilibrio tra le diverse provenienze e quindi di saper gestire una società che deve necessariamente essere in grado di essere accogliente, libera ed assieme capace di essere fedele a principi faticosamente emersi nel corso dei secoli, spesso a costo di tante vite ebraiche ed anche in un passato relativamente recente calpestati, è la sfida in relazione alla quale anche noi, pur consapevoli delle ridotte forze e dimensioni, desideriamo partecipare come cittadini.
Proprio perché non possiamo dimenticare le tragiche discriminazioni subite anche dopo la caduta dei cancelli del Ghetto, nel 1900, che sono costate milioni di vite ed alla comunità ebraica di Venezia, quella dei 246 deportati tra cui il Rabbino Capo Adolfo Ottolenghi, e la vita del Presidente della Comunità di allora Giuseppe Jona, ci sentiamo particolarmente impegnati, non solo a mantenere la nostra Tradizione, ma anche a porci il problema delle minoranze che si affacciano e che devono integrarsi.
In questa prospettiva l’immagine del Ghetto da sempre cosmopolita, aperto ed ora liberato viene rovesciata e diviene icona di possibilità di riscatto, libertà, e di superamento del limite che ci viene dal fuori, e quindi di temi universali ed assai attuali.
Per questo, sottolineare i 500 anni dell’istituzione del Ghetto non vuol dire certo segnare un punto di arrivo che guarda solo indietro, bensì gettare un ponte verso un futuro in cui il Ghetto di Venezia continui ad essere, un centro di vita e di identità ebraica ed assieme un luogo simbolo di libertà e giustizia , di dialogo, di incontro, di produzione e di scambio culturale.
In questa prospettiva si muovono le diverse iniziative che il Comitato dei 500 anni del Ghetto di Venezia ha promosso e che si susseguiranno nel corso dell’anno tra cui oltre alla Mostra su Ebrei Venezia e l’Europa, deve segnalarsi l’avvio di un radicale intervento di ristrutturazione del Museo che prelude alla qualificazione dell’offerta culturale che la Comunità, come parte attiva della Città, potrà dare.
Mi sia permesso da ultimo di ringraziare, oltre alle Autorità ed agli ospiti tutti che con la loro presenza hanno voluto onorare e dare importanza a questa serata, tutti quanti hanno animato e sostenuto il Comitato 500 anni del Ghetto di Venezia, le persone, gli enti e le associazioni che stanno portando in modo brillante avanti le diverse iniziative legate al cinquentenario ed, infine, il Teatro la Fenice che da subito ha manifestato la disponibilità ad ospitare questa serata.

Paolo Gnignati, presidente della Comunità ebraica di Venezia

(29 marzo 2016)